Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: Floriana    07/11/2010    2 recensioni
Come nascono due anime gemelle? La storia di Maya e Masumi ha le sue radici nella vicenda di Chigusa Tsukikage e Ichiren Ozaki, il cui amore ha portato all'opera scomparsa "La Dea Scarlatta". Chi erano, come si sono conosciuti, come si sono amati Chigusa e Ichiren? Come hanno influito Eisuke Hayami, Aya Fujimura, e l'"imperatore" Takamiya, nonno di Shiori, nella storia che ci tiene col fiato sospeso da oltre trent'anni? In questa saga, in cui tra vicende belliche e intrighi finanziari la protagonosta Chigusa Tsukikage scoprirà l'amore, l'odio, l'arte e la potenza della sua maschera di vetro, lo saprete...
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Chigusa Tsukikage
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7 – Il furgone rosso
La vettura fermò davanti al portone con uno stridio. Dal furgone dipinto di rosso, con la scritta “Tsubasa trasporti”, discese un ragazzo di circa quattordici anni, col berretto ben calcato sulla testa, le braccia forti, la figura robusta. Con l’aria accigliata e i gesti secchi e frettolosi di chi è abituato a fare decine di consegne al giorno, scaricò un grosso pacco e, reggendolo in mano, battè forte al portone.
-Si?- rispose dall’interno una voce femminile.
-Tsubasa trasporti, signora, devo consegnare un pacco! – rispose il ragazzo.
Il portone si aprì, e comparve una donna dall’aria cordiale, vestita con abiti da domestica.
-Grazie, ragazzo – disse costei, dando una mancia al fattorino. – SI tratta di una consegna molto importante. Sono alcuni attrezzi di scena del teatro Gekko. Il signor Ozaki sarà lieto di sapere che sono arrivati.
-Bene – replicò il ragazzo, e, inchinandosi bruscamente, le voltò le spalle.
Non era una persona di buone maniere, il ragazzo, e nemmeno gli importava esserlo. Gli importava solo di lavorare, per guadagnare più soldi possibili il prima possibile. Per uno come lui, figlio illegittimo in una famiglia dove i fratelli lo avevano detestato fin da quando gli avevano messo gli occhi addosso la prima volta, la gentilezza era un lusso sconosciuto che nessuno si era mai permesso con lui, e che lui non si era mai permesso con nessuno. Era andato via di casa deciso a fare da solo la propria fortuna, e a Tokio aveva trovato un posto da fattorino nella ditta di trasporti Tsubasa. Poteva andar bene, come inizio: se avesse lavorato duro, avrebbe potuto diventare anche direttore e, chissà, un giorno avrebbe potuto addirittura avere una ditta di trasporti tutta sua.
Per ora, comunque, richiuse lo sportello del furgone, e si apprestava a risalire al posto di guida quando qualcosa, suo malgrado, lo costrinse a fermarsi e a guardare.
La donna a cui aveva consegnato il pacco stava per richiudere la porta, ma con un “Oh!” di sorpresa subito la riaprì sorridendo.
-Bentornato, signor Ozaki! – disse la donna.
-Grazie, signora Mishima – rispose la voce virile dell’uomo dell’uomo chiamato Ozaki. Il ragazzo, dal furgone, lo fissò per qualche momento, e involontariamente aggrottò le sopracciglia. L’uomo era alto e bello, e aveva un’aria distinta e sicura di sé. Ebbe invidia di lui.
-E chi è questa bimba? – fece la donna, chinandosi verso il fagottino sporco e arruffato che Ozaki teneva per mano, e che alla vista della signora Mishima si era nascosta paurosamente dietro le gambe dell’uomo.
-Si chiama Chizu. D’ora in poi starà con me.
-Oh…signor Ozaki – il ragazzo sentì mormorare la donna con aria preoccupata. – Ma dove l’ha trovata? Cosa dirà la signora?
-La signora sarà d’accordo – replicò sicuro il regista. – La convincerò. Intanto, si occupi lei della bambina, per favore.
-Certo signore – si inchinò la signora Mishima, e tutti e tre entrarono nel portone.
Il ragazzo rimase ancora un attimo assorto, con la fronte sempre aggrottata. Aveva tenuto tutto il tempo gli occhi fissi su quell’esserino spettinato che, pollice in bocca, si nascondeva dietro l’uomo che la teneva per mano, come se avesse paura di ogni nuova persona che incontrava. Non sapeva spiegarsi perché, ma la vista di quella bambina lo aveva colpito. Il suo solo pollice in bocca esprimeva una tensione immensa, che quel corpo così piccolo non riusciva a trattenere. Era quella tensione che aveva attirato l’attenzione del ragazzo: come un magnetismo inspiegabile che irradiava da un essere così microscopico, di cui a stento era riuscito a distinguere i lineamenti del viso.
Il giovane si calcò meglio il berretto sulla testa e, serrata la mascella, cacciò l’inquietudine che lo aveva invaso. Risalito in vettura, mise in moto con gesto secco, e sparì verso il luogo della sua successiva consegna. Quel ragazzo si chiamava Eisuke Hayami.
  
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