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Autore: NevanMcRevolver    10/11/2010    2 recensioni
Il fatale suono dell’Atlantico del Sud.
La scia di sangue della Dolce Melodia di Requiem.
L’urlo muto di un’anima prodiga.
La seducente melodia dei mari, il cantore delle sirene.
“Mi chiamo Sorrento Seebacher. Sareste così gentili da voler ascoltare la mia storia?”
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3

Il risveglio del Kaioh

 

 

Avanzava verso di me, sicuro di quello che stava facendo.

Vederlo muoversi così, con passo incalzante e senza esitazioni verso di me, mi fece spavento.

La cosa che più mi sorprese di lui erano i capelli, di un blu intenso, scuro come il mare, profondo come il cielo. Era alto, magro, occhi chiari e uno sguardo per niente rassicurante.

-Chi sei?- mi chiese, fissandomi violentemente con il suo sguardo accigliato.

La prima impressione che ebbi di lui era che fosse un tipo piuttosto cattivo, arrogante.

Non sapevo che non stessi sbagliando!

-Sorrento Seerbach- risposi, timidamente.

-Sei quello nuovo?- mi chiese di nuovo, con tono duro.

Annuii.

“Bene. Ora sono ‘quello nuovo’, non più Sorrento! Che fortuna!” pensai, amareggiato.

-Questa sera sarà liberato lo spirito del Kaioh. E’ bene che tu lo sappia, poiché dopo non molto, forse, anche tu avrai il tuo risveglio. Chiaro?-

Ero in Atlantide da poche ore eppure stava succedendo di tutto: Thetis mi aveva appena detto che lo spirito del dio era rinchiuso nel vaso e che sarebbe passato ancora un po’ di tempo prima della sua apertura. Ora quello mi diceva che quella stessa sera il Kaioh avrebbe preso possesso della sua reincarnazione. Che casino!

-Quando sarà il tempo, Thetis andrà a prendere Sua Maestà per portarlo nel suo regno- disse.

Un attimo di silenzio e: -Perché me lo dici? Devo venire?- chiesi.

Mi rise addosso: questo era il colmo. Poteva essere l’uomo più forte del mondo ma questo non doveva farlo. Volli saltargli addosso, ma non lo feci.

Perché? Era e sarebbe stato un mio superiore, e se l’avessi picchiato, dopo per me sarebbero stati cazzi amari!

-No! Te l’ho solo detto per non farti restare impreparato. Ah, non riceverai addestramenti, non so se Thetis te lo abbia detto. Saprai tutto al momento del risveglio, Sorrento!- e fece per andarsene.

-Sei Kanon, vero?- gli urlai, anche se sapevo già che fosse lui.

Non mi degnò di uno sguardo e continuando imperterrito sulla sua strada mi disse solo: -Non dimenticare il mio nome!-

Lo detestavo già dal primo istante, ma cosa potevo farci? Ognuno è fatto a modo suo, no?!

Andai ancora in giro per le vie di Atlantide, cercando di non pensare alla sgradevole conversazione appena avuta con Kanon.

Ma ovviamente, più ti sforzi nel non pensare una cosa, più quella ti si pianta nella scorza celebrale: un classico!

Persi, quindi, buona parte del mio tempo libero bighellonando e rodendomi il cervello con assurdi pensieri.

Giunsi, quindi, non sapendo più cosa fare davvero, nella mia nuova casa.

Possibile che quelle fosse tutta mia e che avessi anche una scorta personale?

Non riuscivo ancora a capacitarmene.

-Come le pare il regno di Atlantide, signore?- mi chiese una guardia, arrivato sull’uscio dell’abitazione.

“Signore? Io?” pensai, entusiasta.

-Devo abituarmi…- risposi. Entrai nella stanza e, sul letto, giaceva ancora il vestito di mia madre.

Lo piegai come meglio potei e mi girai per trovare un posto dove conservarlo: solo allora mi resi davvero conto della stanza che mi venne data.

Perfettamente quadrata, aveva una finestra che affacciava sulla destra della struttura, rivolta verso il palazzo del Kaioh.

Il letto dove avevo dormito era alto e coperto da lenzuola bianche, senza rifiniture.

Un armadio giaceva sulla parete opposta alla porta. Lo aprii e ci adagiai dentro il vestito di mia madre.

