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Autore: bloodingeyes    15/11/2010    1 recensioni
Monaldo desiderava l’amore del suo popolo, perché sapeva che un re a cui manca questo non è un re: è un tiranno. E lui non voleva essere come suo padre, non voleva affamare la propria gente per farsi bello agli occhi degli altri regnati. Voleva la felicità e la tranquillità, non voleva le guerre. Ma suo fratello Argo continuava a comportarsi come se la sua unica ragione di vita ora fosse servirlo, come se fosse diventato il suo cameriere. Non lo aveva più chiamato fratello da giorno dell’incoronazione e non si era più comportato come tale da allora. E da quando quella corona si era posata sulla testa di Monaldo il suo cuore aveva preso a sanguinare incessantemente, perché gli era stato donato un regno, un popolo che lo amava e tante altre cose splendide ma aveva perso i genitori e suo fratello non era più suo fratello.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Malattia

Si svegliò in una tenda su un letto scomodo di paglia e coperto solo con un telo bianco e leggero eppure aveva caldo, tanto caldo, come se stesse bruciando fra le fiamme dell’inferno

-Mio re- si sentì chiamare e si accorse finalmente di Argo

-Non chiamarmi così- ribadì con voce roca e impastata

-Sai bene!- lo sentì dire sollevato

-Ho caldo-

-Hai la febbre alta ma ti riprenderai, stai tranquillo, andrà tutto bene!- si sentì toccare i capelli e rimase sorpreso allo scoprire che era stato Argo a farlo e che continuava, come se lo stesse accarezzando. Non l’aveva mai fatto ma era una bella sensazione

-Cosa mi è successo?- chiese il giovane re

-Uno dei generali di Franmeo, nostro cugino, ti ha pugnalato alle spalle dopo la battaglia, te lo ricordi?-

-Si- gli rispose debolmente Monaldo –doveva essere molto fedele a nostro cugino se anche dopo la sua morte ha cercato di uccidermi-

-Si, lo era- ammise Argo per poi sorridere –ma fortunatamente non è riuscito nel suo intento, sei ancora vivo e presto ti riprenderai!-

-Fratello… - lo chiamò il ragazzo –dimmi la verità: come sto?-

-Ti riprenderai- lo rassicurò lui con convinzione, tolse la mano dai suoi capelli e la strinse forte a quella del fratello minore

-Mi stai mentendo vero?- gli chiese retorico –quasi non sento più che mi stai stringendo la mano, non sto bene quindi dimmi quali sono le mie condizioni reali- Argo guardò le loro mani strette insieme e poi guardò gli occhi resi lucidi dalla febbre del fratello

-La ferita è grave e la febbre è alta, il medico dice che potresti non sopravvivere neppure una settimana ma se la febbre si abbassa potresti avere una possibilità-

-E quante sono le probabilità che la febbre si abbassi?- gli chiese il ragazzo con un sospiro tremante

-Poche- ammise in un sussurro il fratello

-Vai a chiamare il medico- gli ordinò Monaldo e mentre l’altro si alzava aggiunse –e porta con te anche un sacerdote e i generali, ci sarà bisogno anche di loro-  Argo si bloccò di colpo mentre tentava di capire a cosa potessero servire anche i generali e quando lo capì si oppose con forza

-No! No, tu non morirai, mi hai capito? Tu non puoi morire!-

-Argo… - tentò di dire il ragazzo ma l’altro lo fermò

-No! Adesso stai zitto! Tu non capisci, non puoi morire, non è ancora ora, sei troppo giovane! Non hai neppure trovato la donna della tua vita, non puoi morire! Non te lo permetto! Ora devi guarire, non devi pensare al peggio, devi essere ottimista e concentrare tutte le tue energie per riuscire a rimetterti in sesto e tornare a governare come prima! Sei un re straordinario, se non vuoi farlo per te stesso fallo per il tuo popolo, loro hanno bisogno di te, della loro guida!-

