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Autore: BaschVR    03/11/2010    2 recensioni
"Mia cara Beatrice…
Nessuno potrà vederti.
Io sola sarò capace di farlo.
Ma se tu sarai amata da tante persone, un giorno chiunque potrà essere in grado di vederti.
Grazie all’amore, ne saranno capaci.”
[SPOILER EP6 ed EP7]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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4 Ottobre 1980.

D’un tratto, aprendo la finestra, ha l’impressione che il bagliore rosato dell’alba sia più intenso, quella mattina. Il suo sguardo si perde lungo le coste rocciose di Rokkenjima, fiocamente illuminate dalla prima luce del sole. Il debole verso dei gabbiani è ancora lontano, tuttavia sa già che ben presto il loro canto animerà il porto dell’isola: e riesce già a vederli, in lontananza, mentre si celano tra le rade nubi rosate che solcano il cielo chiaro. Un debole sorriso le solca il volto, mentre osserva i placidi flutti lattiginosi che si infrangono lungo le rive rocciose dell’isola. Una leggera brezza le solletica dolcemente il viso: l’odore di salsedine, in giornate come queste, si inoltra lungo la folta vegetazione di Rokkenjima per giungere fin lì, nei pressi della grande villa sede del capofamiglia.
Respirando un’ultima volta l’aria fresca del mattino, decide di chiudere le ante della finestra e di ripiombare nella penombra della sua piccola camera. L’orologio appeso alla parete indica che è ancora presto per svegliare Milady, tuttavia, nelle stanze accanto alle sua, sente già le altre domestiche che parlottano a bassa voce, discutendo vivacemente sugli eventi della giornata che sta per iniziare. Sa già che anche questo giorno sarà pieno di soprusi e di prepotenze da parte degli altri servi, tuttavia non le importa più di tanto. Si è sempre detta che le basta poco per essere felice, anche solo il fragore sommesso delle onde e lo splendente blu che caratterizza il mare.





Alcune ore dopo, si ritrova a camminare per gli oscuri corridoi della grande magione degli Ushiromiya. Ha già evitato senza successo lo sguardo di disapprovazione di Runon – ha fatto tardi, nonostante si fosse alzata così in anticipo – e adesso, mortificata, umiliata, ferita dal comportamento delle altre ragazze, si dirige verso la stanza di Milady. Le è stato insegnato a non dare troppa importanza ai propri sentimenti: è quello che Genji le ripete più spesso, quando la redarguisce a causa dei suoi continui lamenti nei confronti delle altre serve più grandi. Kumasawa la incita a non curarsi di quello che le altre dicono, tuttavia sa già di non essere forte abbastanza da poter ignorare quello che gli altri pensano di lei. La chiamano Yasu, inutile. E nel suo animo forse è davvero convinta che questo sia il suo vero nome, e che le si addica più di quello che il capofamiglia ha deciso, senza il suo consenso, per lei.
Bussa un paio di volte alla porta di mogano della stanza di Milady. Non si aspetta nessuna risposta, eppure è sorpresa quando, improvvisamente, una voce la invita ad entrare.
Timorosa, allunga la mano verso la lucida maniglia d’ottone.
“Shannon, vieni qui!”
La voce di Jessica è un po’ più alta del normale, e, nell’animo ancora inquieto di Shannon, incute una sorta di tormentato timore. Milady non è solita redarguirla, tuttavia è ancora parecchio provata dagli insulti di Runon e delle altre ragazze della servitù.
“B-ben svegliata, Milady”, balbetta timidamente, mentre si inchina leggermente al cospetto della ragazza.
“E’ tutto a posto, Shannon, sta’ tranquilla,” esclama lei, sentendo il suo tono. “E comunque, ti ho già spiegato che il mio nome non è Milady.”
Shannon non ha il coraggio di rispondere a questa affermazione. Abbassa lo sguardo e attende che sia l’altra a parlare, pronta ad eseguire qualunque ordine.
Jessica le dà le spalle, camminando verso la finestra. Perde lo sguardo lungo il litorale roccioso bagnato dalla luce dorata del sole, respirando l’aria salmastra che il vento porta con sé.
Stranamente, in quel momento, Shannon si sente simile a lei, come se, in fondo, entrambe stessero provando gli stessi sentimenti. Il mare è blu per tutti? Può darsi, ma forse è di sfumature diverse, si ritrova a pensare, mentre sente Jessica che, dall’altro lato della stanza, lentamente sospira, ancora rivolta verso la linea dell’orizzonte solcata dai gabbiani.
“Shannon,” esclama la ragazza dopo qualche minuto, pensierosa. “Tra quanto saranno qui gli ospiti?”
Sul volto della cameriera si accende un tiepido sorriso. “Dovrebbero essere qui entro poche ore. Il mare è perfettamente calmo, dunque non dovrebbe esserci alcun ritardo nel viaggio della nave fino al porto di Rokkenjima.”
Non nasconde la felicità che prova al pensiero della riunione del casato degli Ushiromiya di quel giorno. Quando la famiglia si riunisce, di solito, le altre ragazze hanno meno tempo per prenderla in giro, tanto sono impegnate nei preparativi che vedono coinvolti gli ospiti del nobile casato, e ciò non può che renderla felice.
“E ci sarà anche Battler?” la domanda della ragazzina la coglie alla sprovvista, tuttavia, dopo un breve attimo di esitazione, risponde con voce ferma.
“La famiglia di Battler-sama è stata recentemente colpita dalla morte di Asumu-sama. Sarebbe comprensibile se Rudolf-sama decidesse di non partecipare all’annuale riunione familiare. Tuttavia, sono state preparate stanze per entrambi.”
“Questo significa che probabilmente parteciperanno.”
“S-suppongo di sì, Mil… Jessica-sama.”
Adesso c’è un leggero sorriso sul viso di Jessica, apparso dal nulla come le nuvole che, leggere, turbano improvvisamente la stagione estiva; tuttavia, Shannon non può saperlo. Si è sempre limitata soltanto a servire la ragazza in ciò che le veniva ordinato, e sa bene di non potersi considerare neppure sua amica.





