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Autore: AlexVT    11/11/2010    0 recensioni
Elien e Kei. Due bambini: lui teppista lei cocca di papà. Due ragazzi: lei maga lui guerriero. Un uomo e una donna: lui generale dell'armata delle tenebre lei principessa dell'impero degli uomini. Un sogno li teneva uniti, la strada li ha divisi, la loro ostinazione li ha fatti rincontrare. Un inizio scontato, una storia lunga una vita, un finale ancora da scegliere. L'essere costretti a obbedire tutta la vita, tuttavia, di scelta possibile ne lascia solo una: la libertà. Una serie di one shot/drabbles che hanno in comune due personaggi che mi sono cari. Mi piacerebbe saperne che ne pensate.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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When the last candle burns high

When the last candle burns high

oh it's time for life

 

 

Gli dei di Shavanna avevano mantenuto fede al patto, i ghiacci si erano ritirati e il sole era tornato a scaldare le immense pianure di Bansor. Gli alberi millenari della foresta di Dayallen avevano risollevato il capo e le chiome rigogliose ai nuovi raggi. Il verde smeraldo della speranza aveva rincuorato gli animi oppressi del popolo ed era sbocciata improvvisa persino la voglia di cantare. Come un fiume in piena i fiori avevano inondato il paesaggio e i primi timidi sorrisi i volti degli uomini stanchi del buio e lungo e freddo inverno appena concluso. Anche il pensiero della guerra, ancora imminente e spaventosa, come un'ascia sospesa sopra la testa, sembrava passare in secondo piano di fronte allo splendore e alla magnificenza della natura, che insensibile ai problemi degli uomini, tornava ogni anno a rinascere imperturbabile dalle proprie rovine.

Quell'anno poi, tutto sembrava ancora più maestoso, più allegro, più giusto. Quello non solo era il giorno della festa più importante dell'anno, ma anche quello in cui sarebbe iniziata una nuova era. Un'era di prosperità, di sicurezza e di giustizia. L'era della speranza, l'era del sogno, anzi, l'era della certezza che la pace sarebbe presto tornata.

La città era in fermento, le vie erano stracolme di persone di tutte le razze e colori, la lunga strada che conduceva verso al foresta di Dayallen era bloccata dall'enorme folla di curiosi che si stavano dirigendo alla ricerca di un posticino da cui poter osservare la celebrazione. Dovevano sbrigarsi, presto tutte le strade verso la foresta sarebbero state bloccate da drappelli dell'esercito per poter permettere ai cortei di arrivare nel luogo stabilito per il Sommo Rito.

Quell'anno Tutti avrebbero partecipato. Nessuna eccezione. Le quattro più importanti sacerdotesse dell'impero avrebbero concelebrato la Festa d'Estate. Gaya, gran sacerdotessa della Madre Terra e custode delle misteriose creature che popolano la foresta, Ariel, figlia prediletta del dio dei Draghi del Vento, e Arwen, Signora della Sacra Fiamma di Farsin. Persino Ashya, la schiva e misteriosa regina dei ghiacci perenni di Stayanell e delle limpide acque di Shavanna, quell'anno aveva deciso di presenziare. 

 

La Festa dell'Estate cadeva il giorno di Gaweyn, il giorno più lungo dell'anno. Il giorno in cui la vita esplode in tutta la sua fierezza, la festa della Terra. Quando la Vita stessa festeggia il suo trionfo per le strade, in mezzo alla gente, bagnandosi e stordendosi di musica e di folla. Ed era in quel tripudio di anime e colori che quel giorno sarebbe stato celebrato, non solo il Rito, come ogni anno, ma il Sommo Rito. La celebrazione più importante di tutte, quella in cui le quattro Gran Sacerdotesse del Regno avrebbero castato l'incantesimo più potente, richiamando dagli altri piani le forze dei sovrani elementali per chiedere finalmente l'arrivo di una pace duratura, benedendo un'incoronazione imperiale o sancendo un'unione regale...

