Malattia
Si svegliò in una
tenda su un letto scomodo di paglia e coperto solo con un telo bianco e
leggero
eppure aveva caldo, tanto caldo, come se stesse bruciando fra le fiamme
dell’inferno
-Mio re- si sentì
chiamare e si accorse finalmente di Argo
-Non chiamarmi
così- ribadì con voce roca e impastata
-Sai bene!- lo
sentì dire sollevato
-Ho caldo-
-Hai la febbre
alta ma ti riprenderai, stai tranquillo, andrà tutto bene!-
si sentì toccare i
capelli e rimase sorpreso allo scoprire che era stato Argo a farlo e
che
continuava, come se lo stesse accarezzando. Non l’aveva mai
fatto ma era una
bella sensazione
-Cosa mi è
successo?- chiese il giovane re
-Uno dei generali
di Franmeo, nostro cugino, ti ha pugnalato alle spalle dopo la
battaglia, te lo
ricordi?-
-Si- gli rispose
debolmente Monaldo –doveva essere molto fedele a nostro
cugino se anche dopo la
sua morte ha cercato di uccidermi-
-Si, lo era-
ammise Argo per poi sorridere –ma fortunatamente non
è riuscito nel suo
intento, sei ancora vivo e presto ti riprenderai!-
-Fratello… - lo
chiamò il ragazzo –dimmi la verità:
come sto?-
-Ti riprenderai-
lo rassicurò lui con convinzione, tolse la mano dai suoi
capelli e la strinse
forte a quella del fratello minore
-Mi stai mentendo
vero?- gli chiese retorico –quasi non sento più
che mi stai stringendo la mano,
non sto bene quindi dimmi quali sono le mie condizioni reali- Argo
guardò le
loro mani strette insieme e poi guardò gli occhi resi lucidi
dalla febbre del
fratello
-La ferita è grave
e la febbre è alta, il medico dice che potresti non
sopravvivere neppure una
settimana ma se la febbre si abbassa potresti avere una
possibilità-
-E quante sono le
probabilità che la febbre si abbassi?- gli chiese il ragazzo
con un sospiro
tremante
-Poche- ammise in
un sussurro il fratello
-Vai a chiamare il
medico- gli ordinò Monaldo e mentre l’altro si
alzava aggiunse –e porta con te
anche un sacerdote e i generali, ci sarà bisogno anche di
loro- Argo si
bloccò di colpo mentre tentava di
capire a cosa potessero servire anche i generali e quando lo
capì si oppose con
forza
-No! No, tu non
morirai, mi hai capito? Tu non puoi morire!-
-Argo… - tentò di
dire il ragazzo ma l’altro lo fermò
-No! Adesso stai
zitto! Tu non capisci, non puoi morire, non è ancora ora,
sei troppo giovane!
Non hai neppure trovato la donna della tua vita, non puoi morire! Non
te lo
permetto! Ora devi guarire, non devi pensare al peggio, devi essere
ottimista e
concentrare tutte le tue energie per riuscire a rimetterti in sesto e
tornare a
governare come prima! Sei un re straordinario, se non vuoi farlo per te
stesso
fallo per il tuo popolo, loro hanno bisogno di te, della loro guida!-
-Tu sarai un re
migliore-
-Cazzate! Sono
tutte emerite cazzate! Hai risollevato il paese dalla miseria a cui
l’aveva
trascinato quel tiranno di nostro padre e il popolo ti ama! Io non
potrò mai
essere un re migliore, neppure in un milione di anni arriverei mai ad
eguagliare la tua grandezza! Hai fatto quello che alcuni non riescono a
fare
neppure in un’intera vita! Ora devi rimetterti e tornare a
poggiare quel tuo
culo sul trono! Non ti puoi arrendere, non l’hai mai fatto!
Nostro padre ti ha
scelto proprio perché aveva visto in te il re dei re! Non
puoi abbandonare il
tuo popolo così presto, non puoi morire ora! Sei ancora un
moccioso non puoi
tirare le cuoia adesso! Non te lo permetterò! A costo di
portarti indietro a
piedi ti riporterò al tuo trono e tu continuerai ad essere
re ancora per anni!-
-Argo smettila… -
cercò di dire il ragazzo con le lacrime agli occhi
-No! Dannazione!