E’ passato un anno dal loro ultimo incontro, tuttavia Battler è esattamente come lo ricorda. Non appena la vede, le corre incontro con un gran sorriso sul volto: e la saluta così, con quella gran risata che lo caratterizza, perché è in questo modo che Battler si è sempre comportato nei suoi confronti, fin dal loro primo incontro. Lei arrossisce, si stringe su se stessa mentre il ragazzo la abbraccia, abbassa la testa in maniera umile: il suo comportamento la imbarazza, ma non osa dire nulla per paura di mancargli di rispetto; spera soltanto che Madame sia distratta, per non essere nuovamente ammonita anche da lei.
Le chiede come va, donandole quel gran sorriso che l’ha sempre paralizzata; e, prima di poter rispondere qualcosa, è già avvampata. Biascica un bene piuttosto forzato, a testa china. Battler sembra trovare il suo imbarazzo divertente: sembra che le stia per dire qualcosa, ma poi viene richiamato da suo padre, in lontananza.
Lui annuisce alla richiesta dell’uomo, poi si volta di nuovo verso di lei. Le fa un allegro segnale di saluto con le dita, poi comincia a scodinzolare dietro suo padre, verso il grande ingresso della villa.
E in un attimo, nell’immenso giardino delle rose di casa Ushiromiya, mentre il tiepido vento autunnale le scombina dolcemente i capelli, è di nuovo, come sempre, sola.





