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Autore: Scarcy90    21/11/2010    43 recensioni
*Nell'estate 2024 questa storia diventerà un romanzo self su Amazon. Al più presto avrete una data.* Valeria frequenta l'ultimo anno di Liceo. E' sempre stata una studentessa nella media e insieme alle sue due migliori amiche, Amy e Marti, ha trascorso in relativa tranquillità il suo periodo da liceale. Ma proprio all'inizio di quell'ultimo anno accade qualcosa che sconvolgerà il suo mondo di pace. Un litigio, durante la ricreazione, darà la scossa definitiva perché la vita di Vale cambi per sempre. La chiave di volta di questo cambiamento è Massimiliano Draco, il figlio della temuta professoressa D'Arcangelo, acerrima nemica della protagonista. Una storia che ha il solo scopo di raccontare i sentimenti e le traversie di una ragazza come tante.
||Il Sequel di questa storia è Verso La Maturità||
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Figlio Della Prof Serie's '
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Il Figlio Della Prof- Capitolo 14 (new)
Il Bacio E’ Un Dolce Scherzo Che La Natura Ha Inventato
Per Fermare I Discorsi Quando Le Parole Diventano Inutili
Ingrid Bergman
 



 Capitolo 14: Punto Di Non Ritorno

 
 La caviglia non mi dava più alcun fastidio ed era passata una settimana dall’ultima volta che avevo rivolto la parola a Massi, da quando ero fuggita via dalla sua stanza dopo aver sentito la sua conversazione con Delia. Dopo una settimana una cosa era chiara nella mia mente: quella situazione mi stava distruggendo! Ormai stentavo seriamente a riconoscermi. Non era da me restare sveglia tutta la notte a pensare ad un ragazzo, non era da me immaginarmi ogni momento insieme a lui, e non era da me desiderare la lenta e dolorosa morte di una ragazza che come unica colpa aveva quella di essere la fidanzata del ragazzo che amavo. Non potevo andare avanti in quel modo. Prima o poi sarei dovuta cadere da una parte o dall’altra di quel filo su cui restavo a malapena in equilibrio. A mio avviso potevo scegliere tra due opzioni: confessare i miei sentimenti a Massi e togliermi quell’enorme peso che mi gravava sullo stomaco- e già a pensarci mi veniva un ictus- oppure continuare a non rivolgergli la parola nella speranza che le circostanze continuassero a tenerci lontani. Ovviamente scelsi la seconda ipotesi, era molto meno imbarazzante e molto più semplice da seguire- almeno in teoria.
 Questa era la conclusione a cui ero giunta mentre, come ogni, mattina sfrecciavo verso casa di Amy. Quella notte avevo dormito talmente male che mi ero alzata prima delle sei e così mi accingevo ad arrivare a casa della mia amica alle sette. Sapevo che l’avrei trovata in piedi ma di sicuro non era ancora pronta per andare a scuola. Avrei aspettato, tutto pur di non stare sola con i miei lugubri e deprimenti pensieri.
 Come avevo previsto, quando suonai il campanello mi aprii una Amy vestita ma con ancora i capelli spettinati e senza neanche una minima traccia di trucco.
 -Che ci fai qui?- mi chiese sorpresa.
 -Scusa, mi sono svegliata presto e ho deciso di venire prima-, risposi entrando in casa. –Finisci con calma io ne approfitto per fare colazione qui.-
 In effetti, non avevo mangiato nulla e dato che in quei giorni il cibo non mi aveva attratta più di tanto a causa del mio pessimo umore in quel momento avvertii come un’enorme voragine al posto del mio stomaco che reclamava per essere riempita.
 Così mentre Amy sfrecciava in bagno per continuare il suo rito quotidiano io mi organizzai una colazione decente, con latte caldo e cereali.
 I genitori di Amy, entrambi infermieri, avevano il turno di notte e sarebbero tornati verso le otto. Roberto e Caterina stavano ancora dormendo di certo: il primo aveva lezione in Università nel pomeriggio mentre la seconda frequentando la scuola elementare poteva permettersi di dormire ancora un po’ visto che l’entrata era alle otto e mezzo. Quello che mi stupiva era che Luca non fosse già in piedi, in genere anche lui cercava di alzarsi presto per sistemarsi i capelli, ero certa che un giorno avrebbe scritto un libro sull’uso del gel ed affini: passava ore davanti allo specchio per avere un look da strafigo (almeno secondo il suo parere, io dissentivo la maggior parte delle volte).
 Proprio come se lo avessi chiamato il fratello minore della mia amica fece il suo ingresso in cucina, vestito, lavato e pettinato- in base ai punti di vista. Pronto per affrontare un’altra giornata scolastica.
 Appena mi vide impallidì e l’avvenimento mi fece ricordare che io e il principino avevamo un discorso in sospeso risalente al nostro incontro al Living.
 -Buongiorno-, dissi fulminandolo con gli occhi in modo che non gli venisse in mente di svignarsela senza provare a darmi una spiegazione.
 Lui distolse lo sguardo e mormorando un “Buongiorno” di risposta si diresse in cucina per prepararsi la colazione.
 Pochi minuti dopo tornò in sala da pranzo e si sedette di fronte a me insieme alla sua tazza di latte e alle fette biscottate con la Nutella.
 -Allora…-, cominciai incatenandolo con lo sguardo mentre lui cercava di ingoiare un boccone di fetta biscottata. –Che ne dici di approfittare di questo piccolo, quanto fortuito, momento di privacy per riprendere la conversazione che avevamo lasciato in sospeso…-
 -Di…Di cosa stai parlando?- mi chiese cercando di fingersi indifferente.
 Principiante! Avevo a che fare con Massi da mesi ed io stessa ero una maga nel riuscire a cambiare argomento, non sarebbe stato di certo un ragazzino spocchioso a mettermi KO con i suoi magri tentativi di distogliere la mia attenzione dal filone principale del discorso.
 -Lo sai, è da un po’ che tua sorella non mi parla di te forse dovrei menzionare per caso quello che ho visto alla festa di Giacomo al Living mentre la tua povera sorellina era relegata a letto con la sola compagnia di fazzolettini sporchi e sciroppo per la tosse. Penso che non sarà troppo contenta di sapere che cosa facevi tu nel frattempo, probabilmente te la ritroverai attaccata al sedere giorno e notte… Povero te…-
 -E va bene, ti dirò tutto-, si arrese lui con un sospiro di sconfitta.
