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Autore: Shockwave    03/11/2010    2 recensioni
A fronte di un grave deperimento delle terre abitate ed assalti sempre più frequenti fra assassini ed orchi, si sparge la voce di un misterioso attacco che sembra aver distrutto in una sola notte senza luna il villaggio di Besheuse, situato sul passo del Drago. Il violento, feroce attacco desta i sospetti di molti, ma solo il mercenario skylean Nemetona e la sciamana meirena Sioni vedono la reale minaccia: a distruggere in quel modo Besheuse non è stata un'orda di orchi, ma un Drago. Il loro cammino inizierà dunque nella Capitale Lucente Sig'Randa, del regno di Elerei, per terminare nelle terre di Delei, nella Capitale dei Draghi Dormienti Arat'Elean. E voi, se vorrete, potrete viaggiare con loro, seguendoli in quest'avventura che giusto ora mi accingo a raccontarvi.
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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EndingLands3
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"Dunque. Ho ideato un piano perfetto mia Cara, ora voglio che stiate a sentire molto attentamente. Non distraetevi neanche per un istante."
Già bella che distratta da ben altro che la sua voce, Ferona s'accostò maggiormente allo Skylean con fare complice, vagamente nervoso: erano nel bel mezzo del corridoio del primo piano del Maniero, nel buio quasi totale della notte inoltrata.
"Vi ascolto."
"Ora, io e voi correremo fuori di qui, correte all'impazzata e non voltatevi mai indietro."
Lei attese trepidante (e vanamente) altri dettagli, dettagli che non arrivarono da parte dell'altro. Tutto li? Sarebbe stato quello il grande piano?
"E le guardie?"
"Guardie, quali guardie."
Non poté fare a meno di strabuzzare gli occhi. "Oh per l'amor del cielo Nemetona, le guardie del Padrone, le stesse che vi hanno accolto questo pomeriggio!"
"Ah."
No. No, doveva essere una specie di scherzo, un crudele scherzo da parte di un più che convincente burlone. "Sarebbe questo il vostro piano perfetto..?" chiese con lieve esitazione, come qualcuno che chiede aspettandosi una determinata risposta.
Nemetona la guardò e sorrise. Il suo sorriso, nonostante portasse per ornamenti affilati canini, le diede un senso di pace che fino ad allora era stata in grado di provare soltanto qualche volta nelle fucine, totalmente da sola, a notte fonda, sprofondata nel silenzio. Lei aveva deciso in un solo pomeriggio di stravolgere la sua intera vita fuggendo con lui, e lui aveva ripagato la sua fiducia con uno dei piani più incredibilmente semplicistici e difficili a realizzarsi di tutti i tempi.
Insomma, scappare? Correre contro i cancelli principali, dove sapeva sentinelle armate fossero appostate per i turni di guardia notturna?
No, davvero non le sembrava una buona idea.
Eppure, con lo Skylean al suo fianco non riusciva ad avere paura. Sapeva che lui, con i suoi archibugi, sarebbe riuscito a superare gli ostacoli ed a scappare con lei. Non sapeva come ci sarebbe riuscito, ma sapeva di sapere e tanto le bastava. Aveva sonno, era stanca e le bruciavano gli occhi, ma voleva assolutamente andare via da li, la prospettiva di una nuova vita fatta di mille avventure al fianco di un fascinoso uomo dai capelli bianchi ed il sorriso disarmante era troppo, troppo allettante.
Quando Nemetona le prese la mano, stringendo dolcemente e mezzo curvo, lo seguì nella sua folle corsa contro gente armata sino ad i denti che per adempiere al suo dovere avrebbe certamente attaccato i trasgressori, o in quel caso, i fuggitivi.