Sì, probabilmente prova qualcosa per Battler.
Sono tante le cose che la gente afferma riguardo all’amore: la natura umana è piena di parole meravigliose atte a descrivere questo sentimento.
Per lei, tuttavia, è diverso. Genji le dice sempre che l’amore è un sentimento utile la metà della lealtà e dieci volte più dannoso: tuttavia, le è difficile ignorare un sentimento del genere. Non è solita confidarsi con Jessica: ascolta volentieri i pensieri della ragazza, ma non si permetterebbe mai di fare altrettanto con i suoi. Dopotutto, le è stato insegnato che lei è solo un mobile di quella villa.
Eppure, c’è qualcosa di particolare nelle sue chiacchierate con Battler-sama: è sempre stato così, per lei, e, nonostante le faccia fatica ammetterlo, è quello il motivo per cui s’è svegliata così presto, quella mattina, e perché ha atteso con tanta ansia questo giorno. Non riesce a capire quello che prova, non sa neanche se sia normale; ha troppa paura per confidarsi con qualcuno, persino con Kumasawa: Madame andrebbe su tutte le furie, se qualcosa del genere giungesse alle sue orecchie, e a lei non piace far arrabbiare Madame. Essere biasimata la fa sentire incapace, inutile: la fa sentire come quella Yasu che pretende di non essere, ma che forse, in fondo, è davvero.
Le piacerebbe essere accettata da tutti.
I rimproveri di Madame forse sarebbero un po’ più sopportabili.
Tuttavia, sa bene che tutto ciò che immagina non può succedere davvero. Quello che sogna, quello per cui sta sveglia la notte e si tormenta – dio, quante notti passate ad occhi aperti a immaginare quella perfezione! -, non può accadere perché semplicemente non lo merita. E non merita l’amore di Battler, se amore può essere chiamato. Sì, allora è molto meglio che sia Jessica ad avere i sentimenti e il cuore del ragazzo.





Perché lei lo sa. Jessica non gliel’ha mai detto, ma è ovvio pensare che sia così. Riesce a capirlo anche adesso, osservandoli dalla piccola finestra sgangherata della sua camera, mentre giocano e ridono correndo per il giardino delle rose. Può vederlo negli occhi di Jessica, nel suo sorriso, persino nella domanda che quella mattina le ha rivolto, non appena è entrata nella sua camera. Shannon lo sa, e sa che probabilmente a Battler Jessica piacerebbe più di lei. Non conosce il tipo di ragazza che possa piacergli: tuttavia, lo sente. E dopotutto, lei possiede forse qualcosa in più per meritare l’amore del ragazzo? Non riesce neppure a parlargli. Crede davvero di avere qualche speranza, così?
Se le fosse permesso, la odierebbe.
Ma, anche volendo, forse non ci riuscirebbe del tutto. Si limita soltanto a guardarla attraverso la finestra, ad osservare il riflesso dei suoi capelli chiari espandersi alla luce del sole, come olio su tela, o come le onde del mare che lentamente consumano la riva di quell’isola. Battler e Jessica giocano, e George, poco distante da loro, li osserva divertito. Perché quella scena lo diverte? Che cosa pensa il ragazzo dei suoi due cugini? Non riesce a immaginarlo.
Rimane alla finestra, insoddisfatta e infelice, mentre il meriggio scivola via oltre il mare, insieme al sole e ai suoi sottili raggi di luce dorata. Dovrebbe aiutare le altre domestiche con la cena, ma non le importa. Tanto quelle stupide troverebbero comunque un modo per criticarla.





