Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars
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Autore: JosephineCharlotte    16/11/2010    1 recensioni
New York prigioniera di un unica e interminabile notte. Una realtà parallela dove solo i valorosi potranno sopravvivere, attendendo la venuta del grande Uragano e cosi dell'Alba. Non ascoltare te stesso, non fidarti della tua stessa immagine. O potrebbe essere la fine di tutto quello che conosci.
[ storia basata sul Trailer Preview del video Hurricane dei 30 seconds to mars]
Genere: Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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gniiiiik

Qualunque cosa tu faccia,

abbi paura dell’oscurità…

 

 

 

(Un...)

Freddo. Perché faceva cosi freddo ?

(Deux…)

Talmente freddo da non percepire il suo stesso corpo.

(Trois…)

Non vi era parte di esso che non dolesse. Era come essere picchiati da un intera squadra di ragby.

(Cinq.)

Apri gli occhi, lentamente. Si trovo a guardare un cielo scuro, privo di stelle.
Cerco di alzarsi, ma gemette di dolore quando finalmente riusci a mettersi seduto.
In quel momento si accorse di essere privo di un qualsiasi indumento nella parte superiore del corpo. Portava dei jeans neri e un paio di scarpe del medesimo colore. Si tocco all’altezza delle clavicole e trovo’ il ciondolo del Triad .
Tremava come una foglia. Si strinse le braccia al corpo, inerme e confuso.
Per quanto cercasse di fare appiglio alla sua memoria, non riusciva a venirne a capo.
Si guardo più attanetamente attorno.
Era in mezzo ad una strada, normalmente trafficata, ma in quel momento deserta.
Se ne stava seduto sul cemento freddo e umido, come se poco prima fosse piovuto abbondantemente.
Ai lati di questa strada illuminata dai gialli lampioni , si aprivano negozi e boutiques ai piedi di alti palazzi. Quanche sporadico albero abbelliva i marciapiedi vuoti, ed un semaforo poco lontano lampeggiava come fosse rotto.
Nulla che potesse essere utile. Poteva essere qualunque metropoli americana.
Alzandosi, decise che non poteva essere d’aiuto rimanere seduto senza nessuna prospettiva.
Cerco di studiare il percorso davanti a sé, ma non riusci a vedere la fine della strada o qualunque indicazione potesse spiegarlo. Scrollo’ le spalle e si avvio verso l’ignoto, deciso a trovare una soluzione, o se non altro una cabina telefonica.
Avrebbe chiamato Shannon, o Tomo… avrebbe svegliato addirittura il suo manager pur di tornare a capo di questo mistero ed uscirne.
Come avendo un illuminazione si fermo’ e rovisto’ nelle tasche dei jeans, senza troppa speranza.
Come da previsione non vi era traccia né del suo adorato blackberry e nemmeno del cellulare di emergenza. Daltronde, come potevano esserci se nemmeno ricordava dove aveva lasciato la t-shirt…
Riprese a camminare, sempre più arreso e disperato.
Se era uno scherzo, doveva finire subito.

 

 

 

 

 

  
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