Non accetterò di indossare la tua corona! Non sono io il re,
sei tu! E non
voglio neppure pensare che potresti morire, sei forte! Guarisci e non
fare
stronzate, non c’è bisogno che tu mi metta la
corona in testa, quella rimarrà
sulla tua testaccia dura per anni, io non la voglio!-
-Basta!- urlò
Monaldo con quanto fiato gli riusciva e lo sforzo lo fece tossire
parecchie
volte. Uscirono alcune macchie di sangue che per un attimo lo
terrorizzarono e
allo stesso tempo lo resero ancora più sicuro di quello che
voleva fare –Se
sono il tuo re allora fai come ti ordino: vai e portami qui il medico,
un prete
e i miei generali, ora!-
-No… - tentò di
opporsi Argo
-Mi disubbidisci?-
gli chiese duramente il ragazzo –sono o non sono il tuo re?-
-Lo sei e lo sarai
per sempre-
-Allora fai come
ti ho detto e torna presto- Argo gli strinse la mano un ultima volta e,
con le
lacrime agli occhi uscì dalla tenda. Tornò
accompagnato dalle persone che
Monaldo gli aveva chiesto di convocare e tornò al suo
capezzale –Prendi la mia
corona- gli ordinò e il fratello strinse forte i pugni prima
di ubbidire, la
portò affianco al giovane re che ne percorse il semplice
disegno con un dito
–ora aiutami a sedermi- ordinò
-Sire non è una
buona idea, le ferite… - tentò di farlo ragionare
il medico
-Silenzio! Questo
è un ordine!- il medico lo aiutò con molta
delicatezza a mettersi seduto e lo
sorresse tutto il tempo. Monaldo quasi svenne per il dolore ma non
urlò e non
si lamentò. Dopo un attimo allungò le mani verso
il fratello e prese la corona
–Inginocchiati davanti a me- gli ordinò e negli
occhi di Argo riuscì a leggere
tutto il tormento che quel comando gli provocava –spicciati,
santo cielo! Prima
la finiamo prima posso rimettermi disteso!- solo allora Argo gli si
inginocchiò
di fronte e lui –Nel pieno della mia santità
mentale nomino te, mio fratello
Argo, mio successore al trono- disse a voce alta e chiara - che le
persone qui
presenti possano confermare che la corona che ora poserò
sulla tua testa te la
cedo per diritto di nascita, che la Dea ti benedica e che le stelle
rischiarino
il tuo cammino! Proteggi il tuo popolo, amalo e lui ti
ricambierà. È tutto
quello che io ho imparato in questi anni e lo tramando a te, convinto
che farai
il bene del nostro popolo e del nostro regno- gli posò la
corona in testa e
Argo lo guardò con occhi pieni di lacrime
-Quando starai
meglio te la ridarò- gli promise e Monaldo annuì
tornando a stendersi
-Ora andatevene,
voglio riposare- i generali e il sacerdote gli si inchinarono ed
eseguirono, il
medico si accertò che fosse tutto nella norma e poi se ne
andò anche lui. Argo
invece si tolse la corona e rimase al suo capezzale. Vi rimase per
tutti i
giorni che seguirono, tutte le volte che Monaldo si risvegliava lo
trovava al
suo fianco sempre più sciupato e provato, gli occhi gonfi di
sonno e forse di
lacrime, la barba incolta e lunga come non lo era mai stata. Gli
ripeteva
spesso di resistere, che sarebbe tutto passato e che presto sarebbero
ritornati
a casa cavalcando fianco a fianco. Gli prometteva che
l’avrebbe portato in un
bordello per prima cosa, appena tornati a casa, e poi si sarebbero
presi tutto
il tempo per trovargli una moglie bella e dolce. E gli parlava di come
i loro
figli sarebbero cresciuti insieme, belli e forti, e un giorno avrebbero
ereditato il regno. Gli promise che non lo avrebbe mai più
lasciato solo
durante un temporale e che avrebbero ripreso ad allenarsi insieme ogni
giorno.
E gli promise altre cose futili e splendide allo stesso tempo. Tutto
per
cercare di infondergli coraggio e per convincerlo a guarire. Ma piano
piano
Monaldo si consumava, deperiva e si avvicinava sempre di più
al punto di non
ritorno
-Non morire- lo
supplicava Argo –Ti prego- il fratello piangeva, sapeva che
mancava poco, che
non sarebbe guarito e non sarebbe mai tornato a casa vivo e ormai si
era messo
il cuore in pace. Argo ancora non riusciva a lasciarlo andare e
stringeva forte
la sua mano, anche se erano giorni che Monaldo non sentiva
più quel tocco
-Fratello ti
voglio bene- gli disse
-Lo so- gli
rispose l’altro accarezzandogli i capelli e la fronte bollente
-Sarai un ottimo
re, non ti preoccupare, non è così difficile! Ci
sono riuscito pure io!-
-Non dire
scemenze, guarirai e torneremo a casa insieme!-
-No, lo sai che
ormai non c’è più nulla da fare- gli
disse gentilmente il ragazzo –smettila di
preoccuparti e vai avanti, io sono pronto ad andarmene-
-No!- urlò Argo
–no fratello! Non puoi, mi hai capito? Non puoi andartene! E
ora perché
piangi?-
-Mi hai chiamato
fratello!- gli rispose Monaldo fra i singhiozzi –non
l’avevi più fatto da
quando sono diventato re- piansero entrambi, senza più
parole. Argo baciò la
fronte al fratello e gli ripetè all’infinito che
gli voleva bene e che non
l’avrebbe mai dimenticato. Ora anche Argo vedeva che non
c’era più nulla da
fare, non voleva che il fratello morisse, non l’avrebbe mai
voluto, ma non
sapeva più che fare, non c’era medicina al mondo
che potesse curarlo e l’unica
cosa che rimaneva loro da fare era salutarsi. Potevano ritenersi
fortunati,
loro avevano potuto dirsi addio un’ultima volta mentre molte
altre persone non
ci erano mai riuscite. Ma in quel momento nessuno dei due si sentiva
fortunato.
Piangevano come bambini e non se ne vergognavano
-Devo confessarti
una cosa fratello- gli disse Argo fra i vari singhiozzi –quel
nobile non ti aveva
mentito, io avevo tramato per rubarti la corona, ma non
così! Non avrei mai
voluto che tu morissi!-
-Lo so- gli
rispose il ragazzo –lo sapevo da tempo, ancora prima di quel
nobile… l’ho
scoperto il giorno stesso che sei andato a parlare con il vecchio
giudice per
trovare con lui una legge che ti desse il diritto di diventare re-
-E perché non… ?-
cercò di chiedergli Argo
-Perché sei mio
fratello e sapevo che non mi avresti mai fatto del male-
-Ma una volta ci
ho pensato! Ho pensato di ucciderti in quell’allenamento
pochi mesi fa!-