 

Nel mezzo dell'immensa radura, al centro dell'antico cerchio di pietre i futuri nuovi sovrani di Bansor attendono in silenzio l'arrivo dei cortei delle celebranti. Sono abbigliati in maniera sontuosa, come vuole la lunga tradizione degli uomini e come impone la maestosità del rito. Lei indossa uno sfarzoso abito in velluto bianco ricamato con oro e gioielli. Gli stessi gioielli che le adornano le ciocche scure raccolte in un'elaborata acconciatura. Al collo uno sfavillante collier e ai polsi due bracciali identici. Lui, al suo fianco, porta come d'abitudine l'armatura, ma non la solita, vecchia e consunta dalle molte battaglie, una nuova e luccicante, intarsiata in oro e argento.

Illuminati dalla luce del sole, a picco sulle loro teste, sembrano quasi due divintà...

 

Tra la folla assiepata ai lati della radura un bambino di pochi anni cerca invano di farsi strada tra la folla per poter assistere allo spettacolo. Ha finalmente quasi raggiunto il suo scopo quando davanti a lui si para un enorme cavaliere in armatura e con un lungo mantello nero che gli scende fino ai piedi.

"Oggi è un giorno di festa" pensa "... e nei giorni di festa tutti sono felici e quando la gente è felice è anche gentile!"

Strattona allora con le piccole mani il lungo mantello che al tatto gli sembra innaturalmente caldo...

Ci vogliono alcuni minuti però perchè l'uomo si accorga di lui. Abbassa lo sguardo scocciato e osserva immobile per alcuni secondi il bambino guardarlo con occhi supplici.

-Non vedo nulla, signore... Mi prende sulle spalle?- il bambino ha un brivido, mentre quegli occhi di brace si posano stupiti su di lui, tuttavia tentar non nuoce...no? Si rassicura.

-Non ci penso nemmeno- E con questo si volta brusco, oltraggiato, per inoltrarsi a grandi passi nella folla che stranamente si apre docile al suo passaggio, lasciandolo lì, senza parole.

 

Come si è permesso quel microbo!

Ma lo sa con chi stava parlando?!?!?

Quella piccola e insignificante scintilla di vita umana incatenata al tempo che scorre.

Io neanche lo conosco il tempo, queste sono faccende loro.

I concetti di ieri, oggi e domani, non mi sono nemmeno propri.

Non mi servono.

Io sono.

Da sempre e per sempre.

Per esempio guardando quei due laggiù posso dire che ieri erano dei bambini che correvano per queste stesse strade, questi stessi campi, questi medesimi sentieri. E poi un giovane e una fanciulla, lontani sulle strade di questa terra devastata dalla stupida guerra degli uomini, impegnati a combattere insulse battaglie e a crescere per un futuro che non era certo, ma nel quale inspiegabilmente credevano ostinatamente.

Oggi sono un uomo e una donna abbigliati scomodamente, qui, a chiedere di benedire la loro unione e questa pace ritrovata, già... ma per quanto poi....

Domani... domani... che ironia...sono solamente uomini...

Il guerriero sorride lasciando correre lo sguardo su quella folla immensa, ma presto una punta di amarezza intacca la sicurezza di quel viso.

-Piantala con queste sciocchezze Alyster.-

Una donna gli si fa accanto, richiamando con quell'affermazione impertinente l'attenzione del cavaliere.

Ha tanto l'aria di una madre di famiglia, di una grande famiglia, guance rosse, capelli raccolti, grambiule perennemente imbrattato di farina, maniere brusche di chi ha sempre qualcosa da fare, linguaggio semplice e sensato.

-Non cambierai mai. Sempre impulsivo e arrogante.- Sorride, facendoglisi accanto e scostandolo di lato per poter avere una buona visuale sulla radura davanti a loro. -Sai benissimo che non sono così diversi da noi. Quel minuscolo bambino che ti ha chiesto di salirti sulle spalle è persino della tua medesima opinione su quegli ingombranti e scomodi abiti...- Con un cenno della testa indica la coppia ancora in attesa. -Sono solamente mortali, fallibili e costretti a vivere nel tempo.-

-Dici poco...- risponde l'uomo sarcastico.

-Io li invidierei, se potessi...- torna a sorride saggia la donna, per niente intimidita.

