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~ Un passo avanti e due indietro ~
Brusii. Bisbigli. Sussurri. Occhiate di sottecchi. Dita puntate.
Era da un’intera settimana che li sopportava. Si infilò
nel bagno delle ragazze e richiuse la porta, appoggiandovisi contro. Si lasciò
scivolare a terra e si prese la testa tra le mani. Ormai quel bagno le era
familiare tanto quanto camera sua. Sarebbe rimasta volentieri lì per sempre.
Oh, certo. Infestare
i bagni scolastici è proprio la soluzione per tutti i tuoi problemi…
Il cellulare vibrò nella tasca dei pantaloni. Un
messaggio. Da Brad.
Dove 6? Tutto bene? Vuoi un passaggio a casa?
Il cuore le batté forte. Da
quando aveva saputo che era incinta, Brad era diventato ancora più premuroso
del solito. E, siccome Rachel non aveva voluto dirgli
chi fosse il padre, sembrava che il ragazzo avesse deciso di accollarsi le
responsabilità di quel ruolo vacante. Non poteva fare a meno di chiedersi
perché…
Scordatelo, Rachel. Lui sta con la ragazza più
popolare della scuola e tu hai un corpo estraneo in pancia che tra poco ti farà
gonfiare come un pallone: se mollasse Amanda Lindsay per mettersi con te, dovresti
farlo ricoverare. E subito.
Sospirò. Era davvero così
improbabile che questa storia della gravidanza avesse fatto sì che Brad
finalmente si fosse accorto di essere innamorato di lei da sempre e decidesse
di lasciare Amanda per chiederle di diventare la sua ragazza e passare il resto
della loro vita insieme?
… Davvero vuoi che ti risponda?
Sbuffò. Va bene, va bene: si
era lasciata un po’ trasportare dalla fantasia. Lo sapeva benissimo che Brad si
interessava a lei solo per gentilezza, ma che male c’era a sognare?
Direi che è ora di piantarla con i sogni, Rach:
quelli non pagano i conti della clinica alla fine del mese. Devi rimboccarti le
maniche, cocca. Cercare un altro lavoro oltre a quello in libreria. E trovare
una macchina: non puoi farti scorrazzare sempre da Cora.
Né, tantomeno, da Brad. Devi diventare indipendente, ragazza mia: tra poco ci
sarà qualcun altro che dipenderà da te.
Grazie, ma mi dà uno strappo Cora,
scrisse e inviò, anche se era una bugia: Cora e Lula avevano dei corsi extracurricolari quel pomeriggio.
Avrebbe preso l’autobus, si disse, oppure avrebbe fatto la strada a piedi.
Effettivamente non era il caso di coinvolgere Brad in quel pasticcio.
Si alzò con calma per non farsi
prendere dalle vertigini, come era successo due giorni prima alla fine dell’ora
di Fisica 3, e sciacquò le mani e il viso. Provò qualche acconciatura allo
specchio giusto per perdere tempo e far uscire la gran parte degli studenti.
Poi abbassò la maniglia e uscì di nuovo nel corridoio semi-deserto. Contenta,
si avviò verso il suo armadietto, del tutto impreparata ad affrontare chi vi
stava appoggiato con una spalla.
“Ce ne hai messo di tempo!”
esclamò Dick, squadrandola corrucciato.
Di riflesso, Rachel guardò
dietro di sé per vedere se stava parlando con qualcun altro. Ma no: era l’unica
nel corridoio. Tornò a fissare gli occhi irritati del ragazzo. “Aspettavi me?”
“E chi altri?” sbottò,
spostandosi quando Rachel aprì l’armadietto per prendere i libri da mettere nello
zaino. “Dobbiamo parlare.”
Si irrigidì nel prendere il
libro di Spagnolo e si guardò intorno nervosa, intuendo al volo di cosa il compagno voleva parlare.
“D’accordo, ma possiamo andare da un’altra parte?”
Dick scrollò le spalle e le si
affiancò. “La mia macchina?”
Sempre meglio del piazzale… “Okay.”
Lo seguì in silenzio e
altrettanto silenziosamente salì sul pick-up. L’altra volta non aveva notato
quanto fosse tenuto bene.
