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Autore: Halosydne    22/11/2010    8 recensioni
Andromeda Black è sola, quest'anno. Sua sorella Bella è ormai diplomata, e lei si sta lasciando andare. Ma alla fine dei conti, è davvero un male? Queste sono le sue riflessioni durante un'ora particolarmente noiosa di Divinazione. E un incontro speciale che sarà come risvegliarsi.
Storia classificatasi seconda all'Hogwarts e dintorni contest di Lellas92 e malandrina4ever.
Questa fic partecipa alla Characters&Themes Challenge indetta da vogue91.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Tonks, Ted Tonks | Coppie: Ted/Andromeda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'Such a lonely day, and it's mine.'
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Personaggio 33 __Andromeda Black.
Tematica: Solitudine. 

 

 

 

 

E questa solitudine che sento sarà il prezzo per un po' di libertà ↔

 

 

 

 

 

 

Andromeda Black camminava veloce lungo il corridoio del settimo piano.
La lezione di Divinazione sarebbe iniziata di lì a… guardò l’orologio. Cinque minuti prima. Dannazione.
Si trattenne dall’imprecare –sarebbe stato poco consono alla sua condizione di nobile purosangue– e accelerò il passo, sempre tentando di ostentare contegno davanti ai pochi ritardatari che come lei si affrettavano a raggiungere le loro aule.
Si chiese come fosse possibile che proprio lei, famosa per la sua precisione e accuratezza, per la sua puntualità quasi proverbiale, quel giorno fosse in ritardo. Insomma, era al sesto anno, ormai prossima alla maggiore età, chiunque si sarebbe aspettato da lei un minimo di responsabilità in più.
E invece, proprio quell’anno aveva iniziato a lasciarsi andare un po’. Si trascurava, arrivava spesso in ritardo, a volte dimenticava di fare i compiti.
A se stessa aveva raccontato che era perché non c’era più lo spauracchio dei G.U.F.O. a tenerla in riga. Ma, in fondo, sapeva che il motivo era un altro.
Era Bella.
La sorella maggiore, che le era stata vicina quanto e più di una madre, che aveva accompagnato i suoi primi passi nella vita e poi nel mondo magico, che nonostante il caratteraccio era la persona più importante di tutte per Andromeda, si era diplomata nel giugno precedente.
E quell’anno, per la prima volta, Maddie non aveva più la sua confidente fidata con la quale scambiare quattro chiacchiere la sera prima di andare a dormire, alla quale raccontare i suoi piccoli problemi, per vedersi prima bonariamente derisa e poi confortata e aiutata.
La sua sorellona, sua unica amica oltre alla piccola Cissy –troppo diversa da lei, comunque, perché tra le due ci fosse un rapporto anche solo simile a quello che Maddie aveva con Bella– tra le mura di quel castello, era ormai prossima alle nozze con il più anziano dei fratelli Lestrange, e, stando a quanto diceva nella sua ultima lettera, era molto felice di poter portare lustro alla nobile famiglia Black con il suo matrimonio.
Bella era diventata un’adulta ormai. Di lì a qualche mese, non sarebbe stata più una delle inseparabili sorelle Black, ma la signora Lestrange. E Maddie non sarebbe più stata chiamata con quel nomignolo da lei, non avrebbe più scambiato sguardi di affetto, divertimento, paura o tristezza con lei, non avrebbe più dormito nel suo letto durante le vacanze, se un incubo o una preoccupazione le impedivano di dormire. Sarebbe stata sola. Come in quel momento.
Incurante del suo alto lignaggio, al quale sapeva di fingersi interessata solo per compiacere sua sorella in quella che riteneva una sciocca fissazione, Andromeda affrettò il passo e salì di corsa gli scalini a pioli che portavano all’aula di Divinazione.