-Tu sarai un re migliore-

-Cazzate! Sono tutte emerite cazzate! Hai risollevato il paese dalla miseria a cui l’aveva trascinato quel tiranno di nostro padre e il popolo ti ama! Io non potrò mai essere un re migliore, neppure in un milione di anni arriverei mai ad eguagliare la tua grandezza! Hai fatto quello che alcuni non riescono a fare neppure in un’intera vita! Ora devi rimetterti e tornare a poggiare quel tuo culo sul trono! Non ti puoi arrendere, non l’hai mai fatto! Nostro padre ti ha scelto proprio perché aveva visto in te il re dei re! Non puoi abbandonare il tuo popolo così presto, non puoi morire ora! Sei ancora un moccioso non puoi tirare le cuoia adesso! Non te lo permetterò! A costo di portarti indietro a piedi ti riporterò al tuo trono e tu continuerai ad essere re ancora per anni!-

-Argo smettila… - cercò di dire il ragazzo con le lacrime agli occhi

-No! Dannazione! Non accetterò di indossare la tua corona! Non sono io il re, sei tu! E non voglio neppure pensare che potresti morire, sei forte! Guarisci e non fare stronzate, non c’è bisogno che tu mi metta la corona in testa, quella rimarrà sulla tua testaccia dura per anni, io non la voglio!-

-Basta!- urlò Monaldo con quanto fiato gli riusciva e lo sforzo lo fece tossire parecchie volte. Uscirono alcune macchie di sangue che per un attimo lo terrorizzarono e allo stesso tempo lo resero ancora più sicuro di quello che voleva fare –Se sono il tuo re allora fai come ti ordino: vai e portami qui il medico, un prete e i miei generali, ora!-

-No… - tentò di opporsi Argo

-Mi disubbidisci?- gli chiese duramente il ragazzo –sono o non sono il tuo re?-

-Lo sei e lo sarai per sempre-

-Allora fai come ti ho detto e torna presto- Argo gli strinse la mano un ultima volta e, con le lacrime agli occhi uscì dalla tenda. Tornò accompagnato dalle persone che Monaldo gli aveva chiesto di convocare e tornò al suo capezzale –Prendi la mia corona- gli ordinò e il fratello strinse forte i pugni prima di ubbidire, la portò affianco al giovane re che ne percorse il semplice disegno con un dito –ora aiutami a sedermi- ordinò

-Sire non è una buona idea, le ferite… - tentò di farlo ragionare il medico

-Silenzio! Questo è un ordine!- il medico lo aiutò con molta delicatezza a mettersi seduto e lo sorresse tutto il tempo. Monaldo quasi svenne per il dolore ma non urlò e non si lamentò. Dopo un attimo allungò le mani verso il fratello e prese la corona –Inginocchiati davanti a me- gli ordinò e negli occhi di Argo riuscì a leggere tutto il tormento che quel comando gli provocava –spicciati, santo cielo! Prima la finiamo prima posso rimettermi disteso!- solo allora Argo gli si inginocchiò di fronte e lui –Nel pieno della mia santità mentale nomino te, mio fratello Argo, mio successore al trono- disse a voce alta e chiara - che le persone qui presenti possano confermare che la corona che ora poserò sulla tua testa te la cedo per diritto di nascita, che la Dea ti benedica e che le stelle rischiarino il tuo cammino! Proteggi il tuo popolo, amalo e lui ti ricambierà. È tutto quello che io ho imparato in questi anni e lo tramando a te, convinto che farai il bene del nostro popolo e del nostro regno- gli posò la corona in testa e Argo lo guardò con occhi pieni di lacrime

-Quando starai meglio te la ridarò- gli promise e Monaldo annuì tornando a stendersi

