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Autore: bloodingeyes    15/11/2010    1 recensioni
Monaldo desiderava l’amore del suo popolo, perché sapeva che un re a cui manca questo non è un re: è un tiranno. E lui non voleva essere come suo padre, non voleva affamare la propria gente per farsi bello agli occhi degli altri regnati. Voleva la felicità e la tranquillità, non voleva le guerre. Ma suo fratello Argo continuava a comportarsi come se la sua unica ragione di vita ora fosse servirlo, come se fosse diventato il suo cameriere. Non lo aveva più chiamato fratello da giorno dell’incoronazione e non si era più comportato come tale da allora. E da quando quella corona si era posata sulla testa di Monaldo il suo cuore aveva preso a sanguinare incessantemente, perché gli era stato donato un regno, un popolo che lo amava e tante altre cose splendide ma aveva perso i genitori e suo fratello non era più suo fratello.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tempesta

Il giovane re si distese a letto molto presto quella sera ma ci mise un po’ ad addormentarsi, era ancora troppo eccitato per aspettare tranquillo il giorno successivo. La notte era scura e tranquilla, molto tranquilla. Ma ad un certo punto, quando ormai il giovane re si era praticamente assopito, qualcosa lo ridestò di colpo, facendolo sobbalzare sul suo letto. Una luce intensa appena fuori dalla finestra e poco dopo quel suono cupo e basso che poteva essere prodotto solo da una frana o da un tuono vicino, troppo vicino. Il giovane re si nascose sotto le coperte e chiuse forte gli occhi, tappandosi le orecchie con il cuscino. Si soffocava lì sotto, faceva caldo e non c’era quasi aria, ma era molto meglio che restare fuori da quel bozzolo dove la tempesta aveva iniziato ad infuriare, sferzando di pioggia le finestre della sua camera, mentre i fulmini illuminavano a giorno la stanza solo per un istante, per poi farla ricadere nella più completa oscurità mentre quel rumore, così forte, così brutto e assordante gli riempiva le orecchie facendolo sobbalzare ogni volta. Monaldo aveva paura dei tuoni e della tempesta, ne aveva sempre avuta, non poteva sopportare quel rumore terrificante e ogni volta rimaneva pietrificato dall’orrore. Quando era ancora piccolo sua madre veniva a cullarlo ma quando era morta non era più arrivato nessuno a consolarlo. Il re non era quel tipo di padre, probabilmente non aveva neppure mai saputo di questa sua fobia. Argo invece era venuto poco dopo la morte della regina, solo un paio di volte ma alla fine anche lui aveva smesso, anche lui non era quel tipo di fratello. Così ora si preannunciava una lunga, lunghissima nottata per il giovane re: stretto al suo cuscino, arrotolato dentro le coperte con il viso affondato nel cuscino per zittire i singhiozzi e gli urletti di puro terrore che gli uscivano di bocca ogni volta che un tuono cadeva. Fortunatamente era passato il periodo in cui se la faceva anche a letto ma ancora non aveva il coraggio di uscire dal bozzolo sicuro fra le coperte durante la tempesta, sarebbe stato davvero un brutto colpo se il suo popolo avesse saputo che il loro re se la faceva addosso ogni volta che cadevano due gocce d’acqua! E per fortuna che i suoi servi erano molto discreti sul fatto che ogni tanto lo sentissero piangere la notte di tempesta. Solitamente non entravano neppure nella sua camera in quelle notti. Così quando Monaldo sentì la porta della sua camera aprirsi e chiudersi in un leggero tonfo trovò il coraggio di guardare chi era entrato e per un attimo non sentì nulla attorno a sé, né lampi, né tuoni, né la pioggia che impetuosa batteva le sue terre. C’erano solo lui e il suo visitatore notturno: Argo, l’ultima persona al mondo che si sarebbe aspettato di vedere in quel momento

-Che ci fai qui?- gli chiese perplesso e suo fratello si guardò attorno lasciando trasparire il suo disagio

-Volevo solo vedere come stavate, mio re- ammise sempre più a disagio. Monaldo si strinse al cuscino

-Sto bene- mentì e, come per punizione, un tuono rimbombò potente proprio in quell’istante facendogli sfuggire un urlo, prontamente attutito dal cuscino

-Mio re- Argo si era avvicinato al suo letto e aveva appoggiato una gamba su di esso per poter arrivare a toccare il fratello, gli sfiorò appena una spalla e Monaldo lo guardò sorpreso, non l’aveva più toccato da quando era stato incoronato da loro padre. Con le lacrime agli occhi gli si lanciò fra le braccia ma questa volta il suo era un pianto di felicità e sollievo, di sentirsi abbracciare dopo tanto tempo, anche se molto goffamente, dal proprio fratello e avere la sicurezza che almeno per una notte erano tornati fratelli o quasi.

   
 
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