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Autore: Lord Revan    09/11/2010    2 recensioni
Mi chiamo Guido Barbareschi, di mestiere faccio il mercante. Il mio è forse il più comune fra i mestieri praticati a Venezia, dove vivo. O, per meglio dire, vivevo. Non sono andato via e non sono morto, faccio un passo indietro e vedo di spiegarmi meglio.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Paranoia Mi chiamo Guido Barbareschi, di mestiere faccio il mercante. Il mio è forse il più comune fra i mestieri praticati a Venezia, dove vivo. O, per meglio dire, vivevo. Non sono andato via e non sono morto, faccio un passo indietro e vedo di spiegarmi meglio.

Come dicevo, sono un mercante, e neanche uno dei più grandi. Anzi, la mia famiglia, che mercanteggia da generazioni, col tempo si è costruita una discreta reputazione, una solida rete di amicizie e una piccola fortuna, che ha permesso a me, a mia moglie e ai miei figli di vivere una vita più agiata di quella della maggior parte dei veneziani, ma di certo non abbiamo mai rivaleggiato coi Barbarigo o con altre famiglie di spicco.

No, la nostra è una attività abbastanza modesta da averci procurato più amici che nemici e, come dicevo, ci ha concesso di vivere bene. Ma il mio mestiere non è l'unica cosa che ho ereditato da mio padre e che lui ha ereditato dal suo.

Anche la mia appartenenza all'Ordine dei Templari discende dai miei avi. Ma, proprio come nella posizione politica ed economica veneziana, anche all'interno dell'Ordine non siamo mai stati personaggi di spicco. Eppure.

Fino a due mesi fa la mia vita andava come meglio non poteva: affari, famiglia, tutto girava per il meglio. Poi, un giorno, sulla scrivania del mio studio, ecco comparire un biglietto con un unico, laconico messaggio: "E' qui."

Appena lo lessi, il sangue mi si gelò. Avevo parlato con alcuni miei Fratelli Templari qualche tempo prima, ed ero venuto a sapere che il principale grattacapo dei "pezzi grossi" era un giovane Assassino di Firenze. Auditore, se non vado errato. Ne parlavamo spesso, delle sue imprese, della scia di cadaveri - anche illustri -  che si stava lasciando dietro. Ma non ce ne preoccupavamo: lui era un problema dei capi, ed era distante.

Poi, il biglietto. Subito razionalizzai: perchè dovrebbe venire a cercare me? E' vero, sono un Templare, ma ormai solo di nome. Di fatto, sono generazioni che nessun Barbareschi presta servizio attivo per l'Ordine, e mai ho ucciso qualcuno. La mia appartenenza all'Ordine mi ha dato qualche privilegio, è vero, ma non credo proprio di aver messo i bastoni fra le ruote, anche solo lontanamente a questo Auditore di Firenze. Questo pensai, e mi tranquillizzai.

Però, dopo soli due giorni, mi venne comunicato che uno dei miei Fratelli era stato ucciso nella sua casa, da qualcuno che vi si era intrufolato e lo aveva pugnalato alla gola, questo non prima di aver fatto lo stesso con tutte le sue guardie.

Pensai fosse eccessivo preoccuparsi, perchè questo mio Fratello era parte attiva nelle vicende Templari, ed era molto vicino ad Emilio Barbarigo. Che venne assassinato la stessa sera.

Ripresi comunque la mia vita, un po' preoccupato per me e per la mia famiglia, ma con abbastanza pensieri razionali da lasciarmi relativamente tranquillo.

Passò un mese, e quasi dimenticai la vicenda. Che però si ripropose quando un altro mio Fratello venne assassinato. Stavolta non si trattava di un agente operante, ma di un "Templare ufficioso" come me, così chiesi aiuto all'Ordine. Per tutta risposta, i capi ci dissero che avremmo dovuto pagare per essere protetti. Dopo aver elargito una bella somma (per le mie tasche, almeno), la mia tenuta venne presidiata dalle guardie spagnole.

Ma, come a volermi far ripiombare nella paura, ecco che quella stessa sera venne assassinato l'ultimo dei miei Fratelli con cui ero in contatto. "Dormiente" anche lui, aveva ottenuto una protezione numericamente superiore alla mia, e neanche di poco. Nessuno vide l'Assassino, nessuno sentì niente. La mattina dopo trovarono la vittima nel letto, pugnalata al cuore ed avvolta nelle lenzuola impregnate di sangue.

Da quel giorno sono diventato consapevole che è giunto il mio turno. Eppure, sono passate due settimane senza che l'Assassino si facesse più vivo a Venezia. Nessun delitto, nessun avvistamento. Sembra sia svanito nel nulla.

So che starete pensando: "Dovrebbe essere sollevato." Vi parrà strano, ma non lo sono. Anzi, da quando è avvenuto l'ultimo omicidio, ho smesso di vivere, come dicevo all'inizio. Ho iniziato a passare tutta la mia giornata nel mio studio, uscendo solo per mangiare, dormire e andare al bagno.

Gradualmente, la situazione è peggiorata: di pasti veri e propri non ne faccio più da tempo, ormai. Trascorro giornate intere nello studio, nel quale ho anche iniziato a dormire. Non vedo mia moglie e i miei figli per più di mezz'ora al giorno, e ogni rumore è diventato un tormento.

I pasti esigui mi hanno ridotto ad un fantasma, per la preoccupazione e la paura ho perso molti capelli. Dimostro ormai il doppio della mia età, e la barba incolta non aiuta di certo. Il mio cuore martella ininterrottamente da quando mi sveglio prima dell'alba fino a tarda notte, quando mi corico. Certe notti nemmeno riesco a chiudere occhio.

Ciò che sto passando è forse peggiore della morte. Ormai prego tutte le notti, ma non per salvarmi. Prego il Signore che l'Assassino venga e la faccia finita, perchè da quando è scomparso, io ho smesso di vivere. Il tagliacarte, la finestra, l'acqua del canale, la corda delle tende stanno diventando ogni giorno più seducenti. Ormai bramo la morte, e la fine di questo tormento. Però lui non viene.

Perchè? Perchè è così crudele con me? Perchè ha deciso di dare ai miei Fratelli una così bella e rapida morte, per poi riservare a me questa tortura? Avrei preferito essere il primo, se avessi conosciuto ciò che avrei dovuto sopportare. Cos'ho fatto, io, per vedermi riservare un trattamento peggiore di quello riservato al Barbarigo o ai Pazzi? Cos'ho fatto, io, per vedermi caricata sulle spalle quest'attesa?

C'è chi dice che la vita sia solo l'attesa della morte. Non sanno di cosa stanno parlando. Ho pensato anche di fuggire, ma sono giunto alla conclusione che la fuga non sarebbe altro se non un prolungamento di quest'attesa. Orrore!

Ma ho preso una decisione. Dopo due mesi, dopo essere diventato l'ombra di me stesso, dopo aver ridotto per la metà il mio corpo ed aver messo in mostra le costole, dopo essere sceso ai più bassi ed infimi abissi cui la dignità umana può scendere, ho deciso di anticipare il giovane Assassino.

Credo che userò la corda. Sì, la staccherò e ne appenderò un capo al parapetto in pietra del mio balcone, con il mio collo all'altro. Così domani, se passerà di qui, potrà ritenersi soddisfatto nel vedere compiuta la sua opera senza aver nemmeno mosso un dito!
  
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