Il tramonto porta via con sé anche la sua tristezza. Sospira, leggermente, perché non vuole che nessuno la senta, mentre accarezza lentamente il tiepido velluto di una delle rose del giardino. Sono migliaia, di tutti i colori, piene di vita, pulsanti: in quel giardino non riesce ad esser triste, neppure volendo.
I servi probabilmente parleranno a Madame, le diranno che oggi non s’è fatta viva neanche una volta in cucina: in quel momento, però, non la ritiene una questione importante.
La brezza fresca della sera è dolce e carezzevole, e la consola soavemente: il profumo delle rose è forte e al tempo stesso meraviglioso. Cammina per il sentiero ricoperto di petali di rosa, con la testa altrove, accarezzando ogni singolo petalo dei fiori che la sua mano incontra: il suo tocco è lieve, leggero, quasi impalpabile. Il suo sguardo incontra una rosa più bella delle altre, dal soave colore dorato: ha una grande corolla, ed emana un forte profumo che non ha eguali, rispetto a quello delle sue simili. La accarezza più delle altre, quella rosa dorata – l’ha saputa consolare bene, più di quanto abbia mai fatto una persona reale -, tiene a mente la sua posizione per ritrovarla ancora quando si sentirà triste in futuro.
E in quel momento di assoluta perfezione, quando l’odore delle rose e del placido mare la inebriano dolcemente, sente una voce alle sue spalle, all’improvviso.
“Che cosa stai facendo?” le chiede Battler, curioso.
Non appena sente la sua voce, sa già di essere avvampata terribilmente. Ringrazia la luce soffusa del giardino delle rose, così discreta, che la illumina in maniera indiretta, quasi di sfuggita.
“S-stavo ammirando questa rosa” si ritrova a rispondere, perché non vuole sembrare scortese né vuole mentire a Battler-sama.
Lui si avvicina, con passo lento, con un sorriso un po’ obliquo e al tempo stesso divertito. Quando si avvicina al fiore che Shannon indica, annuisce lentamente: “E’ davvero bellissima. Si addice perfettamente a quest’isola, non trovi? Il colore dorato per l’isola della Strega dell’oro, Beatrice.”
Shannon risponde sottovoce, a testa bassa, troppo timida per incrociare il suo sguardo.
Trascorrono un paio di minuti in silenzio, senza nemmeno incrociare i propri sguardi.
“Tu credi alla leggenda di Beatrice, Shannon?” chiede Battler dopo un po’, pensieroso, mentre osserva ancora la rosa dorata.
“B-beh…” comincia Shannon, non sapendo quale risposta si aspettasse il ragazzo accanto a lei. “Tra i domestici, si tramanda la leggenda della strega che di notte apre le finestre e le porte, tuttavia... no, probabilmente non ci credo. Se c’è una Beatrice, su quest’isola, allora è soltanto questa rosa.”
Battler sembra soppesare questa risposta, nella sua mente. Poi, soddisfatto, sorride. “Anche io la penso così. Le streghe non esistono. Però questa rosa sembra dorata, così come quella strega… dunque, trovo sia una bella risposta.”
Anche Shannon sorride insieme a lui. Sono insieme, loro due soli, nell’immenso giardino delle rose che è il suo paradiso, il luogo in cui si sente più protetta, libera dagli sguardi sprezzanti delle altre serve e di Madame. Anche se non se ne rende conto, è felice come non è mai stata.
Il mare è di un blu più intenso, ora.
“Battler-sama… posso farle una domanda?” chiede dopo un po’, prendendosi di coraggio, mentre il suo viso avvampa in maniera vergognosa.
“Certamente!” esclama Battler, sorridendole.
“Mi chiedevo… che tipo di ragazza piace a Battler-sama…?” domanda timidamente, con un filo di voce, a testa china.
Inizialmente Battler sembra un po’ imbarazzato, guardandola confuso. Tuttavia, ben presto, sul suo viso riaffiora un grande sorriso.
“Beh… lo sai, non sono un grande estimatore di quella che può essere la tipica donna di famiglia,” afferma poi, ridendo. “Vedi come mi comporto? Non riesco ad essere educato con le ragazze, mi è proprio impossibile! Dunque, se mi chiedessi che tipo di ragazza mi piace… Beh, probabilmente risponderei dicendo che mi piacciono le ragazze come Jessica. Se io mi comporto così, perché non può farlo anche lei?”
Buttate così al vento, le sue parole improvvisamente la aggrediscono. Per lui sono leggere, sono farfalle dorate che si librano in volo sopra il giardino delle rose: ma quello che vede lei è soltanto nero, il nero della bile che trascina via tutte le sue speranze. Tiene la testa bassa, gli nasconde le sue lacrime, mentre lui continua a parlare, al vento e alla sottile brezza d’autunno.
“Probabilmente sarebbe il mio tipo ideale di relazione, così, senza preoccuparsi di nulla e facendo quello che più si vuole… Quindi, se volessi avere una fidanzata, mi piacerebbe qualcuno con cui poter scherzare sempre.”
Basta. Ti prego, fermati. Avrebbe voluto gridarglielo, ma non avrebbe mai trovato il coraggio di dirglielo davvero. La coltellata improvvisa che sono le sue parole è come una droga per lei.
“E… e che aspetto dovrebbe avere?” domanda poi, flebilmente, senza avere il coraggio di aggiungere altro.
Battler cambia espressione, un po’ confuso. “Beh, non sono troppo schizzinoso al riguardo. Però, mi piacerebbe che fosse una donna affascinante, bionda, prosperosa e con gli occhi azzurri, come quelle che si vedono nei film!” Poi ride, divertito da quella prospettiva. “Sarebbe fantastico, sì!”
Non ha più il coraggio di rispondere. Lentamente, asciuga le lacrime che hanno cominciato a rigarle le guance. E’ voltata, e Battler non può vedere il suo viso, ma in quel momento si ritrova a sperare che il ragazzo noti qualcosa. Che le chieda di spiegarsi meglio, che le faccia delle domande, che la volti e noti il suo viso distorto dalla disperazione. Ma lui non si accorge di nulla, perso nelle sue fantasie, e il suo dolore si manifesta ancora più forte, improvvisamente, come un’onda impetuosa che si spezza contro la roccia di uno strapiombo. Alza lo sguardo verso il mare, confusa, triste e allo stesso tempo infuriata: ma quello che osserva non è più lo stesso mare che circondava l’isola che ora è la sua prigione, ma soltanto una pozza opaca e grigia.
Battler viene richiamato dal padre all’interno della villa, e lei torna ad essere sola. Osserva la luce spenta degli astri, sente sulla pelle la brezza fresca della notte che ora è simile a una tempesta, lascia che le sue lacrime scorrano vive sulla sua pelle, fino ad infrangersi tra i petali di quelle bellissime rose, così come le sue speranze.
I suoi occhi arrossati dal pianto si soffermano nuovamente su quella rosa, quella bellissima rosa dorata che lui aveva accarezzato.
Con uno scatto improvviso della mano ne distrugge la perfetta corolla, amareggiata dalla sua aulica perfezione.






