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Autore: Kagome    21/06/2003    30 recensioni
Un debito d'onore è un debito d'onore. Anche se ti chiami Draco Malfoy. Anche se avresti preferito morire che essere in debito con chi ti ha salvato. Anche se ti ritrovi, senza volerlo, impelagato in qualcosa che rischia di essere più grande di te. Qualcosa da cui dipende il futuro dell'Inghilterra e, probabilmente, del mondo intero. Anno 2002, l'utlima battaglia. Misteri, passioni, tradimenti, pericoli... nascosti dalle Nebbie della Memoria. COMMENTATE!
Genere: Dark, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Le Nebbie della Memoria

Le Nebbie della Memoria.

Scritto da Giulia “Kagome” kagome@tiscalinet.it. Pubblicato il 13 Aprile 2003

Beta-letto da Megabyte e da Aramis. Ringrazio Aramis ed Esus per l’enorme aiuto in fase di raccolta delle informazioni necessarie per la definizione del plot. :-* grazie!

Disclaimer:

Harry Potter e Draco Malfoy non appartengono a me, ma a J.K.Rowling, e a vari editori tra i quali Bloomsbury, Scholastic, Warner Bros, Salani e così via. Mi piacerebbe se fosse il contrario, soprattutto per il biondino... però, mondo crudele, questa la vita ^^.

Un personaggio citato in questo capitolo, e soprattutto una frase pronunciata da esso sono ispirati al fumetto di Fruits Basket, edito qui in Italia dalla Dynamic Manga. Vorrei puntualizzare che questo NON è un crossover con Fruits Basket, mi piaceva particolarmente quella frase e l’ho ripresa. Chi conosce FB sa a quale frase mi riferisco.

Capitolo 1: Il Fuggitivo.

Correva. Senza meta, per vie e viottoli bui e solitari della Londra babbana. La pioggia lo schiaffeggiava e si insinuava dappertutto, sotto il collo della camicia, giù per i jeans, bagnandolo ovunque. Tremava per il freddo, e allo stesso tempo scoppiava di caldo. A destra, prendeva la prima traversa, poi subito svoltava a sinistra e continuava a correre. Si fermava un attimo, indeciso tra due viottoli. Ne prendeva uno a caso ricominciando a correre, cercando di trovare uno spiazzo, un posto dove ci fosse un po’ di gente, dove si potesse confondere nella folla.

Il suo cuore sembrava scoppiare nel petto, il respiro rimbombare ovunque nelle vie deserte. Gli abiti babbani che indossava, sporchi e completamente fradici, gli si appiccicavano addosso e gli davano fastidio; i piedi gelati nelle scarpe fradice che risuonavano a ogni passo; i pugni stretti sembravano ghiaccioli.

Quanto odiava doversi vestire come un Babbano, quanto odiava dover sempre stare a contatto con loro, quanto odiava dover dormire negli ostelli più fetidi e ricolmi di gente, spesso condividendo il letto con qualcuno. Non perché non ci fosse spazio, non perché non avesse un soldo... ma solo perché doveva.

Non ne poteva più di quella vita, perché era accaduto proprio a lui?

Proprio a lui?

*Signor Malfoy, buona sera. Mi dica signor Malfoy!* il volto sorridente di una ragazza coi capelli castani apparve, come un lampo, ai suoi occhi.

‘No, impossibile, non può essere vero. Vattene! Non devi raggiungermi!’ le sue mani si portarono alle tempie mentre continuava a correre. Scosse la testa. No, non voleva ricordare!

*Signor Malfoy, guardi, sta nevicando!*

Più veloce, presto! Doveva riuscire a trovare un riparo, un posto dove non lo scovassero, un posto dove quei ricordi non lo assalissero!

Maledizione; proprio oggi lo dovevano beccare, proprio oggi che non era riuscito a trovar posto in uno dei tanti ostelli londinesi? Proprio oggi che, dannazione, non c’era un cane per strada con il quale confondersi?

*Ho sempre amato la neve, signor Malfoy. Ma la mia famiglia si era trasferita a Miami, negli ultimi anni. Questa la prima volta che vedo nevicare!*

‘Svolta a destra, a sinis... no, vicolo cieco! Dritto. Non mi devono beccare, non mi devono beccare, non mi devono beccare!’ il cuore sembrava scandire con tumultuosi battiti i suoi pensieri, all’unisono con le tempie, che pulsavano furiosamente. Sembrava volersi stabilire nella sua gola mentre le gambe iniziavano a cedere alla fatica. Le sentiva pesanti, rigide. Vacillò.