L’atmosfera era cupa e quasi soffocante, l’aria dolciastra e il caldo insopportabile.
Andromeda odiava l’aula di Divinazione. E a dir la verità, neanche la materia le piaceva più di tanto: l’aveva scelta su consiglio di Bella, che invece era molto interessata ai segreti del destino.
Sospirando, si abbandonò stancamente su un pouf davanti a un tavolino solitario, ringraziando mentalmente Merlino per quella fortuna: avrebbe potuto continuare a rimuginare sui suoi problemi senza dover leggere la mano a nessuno. Poggiò la testa sulle braccia incrociate e chiuse gli occhi, mentre il professor Alaware cianciava di metodi avanzati di previsione del futuro.
Si riscosse bruscamente, per un attimo colta dal pensiero di quanto quell’atteggiamento fosse poco decoroso. Si riassettò le pieghe della gonna, provò a sistemarsi un po’ i capelli castani, e chiuse il polsino destro della camicia, che era sbottonato.
Con uno sbuffo sonoro, che attirò l’attenzione di qualche studente svogliato seduto nelle vicinanze, pensò a quanto odiasse le camicie. Erano così scomode, così rigide e ingessate! Sin da bambina, le aveva trovate molto belle a vedersi, eleganti e raffinate, ma aveva preso in grande antipatia tutti quei bottoni e quelle asole. Arrivata a Hogwarts, però, si era dovuta adattare a indossarla ogni giorno tranne il sabato e la domenica, perché faceva parte della divisa scolastica e lei era tenuta ad indossarla. Ricordò gli inizi del suo primo anno, quando andava in giro con i polsini sbottonati perché le davano un fastidio enorme, e di tutte le volte che Bella l’aveva ripresa per questo.
Ora però posso tenerli come mi pare… si disse con un certo stupore. E, quasi avessero vita propria e indipendente, le sue mani sbottonarono rapidamente quei polsini così stretti, che la stringevano come manette. Andromeda fissò le sue mani e i suoi polsi. Forse era stupido, forse era esagerato, ma si sentiva stranamente libera. Come se avesse potuto dormire in fondo all’aula o prendere una T a Storia della Magia o trascorrere un’intera mattina al parco invece che a lezione, se avesse voluto. Come se quel senso di solitudine che provava da settembre fosse il prezzo da pagare per un po’ di libertà. Un prezzo ragionevole, si disse Andromeda, meravigliandosi di se stessa. E poggiò nuovamente la testa sulle braccia incrociate, per farsi un bel sonnellino ristoratore che solo qualche mese prima non si sarebbe mai concessa.

Si svegliò al suono della campanella, quasi due ore dopo, riscossa dal rumore di sedie che grattavano sul pavimento e di piedi che si affrettavano a lasciare quella soffitta immersa nei vapori del bollitore da thè e dalla polvere di centinaia di sfere di cristallo.
Probabilmente, a sottrarla dal regno dei sogni contribuì anche una mano abbastanza robusta che la scrollava delicatamente.
«Ehi, tu! Psst! Ehi! Vuoi svegliarti?» una voce gioviale, maschile, la riportò definitivamente sul pianeta terra.
«Eh… mmm… sì. Sono sveglia. E tu chi sei?» domandò poi, squadrando il ragazzo biondo e paffuto che la sovrastava.
«Ted Tonks» rispose quello, lasciandole la spalla mentre lei recuperava la borsa e si avviava giù per la scaletta a pioli.
«Bene, Ted Tonks, grazie per avermi svegliato. Ora credo proprio che andrò a farmi fare un caffè giù nelle cucine». Andromeda si stupiva quasi di quella sua sicurezza nel commettere un’infrazione bella e buona al regolamento scolastico. Per non parlare del fatto che stava parlando con un perfetto sconosciuto, il cui cognome ignoto indicava chiaramente quanto poco puro fosse il suo sangue.
«Aspetta!» esclamò Ted, e lei si voltò a guardarlo, curiosa. «Come… ehm, come ti chiami?» chiese infine, arrossendo leggermente.
«Black» rispose lei lentamente. «Andromeda Black».
Ted Tonks sorrise. «Andromeda Black, sai di avere i polsini della camicia sbottonati?» domandò lui.
«Certo che lo so» e sorrise, rivolta più a se stessa che a lui. Poi notò che nemmeno Ted aveva i polsini sbottonati, e il suo sguardo si illuminò; non lo sapeva, ma in quel momento zia Walburga avrebbe detto che somigliava in maniera preoccupante a quel discolo del piccolo Sirius. «Ti va un caffè, Tonks?».
Forse, la libertà non andava necessariamente di pari passo con la solitudine.

 

 

 

· · L'angolino di Rò · · 

Ciao cari ^^"
Vi presento la mia ultima creatura, scritta per l'"Hogwarts e dintorni" contest indetto sul forum di EFP da Lellas92 e malandrina4ever.
Dovevamo scegliere un numero e una lettera, che corrispondevano a un personaggio e un luogo, che sarebbero stati protagonista e ambientazione della storia; e io ho scelto G 26: Andromeda Black, e l'Aula di Divinazione.
Non so come mi sia venuta in mente tutta la storia -di sicuro era molto diversa da quella che avevo pianificato ad Agosto quando ho ricevuto i prompts-,
fatto sta che mi piace immaginare Andromeda così: "libera" dopo la partenza di Bella, ma comunque sempre molto legata a lei.
E poi c'è Ted, che ovviamente non poteva mancare u.u
Ah, per inciso, io amo le camicie, ma da piccola mi stavano antipatiche proprio per via dei polsini :P
Ho deciso di trasferire questa mia antipatia a Dromeda perché questa metafora mi sembrava calzante, e soprattutto si ricollega a quando Ninfadora dice che il padre è uno sciattone :D
Bon, questa sera sono usciti i risultati e... sono arrivata secondaaaaaaaa!!