Cadeva, precipitava in un baratro senza apparentemente un fondo; le sue ali erano torte in un'orrenda posa innaturale, come intrecciate fra loro similmente a dei rami di vite, con la delicata membrana recisa e forata in più punti. Le lunghe corna ricurve strusciarono su qualcosa che non fece neanche in tempo ad identificare, non urlava ma le scaglie sparse per il suo corpo gli prudevano, rammentandogli una sensazione che non provava da tempo.
Paura.
Ne era invaso, completamente, lo paralizzava anche solo l'idea di poter provare di nuovo il cieco terrore che aveva provato durante le Guerre di Solantes, anche se al tempo stesso era consapevole di star provando proprio quella paura terrificante ed annichilente.
Si svegliò di soprassalto al suono del proprio schianto contro il suolo, ruggendo e dispiegando le ali mentre balzava all'in piedi sulle forti zampe arcuate e squamate; voltò il muso verso destra e verso sinistra, col respiro veloce e la mente fortemente inquieta. Tutto ciò che poté individuare fu la Sciamana, poco distante dal focolare, che teneva il capo voltato verso di lui con aria visibilmente spaventata.
L'idea di averla spaventata lo dispiacque e l'istante dopo lo imbarazzò fortemente, mentre già tornava seduto parzialmente padrone di sè.
"Non una parola, Sciamana. Non una parola a riguardo."
Sioni si limitò ad assumere un'espressione preoccupata, ma non commentò. Talon invece, più che convinto che lei già sapesse ogni cosa, continuò ad ignorarla come l'aveva ignorata per quasi l'intero tempo del viaggio. Erano ancora molto lontani dalla loro meta e quegli incubi cominciavano a farsi fastidiosi, un vero e proprio intralcio maledettissimo che rischiava di minare la sua concentrazione. Sedette accanto al focolare quasi totalmente consumato, di fronte la sua compagna di viaggio, con lo sguardo basso ed i nervi a fior di squame; i suoi occhi verdi da rettile saettarono fra le ceneri e la brace, poi riaprì le fauci per parlarle nuovamente, stavolta con tono meno brusco. "Non volevo spaventarti. Mi dispiace."
"Non importa" replicò lei; per la prima volta accennò in sua direzione un sorriso sincero, non distorto da opinioni contrastanti e da guerre passate che non appartenevano ad entrambi, un semplice sorriso, niente di più niente di meno. Il draconico trovò quantomeno da deviati sorridere a quel modo, quasi con dolcezza, ad un figlio dei Draghi come lui ma, diamine, affar suo. Tornò a concentrarsi sui suoi incubi, sul perché avessero deciso di tormentarlo proprio adesso, e su quanta intensità erano capaci di manifestare, impedendogli quasi completamente di riposare. Notte dopo notte erano seguite senza sosta terrificanti visioni delle sue ali spezzate e di se stesso che precipitava nel vuoto, con le fauci prive di saliva e la voce spettrale che di solito lo caratterizzava totalmente assente.
"..Ma dovreste seriamente fare qualcosa per quella ferita."
Sibilò, un suono che gli umani avrebbero potuto identificare in uno sbuffo, e catturò nuovamente con lo sguardo l'esile figurina della Sciamana: non sorrideva più e stava radunando le sue cose sparse li in giro, unguenti ed erbe di vario genere legate con lacci di cuoio a strane pietre colorate e luminescenti. Sembrava che sapesse sempre dove allungare la manina ossuta, quando saltare, quando schivare, quando fermarsi. Un paio di volte aveva persino dubitato che fosse davvero priva della vista.
"È una storia vecchia. La ferita si è chiusa anni fa."
"Ripetetemi ancora una volta, Talon.. Perché state venendo con me, se mi odiate tanto?"
"Io non ti odio, Sciamana" rispose il Draconico, sbuffando fumo nerastro dalle nari "ma non mi piace che si sappia di me più di quanto io voglia far sapere."
Sioni si rialzò, nel medesimo istante in cui il primo raggio di sole poté fare breccia dalla linea dell'orizzonte.
Fu terribile.
