Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: Bea_chan    19/11/2005    7 recensioni
La guerra. Quella vera, non un gioco... Quella dove si combatte e si muore come foglie nel vento, quella dove non si può più tornare indietro... In una Tokyo ormai invasa e devastata dagli alieni, un gruppo di Ribelli capeggiati dal traditore per eccellenza cerca di contrastare la tirannia di Deep Blue e il suo esercito, aiutando le Mew Mew. Lotte, segreti e tradimenti s'intrecciano nella base aliena, dai Sotterranei ai Piani Alti. Ma solo il temibile Progetto C.DNA potrà decidere l'esito della Guerra. Senza scampo.
Genere: Avventura, Azione, Dark, Drammatico, Guerra, Malinconico, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ed eccomi nuovamente qua ^o^
Capitolo nuovo e, spero, coinvolgente…Non ho mai scritto nulla di simile, è molto denso di avvenimenti, nyah °°;; Diciamo che tutti i nodi, alla fine, stanno giungendo al pettine…xD Anche se, don’t worry, per la conclusione di questa fanfic manca ancora un po’ U_U; (dovrete sopportarmi ancora xD! ndBea) (Oddio… -.-; ndTutti) Dipende da ciò che mi gira, magari potrei condensare alcuni fatti, non so…^^; Vedremo!
A proposito di un fatto che accade qua, posso consigliare di andarvi a rileggere il capitolo #11 “Secrets”, dove si accenna ad una cosuccia riguardante il travagliato passato di Shin…così capirete meglio il flashback di questo cap xD Vediamo la prima che ci arriva, kyah ^^!
Ringrazio tutte le mie adorate commentarici ^*^
E per ora è tutto ^o^
*°Buona lettura°*


***


C’era ancora silenzio in quel corridoio. Il pigro guizzo di una lampada al neon che minacciava di spegnersi illuminava i volti cinerei e sconvolti dei presenti, gli occhi fissamente immobili sulla superficie della sfera ormai spenta.
Nessuno voleva credere a ciò che era appena uscito dalle labbra dell’ologramma di Ryo Shirogane, era impossibile che il tanto temuto Progetto C.DNA nascondesse un’arma così terribile…
Cannoni DNA…
Quella parole appena sussurrate da Taruto piombarono bruscamente nelle orecchie di tutti, rendendoli consapevoli di ciò a cui andavano incontro.
”E’…è una cosa…”
”E’ un folle! Io l’ho sempre detto che quel ragazzo non ha tutte le rotelle a posto…”
”Non dire sciocchezze, Ichigo”
”Non dirmi quello che devo fare, Minto, non ti permettere…”
”Ragazze…” Retasu intervenne “Cerchiamo di stare calme”
”Retasu ha ragione, finitela” le troncò brusca Zakuro, mettendo eloquentemente una mano sulla spalla di Minto, trattenendola.
Ichigo respirò forte, fissando gli alieni, ancora silenziosi.
”Voi non dite niente?” domandò, quasi urlando, avvicinandosi a Pai e fissandolo negli occhi, i pugni piantati lungo i fianchi.
Questo la fissò, lo sguardo vacuo, l’ombra del turbamento che ancora danzava nelle sue iridi scure quanto una notte senza luna. Poi fece scorrere lo sguardo su Taruto, che stringeva ripetutamente i pugni delle braccia incrociate, e infine si soffermò su Shin. Quest’ultimo era letteralmente ammutolito, si era poggiato con la schiena al muro e si teneva la fronte con una mano, l’altra abbandonata lungo il fianco, un leggero tremito che correva saltuariamente lungo la schiena.
Era finito…tutto ciò per cui aveva sempre lottato, ciò che aveva sempre cercato di tenere nascosto, come una macchia di sporco sullo specchio della sua anima, era in pericolo. E lui non poteva nemmeno salvarla…
”Fukazaki…?”
La voce di Pai gli giunse da lontano, stordendolo e facendolo sobbalzare. Alzò lo sguardo, a fatica, fissando i volti delle umane e dei suoi compagni alieni.
Così impotenti, tutti così maledettamente inutili
All’improvviso si sentì perso, come una naufrago alla deriva tra le onde della tempesta, senza speranza di salvarsi, ramingo in quel mare dell’oblio senza inizio e senza fine.
”Mi…dispiace…” disse in un soffio.
Fu l’unica cosa che riuscì a pronunciare, due insignificanti paroline.
Ma questa volta, nemmeno tutto l’esercito alieno sarebbe riuscito a fermare Deep Blue.