Ho cacciato un urlo pazzesco quando l'ho letto, ero troppo felice :)
Vi riporto gli splendidi giudizi delle altrettanto splendide giudicie - e preciso che quegli idiotissimi errori sono stati corretti .___.

 

SECONDA CLASSIFICATA: 
E QUESTA SOLITUDINE CHE SENTO SARÀ IL PREZZO PER UN PO‘ DI LIBERTÀ – Halosydne
 

Giudizio di malandrina4ever 
Grammatica: 9.3/10 
Stile: 9/10 
Originalità: 10/10 
Caratterizzazione: 10/10 
Gradimento Personale: 9.5/10 
Totale: 47.8/50
 

Allora, in grammatica ti hanno penalizzato due errori: uno di distrazione (provò senza accento), l’altro invece in questa frase: ‘Poi notò che nemmeno Ted aveva i polsini sbottonati, e il suo sguardo si illuminò’, in cui andrebbe ‘anche’ al posto di ‘nemmeno’ o ‘abbottonati’ al posto di ‘sbottonati’. A parte questo la tua storia è davvero bella e soprattutto originale: originale per il modo in cui hai fatto incontrare Andromeda e Ted, per l’espediente dei polsini sbottonati, per l’idea dell’influenza così forte di Bella sulla sorella. E la frase finale in particolare mi è piaciuta moltissimo^^ Lo stile è buono, forse ogni tanto c’è qualche periodo un po’ lungo che potresti spezzare, ma non rende comunque pesante la lettura. La caratterizzazione di Andromeda è bellissima, oltre che, come ti ho già detto, originale. E caratterizzare lei che nel libro dice due parole in croce, non era facile, quindi bravissima^^ 

Giudizio di Lellas92: 
Grammatica: 9.3/10 
Stile: 9.5/10 
Originalità: 10/10 
Caratterizzazione: 10/10 
Gradimento Personale: 10/10 
Totale: 48.8/50 

Grammatica va bene, ci sono degli errori che sono al 200% di distrazione, un passato senza accento e alla fine “Poi notò che nemmeno Ted aveva i polsini sbottonati”, credo intendessi dire “abbottonati”. Errori facilmente evitabili con una seconda lettura. 
Lo stile va bene, scorrevole e adatto alla storia e alla situazione, mi è piaciuto molto =) 
E’ originale, soprattutto per il modo in cui rendi i pensieri di Andromeda, per il modo in cui lei e Ted si sono conosciuti, davvero molto bella e particolare, complimenti. 
La caratterizzazione è davvero ben fatta, mostri bene le insicurezze di Andromeda, il suo desiderio di cambiare, il suo essere diversa da tutti gli altri Black e il suo desiderio di essere, appunto, libera. 
Mi è indubbiamente piaciuta, ti ho già spiegato il perché nel resto del giudizio, devo aggiungere che l’ho trovata anche spassosa e molto dolce specialmente alla fine, estremamente piacevole da leggere, davvero. Complimenti ^^ 
TOTALE: 96.6/100 

 

Inoltre, e stavo quasi per dimenticarlo, questa storia è la prima che scrivo per la Characters&Themes Challenge di vogue91:
il mio arduo compito è quello di scrivere 100 storie su 100 diversi personaggi della saga, che abbiano come tema la Solitudine. 

Bene, sarò felicissima di leggere qualsiasi commento vogliate lasciarmi :D
Ora vado a studiare Cicerone, addio T___T
Vostra,
Rò.


Credits: tutti i personaggi, meno eventuali OC, appartengono alla splendida Zia Jo, alla quale sarò per sempre debitrice. 
Il contest di Lellas92 e malandrina4ever lo trovate qui.
Invece qui trovate la Characters&Themes Challenge di vogue91.
Il (lunghissimo XD) titolo è tratto dalla canzone "Eppure mi hai cambiato la vita" di Fabrizio Moro. Volevo cambiarlo, ma poi ho deciso che era troppo adatto, e ho capito che non ne avrei mai trovato uno migliore. 

Non scrivo per fini di lucro, ma per la gioia che mi sa dare la parola scritta.

 

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