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Autore: Sasita    22/11/2010    14 recensioni
Siccome sono totalmente pazza, questo è ciò che nasce dopo una compito di grammatica... no, mi correggo, durante un compito di grammatica.
Jane si è fatto prete? Ma quando mai?
leggete, scoprite e recensite!
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'One Shot Jisbon'
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Patrick Jane era in una canonica.
No, non è uno scherzo e, no,  non era successo niente che avesse a che fare con la polizia, in quella chiesa.
Camminava per i corridoi delle piccole stanza dei frati, andando velocemente verso la cappella, a pregare.
Ora, vi chiederete,  che ci faceva Jane in una chiesa? E soprattutto, che ci faceva Jane a pregare?
Bè, se lo stava chiedendo anche lui, ad essere sinceri.
Non aveva ancora capito perché si era fatto prete. Così, a un certo punto, aveva preso i voti.
Ed era stato scandalo, nel CBI. Ai telegiornali, nei giornali, nelle riviste, nel suo curriculum. Tutto parlava del “truffatore convertito si fa prete”
Tutto era cominciato quando John  era stato trovato morto in un locale.
Sì, infatti, in un locale. Una persona passa una vita intera, sì è un iperbole metaforica,  alla caccia dell’uomo che le ha distrutto la vita uccidendole moglie e figlia e poi scopre che il tizio si divertiva all’insegno del “sesso droga e rock’n roll”.
Ovviamente la vita da “sesso droga e rock’n roll” si può fare fino a una certa età, ma superata la soglia dei 45 è meglio darsi una ripulita ed evitare superdosi di tutto, non solo droga. John il rosso era morto in seguito ad un attacco cardiaco e a un overdose mentre stava con una prostituta.
Bè, la cosa avrebbe il suo fascino, se poi Jane non si fosse fatto prete e la prostituta non si fosse suicidata.
Bè, inconvenienti. Succede.
Sì, ma certo non si sarebbe aspettato di veder Lisbon piangere, Grace andare dallo psichiatra e Cho sganciare 800 dollari a Rigsby.
Questi erano invece misteri, ma non di quelli che risolvi con la fede.
Così, nella sua nuova divisa nera con lo stretto collarino bianco che gli mozzava la gola, si dirigeva verso la cappella. Era giorno di confessioni. E lui doveva confessare delle persone.
Roba da pazzi, lui che aveva sempre odiato raccontare e dover giudicare le persone si ritrovava a contenere più segreti di quanti fosse possibile immaginare. I segreti di tante persone diverse. Alcuni erano desideri e lui non ce la faceva a giudicarli e chiedeva come mai quelle persone fossero venute a parlare con lui. È davvero un Peccato desiderare un uomo o una donna?
Bè, in effetti no. A meno che quell’uomo e quella donna non siano sposati con altre persone.
Si sedette nel piccolo abitacolo del confessionale e cominciò il suo turno.
C’era la vecchia che aveva rubato cinquanta euro alla figlia e si era comprata un pacchetto di sigarette e una decina di gratta e vinci, senza vincere, però.
C’era il ragazzino che avrebbe sicuramente preso la cattiva strada se la madre avesse continuato a portarlo per un orecchio a confessarsi per aver messo le dita nella marmellata, letteralmente, non metaforicamente.
Ma c’era anche la suorina che si era innamorata dell’uomo della sorella e ci era andata a letto, la ragazzina che si era innamorata dal prof e l’aveva baciato. E quello aveva risposto, nonostante fosse sposato.
Fortunatamente la lista di quel giorno era corta.
Quando entrò l’ultima persona nel confessionale erano solo le 4 del pomeriggio.
-Perché è venuta qui oggi?-
-Mi sono innamorata, Padre.-
A Jane quella voce  sembrava di averla già sentita...
-È un male innamorarsi?- ma Jane ogni volta che lo chiedeva sentiva un peso sul cuore, pressante.
-Me lo dica lei… se non è sbagliato innamorarsi del proprio parroco non credo che ci siano problemi, allora!- disse con voce vispa la donna dall’altro lato del confessionale.
E in quel momento Patrick la riconobbe.
-Lisbon?- chiese, alzando la testa e incontrando gli occhi verdi della donna che era stata il suo capo per troppi anni.
-Davvero.- disse, e gli sorrise.
-Non ci credo io...- ma si interruppe e tossicchiò. –Parleremo dopo, finisci la confessione.-
-Ma questa non è una confessione… è una dichiarazione.-
Gli occhi di Jane guizzarono velocemente sul suo viso candido.
-Innamorata di me?- chiese con voce quasi stridula e abbassando lo sguardo.
La risposta non arrivò da dove si era aspettato.
Un momento prima stava guardando la sua Lisbon –tua? A me non pareva…- e un secondo dopo se la trovava davanti.
-Che fai qui?- lei inclinò la testa di lato e chiuse i pugni sui finachi
-Seriamente, Jane, non sono io quella che non ci incastra niente!-
-Sì, sono dettagli! Io ho cambiato vita!-
-Cambiato vita una s… cippa.-
-Attenta a ciò che dici.-
-Vieni fuori da quel buco.- Jane obbedì.
Deformazione professionale, dopo un po’ che lavori con Lisbon impari ad essere comandato a bacchetta.
-Seguimi.-
Jane la seguì fino alla sua camera, una stanzetta con un poggia ginocchia e un lettino striminzito, sormontato da un crocifisso. E poi aveva uno scrittoio.
Jane entrò nella stanza e si sedette sul bordo del letto.
Lisbon non aspettò oltre, non appena il biondo neoprete fu entrato chiuse la porta chiave.
-Che fai?-
Solo in quel momento Patrick si rese conto di come Lisbon fosse vestita.
Indossava una camicia azzurra, di quelle che un tempo portava lui. Aveva il gilet grigio scuro abbottonato e la giacchetta sbottonata, su un paio di pantaloni dello stesso taglio e colore. Lisbon indossava un tre pezzi alla Jane.
-Perché ti vesti come me?- chiese, con un sopracciglia alzato
-Non fare domande cretini e inutili, Patrick.- e lui si ritrovò con le spalle al muro e il corpo della donna attaccato al suo.
No, così non va bene, pensava il biondo.
-Vedi, Patrick, questi vestiti...- e indicò ciò che stava indossando -... li hai tolti già una volta, per indossare quel che adesso hai addosso… cioè una tunica nera. Puoi provare a toglierli di nuovo, magari facendoci qualcosa di più costruttivo?-
Nel frattempo, mentre parlava, Lisbon aveva infilato le dita nel collarino bianco e l’aveva tolto dal suo posto nel colletto nero del abito sacerdotale.
Lussuriaèpeccatolussuriaèpeccatolussuriaèpeccatolussuriaèpeccato…
Continuava a ripetersi.
-Vedi, ci sono due cose che puoi fare adesso. – ma nel frattempo la camicia del vestito era già mezza sganciata. –O mi spogli, o mi dici che sei troppo ligio alle regole. Se non rispondi lo prederò come un “spogliati da sola”-
Jane non rispose.
Lussuriaèpeccatolussuriaèpeccato… oh, al diavolo i peccati e quelle stronzate!
E lui la baciò.
Lei sorrise e inizio con lo sganciarsi il gilet, che tolse con la giacca e poi la camicia.
Portò le mani di Patrick sui suoi fianchi e lo vide chiudere gli occhi e sospirare.
Come se fosse in piena beatitudine.
 