L’altra volta avevi di meglio da fare che guardare gli interni.
Arrossì e si morse la guancia,
giocherellando con l’orlo della maglietta mentre aspettava che Dick
incominciasse a parlare. Invece, il ragazzo le mise sotto il naso una mazzetta
di banconote stropicciate. Rachel le occhieggiò, confusa.
“Prendili” la incitò Dick. “Sono
duecento dollari: non sono un granché, ma è sempre meglio di niente.”
“Perché mi stai dando dei
soldi?”
Lui le lanciò un’occhiata
storta. “Sei incinta.”
“Sì, ma…”
“E so che il bambino è mio. E
non me ne frega un cazzo di quello che dicono le tue amiche: ho dei diritti
anch’io! Quindi, prendi questi fottutissimi soldi!”
Glieli sbatté in grembo e si
mise a fissare qualcosa oltre il parabrezza dell’auto, con la bella bocca
imbronciata e le dita che stringevano il volante. Rachel non toccò le banconote,
sentendo un vuoto nello stomaco. Appoggiò le mani sul ventre con fare
protettivo. “Se mi stai dando questi soldi per farmi abortire, guarda che–”
“No, no, no! Non
hai capito!” la interruppe Dick, agitando le mani. Sospirò e si
raggomitolò nel sedile, abbassando lo sguardo. “Lo so che sei contro l’aborto e
non voglio farti pressioni. Anche perché, a dirla tutta, non piace nemmeno a me
l’idea. Quei soldi sono per pagare l’ecografia o per comprare dei vestiti o dei
biberon o che so io.”
Rachel rimase in silenzio,
continuando a fissare i dollari sparsi sulle sue gambe.
“Ovviamente
te ne darò altri: questo è quanto mi era rimasto dai miei lavori estivi, ma
sono già in contatto con un negozio di dischi che ha bisogno di un commesso e
se non bastasse potrei controllare se c’è bisogno in qualche fast food e… Oh, Cristo! Di’
qualcosa, per favore: non continuare a farmi blaterare come un cretino!” sbottò
poi, passandosi una mano sul volto imbarazzato.
Lo osservò, mentre lui si
mordeva l’interno della guancia e fissava la radio del pick-up con espressione
accigliata. Raccolse i soldi. “Ne sei sicuro? Voglio dire, è un grosso impegno” mormorò.
Dick alzò gli occhi.
Fiammeggiavano di rabbia. “Pensi che non ne sia in grado, vero? Pensi che sia
un perdente che scappa di fronte al primo ostacolo!”
“No, non è vero!” Sì, che è vero, Rach:
lo hai pensato. “È solo che non sembri il tipo che vuole avere a che fare
con inconvenienti di questo genere…”
Fece una smorfia, incrociando
le braccia al petto e scostando lo sguardo. “Non mi è mai capitato, in realtà.
Ma questo non vuol dire che intendo tirarmi indietro: quel bambino è affar mio
come tuo. L’ultima volta che ho controllato, siamo stati in due a farlo. Quindi
voglio esserci, nonostante quello che dicono le tue amiche.”
Cos’è che aveva detto Lula? Di buono aveva solo il bell’aspetto e gli spermatozoi
che facevano centro? Avrebbe dovuto avvertirla che con quella bocca sexy sapeva
fare altro oltre a quella cosa con la lingua e…
Okay, controlla gli ormoni che ballano la samba, Rach:
devi rispondergli.
“Tu hai parlato con le mie
amiche?” biascicò. Dick le lanciò un’occhiata storta. “Okay, lascia perdere le
mie amiche: questo riguarda… noi due.” Si schiarì la voce, sentendo il rossore risalirle
dal collo verso le guance e poi estendersi alle orecchie. “Sei il padre ed è
giusto che tu abbia voce in capitolo. Soprattutto per quanto riguarda la scelta
della famiglia adottiva.”
Dick sgranò gli occhi, colto
alla sprovvista. “Famiglia adottiva? Vuoi dare via il
bambino?”
“Ci sto pensando,
Dick. Insomma, sarebbe per il bene del Fagiolino. Cioè, del bambino. Cosa vuoi
che combini di buono una mamma di diciassette anni?”
