Mail non riuscì a correre per molto, aveva già il
fiatone. Si guardò intorno… Non c’era
Mello; Non c’era nessuno.
- Mello…? Ci
sei? Mi senti? Dai, non ho voglia di correre… Siamo troppo grandi per giocare a
nascondino…
Nessuna risposta.
Addirittura l’eco si rifiutava di ribattere… Si accostò sul muro e scivolò
lentamente fino a sedersi per terra. Guardò un ultima volta in giro e, dopo
aver confermato di essere veramente
solo, tolse della tasca un pacchetto di sigarette e ne accese una. Mello si
trovava nella stanza accanto, dall’altra parte del muro dove Mail si era
accostato, e riusciva a vederlo attraverso uno specchio posto sulla porta della
stanza, che era aperta. Osservava, in silenzio, l’immagine riflessa allo specchio…
Non voleva uscire fuori, non adesso. Voleva sentirsi cercato da Mail. Voleva
sapere che il rosso aveva bisogno di lui. Era seduto per terra, poggiava la
schiena in un armadio e il fianco era accostato al muro. Girò il viso verso la
parete… Avrebbe voluto avere il potere di attraversarlo… Voleva toccare colui
che era dall’altra parte. Lo voleva molto più vicino… Perché non si sbrigava ad
arrivare? Chiuse gli occhi, alzò la mano e accarezzò il muro. È sempre stato
così. C’è sempre stata quella maledetta barriera che gli impediva di stare
insieme… Si chiamava debolezza. La famosa debolezza. La paura di soffrire, la
paura di non essere ricambiato… Era stanco di essere così debole. Continuava ad
accarezzare il muro, con la stessa delicatezza con cui accarezzava di solito
il suo violino. Aveva un grandissimo
bisogno di sfiorare il viso del suo amico, del suo compagno, del suo… amore?
Mello non voleva pensarci troppo. Era Mail. Si, ed era suo… Lo è sempre stato.
Erano loro due, e niente né nessuno poteva interferire. Neanche quello stupido
di un albino… Morse la tavoletta di cioccolato che teneva in mano. Un suono
corto, secco. E ancora un’altra volta l’eco non voleva intromettersi.
Mail si mosse. Con
lo sguardo studiò ancora un’altra volta il corridoio vuoto e scuro.
- Non fumare
che ti fa male…
Il rosso poteva riconoscere quella voce in qualsiasi posto.
In qualsiasi circostanza.
- Ma mi fa
anche provare piacere. E’ come l’amore, in fondo.
Un sospiro. Secondi sprecati. Respiri profondi… Mello si
decise finalmente a rispondere.
- “ Così
soavemente mi ferisce
nel cuore di
dolcezza questo amore,
che cento
volte ogni giorno muoio di dolore
e rinasco di
gioia altre cento.”
Il rosso cercava la provenienza della voce. Trovò lo sguardo
di Mello riflesso su uno specchio che riusciva a malapena a vedere, attaccato
sulla porta semi-aperta alla sua sinistra. Mello abbassò la testa, poggiandola
sulle ginocchia. Mail rimase immobile, ancora a fissare quel pezzo di specchio
che riusciva a vedere. Spense la sigaretta, riprese fiato.
- Mello… - Un
gemito come risposta - Una volta mi dicesti che ti ricordavo Biancaneve…Perché?
Ancora secondi di silenzio. Secondi che non avevano fine.
Secondi che non volevano finire mai.
- Sai… Da
piccolo mi leggevano sempre le favole. Ero così ingenuo che credevo veramente
che alla fine tutto si sarebbe aggiustato, sempre e comunque. Vedi, l’ultima
favola che mi hanno letto è stata Biancaneve… Ma non hanno finito di leggerla.
La storia rimase sospesa, bloccata. Biancaneve era morta ed è finito lì. Il
dolore non sarebbe finito finché la storia non fosse stata finita, finché non
fosse arrivato il ‘e vissero felici e contenti’. Così fu la mia vita… Ero
rimasto bloccato nel dolore, ero diventato servo della sofferenza. Pensavo che
nessuno mai avrebbe finito di leggere la mia favola, pensavo che il mio ‘felici
e contenti’ non sarebbe mai esistito… Ma poi sei arrivato tu.
Mail sorrise. Scivolò a gattoni sul pavimento fino a che non
si trovò davanti a Mello. Posò la mano sulla chioma bionda e lucente
dell’altro. Infilò le dita delicatamente tra i capelli lisci e morbidi finche
non raggiunse la nuca, la solleticò con la punta delle dita. Mello si mosse,
non riuscendo a trattenersi alle carezze, vibrava. Alzò il capo e fissò lo
sguardo su quello di Mail, che lo guardava con quel suo sorrisino furbastro.
