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Autore: Bookwrm389    06/11/2010    6 recensioni
["Sequel" della one-shot Open wounds]
Ed ritorna a Rush Valley con un obiettivo: scovare la persona che ha aggredito il suo meccanico.
E quando la mera violenza si rivela inutile, Ed decide di battere quel tizio al suo stesso gioco... che Winry lo voglia o no.
Genere: Generale, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Altro personaggio, Edward Elric, Nuovo personaggio, Winry Rockbell
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfiction è stata tradotta da ChiuEs con il permesso dell'autrice


Capitolo 2
Nightmare

 
 

Ormai Ed avrebbe dovuto esserci abituato, eppure quel sogno ricorrente riusciva sempre a trovare un modo per coglierlo alla sprovvista.
 
L’intervento per l'installazione dei suoi automail era avvenuto anni prima, e il ricordo che ne aveva era frammentario, spezzato da dolore e delirio.
Riusciva a rievocare soltanto pochi momenti di lucidità su quel tavolo operatorio, ma la sua immaginazione non aveva avuto problemi a colmare le lacune.
Ora le cinghie che gli immobilizzavano il corpo sembravano essere più strette di quanto ricordasse, le luci erano più luminose di quanto avrebbero dovuto essere, gli strumenti più affilati e brillanti…
 
E faceva male, maledizione! Faceva male! Aveva pensato di essere sul punto di morire quando aveva aperto gli occhi per la prima volta dopo l'intervento per impiantare le basi d’innesto. Il suo cervello non riusciva ad accettare che ci fossero metallo e cavi collegati ai suoi nervi e imbullonati alle sua ossa. Era una cosa innaturale e sbagliata, e il suo corpo stava facendo tutto il possibile per rigettarla.
Ma non importava quanto insopportabile fosse il dolore, non potevano anestetizzarlo di nuovo. I narcotici non avrebbero fatto altro che ritardare il suo recupero e l’avrebbero intrappolato in un circolo vizioso fatto di dolore e di oblio e poi ancora più dolore. Doveva sopportare.
 
Ma stavolta, a poco a poco, Ed si rendeva conto di non essere l’unico a singhiozzare nella stanza.
Si voltava e vedeva Winry, in piedi, in un angolo lontano. La piccola Winry, quella che lo aveva assistito durante l’operazione chirurgica. E incombente su di lei c’era Mitch, il teppistello del cortile della scuola, balzato fuori direttamente dai suoi ricordi d’infanzia. Il bullo che non si faceva alcuna remora a spintonare le ragazzine faccia a terra nel fango.
Solo che ora lui era più grande, più imponente, e la sua minaccia si faceva molto più sinistra.
 
Winry… Winry, corri… la porta… scappa…
 
Ed cercava di articolare quelle parole, di urlarle, ma la sua voce era come svanita. Mitch afferrava i polsi di Winry e la tirava a sé, con quelle braccia gonfie di muscoli che avrebbero potuto spezzare la ragazza come un ramoscello. Winry cercava di sfuggirgli, con le lacrime le rigavano il viso—
 
Non osare farla piangere, bastardo!
 
Lei era così piccola in confronto a quel colosso, così fragile e sottile, non avrebbe avuto alcuna possibilità, e lui non poteva aiutarla
 
Winry, reagisci! Non lasciare che ti faccia del male! E tu non avvicinarti a lei! Non farlo, non farlo, non…
 
Quel che succedeva in seguito scaturiva direttamente dalle sue ansie, dalle sue paure, e l'aggressore, ormai senza volto, afferrava i capelli di Winry e la baciava viziosamente, bevendo le sue lacrime come fossero vino—
 
NON TOCCARLA!
 