-Jane?-
-Sì, va avanti.-
-Jane?-
-Ho detto va avanti, spogliati, Lisbon.-
Per tutta risposta si sentì arrivare un sonoro schiaffo. E si svegliò di soprassalto, cadendo dal divano.
Aprì gli occhi sbattendoli violentemente.
-Oddio!- disse.
Si alzò in piedi e si toccò i vestiti. Era lui, era il Jane che conosceva. Era il laico cinico chiuso e deficiente mentalista. Bene.
Quando si guardò intorno si rese conto di aver fatto pubblico. Tutti lo guardavano con aria ambigua. Grace sembrava scandalizzata, in procinto di farsi esorcizzare, Wayne si era fermato con mezzo panino in bocca, Cho aveva un mezzo sorriso sulle labbra. E tutto il resto dell’ufficio lo guardava.
Lui fece un laconico gesto con la mano, come per dire “tutto a posto”
Strano, lo schiaffo gli era sembrato reale, invece Lisbon era nel suo ufficio.
Quando le bussò e lei le rispose con uno “sparisci Jane, ho da fare” lui entrò.
-Che è successo?-
-Quando?-
-Adesso, di là.-
-Non lo so, perché?- non lo degnava di uno sguardo
-Oh, lo so che lo sai! Piccola bugiarda.-
Lei non dava segno di alzare gli occhi verso di lui.
Quando credette davvero che stesse dicendo la verità la seguì nel cucinino.
-Faresti mai sesso con un prete?- le chiese poi, così, di getto.
Lisbon lo guardò con fare malizioso ed entrò nel cucinino, lasciandolo fuori, ma le ultime parole che Jane sentì furono senz’altro
-Dipende da chi è il fortunato biondo..-
E poi la vide ridere.
Quando si girò doveva sembrare parecchio sconvolto.
-Jane?-
Alzò lo sguardo verso la piccola Grace che lo stava chiamando.
-Non te ne sei accorto?-
Lui aggrottò la fronte.
-Di cosa.-
-Parli nel sonno.- era una risposta secca e contata. Cho.
-Quindi?-
Cho alzò lo sguardo dal giornale e lo guardò dritto in faccia con quel suo sguardo impassibile.
-Ora tutti sanno che vuoi farti il capo.- e tornò a guardare il giornale.
Poi guardò rigsby, fuori di se.
 
“I sogni son desideri
Chiusi infondo al cuor…”
-Ehi, tu, non esultare, mi devi 800 dollari.- e la voce di Wayne si spezzò alla gelida notizia data dell’orientale









Ripeto, sono pazza. Mentre gli altri impazzivano con il compito di grammatica io l'avevo finito. Siccome sto in prima fila e il prof stava lì, io mi chiedo, come fanno a non venirmi idee del genere (Il perché di questa affermazione lo sa qualcuno di mia conoscenza come Soarez, Doralice, Aoko, Evelyn...) Ebbene, mi sono messa a scrivere così in classe e a un certo punto il prof mi fa:
-Che fai?-
-Scrivo, Professore, le dispiace?- (Mentre arrossisco più di Lucia dei promessi sposi)
-E che scrivi?- (Al che avvampo)
-Bé, vede, avendo finito il compito e non sapendo che cosa fare... è una storiella su un telefilm.-
Lui si mette a ridere, mi prende il compito e gli altri ci guardano male.
Bé, che devo dire.. pace. 
ciaus ragazze!!

   
 
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