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Autore: Jadis96    05/11/2010    6 recensioni
Ricorda per sempre
il 5 novembre,
il giorno della Congiura delle Polveri contro il Parlamento.
Non vedo perchè di questo complotto
nel tempo il ricordo andrebbe interrotto...
... Ma l'uomo?
So che il suo nome era Guy Fawkes, e che nel 1605 tentò di far esplodere il Parlamento inglese... ma chi era realmente? Che tipo d'uomo era?
Ci insegnano a ricordare le idee e non l'uomo, perchè l'uomo può fallire; può essere catturato, può essere ucciso... e dimenticato.
Ma quattrocento anni dopo, ancora una volta, un'idea può cambiare il mondo.
Io sono testimone diretta della forza delle idee. Ho visto gente uccidere per nome e per conto delle idee... li ho visti morire per difenderle.
Ma non si può baciare un'idea... non puoi toccarla, nè abbracciarla. Le idee non sanguinano, non provano dolore... le idee non amano.
Non è di un'idea che sento la mancanza, ma di un uomo, un uomo che mi ha riportato alla mente il 5 novembre... un uomo che non dimenticherò mai.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'V'
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Ricorda per sempre
il cinque novembre,
il giorno nella Congiura delle Polveri contro il Parlamento,
non vedo perché di questo complotto
nel tempo il ricordo andrebbe interrotto…
 
 
Scorsi velocemente i titoli delle canzoni.
Senza riflettere, la mia scelta cadde su quell’unico numero che rappresentava tutto me stesso.
Il 5.
Rappresentava il giorno della Congiura delle Polveri, e quindi V, e la sua insaziabile sete di vendetta; ma contemporaneamente…ero io. Quella piccola parte del mio essere che, inevitabilmente, era ancora umana. Era anch’essa condannata a morire, e quel numero era sempre lì a ricordarmelo.
<< V, io me ne vado >>.
Quasi non mi ero accorto che Evey era entrata nella stanza. La sua voce alle mie spalle mi colse di sorpresa.
<< Ci sono ottocentosettantadue canzoni qui dentro. Le ho ascoltate tutte, ma non ne ho mai ballata una >>, dissi con voce pacata.
Sapevo che quel momento sarebbe arrivato, ma il mio egoismo mi spingeva a tentare di rimandarlo il più possibile. Speravo che avrebbe colto la richiesta nascosta dietro quella semplice frase, e dopo la supplica nascosta dietro la richiesta.
<< Mi hai sentito? >>.
<< Sì >>. Pronunciai quella parola come una fastidiosa accettazione.
<< Non posso restare qui >>.
<< Lo so >>.
Sì, ne ero perfettamente consapevole, e non potevo farci nulla.
Mi voltai, e fui felice di scorgere nei suoi occhi una scintilla di rimpianto.
<< Be’, non troverai più porte chiuse >>. Ti amo troppo per trattenerti.
<< Avevo pensato di tenerla, ma non mi sembrava giusto sapendo che l’avevi scritto tu >>, mi porse la lettera di Valerie.
<< Non l’ho scritto… >>. Risposi.
Capii che era giunto il momento di ricalcare nuovamente la V della parola “Verità”.
<< Posso mostrarti una cosa prima che tu vada? >>.
Annuì.
 
