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Autore: Hoshi no Destiny    16/11/2010    1 recensioni
[Storia partecipante al contest "Le 22 stelle"]
Si era addormentato, non che avesse tentato molto di evitarlo ma, una volta riaperti gli occhi, non poté che maledirsi mentalmente. Alzò la testa e, con sua grande sorpresa, si accorse che Claude non si trovava più in quella stanza; si avvicinò all’ampia finestra sulla parete di fronte per dare un’occhiata al giardino, con sorpresa si accorse che tutto - gli alberi, i cespugli, il viale e tutto ciò che si trovava all’esterno – era coperto di brina, sembrava congelato. La cosa più strana, ed inquietante, era che fino a poco prima, quando si era svegliato, non ve ne era traccia.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alois Trancy, Claude Faustas, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nick dell’autore: Imperatrix of Wonderland 
Titolo
 : L'armatura bianca
Tarocco : Il Papa (carta n° 9, valenza positiva)
Tipologia: One-shot 
Genere: 
Sovrannaturale, fantasy.

Avvertimenti: One-shot, missing moments, what if?
Rating : Giallo
Beta Reading: Nessuno
Note dell'autore:
 Finalmente ho concluso questa one-shot, ammetto che sono molto contenta di come è venuta. Mi sono ispirata ad "Alice nel paese delle meraviglie" ed "Il cavaliere inesistente", due opere che amo molto. 

 

Il maggiordomo entrò silenziosamente nella stanza dove riposava il suo padrone. Aprì le pesanti tende scarlatte, facendo così entrare nella stanza la luce del sole mattutino.

Il conte si svegliò e trovò subito il fedele servitore di fronte al suo letto che, prontamente, gli servì la colazione: una fetta di crostata alla frutta accompagnata da una tazza di tè caldo ed un piattino contenente dei biscotti. Il ragazzino ne afferrò svogliatamente uno, lasciandosi cadere nuovamente sul morbido cuscino, ancora troppo stanco per alzarsi. L’uomo gli rivolse una breve occhiata di rimprovero, che svanì appena i suoi occhi gialli incontrarono quelli azzurri del suo padrone; quel dannato ragazzino irresponsabile, Alois Trancy, lo costringeva continuamente a fatiche che avrebbero potuto tranquillamente evitare, se solo non fosse così avventato ed ingenuo.

Claude si chinò ad allacciargli le scarpe e, una volta finito, aprì la porta della spaziosa camera da letto, invitando con un cenno della mano il giovane conte ad uscirne.

Poco più tardi, nello studio, il maggiordomo illustrò gli impegni della giornata, senza ricevere molta attenzione: Alois, infatti, continuava a guardare distratto il panorama fuori dalla finestra.

- Oggi è davvero una splendida giornata, non trovi Claude?

- Mio signore, la prego di rimanere concentrato sul suo lavoro. – disse laconico il maggiordomo. Il nobile gli rivolse un’occhiata alquanto scocciata, proprio non capiva che quelle cose lo annoiavano?

Annuì senza prestare attenzione alle parole di Claude, continuando a guardare fuori dalla finestra e, quando questi poggiò una piccola scatola nera sulla grande scrivania in mogano, non poté fare a meno di rivolgergli un’occhiata perplessa. Il maggiordomo socchiuse gli occhi, lievemente scocciato, e gli spiego che si trattava di un omaggio da parte di una ditta nata da poco che cercava di farsi pubblicità.

Alois si sporse leggermente in avanti, prima guardando la scatola, poi Claude; stava per aggiungere qualcosa, quando il suono delle campane lo fece tacere. Stava per riprendere, ma il maggiordomo glielo impedì; poggiò dei voluminosi libri di fronte al conte e disse: - È molto tardi, non dobbiamo perdere altro tempo. Secondo il programma, oggi per le prime ore di lezione è prevista storia.

Il ragazzino sbuffò sonoramente ed aprì il primo libro. Quella materia non gli piaceva minimamente, non riusciva a capire che senso avesse passare ore ed ore a studiare fatti accaduti secoli prima e la vita di gente ormai deceduta, come Carlo Magno, l’argomento della lezione di quel giorno.

- … Una volta stabilizzato il fronte interno iniziò una serie di campagne al di fuori dei confini del regno, per assoggettare i popoli vicini e per aiutare la Chiesa di Roma…

Il ragazzino si lasciava cullare dalla voce innaturalmente calma di Claude, socchiuse gli occhi senza spezzare il contatto visivo con il demone, fino a che, vinto dalla noia, si lasciò cadere fra le braccia di Morfeo.

 

Si era addormentato, non che avesse tentato molto di evitarlo ma, una volta riaperti gli occhi, non poté che maledirsi mentalmente. Alzò la testa e, con sua grande sorpresa, si accorse che Claude non si trovava più in quella stanza; si avvicinò all’ampia finestra sulla parete di fronte per dare un’occhiata al giardino, con sorpresa si accorse che tutto - gli alberi, i cespugli, il viale e tutto ciò che si trovava all’esterno – era coperto di brina, sembrava congelato. La cosa più strana, ed inquietante, era che fino a poco prima, quando si era svegliato, non ve ne era traccia.