“Beatrice,
 ascolta attentamente.
Io ti cedo il mio amore per Ushiromiya Battler.
Diventa la donna che Battler desidera.
Prendi i capelli biondi che tanto desidera.
Prendi quegli occhi blu che tanto gli piacciono.
Acquista la personalità che a lui si addice.
E dopo aver fatto ciò… amalo al mio posto.
E… se è possibile, fatti amare da lui.
Io… non posso più amarlo.
Per favore, prendi i miei sentimenti non corrisposti, i miei sentimenti che non posso più tenere con me… ed esaurisci il mio desiderio.
Da questo giorno, non sei più lo spirito di Rokkenjima che vive soltanto quando fa innocui scherzi.
Da questo giorno, tu sei la padrona di quest’isola, e aspetterai il giorno in cui lui tornerà qui per mantenere la sua promessa.
Da questo giorno, farai ciò al posto mio.
Dunque, da questo giorno, tu non sarai più me.
Per favore, perdonami per aver lasciato confluire tutto quello che provo in te, perché, nonostante io sia sola, sto cercando di trovare la mia felicità.
Da questo giorno, tu hai il diritto di odiare tutti.
Da questo giorno, tu sei la Strega Dorata, Beatrice.
E, un giorno… distruggerai ogni cosa, e la farai rivivere.
Benedirai tutti coloro che ti amano.
Quando ciò accadrà… spero che sia tu che io avremmo trovato la felicità.
Da questo giorno, tu non sarai più me.
Da questo giorno, io non sarò più te.
Noi due saremo un'unica anima divisa che condivideremo, sebbene, ovviamente, nessuna delle due possederà un’anima completa…
Ma sono comunque certa che i nostri sogni saranno più numerosi di quelli degli altri umani.
Lascia che io ci benedica…
Mia cara Beatrice…
Nessuno potrà vederti.
Io sola sarò capace di farlo.
Ma se tu sarai amata da tante persone, un giorno chiunque potrà essere in grado di vederti.
Grazie all’amore, ne saranno capaci.”


   
 
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