***


…Un segreto
conta quanto coloro
da cui dobbiamo proteggerlo…


…luce…
Bianca, luminosa, abbagliante, feriva gli occhi color ametista di quella dolce creaturina, così piccola, debole, fragile nelle amorevoli braccia di una donna.
Correva, correva, stringendosi al seno quel bimbo, il respiro affannoso che vorticava davanti a lei, umida condensa nella fredda aria di quella notte invernale.
Incespicava, affondando nella neve, la gonna stracciata di una sottoveste copriva a stento fino alle ginocchia, le gambe congelate, ma ancora in corsa.
”Ti salverò, bambino mio, non ci avranno…” rantolò la donna al piccolo orecchio appuntito del bimbo, gli occhietti spalancati e curiosi, mentre si aggrappava alla schiena della donna, nascondendo il volto nell’incavo tra il collo e la spalla, scrutando spaventato dietro la madre.
Ma gli inseguitori non mollavano le loro prede, sempre dietro, quattro esseri di poco sospesi dal suolo, le punte delle scarpe che sfioravano la candida neve come fosse spuma del mare, quattro fucili stretti in pugno.
”Mammina…” sussurrò, stringendo gli occhi e aggrappandosi meglio alla donna, stringendole le gambe magre attorno alla vita.
La donna svoltò bruscamente, scivolando sulla fitta distesa bianca, evitando le numerosi radici che sbucavano dal suolo e fermandosi dietro un albero, a riprendere fiato, una mano posata sulla nuca del figlioletto, i due cuori che battevano come impazziti in entrambi i petti, l’uno per la corsa, l’altro per la paura.
Carezzò i fini capelli castani del bimbo, sistemandoselo meglio tra le braccia. Trovò anche lo spirito per abbozzare un leggero sorriso
”Sei pesante, Shin-chan, stai diventando un ometto…” bisbigliò dolcemente, posandolo a terra.
Il piccolo la abbracciò, strofinando la fronte nel suo grembo, incapace di rispondere. La paura gli aveva paralizzato la lingua.
La donna si inginocchiò, ricambiando l’abbraccio della propria creatura, stringendolo forte a sé, avvolgendolo nel suo profumo caldo e fiorito, come tanti gelsomini in boccio.
”Promettimi una cosa, Shin” lo guardò negli occhi viola, sistemandogli una ciocca castana scivolata sulla fronte “Che qualunque cosa succeda ti ricorderai di me…capito?”
Il bimbo annuì fermamente, sempre più angosciato
”Cosa dici, mammina? Come posso dimenticarti?” chiese, l’innegabile e ingenua verità di un bambino di cinque anni. La donna sorrise, un sorriso triste e colmo d’amarezza, gli occhi lucidi
”Lo so, piccolo mio…” gli carezzò la testa, ancora, lentamente “Lo so…”