‘NO! Devo riuscire a trovare un po’ di gente. Maledizione, perché non c’è nessuno?’ inciampò, cadde. Si rialzò, a fatica, ansimando; si guardò intorno, concedendosi il lusso di fermarsi.

Erano le undici di sera, quel giorno di fine dicembre. Pioveva a scrosci incostanti che sferzavano la sua pelle come fruste; ancora pochi gradi in meno, e quella specie di nevischio si sarebbe trasformato in una bufera. Il suo fiato era una nube, quasi solida, di fronte alla sua faccia; le ginocchia sembravano di fuoco, sotto gli abiti fradici; i piedi gli facevano male per quanto erano ghiacciati. Tossì per la fatica mentre i suoi occhi continuavano a cercare, febbrilmente. Il buio che avvolgeva le strade e i vicoli di Londra non aiutava certo a guardarsi le spalle durante una fuga. Gli parve di vedere un guizzo nell’ombra e il suo cuore divenne nuovamente un tamburo.

*Signor Malfoy, lo sa che cosa diventa la neve quando si scioglie?*

*Beh certo... acqua? Vapore?*

Aveva finito Hogwarts da quattro anni... e aveva passato gli ultimi due in questo modo. Scappando dai Dissennatori che gli davano la caccia ovunque andasse, tormentato dal risentimento, dal dolore, dal rimorso. Dall’odio.

*No, signor Malfoy. Ha sbagliato! Diventa primavera!* un sorriso luminoso gli aveva scaldato il cuore. Ricordava come fosse stato ieri quel giorno, ricordava la piccola e minuta ragazzina che aveva conosciuto al Ministero della Magia. Marion, si chiamava. Marion...

‘No, vattene... perché devo ricordarla, perché? Non voglio ricordarla, non posso...’ si guardò intorno, terrorizzato.

‘...permettermelo.’

Ogni angolo, illuminato dalle fioche, spettrali luci dei lampioni, poteva nascondere un’insidia, un Dissennatore, pronto a risucchiargli l’anima. No! Quella era una cosa che non poteva perdere. Era l’unica che avesse, in fondo.

Riprese a correre, anche se le gambe non lo reggevano più, anche se la vista gli si stava appannando, anche se il cuore gli stava scoppiando in petto e un dolore, alla base della gola, gli faceva capire che la sua resistenza era al limite. Sentiva, con cruda precisione, tutto il perimetro dei suoi polmoni. Avrebbe saputo dire esattamente dove iniziavano e dove finivano e la milza non gli aveva mai fatto così tanto notare la sua presenza. Le ginocchia gli tremavano, i piedi slittavano fin troppo spesso nelle scarpe da ginnastica, troppo bagnate per aderire al terreno scivoloso.

‘Sono un codardo... un idiota. Un egoista... ’ pensava mentre cercava disperatamente un posto dove nascondersi. Sarebbe andato bene tutto, un portone socchiuso, un pub aperto; qualunque cosa che lo togliesse dalla strada, che lo riportasse tra la gente. Dove i Dissennatori non avrebbero potuto trovarlo, dove i Dissennatori si sarebbero distratti.

‘Forse meglio se la faccio finita...’ pensò, rallentando. Morire era, probabilmente, più dignitoso che continuare a vivere in una situazione simile. Non avrebbe più resistito a lungo, in fondo. Ma qualcosa gli impediva di lasciarsi andare. L’istinto di sopravvivenza? La volontà di tenerla viva, almeno nel ricordo? O forse era solo il suo grande orgoglio?

‘Macché... la verità è che sono un codardo!’ pensò, affrettando di nuovo il passo. ‘Non ho il coraggio di morire. No.’

All’improvviso, una svolta a sinistra, senza guardare dove stesse andando, una corsa a perdifiato. Sentiva lo spiaccichìo dei suoi piedi nelle pozzanghere come se venisse da un altro mondo... un mondo lontano.

Cozzò contro una persona e balbettò una parola di scusa mentre si girava, lottando per non cadere e continuando a correre. Un’automobile gli si parò di fronte, all’improvviso. Le luci dei fari ferirono i suoi occhi, ormai abituati all’oscurità e gli diedero fastidio. Per evitarla scartò a destra e continuò dritto, gli occhi ancora abbagliati da quella luce, senza guardare dove mettesse i piedi, senza guardare dove stesse andando. In fondo... un vicolo valeva l’altro giusto?

Era un vicolo cieco.

Fece dietrofront, osservò sbattendo le palpebre la strada che si era lasciato dietro le spalle, cercando di metterla a fuoco. In fondo al viottolo, proprio di fronte alla sua unica via di fuga... eccolo.

