Tempesta
Il giovane re si
distese a letto molto presto quella sera ma ci mise un po’ ad
addormentarsi,
era ancora troppo eccitato per aspettare tranquillo il giorno
successivo. La notte
era scura e tranquilla, molto tranquilla. Ma ad un certo punto, quando
ormai il
giovane re si era praticamente assopito, qualcosa lo ridestò
di colpo,
facendolo sobbalzare sul suo letto. Una luce intensa appena fuori dalla
finestra e poco dopo quel suono cupo e basso che poteva essere prodotto
solo da
una frana o da un tuono vicino, troppo vicino. Il giovane re si nascose
sotto
le coperte e chiuse forte gli occhi, tappandosi le orecchie con il
cuscino. Si
soffocava lì sotto, faceva caldo e non c’era quasi
aria, ma era molto meglio
che restare fuori da quel bozzolo dove la tempesta aveva iniziato ad
infuriare,
sferzando di pioggia le finestre della sua camera, mentre i fulmini
illuminavano a giorno la stanza solo per un istante, per poi farla
ricadere nella
più completa oscurità mentre quel rumore,
così forte, così brutto e assordante
gli riempiva le orecchie facendolo sobbalzare ogni volta. Monaldo aveva
paura
dei tuoni e della tempesta, ne aveva sempre avuta, non poteva
sopportare quel
rumore terrificante e ogni volta rimaneva pietrificato
dall’orrore. Quando era
ancora piccolo sua madre veniva a cullarlo ma quando era morta non era
più
arrivato nessuno a consolarlo. Il re non era quel tipo di padre,
probabilmente
non aveva neppure mai saputo di questa sua fobia. Argo invece era
venuto poco
dopo la morte della regina, solo un paio di volte ma alla fine anche
lui aveva
smesso, anche lui non era quel tipo di fratello. Così ora si
preannunciava una
lunga, lunghissima nottata per il giovane re: stretto al suo cuscino,
arrotolato dentro le coperte con il viso affondato nel cuscino per
zittire i
singhiozzi e gli urletti di puro terrore che gli uscivano di bocca ogni
volta
che un tuono cadeva. Fortunatamente era passato il periodo in cui se la
faceva
anche a letto ma ancora non aveva il coraggio di uscire dal bozzolo
sicuro fra
le coperte durante la tempesta, sarebbe stato davvero un brutto colpo
se il suo
popolo avesse saputo che il loro re se la faceva addosso ogni volta che
cadevano due gocce d’acqua! E per fortuna che i suoi servi
erano molto discreti
sul fatto che ogni tanto lo sentissero piangere la notte di tempesta.
Solitamente non entravano neppure nella sua camera in quelle notti.
Così quando
Monaldo sentì la porta della sua camera aprirsi e chiudersi
in un leggero tonfo
trovò il coraggio di guardare chi era entrato e per un
attimo non sentì nulla
attorno a sé, né lampi, né tuoni,
né la pioggia che impetuosa batteva le sue
terre. C’erano solo lui e il suo visitatore notturno: Argo,
l’ultima persona al
mondo che si sarebbe aspettato di vedere in quel momento
-Che ci fai qui?-
gli chiese perplesso e suo fratello si guardò attorno
lasciando trasparire il
suo disagio
-Volevo solo
vedere come stavate, mio re- ammise sempre più a disagio.
Monaldo si strinse al
cuscino
-Sto bene- mentì
e, come per punizione, un tuono rimbombò potente proprio in
quell’istante
facendogli sfuggire un urlo, prontamente attutito dal cuscino
-Mio re- Argo si
era avvicinato al suo letto e aveva appoggiato una gamba su di esso per
poter
arrivare a toccare il fratello, gli sfiorò appena una spalla
e Monaldo lo
guardò sorpreso, non l’aveva più
toccato da quando era stato incoronato da loro
padre. Con le lacrime agli occhi gli si lanciò fra le
braccia ma questa volta
il suo era un pianto di felicità e sollievo, di sentirsi
abbracciare dopo tanto
tempo, anche se molto goffamente, dal proprio fratello e avere la
sicurezza che
almeno per una notte erano tornati fratelli o quasi.