Mello afferrò velocemente il collo del compagno e lo tirò verso di sè,
quest’ultimo non si aspettava una reazione così veloce, ma dopotutto nessuno
avrebbe mai potuto prevedere le azioni sempre molto impulsive di Mello, nemmeno
lui. Lo abbracciò fortemente. Erano finalmente solo loro due e nulla da
perdere. Solo loro due e nient’altro. Finalmente... Mello fissava Mail che,
spaventato, sentiva il suono dei loro cuori che battevano accelerati,
completandosi nello svolgere di una melodia. Una mano tremula osò toccare il
viso del biondo che sospirò:
- Più vicino…
Mail si sbrigò a
pressare il proprio corpo contro quello del compagno. Gli baciò la punta del
naso. Avevano tutto il tempo del mondo adesso che finalmente si erano trovati,
unendo insieme le due anime in quella camera buia, lontani dall’oscenità degli
sguardi altrui, lontani dall’incomprensione del mondo.
Respiri profondi,
come se espellessero, attraverso ognuno di quei respiri, tutti i dubbi e le
esitazioni; paure e incertezze. Erano nudi di tutto ciò che non importava,
perché niente sarebbe cambiato adesso, non più. Mello era cosciente di non fare
niente di sbagliato, solo insolito. Insolito perché l’essere umano è già debole
per sè, si appoggia sempre sulla società stereotipata con la costante paura dei
cambiamenti. L’uomo ama la donna e viceversa. La società invece di evolvere,
sta regredendo. Dov’è l’amore per il prossimo? Dobbiamo forse stare sempre con
gli occhi attenti ai particolari superflui? E’ un paradosso che non voleva
capire, non aveva la necessità di capirlo… Lui stava avanti. Riusciva ad amare
ad occhi chiusi.
- Più vicino…
Il biondo alzò un
po’ il mento, se loro bocche vicine, sovrapponevano una respirazione
all’altra. Gli odori si mischiavano, si
fondevano. I pensieri non più così lucidi, erano inebriati da quella nuova
sensazione. Da quella vicinanza segretamente aspettata. La bocca semiaperta di
Mello invitava sfacciatamente la lingua di Mail, che non ci mise che qualche
secondo per accettare l’invito. La sua lingua scherzosa ballava come un
serpente, strofinandosi vogliosa su quella di Mello, che ribatteva a quelle
piacevoli sensazione con gemiti corti e trattenuti. Non vi era più spazio per la
timidezza iniziale, non era più necessario. Il biondo cercò di andare oltre,
scivolando agevolmente le dita fino alla zip di Mail, ma non riuscì ad aprirla,
fu bloccato da Mail stesso.
- Io… non
voglio che succeda così. A cavolo…
Mello l’osservò. Quel
ragazzo dai capelli rossi non avrebbe mai smesso di sorprenderlo. Un mezzo
sorriso di superbia si illuminò nelle sue labbra.
- Ma tu
guarda che romanticone.
Romantici
son pochi, romantici son completamente pazzi.
Romantici
son belli, romantici son belli e schizzati.
Che
piangono con le ballate, che amano senza vergogna o giudizio.
Son tipi
popolari che vivono per i bari e anche quando han ragione chiedono perdono.
Che passano
la notte in bianco, conoscono il sapore insano di amare senza la paura di
un'altra delusione.
Romantico è una specie in estinzione.
Mail diventò rosso quanto i suoi capelli.
- Non dire
sciocchezze! Ti sembra il posto adatto?!
- Certo,
sciocchezze. Quindi sei diventato rosso perché…?
- Perché fa
caldo. Non lo senti? Odio questi sbalzi di…
Mello lo azzittì con
un lieve bacio. Sorrise appena. Uno scambio di sguardi. Sguardi che parlavano
da sé, sussurrando ciò che di più segreto nascondevano dentro loro. “ Ti amo…”
“ Ho bisogno di te…” “Non lasciarmi” “Non deludermi” …
Ritornarono alla
mensa insieme. Le solite espressioni mantenute con fatica per nascondere
l’allegria quasi sovrannaturale. Tutti ancora radunati in quella grandissima
stanza, dolci, palloncini, risate. Un clima sereno, tranquillo, quasi come un
vero ambiente famigliare. ‘Quasi come casa’. Pensò Mello. Sospirò. Non gli
importava più di tanto se al suo compleanno non ci fosse mai stata una commemorazione
del genere, anche perché…
- Alla faccia
di quell’autistico di un albino. Il regalo migliore l’ho avuto io.
- Questa non
è mai stata una gara, sai.
- Hum…
Mello diede di
spalle, cercando qualche dolce alla cioccolata. Mail sorrise, non si aspettava
una reazione sdolcinata di Mello, tantomeno in pubblico. Sentì su di sé lo
sguardo di Nate, si girò. Nate mosse le labbra con lo scopo di formare un
sorriso. Era l’unico, oltre la coppia, a capire ciò che realmente succedeva.
Seppure non trovasse un senso logico, sapeva apprezzare la bellezza del
sentimento, la purezza che vi era in esso. Mail ricambiò il sorriso. Mello lo
notò ma non volle fargli capire, si girò velocemente, camuffandosi, cominciando
a riempire il piatto con delle truffe al cioccolato fondente.
- Sai Mail… - Facendo finta di non importargli molto, continuò a selezionare meticolosamente le truffe. – Il 24 agosto non fa poi così schifo.
FINE.