Il Dissennatore.

Inciampò nei lacci delle sue scarpe babbane, e cadde per terra.

*Padre, che cosa state facendo?*

*Padre, lasciate andare Marion, che vi ha fatto?*

*Marion... adesso è diventata Marion. Siamo arrivati a questo?* il volto scuro e irato di Lucius comparve di fronte ai suoi occhi. Lo fissava, con sguardo carico di disprezzo... un disprezzo che lo feriva nella parte più profonda del suo spirito. Lo faceva sentire una nullità, anzi, peggio. Meno di un essere umano...

‘No, no...’

Il dissennatore si stava, lentamente, avvicinando; Draco era immobile, inginocchiato per terra, le braccia sull’asfalto fradicio, il fiato creava candide nubi mentre ansimava, nel freddo pungente della notte. Era esausto, non ne poteva più, non poteva far altro che osservare la morte avvicinarsi. Sarebbe stato peggio che morto, lo sapeva. Un vegetale, senz’anima.

Come suo padre.

E, dal profondo del cuore, ciò che l’angosciava di più era una consapevolezza. La certezza che se lo meritava.

*Crucio!*

*No, Padre! No!*

*Draco! Questa sgualdrina ti sta prendendo in giro. Non capisci che ti vuole ingannare? Non capisci che vuole solo i tuoi soldi?* i duri occhi di Lucius si erano addolciti, in un sarcasmo velato di follia. Lo guardava come se volesse convincersi anche lui della verità di quello che stava dicendo, perché era l’unica verità che ritenesse possibile.

*Non è vero!* le urla di dolore dell’unica donna che era riuscita a sciogliere il suo cuore echeggiavano nell’aria.

‘No, per favore, per favore...’ ormai era bloccato, chiuso nel ricordo. Non riusciva più a muoversi, non VOLEVA più muoversi. Il Dissennatore si avvicinava, lentamente, godendo del suo terrore, nutrendosi della sua angoscia, del suo dolore, del suo ribrezzo verso se stesso. Del suo senso di colpa. Si, si sentiva in colpa, tremendamente colpevole. Colpevole per sé, e colpevole per lei.

Non ricordava come si facesse a contrastarlo. Si maledì da solo, nell’ultimo barlume di lucidità che gli rimaneva, per non aver prestato attenzione a quelle lezioni di Difesa contro le Arti Oscure, al terzo anno. Ma ormai era troppo tardi; troppo tardi per stupidi rimpianti.

*E’ vero! Questa donna ti mente! Vuole infangare il nome dei Malfoy!* lo sguardo di Lucius avrebbe congelato un vulcano in eruzione, ma non l’aveva intimorito. No, lui voleva difendere la donna che amava.

Lucius l’aveva schiaffeggiato, pronto a colpirlo di nuovo se avesse obiettato ancora. E, in quel momento, lui aveva odiato se stesso. Per la prima volta in vita sua, dal più profondo del suo cuore. Aveva odiato il suo nome. Aveva odiato il suo casato, e tutto ciò che esso significava per lui.

Ma quel è che peggio, aveva odiato suo padre.

Il suo idolo.

Il suo modello.

Colui che riassumeva tutto quello che avrebbe voluto diventare.

L’immagine utopistica che si era forgiato nella mente fin da bambino era andata in mille pezzi in un istante e questo gli aveva fatto davvero male, ancor di più delle grida di Marion.

*NO!* aveva urlato lei, tra gli spasmi di dolore. *Signor Malfoy, io non sto mentendo! Non sto mentendo...* la sua preghiera si intendeva appena tra le grida e i singhiozzi. Lui, con la mano ancora ferma sulla guancia dolorante, si era spostato, avvicinandosi a Marion. Ci si era messo davanti, togliendola alla vista del padre e impedendogli di continuare a torturarla, i pallidi occhi grigio-azzurri fissati sull’uomo che un tempo aveva considerato un idolo, torvi.

‘No!’

*Togliti di lì, figlio degenere!*

*No! Non ti permetterò di farle ancora male!* il suo sguardo era fermo, duro e freddo, sul volto del padre. Era la prima volta in vita sua che sentiva di provare un odio così profondo verso qualcuno. Nemmeno Silente, nemmeno Potter, nemmeno... con nessun altro aveva mai provato un odio così penetrante, cupo; sarebbe stato pronto a fare qualunque cosa, in quel momento, anche ad ucciderlo.

‘NO!’

*Togliti. Se non ti togli, torturerò anche te.* lo minacciò il padre.