-Io li invidio invece- Risponde con voce cristallina una bellissima fanciulla appena spuntata dalla folla che si accalca sempre più numerosa. Ha dei lunghissimi e fluenti capelli di un colore indefinibile e due occhi blu come il mare. Un leggero vestito le copre le forme snelle ma morbide e i piedi sono scalzi. Un sorriso furbo le adorna le labbra. Tra le braccia bianche e sottili stringe lo stesso bambino di poco prima e, dopo avergli dato un leggero bacio sulla guancia, lo appoggia con naturalezza sulle enormi spalle del cavaliere che sbuffa ma non osa più protestare.

Fa una giravolta e ride cristallina, mentre i gioielli che porta alle braccia e alla caviglie tintinnano argentini.

-Mi sento strana, era così tanto tempo...- e sorride all'altra donna pronunciano quell'ultima parola -...che non tornavo qui. L'eternità in fondo non è questa gran cosa... Mi annoia.-

-Del resto tutto è più bello quando sai che può essere la fine da un momento all'altro. Quando sai che niente è definitivo e tutto cospira perchè tu ti possa godere la vita attimo per attimo...- La voce è profonda, chiara e forte, nonostante provenga da un vecchio sottile e fragile, ricoperto di stracci che sorride sereno agli altri tre mentre li raggiunge.

 

Il bambino, dall'alto della sua posizione privilegiata sembra incuriosito più dal male assortito gruppo attorno a lui che dal centro della scena.

Tutti possono senza dubbio vederli, ma nessuno tuttavia sembra guardarli veramente. Eppure un quartetto così particolare, che parla con tranquillità di cose tanto strambe in mezzo quella folla? Come può passare così inosservato?

Vada per il vecchio vestito di stracci e la signora sporca di farina, ma quel guerriero così imponente e quella fanciulla così bella?

Bo', a volte gli adulti gli sembrano così sciocchi...

Ciechi, se non altro.  

Tuttavia presto l'attenzione del bambino viene catturata dal suono di una musica lontana, stanno finalmente arrivando i cortei.

Su tutta la folla cade uno strano silenzio denso di aspettativa.

 

Accompagnate da musiche di flauti e campanelli si odono sempre più distintamente una miriade di voci. Un coro lontano farsi sempre più vicino, è difficile distinguere da dove provenga, se dalle montagne del nord, dai deserti del sud, dalle foreste a est o dall'oceano a ovest.

Il cerchio di pietre di Dayallen è il Centro.

L'ombelico di Ethernia...diceva un'antica poesia dalle origini sconosciute.

Ad ogni secondo che passa la nenia diventa sempre più forte; contemporaneamente dalle quattro strade che si incontrano nell'ampia radura fanno la loro comparsa le quattro somme sacerdotesse, seguite dalle proprie ancelle e le voci, ancora provenienti da ogni angolo, si mischiano a formare un unico immenso coro.

E' una canzone antica, una lingua ormai incomprensibile ai più, una nenia lenta e ipnotica. E poi i toni si alzano, ora è una canzone allegra, divertita, un girotondo di note e risate, all'improvviso diventa la marcia trionfale di un esercito che ha vinto la sua più grande battaglia, ora è una fuga ad alta tensione, una corsa, sempre più veloce, sempre più alta, sempre più precipitosa, i cuori scalpitano e il respiro è trattenuto, e poi come un rombo di tuono a chiudere tutto nel silenzio più totale.

 

Le quattro donne sono ormai una di fronte all'altra al centro della radura, intorno ai due sovrani. Si scambiano uno sguardo, il sorriso di sorelle che non si vedono da secoli; ma non è il momento per i convenevoli.

Chiudono gli occhi e alzano le braccia al cielo con un gesto solenne e, mentre tutti pendono dalle loro labbra, iniziano sottovoce il loro richiamo.

 

-Adesso basta. E' ora di andare...-

E con questo il cavaliere si toglie bruscamente il bimbo dalle spalle appoggiandolo malamente a terra, mentre la fanciulla si china per salutarlo con un bacio e una carezza.

-Ciao ciao, piccolino!- Trilla, mentre in una scia di campanelli si affretta a seguire gli altri senza più voltarsi, perdendosi come una visione tra la folla.

 

Una ad una le somme sacerdotesse si voltano verso l'enorme spiazzo che divide il gruppo dalla folla di spettatori. E' lì che avverrà la magia, è lì che appariranno.

 

L'aria è immota, la tensione è palpabile, il silenzio denso di aspettativa...

