SHE IS
Capitolo 10
: We'll make it last
Flash
forward and
we're takin'
on the
world
together
And there's a drawer of my things
And there's a drawer of my things
at your
place
You learn my secrets and you figure out
You learn my secrets and you figure out
why I'm guarded (...)
You are
the best
thing that's ever been mine
Mine –
Taylor Swift
-Qualcuno
mi aiuti –
L’ormai
ben noto gruppetto di amici si soffermò ad osservare Hisae che stava –
nel
gergo – triturando un innocente tartina con salsa di tonno spalmata
sopra.
-Ti
serve aiuto a mangiare? – azzardò Fuka.
Marzo
era finalmente arrivato e con lui le belle giornate. Per festeggiare i
ragazzi
avevano organizzato una cena in grande, con ogni tipo di cibaria
possibile ed
immaginabile. Immancabile, ovviamente, la quintupla porzione di sushi
che Akito
aveva consumato ovviamente da solo, in religioso rispetto. E non perché
il
giorno in questione fosse santo o chissà cos’altro, quanto piuttosto
per quel
piatto che lui riteneva giusto e doveroso venerare.
Hisae
scosse il capo – No. Ho bisogno che qualcuno mi aiuti a trovare un
insulto
adatto da rivolgere a Gomi in questo momento –
L’intero
gruppetto voltò il capo verso la vetrata del salotto, che si affacciava
sulla
terrazza immensa. Gomi dava sfoggio di una maturità ineguagliabile.
Infatti
stava ricorrendo un innocente piccione, brandendo un forchettone – di
quelli
che si usano per girare la carne e che Hisae avrebbe utilizzato
volentieri per
ucciderlo – gridando dietro al poverino “Fermati,
che ti voglio cucinare”.
Nemmeno
il piccione potesse capirlo.
-A
volte mi chiedo che problemi abbia – disse Hisae scuotendo la testa e
muovendo
da una parte e dall’altra i riccioli d’oro profumati che aveva
sistemato
apposta per la serata.
-Penso
che Gomi sia un problema vivente – asserì Sana convinta, addentando un
boccone
di sushi che aveva rubato dal piatto del suo ragazzo.
-Ehi
– la rimbeccò quest’ultimo – Mangia dal tuo piatto –
-Sei
sempre il solito pedante –
-E
tu la solita scroccona –
Il
borbottio di Fuka andò, per una volta almeno, a favore di Sana –Senti
chi parla
–
Akito
si imbronciò e non proferì più parola. Sana si rabbuiò.
Qualche
giorno prima avevano litigato a causa del suo lavoro – sempre il solito
motivo
– e i due si rivolgevano a malapena la parola, nonostante Sana le
provasse
tutte per allentare la tensione.
Le
cose erano semplici : Sana doveva lavorare con Naozumi. E ad Akito,
ovviamente,
la cosa non andava giù. Era un po’ come lo sciroppo all’olio di fegato
di
merluzzo della nonna : si bloccava in gola e non ne voleva sapere di
scendere.
-Perché
non vai a recuperarlo? – propose Aya, alzandosi in piedi per andarsi a
sedere
sul più comodo divano. Ormai il suo bel pancione si intravedeva
distintamente
aldilà del velluto grigio del vestitino che aveva deciso di indossare
quella
sera. Per di più il fatto che l’abito fosse un po’ troppo corto per una
donna
nelle sue condizioni, aveva scatenato il malcontento di Tsuyoshi. La
nascita
della bambina era prossima e tutti non stavano più nella pelle.
-Ti
prego, vallo a recuperare – affermò quest’ultimo – Mi vergogno io per
lui... –
Hisae
sbuffò esasperata e si alzò dalla sedia diretta verso il terrazzo.
-
Ragazzi, io dovrei andare – costatò Fuka, dando una veloce occhiata al
suo
orologio da polso – L’ultima metropolitana è tra venti minuti –
Tsuyoshi
sbadigliò ed annuì – Hai ragione. Aya, forse è meglio che andiamo anche
noi. È
tardi e non ti fa bene stancarti –
Aya
sbuffò, ma alla fine, seppur controvoglia, si alzò a fatica dal divano
– E va
bene. Ti preoccupi così tanto per me, non potevi pensarci prima, è tutta colpa tua se sono in queste
condizioni – sbottò la ragazza, strappando letteralmente di mano a
Tsuyoshi la
giacca che le stava porgendo.
Sana,
Akito e Fuka rimasero letteralmente basiti, per non parlare dello
stesso Tsu,
che sembrava – decisamente – prossimo alle lacrime.
-Tesoro
– balbettò dopo un interminabile momento – Ma che stai dicendo? –
Aya
storpiò il naso e gli fece il verso – Tesoro, gnegnè –
sbottò – Piuttosto, vuoi che ce ne andiamo, no? Vedi di
muoverti –
Detto
questo si avviò verso la porta di ingresso e la spalancò, con
pochissima
eleganza – Allora? – lanciò un urletto, alla fine.
Fuka
scoppiò in una debole risatina e si coprì la bocca con la mano – Aya
tesoro,
avviamoci – le disse divertita, per poi raggiungerla e prenderla a
braccetto.
-Tsuyoshi,
tesoro – berciò Aya, intonando quel “tesoro”
in modo che sembrasse più che
altro un insulto – Muoviti –
Fuka
ingranò – Sì, Tsuyoshi. Una mossa –
Il
poveretto – sotto lo sguardo sempre più allucinato di Sana e Akito –
sbuffò
esasperato e disse – Arrivo, arrivo –
Le
ragazze si avviarono verso l’ascensore e Tsuyoshi si affrettò a
raggiungerle.