Mi accorsi che dentro c’erano diverse tuniche e vesti, di ogni tessuto: raso, seta, cotone, canapa.

Erano tutti coloratissimi: c’erano vestiti color bianco, oro, rosso, cobalto, nero, giallo, verde.

Tirai verso di me una tunica bianca: volevo cambiarmi, non volevo più portare quei panni, ma non sapendo cosa si indossasse sotto, poiché era impossibile restare nudi sotto l’indumento, chiamai la guardia fuori, per farmi spiegare come funzionasse.

Ero abituato ai pantaloni e alle giacchette della divisa scolastica, non di certo a vesti così lunghe e larghe!

Quello mi spiegò che nei cassetti c’erano tutte le sottovesti necessarie, e mi lasciò solo.

“Devo lavarmi!” pensai.

Mi diressi verso l’unica porta che c’era oltre quella d’ingresso.

Il bagno che mi si parò davanti era piccolo ma intimo, forse un po’ troppo azzurro e pieno di conchiglie e coralli, ma cosa potevo pretendere da un’abitazione di Atlantide?

Mi spogliai e abbandonai i vestiti in un angolo e mi diressi verso la vasca.

“Da dove esce l’acqua?” pensai, non vedendo leve o valvole che potessero ricondurre ad un rubinetto.

Entrai nella vasca, cercando di vedere se all’interno ci fosse qualche indizio che potesse aiutarmi a risolvere questo mistero.

Non appena mi sedetti sul fondo, l’acqua iniziò ad uscire da piccoli fori posti ai lati.

Capito il meccanismo, mi lavai e, dopo essermi asciugato, decisi di indossare una tunica bianca con gli orli color porpora.

Mi sentivo ridicolo. Troppo, invero.

Cercai di sbarazzarmi dell’imbarazzo della situazione e decisi di tornare dove avevo visto quegli uomini allenarsi.

Non avevo niente di meglio da fare, non avevo nemmeno con me il flauto a confortarmi.

Tornai nell’area degli allenamenti e mi sedetti sugli spalti.

Quelli, per me, non si allenavano: si stavano uccidendo!

I pugni arrivavano violenti su ogni parte del corpo e da ogni angolazione, ma quelli, incassato un colpo, ne mandavano subito altri in risposta. Sembravano instancabili, inumani nelle loro tenute nere.

Più tardi capii che erano fatte di squame ed erano abbastanza resistenti quanto viscide al tatto.

Urlavano in continuazione, chi per vittoria, chi per sconfitta, chi per dolore.

Era un’immagine insolita quella, e non riuscii a capacitarmi del fatto che io, prima o poi avrei agito esattamente come loro: risveglio o non risveglio, non ero fisicamente e psicologicamente pronto!

Non mi accorsi che il tempo passò molto velocemente. Solo quando i combattenti se ne andarono capii che era tardi.

Avevo fame, troppa, ma non sapevo dove dovevo andare.

Thetis mi aveva mostrato le bellezze di Atlantide, ma non i luoghi utili alla mia sopravvivenza!

Pensai che lo fece apposta e, cercando di trovare un posto che potesse sembrare ad una mensa, la maledicevo come meglio potevo.

-Che parole soavi, Sorrento!- disse all’improvviso una voce dietro di me.

Mi girai e, nel giro di poche ore, mi ritrovai di nuovo con Kanon.

“Perfetto…” pensai ironico: non avevo ancora digerito il rospo di prima.

Lo guardai in faccia senza salutarlo, cercando di capire cosa volesse ora.

-Serve una mano?- mi chiese, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

-No, grazie- risposi, con tono neutro.

Lo stomaco, però, mi tradì: emise un brontolio lungo e sommesso: reclamava la sua parte.

Kanon, sogghignò, e mi indicò la via per la mensa.

Lo vidi dirigersi verso il palazzo reale: evidentemente stava andando ad aprire il vaso dove era custodito lo spirito del Kaioh.

Arrivato in mensa, mangiai velocemente quella sbobba dall’aspetto vomitevole, e tornai nel mio piccolo appartamento.

Avevo sonno, ma non riuscivo a dormire: avevo il respiro lievemente accelerato, preda dell’ansia e non riuscivo nemmeno a capire il perché.

Mi affacciai alla finestra, nella speranza che un po’ d’aria fresca avesse potuto aiutarmi.