***


”Shin…?” lo chiamò Taruto “Che diamine ti prende?”
L’alieno dagli occhi viola era ancora appoggiato al muro, le palpebre serrate, solo un passeggero sussulto scoteva le sua spalle. Una striscia scarlatta aveva cominciato a gocciolare lungo il suo braccio sinistro, ritmico ticchettare di sangue purpureo sul pavimento. La fasciatura era ridotta a brandelli, completamente impregnata del liquido vermiglio che aveva ripreso a sgorgare dalla ferita.
Ichigo lo fissò, indecisa sul da farsi
”Stai…stai sanguinando” cominciò la rossa, indicando debolmente la spalla dell’alieno.
Pai sbottò, brusco
”Insomma, che significa ‘Mi dispiace’?”
Retasu si portò una mano alla bocca, mentre Shin si accasciava lentamente a terra, gli occhi ancora fermamente chiusi sulle iridi violacee.
Sentì le voci confuse di Taruto e Pai che si affannavano intorno a lui, cercando di rimetterlo in piedi, le parole incomprensibili delle Mew Mew, solo un insignificante cicaleccio nel suo cervello, mentre riscivolava nel buio…


***


La donna si sporse leggermente oltre il tronco, valutando la situazione e cercando di capire se li avevano seminati. Il bimbo le teneva una mano, stretta tra le sue manine fredde, mentre il cuoricino martellava ancora all’impazzata.
Il verso di un animale notturno riecheggiò tra gli alberi, seguito da un lungo ululato a quella grande luna, che bagnava con la sua luce la distesa innevata.
”Non ci sono più, Shin, tranquillo…” lo rassicurò la madre, riappoggiandosi al grande fusto e tirando un lungo sospiro, caldo nell’aria davanti a lei.
Il bimbo annuì, abbracciando ancora la madre alle ginocchia e cercando di calmarsi. Lenti fiocchi avevano cominciato a scendere sopra la foresta, rendendo l’atmosfera ancora più ovattata e silenziosa.
La donna si tolse la giacca leggera che aveva indosso, rimanendo in sottoveste, mettendola sulle spalle del bambino e avvolgendolo meglio nella grossa sciarpa
”Copriti, non vorrai prendere freddo?” domandò apprensiva, prendendolo in braccio e cullandolo dolcemente. Il bimbo chiuse gli occhi, i pugni stretti nascosti dalle lunghe maniche della giacca della madre, sentendo il suo profumo sempre più persistente.
La donna cominciò a canticchiare a bocca chiusa, una dolce nenia, mentre la sua piccola creaturina si addormentava nell’abbraccio rassicurante della sua adorata mammina…

…riaprì bruscamente gli occhi, mentre qualcuno lo strappava dalle braccia della madre, le urla disperate della donna nelle orecchie erano come graffi nel petto, come se qualcuno gli stesse straziando l’anima.
”Lasciatemi, quello è il mio bambino! Non potete portarmelo via!!” urlava, tra le lacrime, scalciando e strattonando la presa dell’alieno che l’aveva immobilizzata verso il soldato che aveva in braccio il piccolo. Questo si rese conto della situazione e cercò di scendere, colpendo con i pugnetti le spalle dell’alieno
”Lasciami, lasciami, voglio la mia mamma!” gridava, furioso, mentre le lacrime cominciavano a rigargli le guance, stille salate della dolorosa rabbia che provava.
L’alieno lo ignorò, facendo un cenno a quello che tratteneva la donna. Questo annuì e la schiaffeggiò violentemente, facendola cadere a terra, nella fredda neve.
”Mamma!!” strillò ancora il bimbo, tirando più bruscamente verso l’alieno che l’aveva colpita.
Ma il capo della spedizione ordinò agli altri alieni di andare, mentre la donna cercava di rialzarsi, una mano sulla guancia in fiamme, le lacrime che sgorgavano copiose dai suoi occhi limpidi, ma lo sguardo fiero verso il soldato.
Quest’ultimo teneva ancora in braccio Shin, che guardava la madre smarrito, tirando su col naso, implorandola con quelle iridi d’ametista di salvarlo.
La madre si alzò, la gota scarlatta e gonfia, un rivoletto di sangue a lato delle belle labbra, leggermente blu per il freddo. Fissò l’alieno
”Ridammi mio figlio” intimò, la voce ferma malgrado stesse piangendo.
Quello sogghignò, una scintilla di sufficienza in quegli occhi felini
”Le umane come te non hanno il diritto di allevare uno della nostra stirpe…” ridacchiò, stringendo il bimbo, che adesso era nuovamente silenzioso. Guardava la donna, non riuscendo a capire le parole di quello strano uomo dalle grandi orecchie a punta. Le fissò. Assomigliavano leggermente alle sue, solo che erano più grandi…
”Se mio marito era innamorato di me, ci deve pur essere stato un motivo” ribattè lei, per niente intimorita dal tono offensivo dell’alieno. Fece un passo avanti “Quindi, ho tutto il diritto di crescere *mio* figlio…E’ ciò che avrebbe voluto anche…” ma la risata sguaiata del soldato la interruppe, mentre si sollevava in volo, Shin sempre tra le sua braccia
”Quanto sei sciocca…Quel bastardo traditore è morto, proprio per la sua sciocca *infatuazione* per una creatura inferiore come te” fluttuò sopra di lei “Non dimenticare che è stato ucciso per colpa tua…” sibilò, prima di sparire con Shin nel freddo vento notturno.
La donna cadde in ginocchio, svuotata, dimentica del freddo che le asserragliava il corpo, vestita solo di una sottoveste strappata. Non aveva nemmeno la forza di urlare…
I bianchi fiocchi si posavano ancora su di lei, mentre ritrovava la voce e gridava contro il cielo, nel cupo silenzio del bosco.
…e urlava…
…e urlava…


