Orizzonte
I giorni passavano
lenti e tranquilli, anche il palio era finito. Il re Monaldo aveva
vinto un
paio di gare di scherma e si era divertito. Argo dopo quella notte di
tempesta
era tornato lo stesso, freddo e duro come sempre e continuava
ostinatamente a
chiamarlo “mio re”. Eppure il giovane non era mai
stato più felice che in quei
giorni: tutto sembrava andare per il meglio, suo fratello si era
dimostrato
gentile con lui, tenendogli compagnia per l’intera notte di
tempesta e il
raccolto appena cominciato sembrare stare dando buoni frutti. Ma
all’orizzonte non
c’era altrettanta serenità.
In un giorno
cominciato come tanti altri arrivò al regno un viandante, un
uomo vecchio,
sporco, ferito e denutrito. Chiedeva insistentemente udienza al re
Monaldo che
alla fine dovette accettare. Il vecchio gli disse di essere un
superstite di un
villaggio del regno vicino e di essere scappato per un puro colpo di
fortuna.
Il suo villaggio era stato attaccato da un grande esercito che aveva
ucciso
tutti gli abitanti e che si stava dirigendo al castello del re
Enastase.
Monaldo gli chiese perché non avesse avvertito il re
Enastase e invece fosse
venuto da lui. Il vecchio gli rispose che l’esercito che
aveva attaccato il suo
villaggio era troppo grande anche per le immense guarnigioni di re
Enastase e
che in aggiunta era capitanato da uno dei cugini di Monaldo, Franmeo.
Il suo
obbiettivo poi, non era affatto il regno di re Enastase, di cui ne
voleva
derubare soltanto le armi belliche da assedio, il suo vero obbiettivo
era il
regno di Monaldo
-Come fai a sapere
queste cose, vecchio?- gli chiese con cattiveria Argo e il fratello gli
scoccò
un occhiata torva, era inutile prendersela con quel povero vecchio
-Rispondi alla
domanda- gli ordinò gentilmente il giovane re
-Ho sentito i
soldati parlarne e visto che il mio regno era ormai spacciato ho
pensato di
correre ad avvertirvi, ho sentito tante cose meravigliose sui vostri
possedimenti e non volevo che un posto così bello venisse
distrutto e ridotto
in cenere come il mio villaggio, come la mia famiglia… - gli
occhi del vecchio
si oscurarono e si velarono di lacrime mentre ricordava immagini
tremende del
suo villaggio distrutto e delle sue figlie stuprate e aperte a
metà da quei
cani bastardi
-Ti ringrazio- gli
disse Monaldo –grazie per averci avvertiti di questo
pericolo, per i tuoi
servigi ti offro di rimanere al mio castello tutto il tempo che
desideri- il
vecchio lo ringraziò più volte e si
prostrò ai suoi piedi. Quando se ne fu
andato Monaldo fece chiamare le sue spie e gli chiese spiegazioni sul
fatto che
non erano state loro le prime ad informarlo di questo pericolo
-Non abbiamo
trovato prove del fatto che vostro cugino Franmeo vi volesse attaccare,
secondo
le nostre informazioni era interessato solo al regno di re Enastase-
-Allora
controllate se quel vecchio dice il vero- ordinò Monaldo
serissimo –se mio
cugino pensa di potermi attaccare e sopravvivere capirà
presto che sbaglia di
grosso! E ora andate, siate i miei occhi e le mie orecchie nel mio
regno e in
quelli dei miei vicini!- le sue spie si inchinarono e sparirono
nell’ombra.
Monaldo chiuse gli occhi e lasciò che le emozioni fluissero
da lui, per
concentrarsi e calmarsi
-Mio re?- gli
chiese Argo ad un certo punto, per ridestarlo dai suoi pensieri,
probabilmente
era passato molto tempo, anche se il ragazzo non se ne era quasi accorto
-Vedo
all’orizzonte i fuochi di guerra- gli disse e Argo
annuì gravemente
–Cavalcherai al mio fianco, fratello?- gli chiese Monaldo
guardandolo con occhi
da adulto
-Ora e per sempre-
gli rispose Argo inchinandosi.