Quando fu sulla porta di casa, si voltò verso i suoi amici e aggiunse –
Scusatela. Gli ormoni... –
E
poi sparì.
Sana
rise e scosse il capo, concentrandosi su un’innocente foglia di
insalata,
ancora abbandonata nel suo piatto, quando Akito parlò. Spiazzandola.
-Donne
e ormoni. Che accoppiata – costatò, l’ombra di una risata tra le sue
parole.
Sana
si alzò in piedi e mise le mani sui fianchi – Ehi – ribatté – Aya ha
una creatura
dentro di sé e Tsuyoshi la stanca in maniera assurda. Mi pare legittimo
da
parte sua incavolarsi, no? –
Akito
fece spallucce – Io ho visto solo che l’ha trattato malissimo, senza motivo –
-Senza motivo? Aya è stanca – ribadì il
concetto – E Tsuyoshi non migliora la situazione –
Akito
si irritò – Lui si preoccupa solo per
lei. E lei... – si fermò a pensarci su – Lei non se ne rende
conto –
Sana
inclinò il capo da un lato per far in modo che i suoi neuroni facessero
contatto e l’aiutassero a formulare un pensiero di senso compiuto. Poi
si
raddrizzò, strinse i punti e seccata sbottò – Certo che se ne rende conto. Ma lui pretende da lei
delle cose assurde –
Akito
si domandò per un secondo se stessero ancora parlando solo
di Aya e Tsuyoshi. Giusto per un secondo, però, poi ribatté –
Ah si? Quali cose assurde? –
Sana
spalancò gli occhi – Non apparecchiare la tavola. Non lavare i piatti.
Non
toglierti la giacca – si bloccò e si concesse una pausa, molto, ma
molto,
eloquente – Ma stiamo scherzando? – domandò, retorica, infine.
Akito
scosse il capo – Lo trovo premuroso –
Sana
gli si avvicinò – Io lo trovo assurdo
–
Entrambi
se ne resero conto : no, decisamente non stavano più parlando dei loro
amici.
Stavano
a dieci centimetri l’uno dall’altra e si guardavano negli occhi, con la
paura
di compiere anche un solo passo verso l’altro. Come due perfetti
idioti.
Finché
Sana parlò – Non puoi chiedermi di lasciare il mio lavoro. È assurdo –
Akito
annullò la distanza tra i loro corpi e le posò le mani sui fianchi –
Non voglio
dare a un imbecille qualsiasi, nel nostro caso Kamura,
un pretesto per saltarti addosso. È premuroso –
Sana
gli passò le braccia intorno al collo;
pochi centimetri dalle sue labbra gli sussurrò – Sei soltanto
un idiota –
Sana
lo baciò e Akito la strinse ancora di più a sé, facendole compiere un
mezzo
giro su se stessa. Un urlo secco li
interruppe ed entrambi si voltarono verso il balcone.
-
Gomi sei un cretino –
-
Io? Ma piantala, sei tu che hai paura di uno stupido
uccello –
-
Lo stupido uccello se ne sarebbe
andato via, se solo tu non lo avessi provocato –
-
Guarda che lui ha capito che stavo solo giocando.
Di fatti se l’è presa solo con te, sai perché? –
-
Oh, sentiamo. Perché mai? –
-Perché
ha percepito la tua diffidenza! –
-
Oddio, Gomi! Ti rendi conto che stai parlando di un uccello?
–
-
Certo. Oh, ragazzi... –
Il
duetto parve finalmente accorgersi di Sana e Akito, mezzi intontiti,
per via
del bacio di qualche attimo prima – incredibile come solo un bacio
fosse in
grado di farli partire per un altro pianeta – che li fissavano,
indecisi se
essere arrabbiati o sconvolti.
-
Diteglielo – li interpellò Gomi – Diteglielo, a questa pazza,
che gli uccelli sono intelligenti –
Sana
si scostò da Akito e si rivolse al suo amico – Gomi, veramente noi... –
Hisae
sbuffò – Sei davvero un cretino, non
vedi che li hai interrotti. Ragazzi, scusateci, togliamo subito il
disturbo –
concluse, afferrando l’idiota... Ehm,
Gomi per un braccio e trascinandoselo dietro.
-Ma
veramente io... –
-Taci!
–
Una
volta che la porta di casa si fu chiusa – definitivamente? – Akito
spiccò una
corsa olimpica in sua direzione. Diede quattro mandate con la prima
chiave, con
la seconda, serrò lo spioncino, sistemò il chiavistello e – se solo ci
fosse
stata – sicuramente avrebbe digitato anche il codice segreto per
sigillare la
porta stessa.
Sana
rise – Ma che fai? – gli domandò .
Akito
si girò furioso verso di lei – Senti. Questa è anche
casa mia adesso,
giusto? – ringhiò, avvicinandosi alla sua ragazza – Bene – si rispose
da solo –
Allora voglio un certo potere decisionale in merito a chi mette piede
in casa
mia – continuò posandole, di nuovo, le mani sui fianchi – Non voglio
essere
interrotto quando ti bacio –
Ancora
ridendo, Sana si lasciò accarezzare le labbra da quella bocca – tanto amata, tanto odiata, tanto desiderata –
così dolce.
Quando
si scostarono, lo guardò negli occhi e dopo un lungo istante sussurrò –
Potere
accordato –
Giusto
in quel mentre, il campanello suonò e Akito pronunciò un’imprecazione
davvero
irripetibile.