***


Per la prima volta dopo parecchio tempo, Deep Blue era estremamente soddisfatto. La situazione era sotto controllo, tutti i possibili *guai* erano stati adeguatamente scovati e fermati a dovere.
Non aveva più notizie delle Mew Mew da qualche ora, da quando Fukazaki e Hida le avevano liberate dalla Sala degli Esperimenti, e non poteva nemmeno sapere dove si trovassero ora, visto che aveva staccato tutte le telecamere nell’edificio, per economizzare al massimo l’energia da utilizzare. Serviva anche la più piccola scintilla di elettricità rimasta per poter costruire i cinque cannoni DNA.
Quanto al fu generale Kisshu Ikisatashi, marciva nei sotterranei della base tre piani più in basso, vicino alle fogne, il posto che meritava.
Un ghigno di pura malignità gli increspò le labbra sottili. Aveva ancora due cose da fare, prima di ritirarsi ad ammirare lo spettacolo dello sterminio della razza umana…
Si alzò dalla sontuosa poltrona dove era mollemente adagiato, pestando il folto tappeto scarlatto della stanza tutta stucchi e dorature. Si recò ad un quadro comandi, finemente incastonato in un mobile antico; schiacciò un pulsante verde con il dito affusolato e subito il volto di un alieno comparve sullo schermo al plasma, appena materializzatosi sulla parete.
Questo si inchinò, in segno di rispetto
Desiderate, mio signore?
”Chiamatemi il generale Nohara” cominciò con un sorrisetto “Devo parlargli…”
L’ologramma dell’alieno scomparve, mentre una luce azzurrina pulsava sullo schermo. L’alieno dalla chioma corvina lo fissava compiaciuto, lodandosi mentalmente di quanto fosse geniale il suo piano, praticamente perfetto.
Il giovane soldato riapparve, leggermente imbarazzato
Signore, abbiamo un piccolo…problema” esordì, il tono di voce incerto. Il sorriso si gelò sulle labbra di Deep Blue, soppiantato da una smorfia quasi nauseata.
”Sarebbe?” sibilò velenoso.
Non…non riusciamo a trovare il generale Nohara, deve essere uscito dalla base…” si giustificò quello, evitando di guardare quegli occhi azzurro chiaro, minacciosi anche attraverso uno schermo.
L’alieno inarcò un sopracciglio, tamburellando le lunghe unghie sul quadro comandi
”Trovatelo”
”Ma…”
”Subito!!” urlò, sbattendo un pugno sul mobile. Il giovane all’altro capo dello schermo sobbalzò, inchinandosi e affermando che avrebbe fatto il possibile, prima di chiudere la comunicazione.
Deep Blue sospirò, massaggiandosi le tempie.
Appunto per me, pensò, Non immischiarsi mai più nelle faccende degli esseri umani…
Rischiacciò un pulsante giallo e l’immagine di un’aliena sorridente comparve sul già citato schermo luminoso.
Ha bisogno, mio signore?
”Ho bisogno di un massaggio, fate venire qualcuno…” ordinò “Questa storia mi sta facendo venire un gran mal di testa” si lamentò, rivolto alla giovane aliena.
Questa si inchinò
Naturalmente, le manderemo la nostra migliore massaggiatrice in un momento” e sparì in un *bip* dalla visuale.
Deep Blue richiuse il quadro comandi, alzandosi dalla poltrona, continuando a massaggiarsi le tempie, ad occhi chiusi.
Altro appunto, si disse nuovamente, Ricordarsi di togliere quell’irritante *bip* dallo schermo…