 Abbassò la voce talmente tanto che mi sforzai non poco per riuscire a sentire quello che stava dicendo, o per meglio dire, per riuscire a leggere il suo labiale.
 -Quella sera ero al Living per suonare con il mio gruppo.-
 -Fin là c’ero arrivata anche da sola-, dissi con tono d’ovvietà. –Ma voglio sapere perché sei entrato in un gruppo se sai che tua sorella diventa peggio di un generale dell’esercito quando si tratta di te. Pensi che ti permetterà di andare in giro per i locali di mezza regione a suonare per poi tornare a casa ad orari impensabili?-
 -E’ proprio per questo che non le ho detto nulla. Mi piace stare in quel gruppo… Sono tutti miei amici e poi…-
 Mi si accese come una lampadina nel cervello e d’un tratto capii come mai Luca d’improvviso si era tanto interessato alla musica che prima considerava solo un hobby.
 -E’ per quella ragazza vero? La biondina con gli occhi azzurri che era con te quella sera.-
 Luca arrossì di colpo, segnale piuttosto chiaro che ogni tanto anche il mio istinto femminile dava prova di esserci e di non essere così impedito come al suo solito.
 -Ma di cosa st-stai parlando?- cercò di svicolare di nuovo, evidentemente il ragazzino non aveva ancora capito chi era la sua interlocutrice.
 -E’ inutile che provi a negare, si vede lontano un chilometro che quella ragazza ti interessa e oserei dire che t’interessa parecchio.-
 Abbassò lo sguardo imbarazzato mentre le orecchie gli si tingevano di un rosso piuttosto acceso. Faceva sempre il duro dal carattere impenetrabile eppure in fondo era solo un ragazzo innamorato che cercava di conquistare l’amore di una bella donzella.
 -Lei… Lei… E’ lei che ha avuto l’idea della band e io non ho potuto non appoggiarla. Vuole diventare una cantante contro la volontà della sua famiglia e per questo quando ha saputo che sapevo suonare la tastiera mi ha chiesto di darle una mano. Non ce l’ho fatta a dirle di no e così mi sono ritrovato a mettere su una band per offrirle la possibilità di farsi conoscere… E’ brava, e merita di realizzare il suo sogno… e io non posso permettere che qualcuno la ostacoli. Per favore, non dire niente a mia sorella altrimenti manderà tutto all’aria… Ti prego.-
 Come potevo rifiutarmi di aiutare un ragazzo così galante e innamorato? Sarei stata davvero perfida se gli avessi rifiutato una mano. Dopotutto mi stava solo chiedendo di omettere un piccolo dettaglio della sua vita a quella pazza di Amy, non era una cosa così complicata e difficile come poteva sembrare. Non parlavo mai di Luca con Amy, al massimo era lei che parlava a raffica di lui e io che annuivo scocciata. Bastava che mi comportassi come se niente fosse accaduto.
 -Okay, tua sorella non verrà a sapere niente da me. Ma lo sai che prima o poi questa storia verrà fuori comunque, quindi cerca di stare attento.-
 -Grazie, davvero. Sei una grande!- rispose lui con gli occhi che gli brillavano.
 Va bene, farsi elogiare da un quindicenne non era esattamente l’ambizione massima della mia vita ma mi sentivo davvero bene sapendo che forse avevo contribuito alla realizzazione di un sogno d’amore. Almeno qualcuno avrebbe avuto più fortuna di me in fatto di faccende di cuore.
 -Di che state parlando voi due?- chiese Amy entrando all’improvviso nella stanza.
 -Oh, ehm… Mi aveva chiesto se per caso avevo un libro interessante da prestargli…-, prima scusa che mi era saltata in mente ma visto che io e Luca aveva in comune la passione per la lettura- forse l’unica cosa che avevamo in comune- poteva risultare più che plausibile.
 -Non voglio sapere i particolari-, rispose Amy infilandosi il giubbotto. –Lo sai che i libri mi annoiano.-
 Sì, lo sapevo perfettamente… Ecco un altro motivo per cui quella scusa risultava più che perfetta.
 -Bene-, dissi alzandomi e indossando la mia giacca, -direi che è proprio ora di andare a scuola.-
 Amy non fece altre domande riguardo suo fratello, segno che aveva creduto alla mia patetica scusa e che quindi, almeno per il momento, il piccolo segreto di Luca era al sicuro. Non dubitavo del fatto che prima o poi, in un modo o nell’altro, la mia amica avrebbe sentito puzza di bruciato e avrebbe scoperto ogni cosa ma di certo da me non avrebbe saputo mai nulla. Anche perché mi avrebbe uccisa se avesse scoperto che io ero al corrente di tutto e che non le avevo detto neanche una parola. Quando c’erano di mezzo i suoi fratelli minori diventava peggio di una leonessa che protegge i propri cuccioli. Se Freud fosse stato ancora in vita avrebbe scritto un libro sul “complesso di Amelia”, ne ero sicura.
 Arrivammo a scuola quando mancava ancora un quarto d’ora al suono della campanella e come al solito mi ritrovai davanti la solita scena da volta stomaco: Massi e Delia seduti su una panchina mentre si tenevano la mano come due tenere colombe in piena fase di accoppiamento…Bleah!
 Da quando eravamo tornati da Cascia, Massi si era attaccato a Delia come una ventosa, sembrava che tutto quello che avevamo passato insieme fosse stato spazzato via dal vento invernale. La cosa avrebbe dovuto rallegrarmi, dopotutto era un modo come un altro per provare seriamente a togliermelo dalla testa una volta per tutte ma era da immaginarsi il fatto che quella situazione non mi risultava per niente piacevole. Per quanto la mia volontà consisteva nel dimenticarmi di Massi il più in fretta possibile si trattava comunque del ragazzo di cui ero innamorata e vederlo così affiatato con la sua fidanzata era una vera tortura. Avevo sentito parlare qualche volta di quel detto secondo cui se ami veramente una persona devi essere felice se lei è felice… Tutte baggianate! Se vedi la persona che ami felice con qualcuno che non sei tu non ne puoi essere contenta. E’ biologicamente e psicologicamente impossibile! Sarebbe più facile chiedere ad un pinguino di attraversare l’Atlantico in volo…
 -Buongiorno!-
 Quel saluto entusiastico giunse al mio orecchio destro così all’improvviso che non potei evitare di sussultare.
 -Sei più euforico del solito Iovine…-, osservo Amy indispettita.