Talon si ritrovò ancora una volta, anche se soltanto per qualche istante, davanti ad una parte di se che oramai credeva annegata nell'oblio della sua mente distorta dalla mutazione. Si ritrovò a pensare nuovamente come un uomo, ricordando che un tempo aveva vissuto come umano, aveva combattuto come un umano, aveva amato come un umano. E Sioni, sempre e solo per qualche istante, inondata di soffusa luce dorata divenne la cosa più bella che avesse mai visto, o desiderato.
Divenne perfetta, più di Eletshut in persona. Ed ancora una volta ebbe paura.

"Eletshut. Chi è Eletshut?"
Nemetona rigirò cautamente la piccola lepre che era riuscito a catturare anche da ferito, arrostendola come se il processo richiedesse chissà quale elevato grado d'impegno. "È la Dea dei figli dei Draghi, mia cara" spiegò con un tono di scontatezza che fece sentire Ferona proveniente da un altro pianeta "Vedete, è un po' complessa come leggenda. come mai vi è tornato alla mente questo nome?"
La nana, seduta accanto a lui ed intenta col medesimo suo impegno a cambiargli il bendaggio impregnato di sangue coagulato, scrollò le spalle. "Mi sembra di aver letto qualcosa a riguardo in un libro di fiabe di Ilena, uno che non voleva più perché "troppo grande per tali bubbole". Purtroppo non ricordo molto altro."
Lui le sorrise caldamente, almeno apparentemente per nulla toccato dal grosso squarcio, superficiale ma dall'aria ugualmente dolorosa che gli si apriva su di un fianco. "Oh, ma io invece si. Vi piacerebbe ascoltarla?"
Ferona lo fissò per un lungo istante, gli fissò gli occhi dorati al riverbero delle fiamme divoratrici di legno al centro del piccolo giaciglio improvvisato per la notte e poi annuì, facendo ondeggiare i bei capelli corvini. "Volentieri."
"Bene! Allora inizierò col raccontarvi di come sono nati i Draconici, i figli dei Draghi. Vedete mia cara, bisogna innanzitutto distinguere due categorie di draconici: gli eletti ed i prescelti. Sebbene possano sembrare due parole del medesimo significato, fan riferimento a due ben differenti classi. Gli eletti, riconoscibili per la loro incredibile stazza e le poderose solo al vedersi scaglie blu cobalto e nero pece, sono coloro che secondo la leggenda nacquero dall'unione del Drago Antico Mabarath e l'antica Dea delle Vergini, Eletshut. Fra indicibili tormenti e patendo atroci dolori la Dea perì, dando però vita a due gemelli metà uomini e metà draghi, Leth e Bereth. Si dice che da uno schianto della saettante ed irrequieta coda di Leth, utilizzata da essa come una frusta, un giorno sia nato il Passo del Drago come lo conosciamo noi oggi, mentre invece Bereth col suo alito di fuoco abbia aperto fra le montagne le Cave di Diamanti, poco prima del territorio degli Orchi. Si narra poi che Mabarath, ancora sconvolto dal dolore e rivedendo in sua figlia Leth forse qualcosa della perduta amata Eletshut la prese con la forza, ed essa prima di perdere la ragione diede a sua volta alla luce una creatura mostruosa, per tre quarti drago ed il restante umano: Whuliat, la Bestia degli Abissi."
Ferona annuiva ogni tanto, con gli occhi colmi dell'emozione di una bambina che ascolta ed immagina al tempo stesso. "Whuliat? La creatura che diede agli Sciamani la saggezza della Stasi?"