 


***


Si guardò attorno, con studiata indifferenza, assicurandosi che ogni scienziato fosse impegnato e ben concentrato su… qualsiasi-cosa-stessero-facendo. Individuò la sagoma del giovane biondo, intento a studiare alcune carte, chino su un tavolo ingombro di progetti.
Si avvicinò a lui, rapida, poggiando una mano sopra il foglio che il ragazzo stava leggendo. Questo alzò lo sguardo, perplesso. Lei gli sorrise, forzatamente
”Shirogane, possiamo parlare un attimo…?”
”Parla” la seccò questo, togliendo il pezzo di carta da sotto il palmo della giovane. Questa reprimette uno sbuffo d’impazienza, accentuando il sorriso
”In privato, se non ti dispiace”
Ryo la squadrò attentamente, gli occhi blu imperscrutabili. Poi, si alzò dal tavolo, sospirando e rivolgendosi agli alieni presenti
”Ci potreste scusare?” chiese con cortesia. Quelli annuirono, parlottando tra loro mentre uscivano da quel settore della Sala Progettazioni, la porta scorrevole che si richiudeva dietro di loro.
Meiko aspettò il silenzio, per abbandonare il suo finto sorriso e sbottare, furiosa
”A che gioco stai giocando, umano?!” esclamò, la rabbia chiaramente percepibile nel suo tono. Sbattè i palmi delle mani aperte sul succitato tavolo, facendo cadere alcuni progetti sul pavimento. Ryo la fissò, impassibile.
”Insomma, hai fra le mani la sorte della tua razza e l’unica cosa che riesci a fare è costruire ciò che distruggerà anche te stesso?” incalzò, trafiggendo con le sue iridi glaciali quelle del biondo.
Poi incrociò le braccia, sempre più irritata
”Se vuoi suicidarti, non hai che da dirlo, ti potrei facilitare il compito…Ma non trovo giust…”
”Perché ti interessa?” la voce calma e misurata di Ryo la interruppe. Lei stette in silenzio, non sapendo cosa rispondere.
Già, si disse, perché mi interessa…?
Lui si tolse gli occhiali, riponendoli nella tasca del camice bianco, passandosi i polpastrelli sulle palpebre degli occhi stanchi. Poi ritornò a fissarla
”Ti ho già detto che ho un piano, no?”
”Si, ma…”
”Dunque, di cosa hai paura?”
Ancora una volta, Meiko non seppe come replicare. Si strinse nelle spalle, fissando Ryo raccogliere le carte da terra, rialzandosi lentamente. Era parecchio più alto di Meiko e lei dovette alzare il capo per poterlo guardare negli occhi. Lui la studiava, quegli occhi blu così ardenti e penetranti, una luce risoluta nella pupilla di zaffiro. Questo sogghignò
”Non credevo ti interessasse così tanto la sorte di noi esseri umani…” sussurrò, avvicinandosi di un passo. L’aliena poteva sentire il respiro regolare del biondo, il suo profumo persistente.
Scosse la testa, riprendendosi. Si concesse un sorrisetto
”Diciamo che non siete così male come pensavo…” si giustificò, stringendosi nelle spalle e allontanandosi dal giovane. Questo seguì i suoi movimenti, come un felino che studia la sua preda, quelle iridi blu oltremare leggermente rabbuiate.
Meiko lo ignorò, riprendendo a parlare