 -Quando saprai perché sono così contento abbasserai la cresta, mia cara Amelia, e sarai euforica anche tu-, disse Marco tirando fuori qualcosa da sotto la giacca.
 -Ed ecco a voi la mia opera d’arte-, esclamò mettendoci davanti agli occhi una fotografia. No, non una fotografia ma la fotografia, quella che Marco aveva scattato a me e a Massi sul pullman, la stessa foto in cui io me ne stavo tra le sue braccia profondamente addormentata.
 -Che dolci!- osservò Amy con un tono di voce un po’ troppo alto e mieloso per i miei gusti.
 -Sei impazzito!- esclamai strappandogliela dalle mani e mettendola al sicuro nella tasca dei miei jeans. –Hai forse voglia di morire! Non puoi andartene in giro con questa e sventolarla sotto il naso di tutti!-
 -Ti piace?- mi chiese con un sorriso idiota.
 -Smettila di fare il cretino! Ti rendi conto che se Delia vedesse questa foto Massi passerebbe dei guai per una sciocchezza!?-
 -Tu la chiami sciocchezza, io lo chiamo amore…-
 A volte Marco sapeva proprio farmi uscire fuori dai gangheri.
 -Che sta succedendo qui?- chiese una voce alle mie spalle, voce che, ovviamente, apparteneva alla persona di cui stavamo parlando.
 Mi voltai e ancora una volta i miei occhi trovarono quel mare verde che erano le iridi di Massi. Pensavo di essere avvezza all’effetto che avevano sul mio cuore ma a quanto pareva non mi risultava facile abituarmi a Massi e a qualsiasi cosa lo riguardasse.
 -Noto con piacere che alla fine hai deciso di lasciar respirare Delia e di ricominciare a parlare con persone che hanno un minimo di intelligenza.-
 -Se cominci la mattinata con tutta questa acidità diventerai uno yogurt prima che suoni la quinta ora-, rispose Massi con uno dei suoi sguardi taglienti.
 -Guarda che sei tu quello che per una settimana non si è azzardato a rivolgermi la parola senza un motivo e adesso pretendi anche che io ti accolga a braccia aperte… Te lo puoi scordare!-
 -A quanto mi risulta neanche tu ti sei degnata di venirmi a parlare dopo che sei praticamente sparita dalla mia camera la sera del nostro piccolo incidente.-
 I toni stavano cominciando a diventare terribilmente seri ma non potevo fare a meno di rispondergli come mio solito, era davvero più forte di me.
 -Avevo di meglio da fare che stare a sentire te e quell’ochetta che vi scambiavate effusioni da vomito per telefono!-
 -Mi hai spiato?!- chiese a dir poco indignato.
 -No, ti stavo solo portando una coperta e ho sentito un paio di parole ma tanto mi è bastato per decidere di dileguarmi…-
 -Quindi è per questo che te ne sei andata-, cominciò con uno dei suoi sorrisi sghembi che in genere mi facevano battere il cuore ma in quel momento ebbero lo stesso effetto di una pianta di ortica. –Eri gelosa…-
 -Oh, sì guarda… Ero assolutamente gelosa-, il mio tono trasudava ironia da ogni parte. –Ero così gelosa… Perché in realtà io sono innamorata pazza di te! Ti amo talmente tanto che in questo momento vorrei che un meteorite ti arrivasse addosso e ti facesse sprofondare direttamente nel centro della Terra.-
 Ma perché mi sentivo così infuriata… frustrata… delusa… e tradita…? Non ci stavo capendo più nulla. Continuavo ad aggredirlo però non riuscivo a capire cosa mi stesse prendendo.
 In quel momento la campanella suonò ponendo finalmente fine a quel duello verbale.
 -Comincia a pregare-, mi sussurrò lui in un orecchio –magari presto sarò davvero vittima di una catastrofe. Così sarai contenta almeno…-
 Mi sorpassò urtandomi la spalla e io sentii la rabbia ribollirmi dentro. Avevo come l’impressione che tutti i passi avanti che avevo fatto con Massi, tutti i discorsi, tutti i gesti, tutto quello che era accaduto a Cascia… tutto si fosse volatilizzato per lasciare solo il vuoto. Anzi, non il vuoto ma l’odio. L’odio che c’era all’inizio, l’odio e l’astio che ci avevano portato sempre a litigare come dannati. Cosa diavolo stava succedendo?!
 -Si può sapere che ti è preso?- mi chiese Amy sconvolta. –C’è mancato poco che gli saltassi al collo per azzannarlo.-
 -Io… Non lo so…-, mi passai una mano sul viso in un gesto di stanchezza. Ero davvero esausta, non ne potevo più di sentirmi così triste e amareggiata.
 -Siete incredibili…-, mormorò Marco con uno strano sorriso sulle labbra. –Possibile che non lo abbiate capito?-
 -Di che stai parlando, Iovine?- il tono di Amy era sempre più irritato quando si rivolgeva a Marco, la mia amica si stava innamorando di lui ogni secondo di più.
 -Be’, non so cosa sia successo nella stanza di Massi quella sera ma dovete esservi avvicinati molto perché la tensione sessuale tra voi due è quasi palpabile…-
 Spalancai gli occhi allibita.
 -La cosa?!-
 -Avete litigato come due matti ma solo per non rischiare di saltarvi addosso, e non sarebbe stato un corpo a corpo in stile Wrestling, te lo assicuro.-
 -Marco smettila di dire cretinate. Era un litigio come un altro-, risposi cominciando ad avviarmi verso l’entrata. Ci mancava soltanto Marco con al seguito le sue teorie strampalate per rovinarmi definitivamente la giornata. Tensione sessuale? Sì, come no…
 La prima ora con la Bianchi trascorse in una lenta agonia. Era ormai arrivato dicembre e questo per la nostra cara professoressa significava una cosa sola: interrogare a tutto spiano. Quando arrivava la fine del quadrimestre- anche se mancavano più di due mesi, per lei era già la fine del quadrimestre- diventava diretta come un treno e con la sua fedele agendina contribuiva ad aumentare la sfilza di due e tre che molti di noi vantavano tra le loro schiere. Una carneficina vera e propria, in pieno stile latino!