Lo Skylean Nemetona le sorrise nuovamente mentre toglieva la lepre dal fuoco, piacevolmente sorpreso. "Esattamente." Fece a metà la creaturina cotta, pergendole la sua parte e proseguendo fra un boccone e l'altro "Vedete mia cara, in questi luoghi tutti combattono tutti, eppure le loro leggende sono fittamente legate fra loro. Si, fu proprio Whuliat ad insegnare al Primo Sciamano Tseoner la saggezza della Stasi dopo che venne esiliato per la sua mostruosità da Beleth nelle profondità delle foreste di Meiren. È anche per questo che molti temono gli Sciamani e la Stasi, credendo che queste arti proibite servano soltanto a dare le anime dei feriti in pasto al famelico Whuliat, ancora nascosto nei più reconditi angoli della foresta, in attesa di aver acquisito abbastanza potere da poter compiere la sua vendetta."
Con gli occhi sfavillanti come due gemme nere, la nana incassò la testa fra le spalle. "E voi ci credete, Nemetona?"
"Mia cara" ridacchiò lui, "naturalmente si. I Draconici esistono, così come voi stessa oggi avete potuto constatare che esistono le Viverne, creature di cui avevate soltanto letto in un vecchio libro di fiabe. Se son vere le Viverne allora deve esserlo anche tutto il resto, i Draconici, i Centauri, le Sirene.. Ogni cosa. Non ne convenite?"
"Oh si, si. E ditemi, voi avete mai incontrato una di queste creature durante le vostre avventure?"
"Ma quanta curiosità, mia simpatica amica. Magari vi narrerò di me in un'altra occasione, anche se in genere lo faccio al di sotto di un paio di lenzuola di seta. ..Oh non guardatemi così, stavo scherzando." aggiunse poi ridacchiante nel vedere lo sguardo imbarazzato di Ferona. "Dunque, dov'ero.. Ah si, Whuliat. Bene, dopo che Whuliat venne esiliato da Bereth, egli si rivolse con rabbia al padre Mabarath, chiedendogli come avesse potuto fare una cosa simile alla sua stessa figlia, alla sua amata sorella. Ingaggiarono una sanguinosa lotta dalla quale emerse vincitore Bereth, il quale tentò poi di far rinsavire la sorella Leth; ebbe con lei diversi figli, ma presto anche Leth morì, reduce del dolore provato nel vedere esiliata la sua creatura, sebbene fosse un mostro. Semplicemente, il suo cuore non riuscì a sopportare oltre, e fu allora che Bereth scoprì per caso, mentre era in procinto di uccidere una preda umana precedentemente ferita coi denti, che poteva letteralmente "infettare" altri esseri umani così da poter ottenere nuovi figli dei Draghi, seppur non di stirpe come la sua diretta discendenza. E non solo, una volta creato un vero e proprio esercito, fu il suo generale Lion a scoprire di poter ingravidare donne umane ed ottenere i medesimi risultati di un contagio; sposando la celebre Aislinn, la donna delle Ere e dei Cieli, diede vita alla razza dei prescelti, cioè figli di coloro che a loro volta erano state scelte per condividere il sangue di drago del loro primo signore, Mabarath. Col tempo, gli effetti del contagio svanirono ed i figli dei Draghi dovettero rifarsi solo al rapimento o al consensuale concepimento di figli da parte di donne umane particolarmente forti nel corpo e nella mente, pronte a non crollare di fronte la vista del loro bebè squamato e con la coda e le corna. I prescelti, a differenza degli eletti, hanno squame verdi e lucide come il più puro degli smeraldi, sono di dimensioni inferiori ed hanno le simboliche corna ricurve, e non ritte come gli eletti, che starebbero a simboleggiare la non totale purezza del loro sangue."
Quando lo Skylean terminò la sua esaustiva spiegazione, Ferona, rimasta perdutamente affascinata da ogni singola parola riprese a medicarlo con mille altri quesiti per la testa ma che non osò porre per non sembrare tediosa ed asfissiante. Ora voleva assolutamente vedere un Draconico o figlio dei Draghi, eletto o prescelto che fosse, voleva leggere di Mabarath ed Eletshut, di Leth e Bereth, della guerra fra padre e figlio, dell'esilio di Whuliat, della Stasi, di Tseoner, di Lion ed Aislinn, di tutti. Era.. Era semplicemente troppo affascinante, anche il solo pensare a quanto ci fosse li fuori in un mondo che non aveva mai conosciuto ed aveva rischiato di non conoscere mai se non avesse accettato di scappare con Nemetona soltanto qualche ora prima.