”Quale sarebbe questo *brillante* piano?” chiese, sarcastica, battendo ritmicamente un piede a terra. Ryo fece un cenno di diniego
”Meno sai, meno rischi di rimanere coinvolta…Ti chiedo una cosa soltanto” cominciò, serio, abbassando la voce di mezzo tono. La giovane annuì, concentrata
”Ti ascolto”
”Voglio che distrai Deep Blue il più possibile…Non deve nemmeno intuire quello che ho mente” spiegò il ragazzo. Ma Meiko aggrottò le sopracciglia, scocciata
”In che modo? Ti sei dimenticato che sono ufficialmente *prigioniera*?”
Sulle labbra di Ryo si dipinse un sorrisetto compiaciuto, mentre la scrutava da capo a piedi
”Hai altri metodi persuasivi, ugualmente efficaci…” celiò in tono eloquente, una punta di malizia latente in quelle parole.
La diciannovenne si irrigidì, scoccando un’occhiata al vetriolo verso il biondo
”Mi hai preso per una puttana, Shirogane?” sputò queste parole, velenosa, oltraggiata dalle insinuazioni del giovane. Questo si limitò a scrollare le spalle
”Allora non mi servi, dimentica ciò che ti ho detto…”
Si girò, deciso a richiamare gli scienziati, quando la mano gelata di Meiko lo bloccò per il polso. Sogghignò, alzando gli occhi verso le iridi glaciali dell’aliena
”Ebbene?”
”Accetto” sibilò lei, l’espressione tesa e la voce affaticata, come se quella semplice affermazione le costasse enorme fatica. Ryo chinò il capo, educato, dimostrando di apprezzare il gesto della ragazza.
”Ma…voglio una cosa un cambio” continuò Meiko, stringendo maggiormente il polso di Shirogane. Questo inarcò un sopracciglio, dubbioso
”E cosa, di grazia?”
”Voglio liberare mio fratello Kisshu…” disse, decisa, mentre le sopracciglia di Ryo scomparivano sotto il biondo ciuffo spettinato
”Ikisatashi è tuo…fratello?!” esclamò, sinceramente sorpreso. Meiko annuì
”In parte…Quindi? Mi aiuterai?”
Il biondo sospirò, passandosi una mano nei capelli, cercando di prendere tempo
”Posso tentare… Se riesco a mettermi in contatto con le Mew Mew, potrei avvertirle, ma…”
”Non c’è tempo per i ma, Shirogane” borbottò, troncando bruscamente la spiegazione del giovane “E’ stato condannato a morte, Deep Blue potrebbe mandarlo al creatore anche in questo stesso istante…”
Ryo annuì, sospirando
”D’accordo, ci proverò…Solo perché Ikisatashi sa essere *utile*, a modo suo” si giustificò, strattonando la presa dell’aliena del suo polso. Questa strinse gli occhi, esimendosi dal fare quei commenti acidi che le stavano sorgendo sulle labbra.
”Sia chiaro” esordì il biondo, fissandola ancora negli occhi “Non sopporto nessuno di voi alieni, semplici assassini e nient’altro…Sarò contento quando quest’arma sarà finalmente finita…”
Meiko ricambiò lo sguardo, senza tentennare. Si concesse un sorrisetto supponente
”Lo stesso vale per me, Shirogane…”


***


Walking through life unnoticed
Knowing that no one cares
Too consumed in their masquerade…
[Ben Moody feat. Anastacia, “Everything burns”]