 
 
Il fischio del treno squarciò quell’immagine nella sua mente e ne spazzò via i frammenti. Ed ammiccò al finestrino sul quale aveva poggiato la fronte, scosso e sudato a causa di un sogno che ricordava solo a metà. Qualcosa a proposito del suo intervento chirurgico e Winry e… il cortile della scuola?
Si raddrizzò sul sedile con uno sguardo accigliato. Se si fosse messo d’impegno, sicuramente sarebbe riuscito a ricordare di che cosa si trattasse, ma visto il modo in cui il cuore gli stava battendo in gola probabilmente sarebbe stato più conveniente scordarsene.
 
“Ci siamo quasi, fratellone.”
 
“Mmh,” borbottò indistintamente Ed. Si protese in avanti e abbassò il finestrino, lasciando che la fresca aria di montagna facesse svaporare gli strascichi del suo incubo.
Avrebbero raggiunto Rush Valley a tarda ora ormai, ma quel posto la notte era animato tanto quanto il giorno. Anche da lì Ed poteva vedere i bagliori della città, una bolla di luce incastonata nella vallata rocciosa.
 
Batté il piede a terra con ritmata impazienza mentre attendevano che il treno entrasse in stazione, poi balzò giù dal sedile prima ancora che il mezzo si fosse fermato completamente — cosa che gli permise di essere uno dei primi passeggeri a scendere dal treno. Dopodiché si mise a correre lungo la banchina buia fino a raggiungere la strada sul lato opposto, dove si fermò per cercare di orientarsi.
Al lo raggiunse poco dopo, portandosi appresso la valigia che Ed aveva dimenticato, nella fretta di scendere.
 
“Com’è che si chiamava quel tale da cui Winry fa l’apprendista?” domandò Ed, spostando lo sguardo qua e là sulla fila di botteghe attorno a loro.
 
“Garfiel,” gli rispose Al, incamminandosi nella giusta direzione. “Credo sia da questa parte, un paio di isolati più giù. Cerca un’insegna con un fiore.”
 
“Oh già, il tizio dei fiorellini,” mormorò Ed, distratto da un gruppo di giovani avvinazzati che ciondolavano all'esterno di un bar nelle vicinanze. Li scrutò attentamente ma nessuno di quei volti gli suggerì qualcosa.
Ed scosse il capo scacciando la paranoia. Non poteva certo aspettarsi che il colpevole se ne andasse in giro con un cartello che diceva: Sono stato io, vieni a strozzarmi!
Doveva prima di tutto andare ad incontrare Winry e ottenere da lei qualche risposta, o per lo meno un nome...
 
“Fratellone,” lo chiamò Al a bassa voce. “E se fosse stato il signor Garfiel a farle del male?”
 
Ed si arrestò di colpo. Poi improvvisamente scattò, ma venne immediatamente intercettato da Al che si mise a trattenerlo per un braccio. “Al, lasciami andare—!”
 
“Aspetta un momento!” aggiunse in fretta Al. “La mia era solo una supposizione, non ti permetterò di fiondarti nella bottega di Garfiel con quell’atteggiamento!”
 
“Quale atteggiamento?” abbaiò Ed mentre cercava di liberare il braccio, senza successo.
 
Lo sai quale atteggiamento!” lo ammonì Al. “Hai intenzione di menare le mani e solo in seguito fare domande! Non puoi comportarti così col maestro di Winry! Potrebbe cacciarla!”
 
“Beh, cosa ti aspetti che faccia?”
 
“Comincia col calmarti!”
 
“Okay, va bene!”
 
Ma Al non voleva ancora lasciarlo andare. Ed fece qualche respiro profondo e con le nocche si diede una forte botta in testa per cancellare il cipiglio. “Ok. Sono calmo.”
 
“Fratellone,” disse Al, incamminandosi accanto a Ed. “Non mi hai ancora detto che cosa hai intenzione di fare riguardo a tutto questo.”
 
“Non è ovvio?”
 
“Veramente no.”
 
Ed affondò le mani nelle tasche. “Beh, per prima cosa!”
 