-
Non ho alcuna intenzione di aprire – mormorò, tornando a baciare Sana.
Una
cascata di pugni cominciò ad abbattersi sulla porta – a Sana ricordò
terribilmente la scena di qualche mese prima. Il primo bacio suo e di
Akito
dopo tre anni di astinenza.
-
Akito, Sana! – urlò una voce che entrambi riconobbero come quella di
Tsuyoshi –
Ad Aya si sono rotte le acque. Dobbiamo andare in ospedale –
Senza
nemmeno pensarci, Sana e Akito afferrarono la giacca e corsero fuori.
Akito
pensò proprio che la figlia di Aya e Tsu, un giorno, gliel’avrebbe
pagata.
*
-
Stammi lontano, schifoso maschio ipocrita –
Aya
era stata sempre una ragazza composta, dolce e sensibile. Evidentemente
la
gravidanza, oltre ad averla irrimediabilmente provata, aveva avuto un
impatto
alquanto negativo sulla sua bella personalità.
I
ragazzi erano rimasti un bel po’ nella stanza di Aya, facendole
compagnia e
godendosi ogni singolo insulto che rivolgeva all’esasperante – ed
esasperato - Tsuyoshi.
Il
poverino aveva le lacrime agli occhi, ma quando incontrava lo sguardo
di uno
dei suoi amici sorrideva, dicendo – Avevo messo in conto anche questo –
Purtroppo,
ad un certo punto, una dottoressa vecchia e acida, con il naso adunco e
i
capelli raccolti in una treccia, li aveva cacciati via dicendo che
erano in
troppi.
Adesso
se ne stavano in sala d’attesa e Gomi leggeva un giornale sportivo, ma
non
sembrava capirci molto. Di tanto in tanto lanciava occhiate preoccupate
all’indirizzo della sala parto e sospirava.
-
Secondo voi a Tsu verrà una crisi esistenziale sentendosi insultare in
questo
modo? –
Fuka,
sigaretta (ovviamente spenta) tra le dita della sinistra, sorseggiava
con
studiata tranquillità un caffè – Potrebbe darsi. Sempre che non perda
la testa
prima, quando vedrà la bambina –
In
quel momento un urlo acuto ruppe l’aria e Aya insultò ancora il povero
fidanzato – Tu, maledetto bastardo, te lo puoi anche solo sognare di
avvicinarti ancora alla sottoscritta, dopo stasera –
-
Hai perfettamente ragione, tesoro, ma adesso devi spingere più forte
che puoi –
gridò Tsuyoshi, sovrastando la voce di Aya. Sembrava che stesse
piangendo.
- Spingi la tua testa nel water e poi tira
l’acqua! – gridò Aya, ansimando.
Un
crack molto sinistro echeggiò nell’aria e poi...
-
Mi ha rotto una mano! Mi ha rotto una mano! – urlò la voce di Tsuyoshi.
Gomi
impallidì – Ma fate tutte così quando partorite? – domandò
all’indirizzo delle
ragazze.
Fuka,
Hisae e Sana – che in quel momento se ne stava seduta sulle gambe di
Akito, con
la testa abbandonata sulla sua spalla – lo guardarono non male. Di più.
-
Oh cara – disse Tsu a voce alta – Non hai idea di quanto io stia
soffrendo – (*)
Seguì
un lungo silenzio, molto eloquente e poi Tsuyoshi gridò di nuovo –
Amore,
spingi –
Numerose
urla rimbombarono per l’ospedale, nuovi insulti, nuovi incoraggiamenti
e nuovi
rumori, sempre più sinistri.
Probabilmente
Aya era riuscita nell’impresa di fare Tsuyoshi a pezzi.
In
quel momento la futura neo mamma comunicò a tutta Tokio e dintorni che
la madre
di Tsu, come mestiere, faceva la passeggiatrice
professionista. Giusto per essere eleganti.
-
Ho appena deciso che non avrò mai un figlio – disse Fuka seriamente.
Persino
lei, donna tutto d’un pezzo, sembrava sconvolta in quel momento.
Akito
strinse ancora di più Sana a sé e mormorò, in modo tale che solo lei
potesse
udirlo – Tanto meglio. Un Matsui in meno sulla faccia del pianeta –
Sana
sorrise.
Improvvisamente
il suo cellulare squillò e la ragazza si alzò in piedi.
-
Scusate – disse, assonnata, rivolta agli amici – Vieni con me? –
domandò poi ad
Akito, che annuì.
Insieme
si allontanarono velocemente verso una finestra di un corridoio
antistante.
Passando davanti alla sala parto, Aya li deliziò ancora con la sua voce.
-
Disgustoso stronzo schifoso... –
*
Akito
odiava il lavoro di Sana. Dopo più di dieci anni che la frequentava -
inizialmente come amici, sempre che lo fossero mai stati, e poi come
fidanzati
- il concetto era ormai talmente calcificato che nemmeno martello e
scalpello
avrebbero potuto intaccarne l'estrema solidità.
Odiava
la televisione, i riflettori e tutti quelli che facevano lo stesso
lavoro della
sua donna.
Insomma,
finge la vita di qualcun'altro - l'attrice - che cosa assurda, c'è già
così poco tempo per vivere la propria,
di vita, per quale assurdo motivo cercare di risolvere quella di un
altro
personaggio - peraltro inventato. Così diceva lui.
Anche
in quel momento, mentre Sana stava al telefono con il signor Rei – che
proprio
non aveva potuto fare a meno di telefonarle nel cuore della notte –
tutto
quello che riuscì a fare fu costringersi a non strappare in mille pezzi
il
copione – di Sana, ovviamente – che stringeva tra le mani.