 Come al solito era entrata in classe mormorando solo un “Buongiorno” e dopo aver firmato il registro aveva tirato fuori la sua agendina color marroncino chiaro- anche se molti lo consideravano un color pelle, come se fosse stata fatta con la pelle dei suoi stessi alunni passati, presenti e futuri. Quell’agendina era la stessa di quando la Bianchi aveva cominciato ad insegnare vent’anni prima. Ogni anno, alla fine del secondo quadrimestre, apriva i piccoli anellini dorati e toglieva i fogli con le tracce di quello che restava degli alunni che erano passati sotto il suo torchio e li sostituiva con altri fogli nuovi e pronti ad iniziare un nuovo anno scolastico. Qualsiasi ragazzo avesse avuto la Bianchi come professoressa ricordava perfettamente la voglia che gli cresceva dentro di prendere quella maledetta agendina e gettarla in un camino acceso.
 Aprì il suo strumento di tortura e cominciò a sfogliare le pagine con una lentezza assurda. L’attesa era snervante, quel grosso peso sullo stomaco che premeva fino a quando sentivi o non sentivi il tuo nome era a dir poco opprimente. Avvertivi tutti i succhi gastrici scivolare lungo le pareti dello stomaco per riuscire a fuggire via, persino loro non volevano avere nulla a che fare con la Bianchi. Anche se nella stanza c’era una temperatura normale all’improvviso un freddo glaciale ti avvolgeva e sentivi la vista annebbiarsi. E poi cominciava la tortura vera e propria…
 -Giordano.-
 Perfetto essere interrogati con la Giordano era come sfilare in passerella accanto a Naomi Campbell: una figuraccia assicurata nonostante non fossi poi così da buttare.
 -Zilli.-
 Davide tendeva a non spiccicare parola alle interrogazioni della Bianchi quindi se mi avesse chiamata almeno ci sarebbe stato uno peggio di me.
 -Corradi.-
 Ancora meglio! Christian non apriva bocca neanche sotto tortura, visto che probabilmente non sapeva nemmeno come fosse fatto il nostro libro di letteratura latina.
 -Uhm… Va be’, basta così.-
 Quelle era la frase che pronunciata dalle labbra della Bianchi suonava come una vera sinfonia.
 Il mio cuore riprese a battere e tutte le funzioni vitali tornarono normali. In quei giorni a causa della depressione dovuta a quell’imbecille di Massi non avevo studiato granché quindi se la Bianchi mi avesse chiamata la mia media sarebbe crollata vertiginosamente.
 -Allora, Sara…-, la Bianchi era davvero strana. Quando ci doveva chiamare per interrogarci usava il cognome, invece una volta che stavamo seduti vicino alla cattedra tornava ad usare il nome, una persona davvero incomprensibile.
 La Giordano si sedette più dritta sulla sedia per ascoltare bene la domanda.
 -Parliamo del Satyricon di Petronio?- chiese la Bianchi guardandola dritta negli occhi.
 -Sì.-
 Ecco che stava per partire uno dei monologhi della Giordano.
 -Il Satyricon, unico scritto attribuito a Petronio, è un’opera narrativa in forma prosimetrica, che cioè alterna prosa e versi. Vi è tutt’oggi il problema della datazione del romanzo ancora priva di elementi incontrovertibili. Unici punti certi sono l’evidente ambientazione di età imperiale e la menzione di un passo dell’opera effettuata da parte di un grammatico del secolo III d.C. Verso la datazione di età neroniana convergono numerosi indizi…-
 Potevo seguire parola per parola dal libro come se quella fanatica lo avesse davanti agli occhi e lo stesse leggendo. Ma si poteva imparare a memoria tutto quel popò di roba? Evidentemente la mia teoria riguardo il prototipo di robot era esatta, non vedevo altra spiegazione.
 Quando la Giordano terminò, la Bianchi fece qualche domanda agli altri due martiri, domande a cui, ovviamente e come era da prevedersi, nessuno dei due rispose.
 Marti al mio fianco stava fremendo per la preoccupazione. Vedere il suo amato Christian messo sotto torchio dalla Bianchi doveva farla sentire impotente. Stavo cercando di accettare la loro relazione con tutte le mie forze ma continuavo ad avere uno strano presentimento che proprio non ne voleva sapere di lasciarmi in pace. Marti continuava a non volermi fornire i dettagli su quello che stava accadendo, diceva solo di essere innamorata di lui, che finalmente aveva trovato un ragazzo in grado di comprenderla ma secondo la mia modesta opinione Christian era solo riuscito ad abbindolarla. Mi sorprendeva solo il fatto che la mia amica ci stesse cascando come una pera.  
 Finalmente la campanella suonò e appena la Bianchi uscì dall’aula potemmo rilassarci un attimo in attesa che arrivasse Longo per scendere e affrontare l’ora di educazione fisica. Traduzione: partita di pallavolo, sport per cui ero assolutamente portata e che mi piaceva davvero tanto.
 La nostra scuola non era dotata di una palestra- a mala pena avevamo banchi a sufficienza per tutti, pretendere di avere una palestra era troppo. Qualche anno prima c’era una specie di palestra che era stata la mensa della scuola materna che si trovava al posto del Virgilio, molti ma proprio molti anni prima. Però anche quella stanza era diventata sede di una classe, esattamente la stessa fine che avevano fatto il laboratorio di scienze e la sala video. Prima o poi avrebbero messo classi di studenti anche negli sgabuzzini per le scope.
 Perciò ci arrangiavamo a fare educazione fisica nel cortile adiacente alla scuola, quello dove c’era il piccolo obelisco.
 In quel cortile erano presenti due porte da calcio e anche una rete da pallavolo che però stava proprio in mezzo alla delimitazione del campo di calcio: perciò o i ragazzi giocavano a pallone oppure tutti insieme a pallavolo. Ovviamente quest’ultimo era lo sport più gettonato dai professori e anche in quell’occasione Longo ci ordinò di formare due squadre e di giocare.
 Stavamo per cominciare quando qualcosa distrasse la mia attenzione, qualcosa di molto spiacevole. Serrano stava andando verso Longo e dietro di lui c’era tutta la 3F al gran completo- Massimiliano Draco compreso.
 -Ragazzi, uscite dal campo e venite qua-, disse Longo richiamandoci.
 Lasciai il pallone a terra e insieme ai miei compagni ci dirigemmo verso i due prof e, mio malgrado, verso i componenti della 3F.
 -Che ci fate qui?- mormorai a Marco quando fui abbastanza vicina.
 -Manca quella d’inglese e Serrano ci sta facendo supplenza…-, mi rispose con un filo di voce.
 Possibile che la mia sfortuna arrivasse a certi livelli!