E s’interruppe. A dirla tutta Ed non aveva effettivamente pensato a cosa avrebbero fatto una volta raggiunta Rush Valley. In realtà, non aveva riflettuto affatto dopo la telefonata di Winry di due notti prima. Durante tutto quel tempo nella sua testa c’era stato spazio soltanto per due pensieri: Arrivare da Winry e Far sputare la merda a suon di calci al suo aggressore.
E aveva la netta sensazione che ad Al non avrebbe fatto piacere sentire queste cose.
 
“Non hai pianificato assolutamente nulla, vero?” domandò Al stancamente.
 
“Vuoi dirmi che dovevamo semplicemente lasciarla sola?” ribatté Ed a bassa voce.

“No, certo che no,” replicò Al con pazienza, mentre svoltavano in un'altra strada. “Ma lei almeno è al corrente che stiamo per raggiungerla?”
 
“Sì, ho preso un appuntamento,” lo rassicurò Ed. “Le ho detto che l’automail non funzionava bene.”
 
“Cosa che non è vera. Non credi che se ne accorgerà?”
 
Ed si fermò e si rabbuiò fissando la sua mano destra, sconcertato. Era stato al passo con la manutenzione, disgraziatamente, perciò una volta tanto sia il braccio che la gamba si trovavano in ottime condizioni. E Winry gli aveva esplicitamente chiesto, al telefono, di non fare una deviazione solo per causa sua, motivo per il quale Ed si era preso la briga di fingere di aver bisogno di un appuntamento.
 
Si tolse il cappotto e si voltò, dando le spalle ad Al. “Colpiscimi.”
 
“Cosa?” chiese Al confuso.
 
 “Colpiscimi!” ripeté Ed a voce alta, avvicinandosi di un passo. “Abbastanza forte da demolire il rivestimento o qualcosa del genere! Questo dovrebbe bastarle.”
 
Ma Al indietreggiò in fretta. “Io non ho alcuna intenzione di colpirti! E se ti facessi male?”
 
“Direi che è proprio questo il punto. Dai, Al, lo so che hai voglia di farlo…”
 
“Scordatelo, io non lo faccio!”
 
“Dannazione, Al! Fai il bravo fratello e spaccami l’automail!”
 
“No!”

Attenti!”
 
Ed si voltò e scartò a lato giusto in tempo per evitare di essere travolto da qualcuno. Quel tizio gli sfrecciò accanto ad una velocità impossibile, parendo niente di più che una macchia indistinta, e Ed barcollò all’indietro quando anche una seconda figura saettò e passò oltre. “Ma che—!”
 
Fatti da parte, tappetto!”
 
Una terza persona schizzò dietro Ed, urtandolo sul fianco e mandandolo a schiantarsi a terra. Ed sputò la polvere e gridò indignato a quelle sagome lontane. “Io NON sono un tappetto, brutti stupidi!”
 
Al lo aiutò a rimettersi in piedi, mentre anche lui seguiva con lo sguardo quei tre demoni della velocità. “Ah…”
 
Ah cosa?” sbottò Ed, spolverandosi il cappotto.
 
“Hai visto cosa stavano indossando?”

“Che ne so, razzi?”
 
“Rollerblade,” lo corresse Al. “Li avevamo visti ad East City, ricordi? Quei pattini costruiti per la strada invece che per il ghiaccio. Non sapevo che li avessero già esportati fin quaggiù.”

“Vuoi dire quelle sottospecie di stivali con le ruote?” si beffò Ed con disprezzo, ricordando quegli aggeggi coraggiosamente esposti in una vetrina. “Beh, eccoti ora provato quello che dicevo l'altro giorno! C'è un motivo per cui il pattinaggio è uno sport invernale. Limitare il numero di ossa rotte e commozioni cerebrali a un solo periodo dell’anno invece che—Ehi!”

“Che c’è?”
 
Ed sollevò la mano destra sprizzando allegria, avendo notato che le ultime due dita erano piegate in malo modo e non erano più funzionanti. “Ci sono caduto sopra e le ho rotte! Winry ora non mi potrà più accusare di essere venuto qui con un falso pretesto!”

“Anche se è esattamente quello che hai fatto,” disse blandamente Al.
 