La accompagnai dove erano riunite tutte le Scarlet Carson che possedevo, insieme alle foto di Valerie.
<< Esisteva davvero? >>, chiese Evey meravigliata.
<< Sì >>, risposi con un sospiro. Esisteva.
<< E’ bellissima >>.
Evey si voltò verso di me, con gli occhi accesi di curiosità.
<< L’hai conosciuta? >>.
<< No >>, risposi, e in quella parola sperai di poter riassumere tutto il mio dolore.
<< Ha scritto quella lettera poco prima di morire… ed io l’ho consegnata a te, come era stata consegnata a me >>. Capii troppo tardi di aver rivelato troppo, ma in quel momento non importava.
Ormai non c’era nulla in grado di suscitare il mio interesse e la mia preoccupazione, al di fuori della vendetta… e di lei.
<< Allora è successo sul serio? >>, chiese perplessa.
<< Sì >>. È successo.
Mi sentii percorrere da un brivido. Evey avrebbe conosciuto di lì a poco il vero motivo della mia sete di vendetta, ed io non ero sicuro di essere pronto a rivelarglielo.
<< Tu eri nella cella accanto alla sua… >>. Non era una domanda.
La sua mente correva… e lo faceva nella giusta direzione.
Sorrisi. Poi mi chiesi: potevo sorridere? Non ne ero certo.
In ogni caso, il mio sarebbe stato nient’altro che un sorriso amaro e triste, e Evey non l’avrebbe visto.
Eppure lei ne vedeva sempre uno; quello che emergeva attraverso la finta pelle bianca della mia maschera e i sottili baffi neri.
Sorrisi di nuovo, e quella volta fu un sorriso divertito.
<< … ecco qual è il vero motivo >>, mormorò con una punta di soddisfazione.
Alzò lo sguardo, e senza saperlo incontrò il mio.
Quel breve, fragile e rarissimo momento di divertimento si spezzò, e fu rimpiazzato dalla dura e fredda consapevolezza.
<< Ti stai vendicando di loro per quello che hanno fatto a lei… e a te >>.
Risposi con quella frase che, sin dall’inizio della mia esistenza, aveva marchiato a fuoco la mia anima, senza lasciarmi scelta.
<< Io sono il frutto di quello che mi è stato fatto. E’il principio fondamentale dell’universo: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria >>.
<< E così che la vedi? Come un’equazione? >>. Chiese contrariata.
Improvvisamente sentii imperversare quella rabbia che era sempre rimasta in agguato, nell’attesa di un momento per manifestarsi.
<< Quello che mi hanno fatto è mostruoso! >>. Fu una frase dettata dal risentimento e dal rancore.
<< E loro hanno creato un mostro >>, rispose prontamente Evey.
Inaspettatamente, sentii delle lacrime di frustrazione che mi pungevano gli occhi.
Mi voltai lentamente verso di lei, e mi sembrò quasi di scorgere un lampo di timore nella sua espressione.
<< Sai dove andrai? >>, chiesi, un po’ per angoscia, un po’ per cambiare argomento.
<< No. Questo prima mi avrebbe spaventata, ma immagino che debba ringraziarti >>.
<< Ah >>.
Sì, avrebbe dovuto ringraziarmi, ma aveva ugualmente diritto ad odiarmi per quello che le avevo fatto.
Si avvicinò, fino a trovarsi a pochi centimetri dal mio viso. << Grazie >>. Sussurrò, e per un solo, intenso attimo fui catturato dal calore del suo respiro.
Mai eravamo stati così vicini.
Ti amo.
Sarebbe bastato pochissimo, erano sono due parole, dopotutto.
Stavo quasi per trovare il coraggio di pronunciarle, quando Evey aggiunse: << Addio >>.
Allora ripensai a quando, pochi giorni prima, aveva gridato in preda all’ira: “Ti odio!”, e mi chiesi se davvero avesse deciso di odiarmi. In quel frangente, avevo visto così tanta convinzione nei suoi occhi, che ero stato quasi tentato di crederle, anche se poco prima aveva dimostrato di essere disposta a dare la sua vita, per proteggere me.
Ero confuso, frustrato, e arrabbiato con me stesso.
<< Evey… >>. Il suo nome affiorò alle mie labbra irrazionalmente.
Si voltò.
<< Se potessi esprimere un desiderio vorrei rivederti anche solo un’ultima volta, prima del 5 >>. E prima, ti chiederò di concedermi un ballo, poi ti farò un regalo: tutto quello che possiedo.
<< D’accordo >>, rispose.
<< Grazie >>. Mi sforzai immensamente di controllare la mia voce, per non lasciar trapelare emozioni. Non volevo che capisse fino a che punto avevo bisogno che tornasse.
Evey mi rivolse un ultimo sguardo, poi se ne andò.
 
Mi sentii invadere dallo sconforto e dalla disperazione.
Iniziai a camminare rapidamente, nel tentativo di calmarmi.
Credevo che il mio cuore non avrebbe potuto contenere tanto dolore, e contemporaneamente condividerlo con altrettanta gioia.
Non ci sono certezze, solo opportunità. L’avevo detto a Evey qualche mese prima, ma mai avevo immaginato che mi sarei ritrovato a sprecare una delle opportunità più importanti della mia vita.
Ero solo.
Ero solo e dannato.
Ero solo, dannato e innamorato.
Mi fermai davanti ad uno specchio, senza fiato.
Guardai quel viso, che mai era stato così falso, e provai un immenso odio per colui che stavo guardando. Ero io? Era Guy Fawkes? Era V?
In un moto d’ira, afferrai la maschera, e la scagliai contro lo specchio, che si frantumò.
Mi lasciai cadere sulla sedia e, per la prima volta da anni, piansi.
Non ero sicuro di essere in grado di sorridere, ma mi resi conto di essere perfettamente in grado di piangere.
Sperai che Evey si fosse allontanata abbastanza da non sentire il rumore del vetro che si spezzava. Se fosse tornata indietro sarei stato costretto a rivelare anche quell’ultima parte di me che ero riuscito a nascondere.
Sentii i suoi passi che si avvicinavano nuovamente alla porta chiusa. Attese un attimo, poi tornò sui suoi passi.
Grazie, Evey.
Nonostante tutto, mi aveva capito perfettamente.
Un po’ rassicurato, mi abbandonai alla mia disperazione, mentre nella stanza vuota risuonava il rumore dei miei singhiozzi.
Lacrime amare bagnarono i frammenti dello specchio, e infine la maschera.
 
Avevo trascorso tutta la vita in attesa del 5 novembre, ed ora ogni attimo che mi avvicinava a quel giorno era una scheggia ghiacciata nel mio sangue, che mi faceva sentir freddo ogni giorno di più.
Evey era la mia condanna e la mia salvezza.
 
Ho scritto questa one-shot basandomi sul film di V per Vendetta, infatti i dialoghi sono riportati esattamente come sono.
Spero di aver reso l’idea, e che il narratore sia abbastanza IC :)
   
 
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