 Non pensai neanche per un istante di rivolgere il mio sguardo verso Massi, ci mancava solo che s’indispettisse ancora di più e che iniziassimo a litigare davanti a Longo e Serrano, che come minimo ci avrebbero spediti dalla preside senza tanti complimenti.
 -Faremo una partita tutti insieme-, cominciò Serrano. –Mischieremo 3C e 3F, voglio proprio vedere che siete in grado di fare…-
 Alzai gli occhi al cielo esasperata: qualunque cosa ma non in squadra con Massi, non avrei mai potuto sopportarlo.
 -Draco, tu sei il capitano della squadra 1 e…-, Serrano ci passò in rassegna per un attimo, -…Ferrari, tu sarai il capitano della squadra 2.-
 Almeno qualcosa per il verso giusto stava andando.
 Il resto dei componenti delle squadre fu deciso dai professori. Così nella mia squadra mi ritrovai Marco- che dicevano fosse un bravo attaccante-, Amy, la migliore alzatrice del mondo, Marti non molto forte in difesa ma il suo servizio era micidiale, Andrea, il rappresentante di classe, muro più invalicabile di lui non esisteva, e Sabrina che mi sorrideva contenta con l’espressione di chi non sapeva neanche come fosse fatto un campo di pallavolo. Avevo capito subito che doveva essere negata ma non c’erano problemi, l’attacco era responsabilità di Andrea e Marco, mentre io avrei pensato alla difesa facendo anche la parte di Sabrina. In quel frangente non avevo mai avuto difficoltà.
 Nell’altra squadra c’erano Massi, la sua fama di schiacciatore imbattibile era arrivata alle mie orecchie già da qualche anno, Christian, irruento e fuori controllo, respingeva i palloni con i pugni facendoli arrivare nello spazio, perciò difficilmente avrebbe segnato un punto, Davide, che se la cavava piuttosto bene, ed altre tre ragazze della 3F che giravano intorno a Massi come tanti avvoltoi con gli occhi a forma di cuoricini. La colazione di quella mattina stava cominciando a ritornarmi su alla vista di quella scena disgustosa…
 -Bene-, disse Serrano mettendosi in postazione per arbitrare, - a quanto ne so la difesa di Ferrari è invalicabile e gli attacchi di Draco sono imprendibili, perciò non vedo proprio l’ora di assistere a questa sfida tra Titani.-
 Il mio sguardo raggiunse immediatamente quello di Massi che rispose con altrettanto odio.
 I suoi tiri erano imprendibili? Questo era tutto da vedere!
 -Per la palla-, urlò Longo lanciando la palla a terra e facendola rimbalzare all’interno del campo.
 Massi era già balzato in aria pronto ad effettuare la schiacciata ma per me fu facile intuire dove stesse puntando: il suo bersaglio era la parte di campo occupata da Sabrina, esattamente alla mia destra. Spostai il peso del corpo sul piede destro per prepararmi allo scatto e proprio quando Massi schiacciò con forza la palla io ero già in posizione. La presi senza difficoltà con un bagher perfetto ma dovevo ammettere che quel tiro era micidiale ed ero riuscita a controllarlo solo mettendoci tutto il mio impegno. Amy ricevette la palla e la alzò a Marco che schiacciò ed ottenne il punto per la palla.
 Massi mi fissò dritto negli occhi e nonostante ci fossero diversi metri tra noi riuscii ad intuire il significato del suo sguardo: non gli era per niente piaciuto il fatto che fossi riuscita a batterlo così facilmente. Illuso! Quello era solo l’inizio, come aveva detto Serrano la mia difesa era impenetrabile. Se voleva davvero sfondarla si doveva impegnare molto di più.
 Evidentemente anche Massi aveva preso quella sfida sul serio perché per tutta la durata del set i suoi attacchi si fecero sempre più aggressivi e potenti, tanto che non sempre riuscivo a controllare bene la palla e a tenerla in campo.
 Dopo diversi minuti di gioco il punteggio era praticamente pari, venticinque-ventiquattro per la mia squadra, ma per vincere ci serviva uno scarto di due punti e quindi il servizio di Marti in quel momento era davvero fondamentale.
 Marti batté un servizio impeccabile ma quel rompiscatole del suo ragazzo riuscì a riceverlo, Davide aveva alzato per Massi che si stava preparando a schiacciare e in quel momento sottorete c’ero io, ed ero l’unica che poteva fermare il suo attacco. Saltai con tutta la forza che avevo nelle gambe e quando Massi schiacciò, la palla trovò la strada sbarrata dalle mie mani e ricadde immediatamente nel loro campo senza che riuscissero a prenderla.
 Nel momento dell’atterraggio però, qualcosa non andò per il verso giusto. Appena il mio piede destro toccò il suolo una fitta lancinante mi attraversò la caviglia…
 
 -Non ti metterò la fasciatura ma devi promettermi che almeno per dieci giorni non fari sforzi inutili e terrai la caviglia a riposo.-
 -Certo, dottore lo farò.-
 
 Possibile che quei tre giorni in meno di riposo per la mia caviglia portassero a tutto questo, erano solo tre giorni. Avevo promesso al dottore di stare a riposo per dieci giorni e invece dopo una settimana mi ero messa a giocare a pallavolo. Che idiota patenta! Se ci fosse il Nobel per la stupidità lo vincerei io senza ombra di dubbio!
 La fitta che mi aveva attraversato la caviglia si fece più intensa e a quel punto non riuscii più a restare in piedi. Con un gemito di dolore mi accasciai in ginocchio tenendomi la parte dolorante.
 Nessuno sembrava essersi accorto di quello che mi stava accadendo: la mia squadra festeggiava, la squadra avversaria litigava e i professori erano distratti da quello che stavano facendo i miei compagni mentre io non avevo neanche la forza di parlare per chiedere a qualcuno di aiutarmi.
 Ad un certo punto a causa del dolore la vista cominciò ad annebbiarsi e avevo come la sensazione di essere sul punto di svenire quando sentii il terreno mancarmi sotto i piedi e uno strano calore avvolgermi.
 -Sei un’idiota, spero che tu te ne renda conto…-
 Quella voce meravigliosa, calda e accogliente che mi fece battere il cuore. Era la voce del mio Massi. La vista cominciò a tornare e mi accorsi che mi aveva presa tra le braccia e mi fissava con sguardo di rimprovero.
 Aveva capito tutto, me lo sentivo!