“Sta’ zitto,” mugolò Ed. “Andiamo e basta…”
 


Nonostante si trovasse in uno dei quartieri più trafficati della città, la bottega di Garfiel era già chiusa e serrata per la notte. Oltretutto, non c'erano luci accese al piano superiore, dove si trovavano le stanze adibite ad abitazione, quindi era lecito ritenere che sia Winry che Garfiel dormissero già.
Ed, non avendo nemmeno lontanamente previsto questa eventualità, diede un calcio a un bidone dei rifiuti, irritato. “Bene...”

“Bene,” gli fece eco Al, cupo.
 
Ed si avvicinò alla finestra e guardò attraverso le tende infiorettate, tentando di scorgere l’interno buio. “Okay, entriamo.”
 
“Vuoi scassinare la porta?” guaì Al.
 
“Non è scasso se conosci le persone che abitano nella casa!” insisté Ed, sentendosi nel giusto. “Non butterò via i soldi per passare la notte in un albergo quando possiamo starcene tranquillamente qui.”

Ed batté le mani e senza ulteriori indugi trasmutò la maniglia e la scalzò dalla porta d'ingresso in modo che potessero entrare. Al lo seguì riluttante, camminando in punta di piedi nell’atrio del negozio, con circospezione. “Ci sono un sacco di cose sbagliate in quello che stiamo facendo, talmente tante che proprio non riuscirei a elencarle tutte…”

“Meglio,” dichiarò Ed. “Perché sto andando a mettermi comodo sul divano del laboratorio e preferirei non essere costretto ad addormentarmi durante una tua ramanzina.”

“Basta che non te la prendi con me se il signor Garfiel ti scambierà per un ladro e ti sbatterà fuori,” disse Al dopo aver riparato la porta con l'alchimia. “Io credo che rimarrò fuori stanotte. È la serata giusta per osservare le stelle. Chiudi la porta a chiave appena sarò uscito.”
 
“Ok, ok.”
 
Una volta che Al fu fuori, in pace con la coscienza e con la volta stellata — e, si spera, nessun gatto randagio —a fargli compagnia, Ed si tolse gli stivali e gettò il cappotto sulla prima sedia che vide. Aveva pensato di aggiungere anche maglietta e pantaloni alla pila di vestiti, così da poter dormire in boxer, ma meno motivi avrebbe dato a Winry per urlargli contro, meglio era. Perché non aveva alcun dubbio sul fatto che ci sarebbe stato da urlare. C’era sempre da urlare, quando lui arrivava per una riparazione. Era sempre colpa sua, per qualche ragione.
 
Il laboratorio si trovava proprio nel retro del negozio, accanto ad un piccolo cucinino.
Non era difficile da trovare quando le luci erano accese, ma dato che Ed non era riuscito a trovare l’interruttore gli ci volle più tempo del normale per trovare la stanza giusta. Si fece strada alla cieca camminando lungo un bancone, fino a che non trovò una porta e la aprì, respirando a pieni polmoni appena ne varcò la soglia. Olio per macchine e acciaio. Sì, quella era decisamente la stanza giusta.
Fece qualche passo incerto e finalmente individuò il divano sbattendoci contro un ginocchio. Si lasciò cadere sui cuscini. Erano un po’ sgonfi e bitorzoluti, ma aveva senza dubbio dormito in posti peggiori.
 
Si voltò quando gli parve di captare un movimento nelle vicinanze e percepì, più che vederla, un’ombra che si muoveva nel cucinino. Era Al? No, Ed era sicuro che in quel caso avrebbe udito il rumore dell'armatura…
 
“Winry?” sussurrò, alzandosi dal divano e avvicinandosi alla porta del laboratorio. Non appena aprì la porta, qualcosa di molto grande e molto duro gli si schiantò in testa, e lui cadde all’indietro con un gemito di dolore.
 
Accidenti a te, Cal, ti avevo detto di non farti più vedere!”
 
