Partenza
Le spie di Monaldo
scoprirono in un solo giorno che quello che il vecchio sopravvissuto
aveva
detto era tutta la verità. Franmeo si preparava a muovere
guerra a Monaldo,
aveva da poco conquistato il regno di Enastase e aveva ucciso lo stesso
re. Ora
si muoveva per raggiungere il regno del cugino e attaccarlo di
sorpresa. Ma il
giovane re aveva già fatto preparare il suo esercito che in
confronto a quello
del cugino era inferiore di numero di quasi uno a due ma le spie gli
avevano
assicurato che i loro soldati erano ben superiori in quanto a
preparazione e
armamento, gli uomini di Franmeo erano per lo più contadini
addestrati sul
campo e le corazze e le armi che avevano rubato a re Enastase non erano
bastate
ad equipaggiare tutti i loro uomini. Il risultato del conflitto non era
ancora
certo.
Monaldo aveva
deciso di scendere in battaglia con i suoi uomini. Non era il suo
battesimo di
fuoco ma era la prima volta che doveva combattere da generale ed era
incerto e
impaurito. Era qualcosa a cui non era mai andato incontro, sapeva
combattere
molto bene, al pari di molti uomini più vecchi di lui ma non
sapeva se era in
grado di guidare una campagna di guerra e vincere. I peggiori dubbi lo
assalivano e ogni notte la passava insonne. L’unica sua
consolazione era Argo,
che lo sosteneva, anche solo con uno sguardo, sapeva riscaldarlo,
infondergli
forza e spronarlo ad andare avanti. In poche settimane
l’esercito fu pronto a
mettersi in marcia per andare ad affrontare Franmeo. I soldati di
Monaldo
guardavano il loro re fiduciosi e pieni di speranza, erano pronti a
dare la
vita per lui, per difendere il suo regno di pace con le loro armi.
Monaldo non
poteva che essere loro grato. Stavano abbandonando le loro famiglie per
un
futuro incerto e lo facevano con un sorriso. Perché
confidavano nel loro re,
che lui li avrebbe condotti alla vittoria. Argo era più
serio del solito e il
giorno della partenza prese il fratello da parte
-Mio re… - iniziò
–c’è una cosa che tento di dirvi da
molti mesi ormai- Monaldo lo guardò
perplesso e lo incitò a continuare –Ninime
è incinta- gli annunciò
-Ma è fantastico!-
disse entusiasta il giovane re sorprendendo il fratello
-Dite sul serio?-
-Si certo! Era ora
che almeno uno di noi due mettesse al mondo un discendente, temevo di
dover
essere io il primo, a sedici anni! Sai che schifo sposarsi a
quest’età! E
invece, grazie al cielo, ti sei deciso a fare un erede! Non sai quanto
mi hai
reso felice!-
-Aspettate! Cosa
volete dire?- gli chiese Argo perplesso
-Che se in questa
campagna dovessimo morire entrambi almeno ci sarebbe un erede! Anzi,
adesso che
ci penso forse tu dovresti rimanere qui con Ninime per aiutarla e per
tenere
insieme il regno mentre sono via… -
-State scherzando
vero?- chi chiese sempre più stupito
-Certo che no! Io
non ho figli, anzi, non mi sono neppure sposato, ed è
normale che se morissi la
corona andrebbe a te o a tuo figlio… -
-Non dire così!-
gli urlò contro infuriato Argo –tu
non morirai!-
-In guerra è molto
facile- ribatté il fratello
-No! Non
permetterò che tu
muoia!- e dopo
quest’ultimo sfogo se ne andò quasi correndo,
senza lasciare a Monaldo la
possibilità di rispondergli. L’aveva fatto
infuriare, come mai prima di allora,
e non capiva il perché. Era normale per il giovane re
preoccuparsi del regno e
Argo sarebbe stato un re perfetto, anzi, era lui il re di diritto di
quelle
terre. Non capiva perché si fosse tanto arrabbiato
all’idea di ricevere la
corona che gli spettava per nascita. Era normale che un giorno o
l’altro
Monaldo sarebbe morto, i loro cugini sarebbero presto arrivati come
sciacalli
sul loro regno per conquistarlo. Vedevano nel giovane re una preda
facile e lui
pensava che fosse stato un miracolo già il fatto che non
l’avessero attaccato
il giorno esatto della sua incoronazione ma avessero aspettato
addirittura
degli anni. Franmeo sarebbe stato il primo ma non l’ultimo.
Ed era un bene che
Argo avesse messo incinta Ninime, almeno la corona avrebbe avuto
un'altra testa
su cui posarsi prima di cadere nelle mani avide di qualche altro re
meno degno
di portarla.
Quel giorno stesso
l’esercito si mise in marcia per andare incontro a Franmeo e
bloccarlo prima
che questo potesse raggiungere le porte della città. Monaldo
cavalcava alla
testa del gruppo, affiancato dalla sua guardia
d’elitè e seguiva il suo
esercito. Il popolo, ai lati della strada lanciava loro fiori e petali
augurando ai guerrieri buona fortuna e di tornare presto a casa. Il
giovane re
pregò la Dea perché proteggesse il suo regno
mentre lui era lontano e che
proteggesse ognuno dei suoi uomini dalla morte, dalla sofferenza e dal
lutto.
Sapeva che in molti sarebbero morti ma sperò che il loro
sacrificio non sarebbe
stato vano
-Perché non mi
avete aspettato, mio re?- gli chiese Argo affiancandolo
-Che ci fai qui?-
gli chiese perplesso il re
-Ve l’ho promesso:
cavalcherò al vostro fianco ora e per sempre-
-Ma Ninime… ?-
cercò di dire Monaldo
-È una donna
forte, ce la farà anche senza di me-
-Ma… - tentò di
dire ancora il re
-Niente ma! Il mio
posto è al vostro fianco mio re! E lo sarà per
sempre- Monaldo si morse le
labbra e riprese a cavalcare diritto e fiero. Nel suo animo si
agitavano due
emozioni molto contrastanti: da una parte era sollevato che Argo lo
accompagnasse, con lui nei paraggi a sostenerlo si sentiva
più sicuro ma
dall’altra parte si sentiva in colpa per averlo portato via
dalla sua sposa e
per non essere abbastanza forte da ordinargli di tornare indietro al
castello.