La
ragazza l’aveva tirato fuori dalla borsa mentre parlava, gli aveva dato
un’occhiata e poi aveva cominciato a
sbraitare qualcosa in merito ai costumi. O al trucco. O a qualche altra
diavoleria. Poi l’aveva passato ad Akito, che avrebbe tanto voluto
correre in
bagno, buttarlo nel cesso e tirare lo sciacquone – proprio come aveva
consigliato di fare Aya a Tsu con la sua testa.
Non
riuscendo a trattenersi, sfogliò distrattamente alcune pagine : dopo
aver letto
appena un paio di battute, non solo gli si rizzarono i capelli sulla
testa, ma
desiderò uccidere qualcuno – chiunque fosse, andava bene – come mai
aveva
desiderato in tutta la sua vita.
Quando
Sana pigiò il tasto rosso sul suo telefonino e chiuse la chiamata, gli
si
avvicinò, l’espressione molto testa e arrabbiata in volto.
Ovviamente,
Akito in quel momento aveva altro a cui pensare.
-
Hasato io ti amo e non posso vivere
senza di te -
Akito
decisamente faceva pena come attore. Fortuna che la sua sopravvivenza
non
dipendeva da quello.
Certo,
il fatto che, copione di Sana stretto in mano, stesse leggendo ed
intonando le
sue battute con ironia, poteva - forse - influire in qualche modo sulla
recitazione.
Ma
neanche poi tanto.
Una
risata che sembrava molto di più il latrato di un cane e riprese -
Voglio fare
l'amore con te. Non lasciarmi sola stanotte -
Con
faccia disgustata - giusto per usare un eufemismo e non scendere nei
dettagli,
per decenza - Akito storse il naso e lanciò il copione su un seggiola
lì vicino
- E ti pagano così tanto per dire queste porcherie? - domandò secco.
Sana,
ancora livida per la telefonata di poco prima, sbottò soltanto - Oh che
noia
Akito, non cominciare -
Serve
a qualcosa specificare che lui nemmeno l'ascoltò? Chiaramente...
-
No - riprese lui - Sto parlando seriamente. E poi, siamo onesti, a
Kamura
esploderà il cuore quando gli dirai tutte queste paroline dolci -
scherzò,
divertito fino ad un certo punto.
Sana
sbuffò nuovamente - Basta adesso -
Akito
annuì - Hai ragione. Più che il cuore, sarebbe meglio se esplodesse lui
-
Dopo
di che inscenò un teatrino degno di merito : dopo un "puff" molto
scenografico - che doveva rappresentare l'esplosione del povero Naozumi
- Akito
si lasciò cadere per terra come un sacco di patate, imitando la morte
del
suddetto.
Una
coppia di arzilli vecchietti gli passò accanto e lo guardò come se non
fosse
propriamente normale : come biasimarli?
Sana
rimase a fissarlo perplessa e con un sopracaglio inarcato – Hai finito?
– gli
domandò secca alla fine.
Akito
tornò a sedersi, sul pavimento, e si finse offeso - Ma come? Non ti è
piaciuto?
- si lamentò - Guarda che Kamura non è l'unico che può recitare, qui -
riprese
con un ghigno - Ti ho appena fatto vedere che sono capace anch'io -
Sana
si puntò le mani sui fianchi – Akito sei noioso, dico davvero. Devi
veramente
finirla di essere così geloso di Naozumi – inclinò il capo da un lato e
riprese
– Disgraziatamente adesso sto insieme a te e, se solo tu me lo
permettessi, vorrei continuare a starci. Quindi
piantala, per piacere! –
Akito,
sguardo - finto - innocente
di un bimbo colto in fallo, sbatté
un paio di volte le palpebre e poi protestò – Io non sono geloso –
Sana
constatò quanto, di un discorso lungo, logico e pieno di buoni
propositi, i
maschi fossero in grado, sempre, di captare solo i particolari meno
rilevanti.
Uomini.
-
Ma fammi il piacere. Potrei anche crederci, se solo fossi un tantino
più
convincente e poi – si interruppe per puntargli un dito contro – sei tu
che
tutte le mattine mi fai una scenata perché devo incontrarmi con Kamura
agli
studi. Lasciatelo dire, Hayama, sei ridicolo
–
Fu
a quel punto che la discussione prese una piega completamente diversa.
Akito
si alzò in piedi, l’aria divertita di pochi attimi prima,
improvvisamente
scomparsa – Cosa sarei io? –
Sana
fece una smorfia eloquente – Hai capito benissimo –
Il
ragazzo strinse i pugni lungo i fianchi e, quando parlò, la sua voce
vibro di
rabbia. Di tanta rabbia – Io sono ridicolo,
eh Sana? – le domandò, aggressivo – Io,
che sarò costretto a vedere l’ennesimo film smielato tra te e quell’idiota – Akito soppresse i
tentativi di protesta di Sana, quando sentì definire il suo amico
un’idiota – E
mi ritroverò davanti la scena a cui ho assistito negli ultimi tre anni
della
mia vita, sarei ridicolo? –
Sana
rimase in silenzio, giusto un secondo per concedergli – e concedersi – di chetare la rabbia spropositata
che avevano dentro. Entrambi.
Poi
esplose – Ti ho già detto mille volte che questo è il mio lavoro. Per
me le
parole e le mosse scritte sul copione, non hanno nessun significato. Ma
forse –
inarcò le sopracciglia, cominciando a provocare
- Dietro a questo tuo comportamento dovrei leggerci una totale
mancanza
di fiducia da parte tua. Cosa dici? –
E
Akito la pronunciò.