 -Professore-, disse rivolto a Serrano, -credo che la caviglia di Ferrari abbia ancora qualche problema, non riesce a reggersi in piedi.-
 -Ferrari!- esclamò Serrano guardandomi. –Per quanto tempo dovevi stare a riposo?-
 -Dieci giorni…-, mormorai con un filo di voce, mentre cominciavo a chiedermi come mai Massi non si stesse stancando di tenermi in braccio, mi ero ripresa e poteva anche rimettermi giù.
 -Dieci giorni! Sai contare, Ferrari!? Non sono ancora trascorsi dieci giorni dall’incidente non avresti dovuto giocare. Si può sapere perché non mi hai detto nulla?-
 -Mi scusi-, abbassai lo sguardo mortificata, -mi… mi era passato di mente.-
 Era vero, l’idea di una sfida con Massi mi aveva talmente elettrizzata da farmi dimenticare qualsiasi altra cosa estranea a quel momento.
 -Visto che ci sei, Draco, portala nella sua classe. Nel frattempo chiamerò i suoi genitori perché vengano qua e l’accompagnino in ospedale, è meglio che faccia qualche radiografia. Dì ad Alberto che vi faccia usare l’ascensore, sono sicuro che la preside non avrà nulla in contrario.-
 -Sì-, rispose Massi senza battere ciglio.
 Si voltò e con passo svelto si diresse verso l’entrata della scuola.
 Non disse una sola parola mentre io me ne stavo completamente ammutolita tra le sue braccia. Mi sentivo in imbarazzo e allo stesso tempo avrei voluto non raggiungere mai l’interno dell’edificio per poter stare così vicina a lui il più a lungo possibile.
 Una volta entrati incontrammo subito il signor Alberto. Era il tecnico della sala computer ma era anche una specie di tuttofare come la signora Giovanna. Un uomo gentile e simpatico, dall’aria molto paterna. Con i suoi capelli bianchi e gli occhiali dava l’aria di essere una persona che avrebbe aiutato il suo prossimo in qualsiasi circostanza, e in effetti, cercava sempre di risolvere i problemi di tutti noi studenti quando ne aveva la possibilità.
 -Alberto…-, cominciò Massi chiamandolo.
 -Che è successo, Valeria?- il suo tono era preoccupato.
 Alberto ed io eravamo molto amici. Durante il viaggio d’istruzione dell’anno prima si era parecchio affezionato alla mia classe dato che la preside lo avevo designato come nostro responsabile, e quindi conosceva i nomi di tutti nella mia classe e ci voleva bene.
 -E’ una stupida-, disse subito Massi.
 -Ehi!- esclamai indignata dandogli un pugno sul petto, ovviamente senza troppa forza.
 Lui si rivolse ad Alberto.
 -Dimmi se una a cui è stato detto di non sforzare la caviglia per dieci giorni e poi si mette a giocare a pallavolo prima che il termine sia scaduto non è una stupida?-
 -Ha ragione lui-, rispose Alberto divertito e consolandomi con il suo sguardo dolce.
 Incrociai le braccia scocciata. Mi sentivo come una bambina a cui era stato detto di non fare qualcosa e che adesso tutti volevano rimproverare facendole capire il suo errore. Che pizza!
 -Serrano ha detto di farci usare l’ascensore per riportare Vale in classe.-
 -Certo, non ci sono problemi.-
 L’ascensore era il mezzo che la preside usava quelle poche volte che decideva di salire al piano superiore. In cinque anni di scuola l’avevo vista salire al massimo in un paio di occasioni, quella donna tendeva a stare semplicemente chiusa nel suo ufficio dando ordini senza muoversi da lì.
 Per gli studenti l’ascensore era assolutamente offlimits, quindi mi sentivo un po’ privilegiata nel poterlo usare…
 Alberto si avvicinò all’ascensore e dopo che ebbe inserito la chiave, le porte di metallo si spalancarono davanti ai nostri occhi, ponendoci davanti un piccolo spazio in cui sì e no ci poteva entrare la preside da sola e non avanzava neanche un centimetro quadrato.
 -Come vedete dovrete salire da soli, anche volendo non c’è spazio per tutti e tre.-
 -Lo avevamo notato-, disse Massi ironico.
 -Allora, vi aspetto su-. Alberto ci sorrise e si diresse con calma verso le scale.
 Mi voltai di nuovo a guardare l’ascensore aperto, mentre, senza volerlo, stringevo la maglietta di Massi, a cui mi ero aggrappata. Quell’ascensore non mi convinceva per niente.
 -Che c’è?- chiese lui guardandomi. –Adesso non ti fidi neanche di un ascensore.-
 Lo fissai a dir poco imbestialita. Il suo tono non mi era piaciuto per niente, non ci voleva troppo a capire che quello stupido aveva ancora voglia di litigare.
 -Non è colpa mia se l’aspetto di questo aggeggio non mette per niente a proprio agio chi ci deve salire. Preferirei che prendessimo le scale…-
 -Non dire stupidaggini. Non puoi salire le scale e di certo non ti posso portare io fin al piano di sopra: se non lo sai, sei pesante.-
 La sua voce era sempre più irritata e questo mi fece indispettire ancora, come se già non mi sentissi abbastanza nervosa.
 -Allora, mettimi giù. Non sono stata io a chiederti di prendermi in braccio, me la sarei cavata benissimo anche da sola.-
 -Sì, come no… Se non fossi intervenuto, tu saresti stesa sotto la rete da pallavolo priva di sensi. Certo che hai uno strano modo di ringraziare chi viene in tuo soccorso.-
 Fissò i suoi occhi nei miei, ma questa volta la rabbia non venne meno: era come se quegli occhi si stessero prendendo gioco di me. Mi scrutavano come se conoscessero perfettamente i miei sentimenti e si stessero divertendo a calpestarli senza alcuna esitazione. La rabbia mi montò dentro come l’onda di uno tsunami, con la potenza di un uragano portando via tutte le buone intenzioni che potevo aver avuto fino a quel momento.
 Avrei voluto prendere Massi a schiaffi ma decisi che era meglio ignorare quella strana ira che si era impossessata del mio corpo.
 -Guarda che non ti stavo ringraziando-, risposi distogliendo lo sguardo per evitare che i miei occhi stessero un secondo di più in contatto con quelli di Massi.
 -Che razza di educazione-, mormorò lui alzando gli occhi al cielo ed entrando nell’ascensore.
 Con delicatezza mi posò a terra continuando a sorreggermi da dietro la schiena, tenendo il braccio intorno al mio bacino mentre io mi aggrappai alla sua spalla.