“Accidenti a te, donna!” ruggì Ed. “Guarda bene prima di prendere a randellate la gente!”
 
La luce si accese da qualche parte sopra le loro teste. Winry ammiccò verso di lui sbalordita, con addosso solo una camicia da notte sformata e armata di — con tutte le cose che avrebbe potuto usare! — un bollitore. “Ed?”
 
“O almeno lo ero,” brontolò Ed, tastandosi il capo. “Così siamo passate al brandire utensili da cucina, adesso? Se l'avessi saputo prima avrei portato la mia padella. Lo giuro, uno di questi giorni finirai col colpirmi così forte da trasformarmi in un idiota bavoso…”

Winry posò il bollitore sulla stufa alle sue spalle e gli girò attorno stizzita. “Scusa ma cosa diavolo credevi di fare, intrufolandoti qui come un ladro? Mi hai quasi fatto prendere un colpo! Tutto quello che dovevi fare era bussare alla porta, ma—!”

“Chi è Cal?”
 
Winry raggelò. Letteralmente, si ghiacciò. La bocca le rimase aperta, senza che ne uscisse alcuna parola, e Ed non si era lasciato sfuggire il modo in cui gli occhi di lei si erano momentaneamente spalancati nell’udire quel nome.
Winry richiuse la bocca di scatto e deglutì un paio di volte. “Nessuno, Ed,” mormorò.

“Capisco,” disse Ed scettico. Il suo sguardo era puntato su quel labbro gonfio, e a quella vista sentì la bestia ridestarsi dal suo sonno. “E suppongo quindi che nessuno ti abbia spaccato il labbro…”
 
Winry si coprì la bocca con le dita e gli lanciò un’occhiata di sfida. “Tanto per la cronaca, me lo sono spaccato urtando contro il bordo del piano di lavoro.”
 
“E come ha fatto il tuo labbro ad entrare in contatto con il piano di lavoro?” ringhiò Ed. “Ha ricevuto un piccolo aiuto da… Cal, vero? E comunque Cal è il diminutivo di cosa? Calcio1?”
 
“Callahan. È un cognome.”
 
Ed annuì mentre si appuntava mentalmente quel dettaglio. Stava già progettando di andare in giro a chiedere se qualcuno conoscesse questo Callahan.
Se era una persona del posto, allora non ci avrebbe messo molto a trovarlo. In caso contrario, quel tizio non avrebbe più avuto alcuna fretta di tornare a Rush Valley, una volta che Ed avesse finito con lui.

Winry alzò le spalle e fece un sospiro esausto, guardandolo da dietro una cortina di capelli. “Ed, perché sei qui? Se sei venuto in cerca di una scazzottata, allora puoi tranquillamente girare i tacchi e tornare a bordo del treno. Non ho bisogno del tuo aiuto, e non ho bisogno di un paladino che mi protegga!”
 
“Lo so che non ne hai bisogno,” disse Ed sulla difensiva. “Ma che vuoi? Non è più permesso andare a trovare un’amica per vedere come se la passa, una volta ogni tanto?”
 
“Non è per questo che sei venuto, e lo sai bene!” disse Winry con rabbia. “Non sei venuto qui per vedere come me la passo, non mi hai neanche chiesto come sto!”
 
La bestia si arrestò con la coda tra le gambe, mugolando.
Ed storse il naso a quell’accusa, volendo provare a giustificare le sue azioni ma sapendo che sarebbe stato inutile. Aveva ragione lei. Non aveva nemmeno pensato di chiederle come stesse, aveva semplicemente supposto di saperlo già…
 
Sudò freddo al pensiero che forse poteva esserci qualcosa di più di un labbro spaccato. C’erano lividi sotto quella camicia da notte? Tagli? Fasciature? Oltretutto, Ed non aveva ancora un’idea precisa del perché Winry fosse stata aggredita. Certo, poteva essere successo per qualche motivo banale, ma il suo istinto gli suggeriva il contrario. E da quando era un militare era venuto a conoscenza di un’infinità di storie orribili che riguardavano giovani donne e gli uomini che in teoria avrebbero dovuto proteggerle.
 