Quella
conferma, che in una discussione come questa non andrebbe mai data, che
mette
in dubbio la solidità di tutto il palazzo, lasciando le persone a
chiedersi se,
forse, non ci sia qualcosa che non va
nelle fondamenta stesse.
-Può darsi – le rispose soltanto.
Sana
era senza parole. La rabbia era improvvisamente scomparsa, non era
nemmeno
delusa dalla reazione del suo ragazzo, che qualche mese prima – per
l’appunto –
le aveva fatto scoppiare il cuore con una tacita proposta che li
avrebbe legati
l’uno all’altra in eterno.
-
Bene – sbottò dopo un lungo attimo – Benissimo.
Se è così allora cos’altro ho da dirti? Vattene Akito. Vattene, è
meglio
davvero –
Rimasero
immobili, a cinquanta centimetri esatti di distanza, a fissarsi negli
occhi,
cercando di capire il significato esatto di quelle parole.
Poi
Akito scrollò le spalle.
Poi
Akito infilò, con fare ribelle, le mani in tasca.
Poi
Akito, dopo aver lanciato un veloce sguardo a Sana – nessuna scusa era
rimasta
intrappolata tra quelle ciglia – le voltò le spalle e se ne andò lungo
il
corridoio.
Proprio
come aveva fatto tre anni prima.
I was a
flight
risk, with a fear of fallin'
Wonderin' why we bother with love
Wonderin' why we bother with love
if it never lasts
Mine – Taylor Swift
*
Akito
se ne stava con i gomiti appoggiati al davanzale di una finestra.
Guardava
fuori, assorto, gli alberi che cominciavano a fiorire.
Aveva
sempre pensato che la primavera non gli dispiacesse. Ed era così.
In
compenso odiava l’autunno.
Scrivo
il tuo nome
senza il mio,
oggi nel
giorno
dell’addio,
anche se
inevitabile,
mi
chiedo ancora
adesso,
“sono
pronto a
perderti,
a
rinunciare a te?”
Cielo e Terra - Nek
L'odio
che nutriva
nei confronti di Naozumi Kamura non era un semplice vezzo, un
passatempo
divertente con cui intrattenersi nei momenti di noia.
No, non
era
semplicemente quello.
Dopotutto
doveva
pur mangiare, almeno così gli avevano detto quelle poche persone che
aveva
accettato di incontrare in quegli ultimi due mesi, che avevano scandito
giorno
dopo giorno ogni attimo passato lontano da lei.
E non la
vedeva da
secoli.
I
polmoni si
stringevano nel suo corpo e aveva spesso avuto l'impressione che
respirare
fosse diventato improvvisamente difficile. Impossibile. E forse anche
un bel
po’ inutile.
Senza
respiro cerco
te,
senza
respiro e
sento che
non c’è
un
colpevole, lo sai?
Né un
innocente
solo
Cielo e Terra - Nek
Era un
giorno come
un altro, c'era il sole e le foglie sugli alberi avevano cominciato ad
ingiallire già da un bel pezzo, lasciandosi poi cadere ai piedi degli
alberi e
formando un folto tappeto con sfumature gialle e rosse.
Osservava
quello
spettacolo della natura, non riuscendo a vederlo per davvero.
Alzò lo sguardo e un secondo dopo avrebbe
preferito non averlo fatto.
Lei gli
stava
davanti, bella come non se la ricordava, i capelli lasciati sciolti che
catturavano ogni raggio di luce che il sole ancora regalava.
Si era
fermato senza
nemmeno rendersi conto del suo gesto. E qualcosa dentro di lui gli
suggeriva
che fosse solo questione di secondo prima che lei si accorgesse di lui.
Stringeva
tra le
mani i sacchetti della spesa. Le mani erano strette a pugno. Granito,
non
pelle.
Lei non
era da
sola, stava ridendo alle parole di qualcuno alle sue spalle.
Un
ragazzo alto,
dai capelli e gli occhi chiari, che con la sua semplice presenza
attirava un
sacco di sguardi curiosi e innamorati. Ragazzine idiote che sospiravano
a pieni
polmoni.
Se non
l'avesse
riconosciuto sarebbe stato meglio.
Un
raggio di sole
gli colpì gli occhi, spostò di nuovo lo sguardo su Sana e finalmente si
accorse
che lei lo stava fissando a sua volta.
Vide il
sorriso
sulle sue labbra cancellarsi poco a poco, come la gomma su un foglio di
carta
che elimina le tracce del passaggio di una matita.
Alzò una
mano per
salutarlo e lui ricambiò con un cenno del capo.
Chissà
cosa stava
provando lei quel momento, quali pensieri correvano dietro quegli occhi
scuri
che ora cercavano di sfuggirgli.
Chissà
se anche
lei, dentro, si sentiva morire come lui al pensiero di non poterla più
avere.
E ancora
per un attimo,
tra noi
lo stesso
battito,
quell’impressione
che di nuovo sia
ancora
una volta...
Cielo e Terra - Nek
-
Akito? – una voce lo chiamò timidamente.
Subito
dopo, la mano gentile di Tsu si depositava sulla sua spalla. Akito si
voltò
nella sua direzione e l’osservò per un momento.
Aveva
la mano destra fasciata, l’espressione del viso stravolta, ma era
davvero
felice. I suoi occhi non tradivano mai.
-
E’ nata la bambina? – domandò secco Akito, senza nemmeno preoccuparsi
di come
stesse il suo amico, a cui Aya aveva gentilmente polverizzato le ossa.