 Premette il tasto 1 e le porte dell’ascensore si chiusero.
 Nella nostra scuola c’erano solo due piani quindi l’ascensore non doveva fare troppa strada e di conseguenza le porte si sarebbero dovute riaprire quasi immediatamente, eppure qualcosa non quadrava: non si sentiva alcun rumore, non sembrava che ci stessimo muovendo, però le porte si erano chiuse.
 Subito alzai lo sguardo verso Massi e quello che vidi mi gelò il sangue nelle vene: il suo volto era serio e fissava con impazienza le porte come se stesse pregando che si spalancassero.
 Avevo il presentimento che quelle porte non si sarebbero aperte tanto presto e questo stava cominciando ad agitarmi, anzi mi stava mandando letteralmente in panico.
 -Massi…-, mormorai con tono preoccupato.
 -Sta tranquilla-, rispose lui cercando di mantenere un tono sicuro. –Ci tireranno fuori subito.-
 Chissà perché non mi fidavo troppo delle sue parole.
 Passarono un paio di minuti e a un certo punto sentii una voce ovattata che doveva arrivare dall’esterno.
 -Ragazzi. State bene?-
 Era Alberto!
 -Sì, ma cosa è successo?- urlò Massi per riuscire a farsi sentire. –Perché le porte si sono bloccate?-
 -Non lo so. Ma tra poco vi tireremo fuori. Stanno chiamando il tecnico e i Vigili del Fuoco, e tra poco anche i genitori di Vale saranno qui, perciò non preoccupatevi, sarete fuori subito è solo questione di qualche minuto.-
 Tirai un sospiro di sollievo, per un attimo avevo temuto che saremmo rimasti intrappolati in quell’ascensore, morendo per mancanza d’ossigeno. Non avevo alcuna voglia di fare la fine di Aida e Radames.
 -Certo che devi aver pregato parecchio-, disse Massi con tono giocoso.
 -Come scusa?- non avevo capito per niente quello che stava cercando di dirmi.
 -Nel senso che alla fine sei riuscita a fare in modo che io fossi vittima di una disgrazia solo che ci sei andata di mezzo anche tu. Chi lo sa, forse avevano finito le meteoriti.-
 -Ma quanto sei spiritoso-, mormorai irritata.
 Passammo qualche secondo in silenzio poi stanca del fatto di dover dipendere da Massi mi staccai da lui, lasciandolo parecchio sorpreso, e mi appoggiai alla parete dell’ascensore stando attenta a non poggiare il piede destro a terra- ci mancava solo che ricominciasse a farmi male come pochi minuti prima anche se il dolore continuava a persistere e sembrava persino che la caviglia si stesse gonfiando.
 Massi si appoggiò alla parete di fronte alla mia, come per allontanarsi il più possibile- non che fosse semplice in un buco di un metro per uno- e mi fissò quasi offeso.
 -Che c’è?- chiesi scocciata.
 -Ti sto proprio antipatico, eh…-
 Sussultai a quelle parole. Se solo avesse saputo la verità, probabilmente sarei stata io ad essere antipatica a lui.
 -Non mi sei antipatico, però ho i miei motivi per starti lontana. E credimi, è per il bene di entrambi se preferisco non essere tua amica.-
 -Ma ti senti quando parli? Che significa “per il bene di entrambi”? Mica sei una bomba pronta ad esplodere da un momento all’altro…-
 Possibile che dovesse essere sempre così pignolo?! Che importava il perché, dovevo e volevo stargli lontana, non c’era bisogno di dare ulteriori spiegazioni.
 -Non voglio avere a che fare con te punto e basta, non mi sembra di doverti altri tipi di motivazione-, sentivo le lacrime pungere dietro gli occhi ma non potevo di certo lasciare che uscissero, in caso contrario avrebbero decretato la mia condanna.
 I toni della conversazione stavano cominciando ad infervorarsi ma non avevo idea di cosa fare per distendere l’atmosfera.  
 -Per me c’è qualcosa sotto…-, cominciò Massi con tono di sospetto. –Prima mi critichi, poi dici di odiarmi, alla fine sembra che riusciamo a comportarci come persone civili, e adesso ci rimettiamo a litigare come due deficienti! Io non ci sto capendo più niente ma sento che la soluzione di questo problema ce l’hai tu, quindi parla!-
 -Tu non ci stai capendo niente? E io cosa dovrei dire?! Passi dall’irritato al gentile con la stessa velocità della luce. Quella confusa dovrei essere io. Per di più il tuo rapporto con Delia mi incasina ancora di più la situazione!-
 Mi resi immediatamente conto di aver parlato troppo, non avrei dovuto chiamare in causa la sua ragazza. Accidenti a me e alla mia linguaccia!
 -E adesso che c’entra Delia?- chiese lui stupito.
 -Tutto!- esclamai esasperata. –Possibile che tu non riesca a capire?!-
 Non era colpa mia se io ero troppo codarda per confessargli la verità e lui troppo idiota per afferrare il nesso di tutti i segnali che li avevo mandato inconsapevolmente.
 -Di che diavolo stai parlando?!- esordì confuso. –Stavamo parlando di te e me, non di Delia. Lei non ha niente a che fare con i tuoi sbalzi di umore.-
 -Sì, invece-, insistetti abbassando lo sguardo.
 -Perché?- il suo tono era sempre più confuso ed esasperato.
 Alzai lo sguardo di scatto. Ormai era inutile continuare a fingere, prima o poi i miei sentimenti sarebbero venuti a galla ed io non ne potevo più di tenermeli dentro, stavano corrodendo il mio cuore e la mia anima.
 -Vuoi davvero sapere perché?- cominciai con tono calmo ma i miei occhi fissi in quelli di Massi avrebbero potuto incenerirlo in un attimo tanto erano pieni di rabbia.
 Lui rispose al mio sguardo e capii che voleva davvero sapere cosa stesse succedendo.
 Presi un lungo respiro prima di dire:
 -Perché la invidio.-
 -Cosa?- aggrottò la fronte sempre più confuso.
 -Io invidio Delia Barton, e ti assicuro che non è per la sua bellezza o per i suoi soldi. Quindi fatti un paio di conti e cerca di capire questa volta!-
 Massi continuava a fissarmi con la stessa faccia di uno che aveva appena saputo che Serrano e Longo si erano messi insieme: era a dir poco confuso ed incredulo.