-Ora andatevene, voglio riposare- i generali e il sacerdote gli si inchinarono ed eseguirono, il medico si accertò che fosse tutto nella norma e poi se ne andò anche lui. Argo invece si tolse la corona e rimase al suo capezzale. Vi rimase per tutti i giorni che seguirono, tutte le volte che Monaldo si risvegliava lo trovava al suo fianco sempre più sciupato e provato, gli occhi gonfi di sonno e forse di lacrime, la barba incolta e lunga come non lo era mai stata. Gli ripeteva spesso di resistere, che sarebbe tutto passato e che presto sarebbero ritornati a casa cavalcando fianco a fianco. Gli prometteva che l’avrebbe portato in un bordello per prima cosa, appena tornati a casa, e poi si sarebbero presi tutto il tempo per trovargli una moglie bella e dolce. E gli parlava di come i loro figli sarebbero cresciuti insieme, belli e forti, e un giorno avrebbero ereditato il regno. Gli promise che non lo avrebbe mai più lasciato solo durante un temporale e che avrebbero ripreso ad allenarsi insieme ogni giorno. E gli promise altre cose futili e splendide allo stesso tempo. Tutto per cercare di infondergli coraggio e per convincerlo a guarire. Ma piano piano Monaldo si consumava, deperiva e si avvicinava sempre di più al punto di non ritorno

-Non morire- lo supplicava Argo –Ti prego- il fratello piangeva, sapeva che mancava poco, che non sarebbe guarito e non sarebbe mai tornato a casa vivo e ormai si era messo il cuore in pace. Argo ancora non riusciva a lasciarlo andare e stringeva forte la sua mano, anche se erano giorni che Monaldo non sentiva più quel tocco

-Fratello ti voglio bene- gli disse

-Lo so- gli rispose l’altro accarezzandogli i capelli e la fronte bollente

-Sarai un ottimo re, non ti preoccupare, non è così difficile! Ci sono riuscito pure io!-

-Non dire scemenze, guarirai e torneremo a casa insieme!-

-No, lo sai che ormai non c’è più nulla da fare- gli disse gentilmente il ragazzo –smettila di preoccuparti e vai avanti, io sono pronto ad andarmene-

-No!- urlò Argo –no fratello! Non puoi, mi hai capito? Non puoi andartene! E ora perché piangi?-

-Mi hai chiamato fratello!- gli rispose Monaldo fra i singhiozzi –non l’avevi più fatto da quando sono diventato re- piansero entrambi, senza più parole. Argo baciò la fronte al fratello e gli ripetè all’infinito che gli voleva bene e che non l’avrebbe mai dimenticato. Ora anche Argo vedeva che non c’era più nulla da fare, non voleva che il fratello morisse, non l’avrebbe mai voluto, ma non sapeva più che fare, non c’era medicina al mondo che potesse curarlo e l’unica cosa che rimaneva loro da fare era salutarsi. Potevano ritenersi fortunati, loro avevano potuto dirsi addio un’ultima volta mentre molte altre persone non ci erano mai riuscite. Ma in quel momento nessuno dei due si sentiva fortunato. Piangevano come bambini e non se ne vergognavano

-Devo confessarti una cosa fratello- gli disse Argo fra i vari singhiozzi –quel nobile non ti aveva mentito, io avevo tramato per rubarti la corona, ma non così! Non avrei mai voluto che tu morissi!-

-Lo so- gli rispose il ragazzo –lo sapevo da tempo, ancora prima di quel nobile… l’ho scoperto il giorno stesso che sei andato a parlare con il vecchio giudice per trovare con lui una legge che ti desse il diritto di diventare re-

-E perché non… ?- cercò di chiedergli Argo

-Perché sei mio fratello e sapevo che non mi avresti mai fatto del male-

-Ma una volta ci ho pensato! Ho pensato di ucciderti in quell’allenamento pochi mesi fa!-

-Ma non l’hai fatto- Argo non riuscì a rispondergli, trapassato da quel sorriso aperto e fiducioso che il fratello gli rivolgeva. Lo abbracciò e pianse. E quando Monaldo spirò Argo si lasciò andare ad urla di dolore atroci che risvegliarono l’intero accampamento. E tutti seppero che il re era morto.
   
 
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