Tsuyoshi
scosse il capo – No. Non è nata la bambina. È nato un maschio –
Hayama
inarcò un sopracciglio – Ma come... –
-
Non so, avranno sbagliato le analisi, penso –
Akito
sospirò e tornò a guardare fuori dalla finestra.
-
Senti... Io devo dirtelo – disse Tsuyoshi, l’aria grave in viso – Sana
si è
sentita male –
Il
ragazzo si voltò di scatto e guardò l’amico in viso, con gli occhi
sbarrati.
-
Cosa? –
-
Ci ha detto che avete discusso, ha avuto un giramento di testa ed è
svenuta.
Fortuna che siamo in ospedale, adesso i medici si stanno prendendo cura
di lei
– concluse, con un sorriso.
Evidentemente,
Tsu ritenne di essere tranquillizzante, perché cominciò a farneticare
qualcosa
a proposito del bambino, che aveva gli occhi di Aya, ma che era
identico a lui.
Akito
lo bloccò subito – Portami da lei – gli ordinò.
E
dopo un secondo di smarrimento, Tsuyoshi annuì e si avviò lungo il
corridoio.
*
Sana
era seduta sul letto con un fagottino azzurro tra le braccia.
-
Ciao Jo – lo salutò con una voce dolce – Oh Aya, è bellissimo – (**)
Fuka
sorrise al piccolo che dormiva beato e si sporse un po’ sulla spalla di
Sana
per poterlo guardare bene in faccia – Sì è bellissimo. Anche se non è
una
femmina e assomiglia a Tsuyoshi come una goccia d’acqua –
Aya
ridacchiò. Era seduta su una sedia a rotelle e, non appena aveva saputo
che
Sana si era sentita male, aveva mosso mari e monti per andarla a
trovare.
Quando
l’amica aveva riaperto gli occhi, lei e il suo bambino erano state le prime
persone
che aveva visto. E aveva sorriso.
-
Hai deciso di cadere a terra come una pera cotta proprio oggi, eh? –
Aya prese
in giro Sana, congratulandosi per il suo solito tempismo.
Hisae
sbuffò – Sono secoli che le dico di farsi vedere – borbottò, allungando
le mani
verso Sana per prendere in braccio il piccolo Jo – Continua a star male
–
Alla
fine, la ragazza regalò un sorriso particolarmente ebete al piccolo che
riposava placidamente tra le sue braccia esili.
-
Dov’è finito Gomi? – le domandò Sana, notando la mancanza di qualcuno.
Hisae
sbuffò ancora – Ha detto che non gli andava di entrare perché siamo
tutte donne
– spiegò – Credo che arrivati a questo punto possa solo peggiorare, no?
–
Le
amiche risero.
All’improvviso
Aya si fece seria – Allora, Sana. Ci vuoi dire cos’è successo tra te e
Akito?
Perché avete litigato? – chiese.
Sana
rimase per un momento a fissare le lenzuola bianche del letto su cui
era
seduta.
Se
fosse entrata l’infermiera l’avrebbe costretta a sdraiarsi, perché
ancora
troppo debole : quando prima le avevano fatto il prelievo di sangue,
Sana si
era sentita, se possibile, peggio. Lei e gli aghi proprio non andavano
d’accordo.
-
Allora? – incalzò Fuka.
-
È sempre la solita storia, che si può riassumere in
tre semplici parole : lavoro, Naozumi,
gelosia. Gelosia immotivata, aggiungerei – spiegò con un tono di voce
stanco.
Le
sue amiche si lanciarono veloci occhiate e lasciarono che a parlare
fosse Fuka.
-
Senti Sana – cominciò, secca come una bastonata in testa – sarò molto
breve e
schietta. Akito ha paura di perderti. Tre anni fa lui era geloso di
Kamura. Vi
siete lasciati e poi... Ricordi cos’è successo? – domandò acida – Con
quel
damerino ti ci sei messa insieme – rispose al posto di Sana – Quindi
non dire
che la gelosia di Akito è immotivata. A te, ora come ora, Naozumi potrà
non
interessare. Ma tu a lui piaci Sana. Lo sappiamo tutti e anche te.
Quindi, se
potessi darti un consiglio, ti direi di stargli alla larga, se puoi –
Aya
annuì con vigore.
Hisae
se ne infischiò altamente della bella morale di Fuka e cominciò a
cullare Jo,
percorrendo a piccoli passi la stanza di Sana.
-
Ha una paura folle di perderti – confermò Aya, annuendo e allungando
una mano
per accarezzare il viso di Sana – Quando vi siete lasciati, un giorno
io e Tsu
siamo andati a trovarlo a casa sua. Non mangiava, non dormiva, non si
lavava...
–
Hisae
parve disgustata da quell’ultima notizia.
-
Cerca di venirgli incontro, Sana. Adesso vi siete ritrovati. Non potete
rovinare tutto, di nuovo – mormorò Aya, abbassando lo sguardo.
Prima
che Sana potesse dire alcunché, entrò la dottoressa con una grossa
cartella
medica tra le mani – Ho qui i risultati delle analisi –
Calò
il silenzio, interrotto soltanto da una breve risatina di Sana, che
evidentemente si faceva beffe della propria salute – Ebbene? – domandò.
La
dottoressa parve incerta, non sapeva se fosse conveniente o meno
parlare
davanti a tre sconosciute più il bambino.