 

D'un tratto, come le labbra sottili di Ashya si chiudono in un sorriso, un brivido gelido corre lungo la spina dorsale di tutti i presenti e in un vortice d'acqua apparso come dal nulla, un movimento elegante, un gesto fluido, e Shavanna fa il suo ingresso sulla scena. Maestosa ed elegante, la signora di tutti gli oceani incombe sulla folla nella sua gigantesca forma di antico drago delle acque. Sembra si stia ancora stiracchiando quando anche Ariel conclude la sua parte d'incantesimo. In quel preciso istante le chiome degli alberi iniziano a rumoreggiare, le foglie si sollevano, le ampie gonne e gli eleganti mantelli iniziano a svolazzare sempre più forte. Un vento impetuoso proveniente dalle pianure dell'ovest costringe i più a chiudere gli occhi e a ripararsi con le braccia dalla polvere sollevata. Poi, d'incanto, tutto finisce improvvisamente come era cominciato e sulla pianura c'è il signore dei draghi del cielo, imponente e spaventoso, accovacciato davanti alla sua figlia prediletta. Ora è il turno di Arwen, somma sacerdotessa della Sacra fiamma di Farsin, per trascinare su questo piano il suo signore. L'aria si scalda, ancora prima che l'ultimo verso sia concluso. Mentre le ciocche di fiamma di Arwen si agitano come se avessero preso vita. Il re dei draghi di fuoco è impaziente di entrare in scena. Le foglie a terra iniziano a sfrigolare e scie di fuoco che paiono provenire direttamente dall'inferno si incontrano generando un rombo spaventoso che, come un'esplosione terrificante, lascia tutti tramortiti. Un ghigno soddisfatto sembra aleggiare sul volto terribile della creatura rovente di fiamme che un attimo dopo, osserva la folla spaventata ai suoi piedi.

Gaya è l'ultima a concludere. Abbassa le braccia lasciando correre lo sguardo verso un punto lontano, oltre la radura proprio dove iniziano le prime colline. La folla si apre mentre un'intera montagna inizia a muoversi, l'ultima invocazione è stata pronunciata e l'ultimo dei grandi signori degli elementi è stato risvegliato.

E' Garyen, signora della terra e della vita, che stiracchiandosi il lungo collo inorpidito, smette i panni dell'immensa collina per tornare pian piano a prendere la forma nell'enorme corpo del grande drago della terra, e si fa incontro alla gente in attesa.

 

E ora sono lì. Tutti e quattro, i signori degli elementi, i signori delle stagioni, i signori dell'esistenza. Esseri eterni e senza tempo. Tutti lì a scrutarli, a decidere di loro e della loro vita. Elien si sente quasi venir meno, sopraffatta dalla tensione, imprigionata in quegli abiti così scomodi che la impacciano nei movimenti che le rendono difficile persino il respirare.

Un solo cenno, un solo sospiro e tutto è finito. Non ci sarà pace, non ci sarà incoronazione, non ci sarà niente, più niente per nessuno. Lascia scorrere lo sguardo sull'immensa folla che li circonda. Tutti si aspettano qualcosa da lei. Sarà lei la prossima regina di Bansor e in lei è riposta tutta la loro fiducia, tutta la loro speranza. Non può tradirli, non può essere debole, non può scappare, tanto più adesso che non è più sola. Sente il calore tornare ad invaderle il corpo attraverso la mano che il suo compagno le sta stringendo. Come un'onda il sangue torna a fluirle nelle vene, mentre si volta per osservare tra le ciocche scure perennemente spettinate gli occhi di ossidiana di Key, che ricambia con un sorriso rassicurante, in cui finalmente può leggere liberamente tutto il suo amore.

Ora non è più sola.

Solleva allora lo sguardo fiero puntandolo dritto negli occhi delle gigantesche creature.

-Io, Elien di Bansor, figlia del fuoco eterno di Farsin e delle pure acque di Shavanna-

-Io, Key di Bansor, generale delle armate dell'Ovest e ultimo discendente degli antichi sovrani del popolo delle Foreste-

-Siamo qui per chiedervi di benedire la nostra unione, di sancire la nostra incoronazione e di aiutarci a portare finalmente un era di pace su questo regno martoriato dalla guerra e dalla carestia-

-E cosa offrite in cambio, figli del tempo?-

   
 
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