Percorse velocemente i corridoi della villa che parevano essere infiniti e dannatamente vuoti; aveva controllato tutte le stanze ma, non solo non aveva trovato Claude, ma neanche gli altri servi. Tutto gli sembrava sconosciuto e ostile, nonostante tutto fosse esattamente come ricordava, aveva l’impressione di non trovarsi più a casa sua, ogni cosa che lo circondava, non faceva che trasmettergli un’innaturale sensazione di gelo.

Corse all’esterno dell’edificio, era terribilmente freddo, come poteva la temperatura essere scesa così in fretta? Tutto questo cominciava davvero a spaventarlo. Continuava a correre, sperando che ci fosse qualcun altro oltre a lui e, ben presto, si accorse che non aveva più la minima idea di dove si trovasse. Attorno a lui c’erano solo abeti totalmente ricoperti da cristalli di ghiaccio, ogni cosa in quel macabro paesaggio era di un inquietante candore.

Distrutto, Alois si lasciò cadere sul terreno umido, abbandonandosi ad un ultimo – disperato – tentativo di non affogare nell’opprimente solitudine a cui quel mondo di ghiaccio sembrava destinarlo. Urlò il nome del maggiordomo, sperando come mai prima di allora che questi lo venisse a salvare, ma non ricevette una risposta. Si asciugò le lacrime e ricominciò a camminare fino a che finalmente non riuscì ad uscire dal boschetto di abeti in cui era finito poco prima.

Rimase notevolmente sorpreso da ciò che vide di fronte a lui: una villa del tutto identica a quella in cui viveva, ma sembrava essere fatta di metallo, vi si avvicinò e, sfiorando una delle lucide pareti, constatò che era effettivamente stata costruita interamente con quel materiale. Proseguì fino a quando si trovò di fronte al portone di entrata, spalancato; quasi senza pensarci, si diresse all’interno e vide che accanto alle pareti erano appoggiate decine di spade, tutte perfettamente identiche: lama di ferro bianco ed elsa dorata.

Non avendo alternative, si trovò costretto a percorrere quel corridoio per poi arrivare in un immenso salone le cui pareti erano nere, a differenza di quelle delle stanze precedenti, tutte bianche come la neve. Il pavimento era in marmo di colore grigio chiaro e le finestre erano coperte da pesanti tende di velluto scarlatto; il soffitto, anch’esso nero, era decorato da sfarzosi decori in stile barocco fatti con pittura dorata.

Al centro della stanza si trovava una grande stoffa rossa che copriva un oggetto piuttosto grosso di forma irregolare. Alois vi si avvicinò e la sollevò, lasciandola poi cadere a terra.

Il ragazzo spalancò gli occhi: di fronte a lui c’era un’imponente armatura bianca prima di macchie o ammaccature, semplicemente perfetta. Si avvicinò e ne sfiorò delicatamente l’elmo; inaspettatamente, questa si alzò e, con un gesto fulmineo, estrasse la spada e la puntò alla gola del ragazzino, questo indietreggiò ma, sfortunatamente, inciampò e rovinò a terra, sempre minacciato dalla spada della misteriosa armatura. – Chi siete? Come osate profanare questo luogo? – aveva una voce irreale, talmente metallica da non poter essere riprodotta da nessuna creatura vivente.

Alois cercò di rispondere, ma riuscì solo ad emettere un suono strozzato; Rimase a lungo immobile, gli occhi puntati sull’armatura, e poi disse: - Sono il conte Alois Trancy, non ho la più pallida idea di come sono arrivato fin qui. – si interruppe e, ritrovata la sua solita spavalderia, riprese: - Voi’ piuttosto, chi siete? Come vi permettete di trattarmi in questo modo?

Ben presto si accorse che le sue parole non facevano alcun effetto al misterioso cavaliere, anzi! Questi, sempre più infastidito dal giovane nobile, lo costrinse ad indietreggiare finché non sbatté contro una parete.         

- Vi consiglio di moderare le vostre parole, conte. Sono un cavaliere pio votato all’ordine e alla giustizia, ma non tollererò altre offese!

Alois si morse la lingua, quando avrebbe imparato a stare zitto? Rischiava di vedersela davvero brutta. Fece un lieve inchino e disse: - Vi chiedo scusa, potrei sapere qual è il vostro nome?

Il paladino dalla candida armatura si irrigidì. Guardò il ragazzino e tacque per degli istanti che parvero interminabili. Sembrava stesse riflettendo su cosa dire, o che non conoscesse affatto la risposta. Alzò di scatto la testa, o meglio l’elmo verso il suo interlocutore e, con tono solenne disse: - Io sono uno dei fedeli paladini di Carlo magno. – e concluse il tutto con un teatrale inchino.