Sana
sbuffò – Sono mie amiche. Può confermarmi che ho avuto solo un banale
calo di
zuccheri dovuto alla stanchezza, davanti a loro? Così la pianteranno di
tormentarmi l’anima –
La
dottoressa scambiò uno sguardo feroce con Hisae, che la stava guardando
come se
fosse stata un insetto ripugnante e poi parlò – Lei è incinta. Già da
tre mesi
a dire il vero, non capisco come abbia fatto a non rendersene conto
prima. Congratulazioni – disse, mentre un
gigantesco sorriso compariva sul suo viso.
A
questo, risposero solo quattro bocche spalancate.
Poi
Jo cominciò a piangere.
*
-
Posso entrare? –
Sana
fece un cenno brusco del capo. Se ne stava seduta sul davanzale della
finestra
della sua stanza e fissava fuori.
Akito,
poteva vederlo dal riflesso del vetro, se ne stava in piedi accanto al
suo
letto, contorcendosi nervosamente le mani, come in preda ad uno spasmo.
-
Tsuyoshi mi ha detto che... –
-
Che cosa vuoi Akito? – lo interruppe bruscamente, voltandosi verso di
lui per
guardarlo in faccia. Lui abbassò gli occhi, colpevole, e scosse il capo.
-
Sapere come stai –
-
Incinta –
-
Ah –
Non
aveva accennato nessun segno di sorpresa, non aveva spalancato gli
occhi e
nemmeno la bocca, non aveva cominciato a gridare e non le aveva nemmeno
chiesto
come fosse possibile. Infine, non si era nemmeno dimostrato felice per
la
notizia.
-
È tutto quello che hai da dire? – domandò caustica Sana. Quando Akito
non
rispose, lei proseguì – Adesso ti spiego come ci si dovrebbe comportare
in
queste situazioni. La maggioranza di voi maschi sviene. O urla. O si
spaventa.
O domanda con aria sconvolta come può essere successo – fece una pausa
significativa. Come se ci fossero poi tutti questi modi di concepire un
bambino
– Poi ci sono quelli che sono felici della notizia, come lo fu Tsu
all’epoca.
Ecco, a quel punto, di norma, si sorride, si scoppia in lacrime e si
comincia a
dire cose senza senso – era talmente arrabbiata. Eppure, poche decine
di minuti
prima, la dottoressa le aveva detto che era meglio evitare forti
emozioni.
Rabbia inclusa – Ho dimenticato qualcosa? – si domandò, fingendo di
pensarci –
Ah, ma certo. Poi ci sei tu. Tu non dimostri emozioni nemmeno quando
ricevi
questo genere di notizie. Già perché, per la cronaca, tu sei il padre
di questo
bambino, Akito –
Rimase
in silenzio, ansimando, attendendo una risposta. Doveva calmarsi,
doveva
respirare, doveva regolarizzare il battito del suo cuore.
Non
che fosse possibile – o forse sì? – ma sentiva che qualcosa dentro di
lei
soffriva per quella situazione.
-
Tu come hai reagito? – domandò Akito ad un certo punto.
Sana
rimase spiazzata. Lo fissò diffidente – Ho avuto una paura pazzesca
perché mi
sono sentita sola – ammise candidamente – Tu te n’eri andato, di nuovo – precisò infine.
Fu
come averlo schiaffeggiato più volte. Vide Akito barcollare, prima di
avvicinarsi precipitosamente verso di lei.
-
Io non voglio che tu muoia –
Okay,
quello sì che riuscì a sorprenderla per davvero. Strabuzzò gli occhi e
lo
guardò come se fosse stato pazzo – Ma che dici? – sbottò, seccata.
Lui
alzò lo sguardo per permetterle di studiargli gli occhi. E lei capì.
“ Mia
madre è morta
dandomi alla luce”.
Sembrava ieri quando Akito le disse quella scomoda verità, che aveva
fatto di
lui un demonio. E un bambino infelice.
Si
sentì un macigno sprofondare sull’anima e si maledì per essere stata
così
fredda con lui, poco prima.
Sana
si alzò in piedi, gli andò incontro e lo abbracciò forte. Non passò
molto prima
che le sue braccia corsero a stringerla intorno alla vita.
-
Oh Akito – sospirò Sana – Andrà tutto bene. Quello che è successo a tua
madre è
stato terribile, ma... Lei era molto cagionevole, ricordi? (***) Io sono sana e forte – gli
spiegò ridacchiando.
Sentì
le spalle di Hayama rilassarsi sotto le sue mani.
-
Sul fatto che tu sia forte avrei da ridire qualcosa – borbottò Akito,
scostandosi da lei per poterla guardare negli occhi.
-
Hayama, senti... –
-
No stammi a sentire tu. Io mi fido di te, davvero. È solo che Kamura ti
gira
intorno come un cane in calore e a me non va giù. Okay, sono geloso –
ammise,
sorprendendo Sana e facendola sorridere – Ma io mi fido di te – ripeté,
spalancando gli occhi come a voler essere più credibile.
Sana
si crogiolò per un attimo in una sensazione piacevole : Akito era
geloso e in
più si fidava di lei. Due ammissioni in un colpo solo, quando mai
sarebbe
ricapitato?
Si
riprese bruscamente dopo un po’ – Comunque io stavo per dirti una cosa,
prima
che mi interrompessi
-
Ho chiamato Rei. Io... non reciterò più con Naozumi in quel film.
Anzi... Per
un po’ mi prenderò una pausa dal mondo dello spettacolo, esclusa la
trasmissione pomeridiana –
Akito
rimase a fissarla incredulo per alcuni secondi.
-
E’ per quello che ti ho detto io? – domandò, indecifrabile.