 Forse era stato il suo sguardo spiazzato, che mi appariva così dolce e tenero, o forse la consapevolezza che ormai avevo raggiunto il punto di non ritorno e che niente sarebbe stato più come prima ma senza che me ne rendessi conto avevo preso il viso di Massi tra le mani e avevo unito le nostre labbra. Probabilmente così avrebbe capito ogni cosa una volta per tutte e sarebbe stato contento!
 Avevo immaginato che le labbra di Massi mi sarebbero risultate così calde ed invitanti, come avevo immaginato che baciarle mi avrebbe portata dritta in Paradiso, quello che non avevo previsto era la reazione di lui. Pensavo mi avrebbe respinta, magari anche schifato dal mio gesto, e invece quello che fece mi lasciò completamente disorientata. La sua bocca si era schiusa rendendo il bacio più profondo e le sue mani si erano posate sulla mia schiena attirandomi a lui, facendo aderire completamente i nostri corpi, imprigionandomi in quella gabbia ardente e piena di passione. Speravo con tutto il cuore che qualcuno si fosse preso il disturbo di buttare via la chiave di quella gabbia! Volevo che quel momento non finisse mai, che le nostre labbra continuassero a toccarsi e a cercarsi. Persi completamente la cognizione del tempo e dello spazio, a malapena ricordavo il mio nome. Non esisteva nulla! Solo Massi, le sue labbra e le sue mani che continuavano a tenermi saldamente ancorata al suo corpo.
 In diciott’anni di vita non mi ero mai sentita così completa e felice come in quel momento.
 Sapevo che Massi amava Delia e che probabilmente stava ricambiando il mio bacio solo per un basso istinto maschile- quell’istinto che era situato a sud dell’ombelico- ma non me ne importava un bel niente. Avevo desiderato quel bacio per mesi e avevo tutte le intenzioni di godermelo fino in fino, o almeno fino a quando mi sarebbe stato permesso.
 Evidentemente qualcuno aveva deciso che il mio piccolo istante di follia doveva giungere al termine perché Alberto da fuori gridò:
 -Ragazzi, i Vigili del Fuoco stanno per aprire le porte.-
 Fu come svegliarsi da uno strano sogno. Mi staccai lentamente da Massi guardandolo negli occhi mentre lui ricambiava il mio sguardo. Avrei voluto possedere il dono di leggere nel pensiero per capire cosa gli stesse passando per la testa. Aveva capito tutto? Oppure aveva preso il mio gesto come una specie di gioco? Si stava domandando quali fossero le mie intenzioni?
 Un rumore deciso provenne dalle porte e subito ci separammo tornando a poggiarci sulle pareti opposte dell’ascensore, puntando i nostri sguardi ovunque tranne che verso l’altro.
 Avevamo entrambi uno strano fiatone come se avessimo corso la maratona di New York, e in un certo senso avevamo fatto attività fisica anche se non era proprio uno sport lecito in un luogo pubblico e soprattutto scolastico.
 Le porte cominciarono ad aprirsi lentamente e due uomini con indosso la divisa da Vigili del fuoco ci sorrisero con fare rassicurante. Non fecero in tempo a parlare che una cascata di capelli biondi si fiondò all’interno dell’ascensore saltando addosso a Massi.
 -Delia!- esclamò lui colto alla sprovvista.
 -Come stai?- chiese lei praticamente stritolandolo. –I ero so preoccupata…-
 Ma che razza di lingua era?! Giocava a fare una parola in italiano e una in inglese…?
 Ero a dir poco sconcertata.
 Qualunque lingua quell’oca parlasse, però, era e rimaneva la fidanzata di Massi e lui la stava abbracciando senza lamentarsi e soprattutto senza guardarmi perciò avevo capito l’antifona: non avevo chance contro di lei, e non avevo alcuna intenzione di sentirmelo dire proprio da Massi. Perciò in quel momento presi una decisione… Non avrei mai più rivolto la parola a Massi neanche sotto tortura…! A costo di passare per una bambina fifona, avrei evitato Massi per il resto dei miei giorni, che praticamente equivalevano almeno alla fine di quell’anno scolastico.
 -Vale!- una voce familiare mi destò dai miei pensieri lugubri.
 Un uomo stava davanti all’entrata dell’ascensore. I capelli neri e il pizzetto dello stesso colore, gli occhi così simili ai miei, e indossava un paio di occhiali senza montatura. Era arrivato il mio vero eroe!
 -Papà!- esclamai con le lacrime agli occhi buttandomi ad abbracciarlo. Fortuna che mio padre aveva appena quarant’anni altrimenti gli avrei di sicuro incrinato qualche costola.
 Lui mi abbracciò preoccupato e poi mi prese in braccio sollevandomi in modo che non rischiassi di poggiare il piede a terra. Non lo avevo notato prima ma la caviglia si era gonfiata in modo preoccupante.
 -Andiamo in ospedale…- mormorò lui con tono rassicurante, mentre io mi aggrappavo al suo collo e piangevo senza farmi vedere dagli altri.
 Era bello stare tra le braccia di mio padre, lui mi aveva sempre protetta e aveva sempre cercato di lenire il mio dolore, ma questa volta sarebbe stato diverso… Neanche lui poteva placare l’enorme fitta che sentivo all’altezza del cuore. C’era una sola persona al mondo che avrebbe potuto farlo, la stessa che lo aveva causato, ma lui era troppo impegnato a rassicurare la ragazza che amava per potersi preoccupare di un’insignificante stupida come me.











***L'Autrice***
 Lo so, può sembrare che le cose si stiano complicando un po'- okay, forse si stanno davvero complicando...^^- ma vi assicuro che è normale, quando posterò i prossimi capitoli tutto vi apparirà più chiaro, e tutte le domande che vi siete e che mi avete posto in tutto questo tempo troveranno la loro risposta... Perciò dopo aver letto questo capitolo non saltate a conclusioni affrettate...^^
 Immagino che la scena del bacio abbia scatenato un putiferio e adesso sono proprio curiosa di sapere che cosa ne pensate... xD
 
 Ovviamente ricordo che potete trovare altre informazioni su questa storia visitando il forum, il gruppo su facebook, la pagina su Facebook, e anche il mio profilo su Facebook (Scarcy Novanta) aggiungetemi se volete...^^




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 P.S. Ho risposto alle recensioni con la nuova funzione di EFP... ^^ Spero che siano arrivate... xD
   
 
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