“Ma tua madre… i tuoi non ti
vogliono dare una mano?”
“Veramente, non gliel’ho ancora
detto…”
Dick aprì e richiuse la bocca
un paio di volte. Poi scosse la testa. “Quella dell’adozione, è una scelta
definitiva?”
Rachel scrollò le spalle. “Non
lo so. Ma non è quello il problema più urgente…”
“E quale sarebbe?”
“Beh, in realtà sarebbero due.”
“Sentiamoli.”
Lo studiò, colpita. Davvero gli
importava? “Devo trovarmi un altro lavoro per mettere da parte abbastanza soldi
per comprarmi un’auto.”
Anche Dick la squadrò con
espressione stupita. “Tu hai un lavoro?”
“Che male c’è?” chiese, sulla
difensiva.
“No, niente. È solo che… beh,
pensavo che la tua famiglia fosse benestante.”
“I miei non hanno problemi di
soldi!”
“E allora perché…?”
“Affari miei, okay?” Ma chi si
credeva di essere?
Mah… Giusto il padre del Fagiolino.
… Beh, comunque, non aveva il
diritto di farle un terzo grado! Erano cavoli suoi se lavorava o meno.
Dick alzò le mani in segno di
resa. “D’accordo, d’accordo: non incazzarti.”
Rachel fece una smorfia. “Non
sono arrabbiata.”
“Sembrava. Comunque, è inutile
spendere soldi per un’auto, quando hai già la mia a disposizione.”
“La tua…? Tu mi accompagneresti?”
“Che c’è di strano?”
Beh, diciamo tutto? Oddio, ma si rendeva conto di quello che
stava dicendo? “Non so, non hai amici da frequentare? Ragazze
con cui uscire?”
“Certo.”
“E allora hai intenzione di
scaricarli tutti per scarrozzarmi qua e là?”
“Assolutamente no! Ma che dici?” esclamò, strabuzzando gli occhi. “Cioè, a
parte questa storia, tu hai la tua vita e io la mia, no?”
Ah, ecco. Le sembrava strano.
La fragile speranza che aveva cominciato a nascerle nel cuore, si spense come
il lumino di una candela. La delusione le si accumulò nella bocca dello
stomaco.
Ma che ti aspettavi, Rachel? Solo perché ha deciso
di essere presente mica vuol dire che mollerà tutti per giocare alla piccola
famiglia felice con te. Hai visto troppi film della Disney, mia cara.
All’improvviso sentì la rabbia
montare. Contro Dick, contro il Fagiolino, contro se stessa.
“Dove ti porto, allora?” Dick
la osservava con curiosità e lei digrignò i denti.
Con calma, Rachel. Respira a fondo e conta prima di parlare.
“Da nessuna parte” ringhiò.
Ehi, ti avevo detto di contare!
“Come ‘da nessuna parte’?”
Rachel prese un gran respiro e
contò velocemente fino a dieci. La mano destra era chiusa in un pugno che si
contraeva a intermittenza. “Apprezzo la tua offerta, Dick: è molto di più di
quanto mi aspettassi. Ma non ho bisogno né di un benefattore, né di un autista.
Ho bisogno di altro. E tu non puoi darmelo.”
“Mi stai tagliando fuori?”
domandò, furioso.
“Non”
gridò, prima di sforzarsi di parlare con più calma “ti sto tagliando fuori. Sto solo dicendo che non ho bisogno di un ragazzo che per
scrollarsi di dosso il senso di colpa mi regala dei soldi e si offre di darmi
qualche passaggio da casa a scuola e viceversa!” Niente, non riusciva a tenere
a freno l’irritazione. Maledetti ormoni! Respirò di nuovo a fondo. “Senti, ti ringrazio dei soldi, ma non posso accettarli, okay?
Comunque, se vuoi, ti terrò informato sui futuri sviluppi.”
Gli rimise le banconote in mano e uscì dal pick-up così in fretta che le
vennero le vertigini. Si aggrappò alla portiera ancora aperta.
Occhio: la dottoressa Guerrero ti aveva detto
di non fare movimenti improvvisi.