Oddio, e se... e se lui l’avesse toccata? E se l’avesse v
 
No, non riusciva nemmeno a pensare quella parola ignobile.
Ed si sentì come se tutto il mondo si fosse messo a girare alla rovescia. Sopra era sotto, destra era sinistra, lui era illeso mentre la sua amica d’infanzia era stata ferita. Winry sarebbe dovuta essere al sicuro da minacce come quella!

“Stai bene?” domandò Ed bruscamente.

“Sì, sto bene,” rispose Winry con sussiego. “Grazie per avermelo chiesto, alla fine.”

Ed trovò difficile credere che lei stesse bene davvero, ma Winry non gli diede la possibilità di ottenere ulteriori dettagli prima di voltargli le spalle e allontanarsi dal laboratorio. Ed si trascinò dietro di lei, fermandosi ai piedi delle scale mentre la ragazza raggiungeva lentamente il secondo piano. “Ascolta, Winry…”

“L'automail te lo sistemo domani,” disse Winry da sopra la spalla. “Ho visto le dita, e sarà meglio per te che tu non le abbia spaccate di proposito solo per avere un pretesto per venire fin qui.”
 
“No, i—”
 
“Bene, allora,” Winry tagliò corto bruscamente. “Ci sono delle coperte in più nell’armadio della biancheria, e non azzardarti a metterti a dormire in boxer. Il signor Garfiel si sveglia presto, gli lascerò un biglietto sulla porta per fargli sapere che voi due siete qui. Beh, presumo che Al sia venuto con te…”
 
“S-Sì, è venuto anche lui. Ma, Winry, voglio solo sapere—”

Buonanotte, Edward.”
 
Ed la guardò salire le scale e sparire dalla sua vista, sentendosi come se avesse perso una sorta di battaglia. E lui odiava perdere.

Rimasto senza niente di meglio da fare, tirò fuori un paio di coperte dall’armadio e si sistemò sul divano del laboratorio.
Domani è un altro giorno. Forse sarebbe riuscito a parlare con Winry mentre lei gli riparava le dita e avrebbe cercato di scoprire qualcosa di più su questo Callahan, che a quanto pare si meritava un bollitore in testa tanto quanto lui.

Il piano di lavoro…
 
Si mise a sedere, fissando il tavolo dall’altra parte della stanza con crescente orrore. Qualsiasi cosa fosse successa, era successa . In quella stanza.
Ma le sole persone che avevano il permesso di entrare lì dentro erano Winry, Garfiel…

E i loro clienti. Quindi Cal non era solo un conoscente, era un cliente.
 
Ed affondò il pugno nel bracciolo del divano e sputò una maledizione fra i denti.
 

Bastardo… che diavolo hai fatto al mio meccanico?


Continua...



 

***
 

 
Note della traduttrice

1 Avrei potuto provare a trasformare la battuta di Ed in qualcosa di più caustico o canzonatorio, del tipo “E comunque Cal è il diminutivo di cosa? Calogero?”, ma la versione originale dice proprio “What's that short for, anyway? Calcium?”. Calcio, da intendersi ovviamente non come sport, ma come il ventesimo elemento della tavola periodica, abbreviato comunemente con Ca.
Sicuramente Ed, da bravo alchimista, nel sentire il nomignolo “Cal” avrà immediatamente pensato che quello assomigliasse più ad un’abbreviazione da formula chimica/alchemica piuttosto che ad un nome. Quindi mi è sembrato più indicato tradurre la battuta fedelmente, dal momento che mi è apparsa totalmente nelle corde del personaggio.
In fin dei conti Ed è un po’ nerd, quando vuole^^

 
Grazie mille a GiugitzuxD e Siyah per le recensioni al capitolo precedente.
Sperando che ne arrivino molte altre :)

 

A presto con il prossimo capitolo di HS!
ChiuEs

   
 
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