Nota: storia
scritta per il secondo turno del concorso “Lotta all'Ultimo
Inchiostro” del Magie Sinister Forum (http://magiesinister.forumcommunity.net/)
sul tema “Severus ricoverato al San Mungo”.
Disclaimer: I personaggi ed i
luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente,
a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
I personaggi originali e la trama di questa storia sono
invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e
preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una
citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per
puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Il
Bianco Dolore
C’è una strana quiete intorno a me, un silenzio quasi
irreale.
D’un tratto una fitta lancinante percorre le mie membra
facendomi contorcere e gridare appena.
Apro gli occhi un istante e un odore nauseabondo invade le
mie narici: odore di sangue.
Il mio.
Lo sento pulsare potente sulla mia giugulare, cerco di
allungare una mano verso di essa, ma mi sento vuoto, spossato, senza più forze;
si stacca di qualche centimetro dalle candide lenzuola, ma ricade come morta.
Qualcosa mi stringe la gola.
Credo sia una benda.
Non ricordo nulla, solo visioni frammentate della Stamberga,
del Signore Oscuro e… Nagini…
Sento i suoi denti ancora conficcati nella mia carne e una
leggera nausea m’assale.
Perdo nuovamente i sensi.
- Severus!
- Albus? – chiedo stupito – Sono finalmente morto, vero?
- Oh no, Severus, sei solo un po’ malandato.
Lo vedo sorridere, quel suo sorriso sempre così spensierato.
Riapro gli occhi come se quella voce mi avesse infuso calore
e vita.
Riapro gli occhi e lui non c’è più.
Un triste velo di malinconia mi pervade e una fitta di
dolore mi gela il cuore, un dolore profondo, un dolore atroce per aver ucciso
quel sorriso… per sempre.
Sento ancora il mio corpo vuoto, debole, sembro quasi un
burattino, la mia mente è ancora vigile, ma il mio corpo non risponde ai suoi
comandi.
Dovrei essere morto, non inchiodato in questo letto
d’ospedale!
Alzo appena la testa dal cuscino per riuscire a capire da
dove provengono queste voci.
Cosa diavolo è questo baccano! Non lo sanno che siamo in un
ospedale?
Poi mi volto e tra una densa nebbia che appanna la mia
vista, li vedo: i suoi occhi, luminosi come un astro, preziosi come lo smeraldo
che gli ha rubato il colore.
- Li… Lily! – le parole mi muoiono in gola.
- Mi dispiace, professore, non… non sono lei. - e vedo gli
occhi di Harry, gli occhi di Lily che diventano lucidi per la mia accorata
richiesta rimasta sulle labbra, ma uscita potente dal mio sguardo.
Lily, l’amore a cui sono stato fedele e legato per tutta la
vita.
Lily, la mia dannazione e il mio amore.
Dannazione, non posso parlare, altrimenti lo caccerei via da
questa stanza!
Dannazione, sarei dovuto morire con il dolce ricordo degli
occhi della mia amata e invece sono qui, su questo dannato letto di questo
dannato ospedale a guardare il figlio che avrei voluto fosse il mio.
Mi giro dando le spalle al ragazzo e chiudo gli occhi
cercando di rimanere solo, cercando di erigere nuovamente quella barriera che
mi sono costruito negli anni.
La solitudine è stata la mia fedele compagna di vita,
nemmeno la morte ha deciso di prendere il mio inutile corpo, un’esistenza
triste e solitaria la mia.
Odio questa stanza, così luminosa e così bianca.
Odio gli ospedali, mi ricordano mia madre piangente e
dolorante che aspettava di essere assistita.
Odio la mia vita!
- Grazie!
Una semplice parola spezza il silenzio.
Una semplice parola mi fa credere in qualcosa.