“Che ti prende?” Nel tono di
Dick si poteva ancora percepire la collera.
“Niente” masticò tra i denti,
continuando a sostenersi alla portiera.
“Rachel?”
Alzò lo sguardo. “Brad?!”
“Cosa ci fai ancora qui? E assieme a Dick, poi” aggiunse il ragazzo, col volto rabbuiato.
Quando, però, si rese conto di quanto fosse pallida, si avvicinò in men che non si dica per aiutarla. “Rach?
Stai bene? È il bambino, vero? Non dovresti strapazzarti: ho letto che i primi
mesi sono molto stancanti.”
Il suo sguardo color caffè
esprimeva una forte preoccupazione. Rachel sentì le lacrime pungerle agli
angoli degli occhi. Ma perché doveva essere lui a darle quella sensazione di
sicurezza che cercava? Si schiarì la voce e gli rivolse un sorriso fiacco. “Va
tutto bene: ho avuto solo un piccolo capogiro.”
Brad non rimosse le mani che le
stringevano le braccia e guardò all’interno del pick-up con espressione dura.
“Ehi, che combini, amico?”
Dick aggrottò le sopracciglia,
atteggiando il viso a una maschera altrettanto risoluta.
“Se le hai fatto qualcosa…”
Prima che Dick potesse replicare, Rachel si intromise, appoggiando le mani sul
petto del biondo e spingendolo via con delicatezza.
“Non è successo nulla” decretò,
rimettendosi lo zaino in spalla. “Sul serio” aggiunse, notando la smorfia
diffidente dell’amico. “Ci vediamo lunedì.”
“Dove stai andando?”
“A prendere l’autobus.”
“L’autobus? Ma non ti doveva
dare un passaggio Cornelia?”
Rachel si morse l’interno della
guancia. “Non mi ricordavo che aveva un corso oggi pomeriggio.”
Brad la raggiunse e,
prendendola per un gomito, cominciò a condurla verso la sua auto. “Andiamo, ti
accompagno a casa” le disse con voce gentile e capelli che brillavano nella
luce del tardo pomeriggio.
“Ma non c’è bisogno, io…”
“Insisto.”
Rachel smise di protestare e si
lasciò guidare dal ragazzo. Si voltò a guardare Dick, che li osservava cupo dal
suo pick-up, e si sentì all’improvviso in colpa.
E per cosa, Rach? Tu hai la tua vita e lui la sua,
ricordi?
Si voltò, sospirando, e lanciò
un’occhiata di sottecchi a Brad.
Ciononostante, per quanto tu lo voglia, nemmeno
Mr. Cavaliere-Senza-Macchia-E-Senza-Paura è la
soluzione ai tuoi problemi…
Si imbronciò. Lo sapeva, lo
sapeva benissimo. Brad le strinse un po’ di più il gomito e
le sorrise incoraggiante. Il cuore di Rachel frullò nel petto,
emozionato.
Brad non era la soluzione, lo
sapeva. Ma non c’era niente di male a passare il successivo quarto d’ora a
trastullarsi col pensiero che potesse esserlo, no?
Commenti:
Ed ecco il primo
incontro (anche se sarebbe meglio dire scontro) tra i due protagonisti. Che
dire? Dick sta facendo uno sforzo, ma non è quello di cui Rachel sente di avere
bisogno… Riusciranno mai a trovare un punto d’incontro? Chissà…
Questo
meraviglioso sito ha messo in auge una fantastica applicazione che consente di
rispondere a ogni persona che recensisce anche prima di pubblicare un capitolo,
ma io volevo comunque ringraziare moltissimo Nickyley, Lucille_Arcobaleno, Plastic e Gea_Kristh per aver commentato
lo scorso capitolo. Vi ringrazio tanto, ragazze: sapere che la storia piace e
che i personaggi non sono odiosi mi sprona a continuare a scrivere del futuro
del Fagiolino!^^
Ringrazio anche
tutti coloro che perdono cinque minuti del loro tempo per dare un’occhiatina a
questa storia e spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.
Alla prossima
settimana con un altro capitolo dal punto di vista di Dick!
Un abbraccio
virtuale a tutti/e!
Ale