-
Anche – ammise Sana – La realtà è che ho capito cosa è più importante
per me –
Braced
myself for
the goodbye
'Cause that's all I've ever known
Then you took me by surprise
You said, "I'll never leave you alone"
'Cause that's all I've ever known
Then you took me by surprise
You said, "I'll never leave you alone"
Mine – Taylor Swift
Akito
stette zitto per un lungo istante e poi le si avvicinò. Allungò la mano
destra
per accarezzarle la pancia – Quindi... è vero? – domandò.
Sana
inarcò un sopracciglio – Presumo di sì -
Il
ragazzo si inginocchiò ai suoi piedi, le sollevò di un po’ la maglietta
e posò
un orecchio sulla sua pancia – Sento qualcosa – sussurrò.
A
Sana venne il magone – Davvero? –
-
Sì – lo vide ghignare e fissarla negli occhi beffardo – Sento il tuo
stomaco
che brontola. Hai fame Kurata? –
Prima
che Sana riuscisse ad insultarlo, a picchiarlo, a ucciderlo, come si
sarebbe
ampiamente meritato, Akito parve realizzare qualcosa che fino a quel
momento
non aveva ancora preso in considerazione. L’afferrò bruscamente per un
braccio
e la costrinse a sedersi sul letto della stanza.
-
Tu non devi stare in piedi – sbottò – Devi stare a riposo –
Sana
si sentì spingere con non poca delicatezza verso il guanciale e poi una
leggera
coperta di cotone bianca le venne tirata fino al naso.
Si
inalberò – Non diventerai il Tsuyoshi della situazione adesso? – sbottò
contrariata.
Akito
la ignorò completamente – Taci – le ordinò – Se lui sta dormendo lo
sveglierai
con queste tue urla da gallina –
Sana
chiuse gli occhi e sorrise. Sopportare un Hayama così per i sei mesi a
seguire
non sarebbe stato affatto facile, l’avrebbe coccolata e viziata (a modo
suo,
ovviamente) fino all’esasperazione.
Ma
ad essere completamente sinceri, a Sana non dispiaceva per niente.
Hold on,
we'll make
it last
Hold on, never turn back
Hold on, never turn back
(…)
Hold on,
do you
believe it?
Hold on, we're gonna make it now
Hold on, and I can see it
Hold on, we're gonna make it now
Hold on, and I can see it
Mine – Taylor Swift
*********************************************************************
(*)
Frase
ripresa dalla
nona stagione di Friends. Il contesto era esattamente identico e
ovviamente non
ho potuto non ridere.
(**) Dato che
in giapponese non ho trovato nessun nome che
per assonanza potesse ricordare quello di “Giada”
, la meravigliosa bambina di una mia amica, ho optato per Jo.
Quindi il bimbo di Aya e Tsu è un omaggio alla mia
stellina.
(***) Mi pare
che lo
dicesse Tsuyoshi a Sana in un episodio dell’Anime.
Devo
scusarmi.
Non
c’è alcun tipo di dubbio in merito, devo assolutamente scusarmi con
tutte voi
lettrici meravigliose per l’atroce ritardo con cui aggiorno.
La
verità, sempre che a questo punto vi interessi, è che finalmente ho
trovato un
lavoro che mi piace, dove vengo trattata come un essere umano e non
come uno
straccio (lunga, lunghissima storia). Questo è il pro, il contro è che
alla
sera quando arrivo a casa sono davvero stanchissima – senza contare
che, ad
onor del vero, ultimamente a casa ci sono stata pochissimo, tra
dentisti,
spese, commissioni e affetti a cui proprio non posso rinunciare e
mettere da
parte.
Stamattina
mi sono detta “aggiungi le due canzoni che devi aggiungere e posta”.
Dico
davvero, alcune sere il PC nemmeno lo accendo perché mi viene il
rigetto –
pensate, otto ore di lavoro ormai si svolgono davanti ad un computer e
quindi
meno lo vedo per il resto del tempo e
meglio è.
A
proposito delle canzoni, una citazione particolare va a “Cielo e Terra”
di Nek che
per me ha significato molto in un periodo non proprio felice della mia
vita. O.O oddio quanto sto invecchiando! :D
Tanto
per dirne una, oggi è sabato ma devo già uscire (la mia vita è come la
pubblicità della Fiesta ultimamente) e perciò non riesco nemmeno a
postare i
ringraziamenti per le vostre recensioni stupende.
Il
prossimo capitolo è l’ultimo e quindi ci saranno, promesso – anche
perché,
direi, nell’ultimo capitolo i ringraziamenti sono obbligatori, o no?
Comunque
sia vorrei che ryanforever, roby5b, dancemylife, Deb, So smile,
Bettinella, Midao, Ili91,
Castiel (due canzoni nel
testo, apposta per te), Smemo92
e Lisa Lawer si stritolassero con le
proprie braccia immaginando che sia
io ad abbracciarle, con tantissimo affetto per la pazienza che trovano
ogni
volta per scrivermi – e per aspettarmi, dato che ci metto i secoli ad
aggiornare.
Davvero,
grazie mille di tutto.
L’altra
mia fiction in stato di avanzamento, “Four
Seasons” è bloccata, ho una tempesta di idee al giorno, ma alla
sera,
quando vorrei mettermi a scrivere, mi addormento. Devo trovare un mio
nuovo
equilibrio – lo dico sempre, ma non lo faccio mai :D
Per
ora è tutto, spero di risentirci al più presto con il nuovo capitolo.
Una
nuvola di baci – dato il tempo uggioso
Gillywater
Gillywater