‘Ti prego, NO!’

*Provaci...* avrebbe voluto dire, mentre la mano correva automaticamente alla sua bacchetta, in tasca. Ma non ci riuscì, la parola gli morì in gola.

*No, signor Malfoy, non lo faccia! E’... vero! Si, vero... io... l’ho ingannato. Ho preso in giro Draco, ho fatto tutto per i soldi. La mia famiglia è coperta di debiti e io...* disse lei, con sguardo implorante. Lui si era girato, l’aveva guardata, incredulo. Non poteva essere vero. Lo leggeva nei suoi occhi che non era vero; ma quell’attimo d’incertezza era stato la sua rovina.

‘NO! NO!!!!!!!!’ si portò le mani alle tempie mentre scuoteva il capo e iniziava a mormorare lamenti sconclusionati. Si rannicchiò su se stesso, abbracciandosi le ginocchia. Sentiva le lacrime scendergli sulle guance ghiacciate, cadergli in bocca mentre singhiozzava. Ne gustò il sapore, salato e amaro al tempo stesso, ma non aveva intenzione di fermarle.

*Avada Kedavra.* il suo cuore si era fermato al suono di quelle due parole. Aveva mosso lo sguardo in direzione del padre: gli era a fianco ora... e lui non se n’era accorto. Lo guardava, un lampo di trionfo negli occhi; quegli occhi, duri, freddi, grigi come i suoi.

‘NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!! Ti prego, basta! BASTA!’

Una vampata di calore aveva infiammato il suo volto, mentre il cuore sembrava volergli straziare il petto.

‘Ti prego, qualunque cosa tu sia. Basta! Basta! Uccidimi, strappami l’anima, rendimi un vegetale... non me ne frega niente! Niente! Ma non...’

Si era girato, lentamente, verso il punto dove, fino a un attimo prima, soffriva e piangeva l’unica che veramente l’avesse amato,

‘...non...’

l’unica che lui avesse mai amato,

‘...non...’

l’unica che l’avesse fatto sentire davvero vivo,

‘...non me la far vedere, un’altra volta!’

e l’aveva vista. Distesa, sul pavimento di pietra. Le mani ancora giunte, le lacrime ancora sulle guance. Gli occhi castani spalancati in una smorfia, a metà tra la sorpresa e l’orrore. Quegli occhi, fino a poche ore prima tanto dolci, pieni di vita. Ridenti. Quegli occhi che gli avevano fatto battere il cuore, che gli avevano regalato tante emozioni e tanta gioia. Quegli occhi, ora, erano freddi, sbarrati, vuoti... e puntati su di lui.

«NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!»

Ripiegato su se stesso, ormai inconsapevole della pioggia che gli diluviava addosso, del fango che lo macchiava, del freddo che gli penetrava nelle ossa, e lo faceva tremare. Inconsapevole del fatto che entro pochi attimi sarebbe stato meno di un vegetale; il Dissennatore l’aveva ormai raggiunto, e a lui non importava più niente.

Il mostro lo prese con entrambe le mani e lo tirò su. Lui lo fissò per un lunghissimo istante. Guardò in faccia la morte, e scoprì che gli andava bene. Se lo meritava, era quello che ormai voleva anche lui. Liberarsi di quel dolore, liberarsi di quell’angoscia, di quella paura.

‘Bagnato fradicio, senza dignità, senza volontà, senza onore... vestito con abiti babbani e odiando il mio nome e anche me stesso, in un vicolo fetido e buio... come un criminale. Che bel modo di morire, per l’ultimo dei Malfoy...’

«EXPECTO PATRONUM!» il grido di un’imperiosa voce maschile squarciò l’aria, rimbombando tra gli scrosci d’acqua nel vicolo deserto.

Draco girò il viso, di scatto. Paonazzo, grondante di sudore, di pioggia, di lacrime; i pallidi occhi grigio-azzurri ancora rossi per il pianto. Non poteva credere in tanta fortuna; ma lo stava vedendo, davvero. Un bellissimo patrono in forma di cervo puntava la figura scura davanti a lui, pronta a mettere in atto la sua esecuzione.

La meravigliosa creatura li raggiunse e li avvolse, ponendosi come scudo tra il corpo del ragazzo e quello del mostro. Il Dissennatore cacciò un urlo, animalesco, così acuto e forte da far gelare il sangue, e fuggì. Draco cadde in ginocchio, imbambolato, e l’osservò correre via nell’oscurità della notte. Ancora troppo sorpreso di essere ancora vivo... di essere ancora se stesso.