Adorava il buio.
Come un animale notturno, sentiva l’adrenalina salire, i sensi acuirsi maggiormente, la pupilla felina che si assottigliava, permettendogli di vedere anche nell’oscurità più completa, il cacciatore e carnefice perfetto.
Anche in quella notte senza luna, le strade della Tokyo ormai deserta e in rovina apparivano così invitanti a quegli occhi grigio chiaro, cupi e minacciosi quanto un mare in tempesta.
Era uscito dalla base aliena, non avrebbe dovuto in un momento di crisi come quello. Ma non aveva resistito…
Si guardò attorno, sotto la lunga frangia blu, smaterializzandosi subito dopo. Riapparve sopra il tetto di un palazzo mezzo crollato, scrutando le due figure che correvano sotto di lui, i passi che rimbombavano sull’asfalto crepato, nell’oscuro silenzio della notte.
Strinse gli occhi, la bocca piegata in una smorfia di disgusto, acquattandosi nell’ombra.
Umani…
Erano un ragazzo e una ragazza, quest’ultima correva trascinata dal giovane, il respiro affannoso e i piedi che incespicavano sulla strada.
”Rallenta, non c’è la faccio più…”
”Manca poco, andiamo! Questa è la zona di quei fottuti alieni, se ci beccano siamo morti” spiegò il ragazzo, non accennando a diminuire l’andatura.
Iwo decise di muoversi. Materializzò la sua minacciosa falce, che luccicò nel buio del tetto, mentre si smaterializzava nuovamente, comparendo davanti ai due che correvano.
Questi inchiodarono rapidi, boccheggiando per riprendere fiato.
L’alieno sorrise maligno, accennando un inchino
”Buonasera, umani…”
Il ragazzo emise una specie di ringhio gutturale, spingendo la ragazza dietro di sé e facendole da scudo, una mano che era corsa rapida dietro la cinta. Estrasse un coltello sbeccato, stringendolo davanti a sé.
”Cosa diavolo vuoi, alieno?”
”Voi, piuttosto…” ribattè Iwo, inarcando un sopracciglio sottile, il sorrisetto che non accennava a scomparire dalle labbra “Non sapete che è pericoloso andare in giro a quest’ora?”
La ragazza emise un mugugnio spaventato, nascosta dietro l’ampia schiena del giovane. L’alieno dalla chioma cobalto la fissò, ridacchiando
”Non vedi che la tua ragazza ha paura…?”
”Vattene, prima che decida di usare quello che ho in mano…” avvertì il ragazzo, fissando le iridi plumbee dell’avversario.
Quel ghigno di supponenza scomparve finalmente dalla bocca di Iwo Nohara. Li scrutò, la lunga chioma blu che si muoveva leggermente sotto il soffio del vento di quella notte buia.
”Hai osato…minacciare me, umano?” sibilò, alzando la falce.
La ragazza urlò, mentre il giovane la spingeva via malamente, facendola cadere a terra, e l’alieno si avventava su di lui, trafiggendogli il petto in un ampio gesto dell’arma. Il ragazzo si accasciò a terra, in un rantolo, un fiotto di sangue scarlatto che zampillava dal polmone che gli aveva bucato.
La giovane si coprì la bocca, le lacrime che rigavano il suo volto, singhiozzando violentemente.
Iwo si voltò verso di lei, che arretrò scombinata, ancora a terra sull’asfalto ruvido, piangendo disperata.
”L-la prego…N-non mi ucc…ida” gemette, spaventata, chinando il capo verso l’alieno e rannicchiandosi ai suoi piedi. Lui la fissò con aria di sufficienza, così tremante e singhiozzante, limitandosi ad alzare nuovamente la falce. Sogghignò
”E’ solo questo, ciò che dovete fare voi disgustosi esseri umani…” mormorò, mentre la ragazza lo fissava in lacrime, alzando il capo atterrita. Iwo calò la falce, macchiando per la seconda volta, in quella sera, il grigio asfalto di quel vicolo buio
”…Strisciare ai nostri piedi…”



…to be continued…

 
  
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