Istintivamente alzai lo sguardo verso l’alto, alla ricerca di stelle inesistenti, coperte da quello spesso mantello d’acqua.

Fu allora che accadde: ci fu uno scoppio e un boato assordante proveniente dal palazzo reale.

Mi girai verso la fonte del suono, e notai che questo aumentava costantemente il suo volume, poi, improvvisamente, un azzurrognolo raggio luminoso salì verso la superficie dell’acqua.

L’energia sprigionata da quell’esplosione era immensa.

Subito le correnti marine presero a vorticare ferocemente creando fatali mulinelli e tempeste marine: i venti erano così forti che abbatterono alcune colonne che adornavano le strade di Atlantide.

Ci fu anche una scossa di terremoto molto violenta, tanto che caddi per terra e non riuscii più a rialzarmi per la violenza delle scosse. In un istante di apparente quiete uscii fuori e mi ritrovai davanti lo spettacolo più terrificante che potessi mai immaginare.

Corsi di filato di nuovo in casa, appena in tempo: una nuova e violenta scossa.

Le strade si sfaldarono, e violenti getti d’acqua irruppero fuori: per me quello era l’inferno.

Il boato divenne sempre più assordante, tanto che anche se mi tappai le orecchie, lo sentivo ugualmente, come se fosse nella mia testa.

Poi, improvvisamente, tutto, così cominciò, finì.

Volsi lo sguardo verso la finestra, e vidi il raggio man mano scomparire verso l’alto, per eclissarsi definitivamente.

Non appena tutto finì, mi alzai sentii urli di vittoria e gioia provenire da ogni parte di Atlantide.

Avevo paura di quello che era successo, perciò non misi il becco fuori dalla mia stanza e aspettai il mattino dopo per uscire e capire cosa fosse successo, anche se, più o meno, avevo già capito.

Per quel poco tempo che rimase, dormii male e non molto: feci qualche sogno non proprio bello, ma non ricordo esattamente cosa.

Mi preparai velocemente e mi lanciai a rotta di collo verso il palazzo del Kaioh, ma dovetti rallentare più di una volta per evitare di ammazzarmi in qualche buca in strada, provocate dalle scosse del giorno prima.

Arrivai nel castello e chiesi alle guardie di Thetis o Kanon, ma la ragazza mi venne subito incontro.

-E’ stato liberato lo spirito di Poseidone ieri sera, vero?- le chiesi con il fiato corto per via della corsa.

-Ovviamente. E chi altrimenti?!- rispose lei.

Feci per andarmene, ma lei mi trattenne dicendomi: -Fra non molto dovrebbero scendere anche gli altri Generali, e quando i tempi saranno maturi si aprirà una nuova Guerra Santa, e tutti dovremo onorare il nostro Signore. Tieniti pronto!- e sparì dietro una porta, senza darmi un minimo tempo di reazione.

Lo spirito del mio Signore era stato liberato e io?

Io niente! Non mi sentivo poi così diverso dal giorno prima, da un anno addietro.

Io ero ancora Sorrento e ancora non riuscivo a sentirmi legato a quella terra per me ancora nemica e sconosciuta, non ero ancora in grado di appoggiare la causa a me ignota di un dio a me sconosciuto o comunque lontano.

Ero ancora me stesso, con i miei dieci anni sulle spalle.

Ma per me, a mia insaputa e contro il mio volere, era stato già tutto scritto.

Sarei diventato Generale, un giorno.

Che mi fosse piaciuto o no, avrei combattuto per la causa di un altro, avrei dato la mia vita, la mia fede per altra gente.

Sarei diventato, inevitabilmente un’altra goccia nell’oceano.

Una lacrima.

Nient’altro.

 

 

 

 

 

Meiou Hades parla:

Salve ragazzi.

Tutto bene?

Il Kaioh è stato liberato, e fra un po’ scenderanno in Atlantide anche gli altri personaggi.

Chi sarà il prossimo? Non lo so nemmeno io.

In ogni caso, volevo informarvi che la storia di Sorrento sarà più fedele all’anime.

Ergo i personaggi saranno più simili a quelli dell’anime e sarà incluso anche l’intermezzo di Asgard, che nel manga non esiste.

E poi, la lasciate qualche recensione? Penso che la storia, infondo, meriti, no?! *fa gli occhi lucidi e tentatori*

A presto!

  
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