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Autore: Lerax    08/11/2010    1 recensioni
Solo nei film dopo mesi e mesi che non chiudi occhio diventi un omicida psicopatico o il capo tosto di un'organizzazione terroristica e un gruppo clandestino di combattimenti.
Nella realtà invece, assomigli più ad uno zombie a base di banana ammaccata.
[...]
In una galassia lontana, lontana...ci sei tu. Tu e la tua faccia da zombie, talmente spaventoso che il tuo capo ti ha tolto dalla cassa e ti ha relegato al reparto friggitura perché i clienti si spaventano a vedere uno così malaticcio che maneggia i loro panini pieni di colesterolo
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2

 

Due miliardi quattrocentoquarantotto milioni trecentoventi mila sono i secondi del tuo orologio dalla nascita alla morte se vivi in un paese occidentale. Di questi solo una manciata si possono considerare secondi di vita. I rimanenti sono pura forza di inerzia.

Con l'insonnia hai la fastidiosa tendenza di tornare ad essere un adolescente depresso. Tutto ti annoia, niente ha più importanza e passi il tempo a pensare a quanto faccia schifo la vita.

Il mio capo a fine turno mi chiama e dice “ormai hai trentanni”. Oh. Ha in mano un cartello, nero su bianco, leggo all'incontrario “cercasi personale massimo 28 anni”. Lo fisso senza dire niente. Avanti, licenziami pure dopo quasi sette anni. Dopo che mi hai invitato alle feste di compleanno di tua moglie. Come un cucciolo regalato a Natale ed abbandonato in estate.

Inizia a spararmi un discorso ripetuto altre decine di volte e imparato a memoria, ma lo blocco. Non ho voglia di sentir parlare di dinamicità, giovinezza, l'immagine dell'azienda, nuove opportunità, sentirmi dire che bisogna lasciar spazio ai più giovani e sono un tipo in gamba, mi sta facendo un favore e troverò un lavoro migliore, sarà un nuovo inizio e altre cazzate. Proprio non ne ho voglia.

Ok, va bene, dico. Butto la mia maglietta arancione e il berretto blu con la grande M dorata sul balcone ed esco. La mia auto è ormai stata trasformata in lattine di cola. Alla fermata dell'autobus fumo una sigaretta dopo l'altra. Va tutto magnificamente. Vedo il mio capo appendere l'annuncio sulla porta. Non mi fa alcun effetto. Un pezzo di nastro adesivo sopra, un pezzo di nastro adesivo sotto. Sento il rumore degli strappi come se fossero a cinque centimetri e non a quindici metri.

Senza auto, senza lavoro, senza risparmi, senza sonno. Cosa rimane della mia vita? Cosa rimane di me?

I fanalini dell'autobus si avvicinano e si ingrandiscono e il mezzo è di fronte a me con le porte spalancate. Mi invitano a entrare, come le gambe di una donna. Entra e ti sentirai bene. Entra e dimentica tutti i tuoi problemi. Allontanati metro dopo metro, spinta dopo spinta. Ma è tutta un illusione e l'esperienza di viaggiare in autobus è solo una brutta copia del guidare un'auto, come confrontare una bambola gonfiabile ad una donna vera.

L'autista mi guarda come dire, sei sicuro? Le porte si chiudono e l'autobus riparte. I fanalini si allontanano e rimpiccioliscono e il mezzo scompare dopo una curva.

Guardo il cielo, rossastro a causa della luce dei lampioni e sento i secondi della mia vita scorrere. Devo riflettere su cosa fare della mia vita, del un miliardo cinquecentoquarantadue milioni duecento quaranta mila secondi che mi rimane. Se solo potessi giocare questi numeri alla lotteria e vincere il jackpot. Potrei comprarmi la vita di qualcun altro, di qualcuno felice magari.

Semplicemente rimango alla fermata e passano uno due tre autobus. A fumare e a riflettere, su cosa, non lo so.

Quando anche l'ultimo bus notturno passa, inizio ad avviarmi verso casa. Per buttarmi su un letto nel quale non dormirò, per aprire un frigo vuoto, per sentire i litigi dei vicini di casa.

Ad ogni passo sento la rabbia crescere ed ogni passo si fa più pesante. Le strade sono deserte. Mi inoltro nei vicoli più bui. Ad ogni rumore, spero che qualcuno mi stia seguendo. Che qualcuno mi stia tendendo un agguato e salti fuori all'improvviso per derubarmi. Esci! Non ho niente da perdere. Accoltellarmi e lasciami agonizzante sul marciapiede e non avrò più da pensare ai secondi che mi restano. Disteso per terra mentre la vita mi scorre pian piano dalle ferite, in attesa di morire e non avrò più da preoccuparmi.

Ma nonostante l'alto numero di crimini annunciati nei giornali, non incontro nessuno durante il tragitto. Non è la mia serata fortunata.

 

Al lato opposto del mio condominio, è parcheggiata un auto uguale alla mia. Stesso modello, stesso colore, persino stesse iniziali di targa. E' ancora buio e non c'è nessuno. Solo le luci dei lampioni sono accese. E' un attimo. Sfondo un finestrino con un pugno, il vetro va in mille pezzi che si conficcano nel braccio. Il sangue scorre. L'auto si lamenta come un animale ferito. L'antifurto suona mentre faccio a pezzi gli altri finestrini. Tento di sfondare il parabrezza a calci ma ottengo solo una ragnatela nel vetro. L'antifurto suona disperato e io ascolto impassibile in piedi sul cofano, finché non muore con un singulto. Nessuna luce dalle finestre si è accesa.

Attraverso la strada e apro il portone del condominio, lasciando un impronta della mia mano insanguinata sul pomello. Con le dita viscide segno la parete del corridoio di scie rosse. Qualche pezzo di vetro cade sul pavimento. In ascensore gocciolo, plinc plinc e gocciolo sullo zerbino con la scritta WELCOME del mio appartamento. Briciole di pane per ritrovare la strada. Non penso a niente. Ogni gesto è meccanico, l'acqua fredda scorre sul braccio e il lavandino diventa rosa. Rosa, rosso, rosa, rosso, in sintonia con i battiti del mio cuore. Mi avvolgo le braccia con un asciugamano e improvvisamente mi sento stanchissimo. Pesante. L'asciugamano si tinge di rosso. Vado in salotto e mi butto sul divano, non riuscirei ad arrivare fino al letto. Mi addormento o, forse, svengo.

  
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