Un sorriso le nacque spontaneamente sulle labbra, mentre stringeva delicatamente l'ultimo strato di bende fresche, profumate d'erba bagnata. "Sapete tanto su queste leggende, non è vero?"
"Conosco qualcosina" ammise Nemetona "Ma ci sono intere collezioni di testi che potrebbero raccontarvi questa storia con mille e più interessanti dettagli, mia cara. Ed anche mille e mille altre storie diverse da questa." strinse un occhio sobbalzando appena quando la nana terminò la fasciatura con un nodo abbastanza stretto.
"Oh, perdonatemi" ridacchiò, a disagio "Mani di fabbro."
"Non esattamente. Sono graziose mani di fabbro, non mani di fabbro qualunque." replicò lui, con quel suo sghignazzo strano "va bene così, vi ringrazio."
Ferona accennò ad un secondo sorriso, ben più imbarazzato, prima di poggiare un dito sulla testa di Wibbly e grattarle sotto le scaglie; la piccola Viverna (quello era il suo buffo nome) non aveva fatto altro che dormirle in grembo per tutto il tempo, da quando si erano appostati poco lontano dalle mura di cinta attorno al fossato del maniero dal quale erano fuggiti. Aveva notato già tempo prima, con rinnovata sorpresa, che pur essendo così vicini al suo vecchio Padrone non aveva mai temuto neanche un istante di essere trovata e ricondotta al maniero, o peggio ancora uccisa.
"In realtà" ingiunse poi, dopo qualche minuto di silenzio "dovrei essere io a ringraziare voi. Neanche mi conoscete, e mi salvate da una vita che neanche io riuscivo ancora a vedere nella prospettiva giusta. Avete ragione, sapete? Non credo che mi mancherà nulla di quel posto."
"Non c'è di che, mia cara."
"Mi domando ancora il perchè l'abbiate fatto, però."
"Perchè, perché" canzonò allora lui, stiracchiandosi e cadendo poi disteso sulla schiena, col viso tatuato o forse dipinto verso il cielo "Non c'è bisogno sempre di un perché. È così che doveva essere e così è stato, mia cara. Non fermatevi a chiedervi il perché di qualcosa che è già passato, nel mentre potreste esservi già persa qualcos'altro."
Provando un leggero tepore ogni qualvolta lo Skylean la chiamava a quel modo, Ferona si disse ancora una volta di aver fatto la scelta giusta, quella notte. "Nemetona.. Voi siete un mercenario, non è così?"
"Oh beh, si fa quel che si può."
"E.. Mi porterete con voi?"
"Se lo vorrete, Ferona. A pochi giorni di cammino da qui c'è un piccolo paesino dove potremo comprare da mangiare e magari anche fare un bagno caldo, poi la scelta spetterà a voi. Ora però" si rialzò seduto, prendendole gentilmente Wibbly dal grembo e portandolo accanto al suo giaciglio per la notte "sarebbe meglio riposare."
"Si, avete ragione. Allora.. Buonanotte, Nemetona."
Lo Skylean le sorrise un'ultima volta, ora con aria visibilmente assonnata, mentre poggiava il capo niveo su di un improvvisato cuscino di erbaccia. "Buonanotte, mia cara. Che Miliath'Sefer vegli sul vostro sonno."
Quando poco dopo si sentì scivolare nel sonno, Ferona aveva già in mente la prossima storia che si sarebbe fatta raccontare dal suo attraente salvatore.

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Bon, fine terzo capitolo. Quanto mi piace inventare di sana pianta storie e leggende varie! Grazie alla Bry e a tutti coloro che passano anche solo per dare una sbirciatina, a presto!
  
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