«Muoviti su. Presto, prima che torni coi rinforzi!» una voce lo riportò alla realtà. Qualcuno gli tendeva la mano, e lui la prese. Era calda... non sapeva chi fosse la persona che l’aveva salvato. Non riusciva a vedere quasi niente in tutto quel buio. In ogni caso, l’avrebbe seguito in capo al mondo.

«Io...» mormorò.

«Dopo... ora corri!» il suo salvatore lo fece alzare, poi iniziò a scappare, trascinandolo. Draco non riusciva ancora a capacitarsi della situazione, ma si concentrò a mettere un piede dietro l’altro e a seguire la persona che gli aveva salvato il senno, almeno per un po’.

Corsero, a perdifiato, per le buie strade di Londra, incuranti della pioggia, che continuava a cadere mista al nevischio, delle pozzanghere, che li bagnavano fino al midollo. All’improvviso videro un portone socchiuso, e ci si infilarono dentro, chiudendolo subito dietro di loro.

Entrambi caddero in ginocchio, ansimando. Draco era ancora in uno stato di totale confusione; gli sembrava di star vivendo in un sogno. E non credeva di volersi svegliare... se mai lo fosse stato. Ma di sicuro non lo era, realizzò. Aveva un freddo cane, i denti gli battevano per il gelo, i piedi, ancora congelati, gli formicolavano dolorosamente. Non c’era una parte del suo corpo che fosse asciutta e i rivoli gelati che piovevano dai capelli rifluivano senza pietà dentro il colletto fradicio, insinuandosi giù per la schiena. Però... era vivo! Ed era ancora se stesso!

«Io...» inizio a dire, tra un respiro e l’altro. Non sapeva come attaccare discorso, sapeva solo che ora aveva un grosso debito con quella persona. Gli aveva salvato la vita e Draco conosceva bene il codice d’onore dei Maghi. Da allora in poi sarebbe stato legato a quel ragazzo da un vincolo più forte di qualunque contratto Babbano.

«Ti senti meglio?» disse quello. Draco annuì, e si guardò intorno. Il pianerottolo in cui si erano rifugiati era illuminato da una fioca luce; non così forte da fargli male agli occhi, ma abbastanza per consentirgli di vedere. Istintivamente, il suo sguardo corse verso la persona che l'aveva salvato. Il suo cuore si fermò.

I capelli neri e un po’ scarmigliati; gli occhiali, tondi e fradici, a coprire un paio di brillanti occhi verdi che lo squadravano, con un divertimento misto a preoccupazione; sulla fronte, che i capelli zuppi e un po’ sporchi di neve lasciavano scoperta, si intravedeva una cicatrice a forma di saetta.

«Probabilmente non ti fa piacere quello che stai vedendo, Malfoy,» proseguì tra un respiro e l’altro, con un sorrisetto divertito sulle labbra, mentre si toglieva gli occhiali e iniziava a pulirli con un fazzoletto asciutto, «Non mi dispiacerebbe sentirti dirmi grazie, una volta tanto, anche se so che non lo farai.»

Lo fissò per un attimo, un po’ beffardo, mentre le sue mani armeggiavano con le lenti e il fazzoletto; poi l’ironia svanì dal suo sguardo, il volto assunse un’espressione molto seria. Osservò il pavimento, rimettendosi gli occhiali ormai puliti, «Non ti ho tolto dai guai per eroismo o per prenderti in giro. E’ che... nessuno dovrebbe morire in un vicolo tanto lurido e in un modo così orribile. Nemmeno tu.» Draco rabbrividì mentre il suo interlocutore lo fissava, di nuovo.

POTTER. Si, proprio QUEL Potter. Gli aveva salvato la vita.

Nota dell’autrice:

Dunque, dunque...

Hey, no! Aspettate... Che sono quei pom... Spettate, no!

Posso spiegare...

Ecco... ehm... *cough cough* dovete sapere che a me Draco piace molto come personaggio, quasi il mio preferito della serie...

¬¬; che sono quegli sguardi feroci???????

Come? Che avrei fatto se l’avessi odiato? ^^; ehm.. dovete sapere una cosa di me: adoro torturare i personaggi che amo... già. Ebbene si ^^

Però suvvia, mica è andata così male a Dracuccio... in fondo è vivo ^^;;;;;;;;;;;;;;;

Draco... che c’è? Ehm... come? Preferivi morire?^^;;;;;;;;;;; ehm...

Beh, attendo commenti... sbrigatevi a postarli che quello sguardo truce del biondino non mi piace per niente, potrei non poterli leggere :P

   
 
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