Il nobile corrucciò la fronte. Carlo Magno? Impossibile. Era morto secoli prima, quel tizio doveva essere un po’ fuori di testa, decisamente. Stava per farglielo notare, insieme al fatto che non aveva risposto alla sua domanda, ma questi cadde a terra in ginocchio e disse: - Non lo so! Non ricordo nulla di me…

Adesso riusciva a spiegarsi i motivi di quello strano comportamento. Gli si avvicinò ma egli si alzò velocemente in piedi e si diresse verso l’uscita della villa di metallo.

- Cavaliere! Dove andate? – il conte lo seguì istintivamente, anche se non aveva la minima idea di dove si stesse dirigendo.

Quando furono di nuovo nel bosco, il misterioso paladino si fermò e, rivolto ad Alois, disse: - Ho giurato solennemente che avrei sempre obbedito al mio sovrano, ma non sono mai riuscito a portare a termine il mio compito nella guerra contro gli infedeli. – abbassò lo sguardo. Si sentiva in colpa, non ricorda nulla del suo passato, ma continuava a portare il pesante fardello per non essere riuscito ad assolvere totalmente il suo compito; uno come lui non era degno di essere definito un paladino o un cavaliere. Non aveva idea di quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva combattuto, però doveva riuscire a portare a termine ciò che il suo sovrano gli aveva ordinato; aveva fatto un giuramento davanti a Dio, tanti anni prima e non avrebbe certo mancato la parola data! Ricominciò a correre, ancora più forte. Il ragazzo alzò lo sguardo, dove voleva arrivare? Dopo il bosco c’era solo un esteso pascolo e nient’altro. Lo seguì ed entrambi finirono col trovarsi in un immenso deserto di cui non si vedeva la fine; la sabbia era di un grigio molto scuro, quasi nero, sembrava, anzi era cenere.

- Cos’è questo posto?

- Il campo nemico. Deve essere passato davvero molto tempo dall’ultima volta in cui ci sono stato…

Sembrava impossibile che un tempo in quel luogo ci fosse un accampamento, cosa poteva essere accaduto perché venisse ridotto così? Stava per domandarlo al cavaliere ma, non appena si voltò, vide che gli stava accadendo qualcosa di strano: era circondato da una fioca luce bianca come la sua armatura e, poco a poco, si stava dissolvendo nell’aria. Rimase incantato a guardarlo fino a che non scomparve del tutto, sussurrando: - Adesso non c’è più nulla che mi lega a questo mondo…

Quello fu il suo ultimo saluto al mondo per cui aveva combattuto.

E adesso? Come avrebbe fatto a tornare a casa? Non sapeva dove si trovava, né cosa fare per scoprirlo. Stava per perdere le speranze, quando sentì la voce di Claude chiamarlo. Lo sapeva! Lui non lo avrebbe mai abbandonato! Corse verso la voce, più velocemente che poteva.   

La strada sembrava non finire mai, le parole del maggiordomo suonavano come sempre più vicine, ma sembrava impossibile raggiungerlo. Il ragazzo inciampò sul vialetto che stava percorrendo, cadde a terra, ma non sentì dolore e, quando riaprì gli occhi, si accorse di essere nel suo studio. Il demone era proprio di fronte a lui che cercava di svegliarlo.

- Vi siete addormentato padrone, eppure vi avevo chiesto di prestare attenzione… - sospirò sconsolato, non c’era nulla da fare. Alois era incredibilmente felice, sapeva che sarebbe riuscito a tornare a casa e a rivedere Claude; si alzò dalla sedia e abbracciò il demone, era stato terribile anche solo pensare di non poterlo più rivedere, doveva ammetterlo ma, fortunatamente, si era trattato solo di uno strano ed inquietante sogno.


Imperatrix of Wonderland 
- Attinenza al tema: 25/30 
- Grammatica e Lessico: 10/10 
- Originalità: 19/20 
- Stile ed espressività: 8/10 
- Giudizio personale: 10/10 
TOTALE: 72/80

La storia mi è piaciuta, soprattutto per l’ambientazione del sogno, inoltre non vi erano particolari errori di grammatica ne
ripetizioni. 
L’attinenza c’era, ma i vari significati della carta sono stati sfruttati solo in parte ed essa non appare, questo ha decretato una piccola penalità. 
Se dovessi trovare un difetto direi che questo è lo stile: personalmente non amo molto le storie che saltano dei passaggi, come, ad esempio, all’inizio della storia da quando Alois si sveglia all’arrivo nello studio, ma, essendoci questa mancanza descrittiva solo all’inizio e minimamente nel resto del racconto, non ho penalizzato troppo. Ovviamente quest’ultimo è solo un parere personale. 
(questo non c’entra nulla ma…adoro quei due libri <3)

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Ottava su ventuno partecipanti... inutile dire che sono immensamente contenta del risultato del mio primo contest!
Spero vi sia piaciuta!

  
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