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Autore: MaTiSsE    23/11/2010    3 recensioni
Bella Swan era una giovane, felice e normalissima adolescente. Edward Masen il suo dolcissimo, splendido ragazzo.
Fin quando qualcosa di oscuro non viene a separarli, distruggendo il loro sogno d'amore.
Edward scompare il giorno del diciassettesimo compleanno di Bella da Forks, piccola cittadina in provincia di Washington.
Dov'è finito Edward?
Come vivrà Bella la sua esistenza senza di lui?
Riusciranno mai a ritrovarsi?
E se questo accadesse, come andranno le cose tra i due?
Leggete per scoprirlo! :)
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Più libri/film, Contesto generale/vago
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nuovissima


CAPITOLO 1
Fuori e Dentro di Me -Parte I-
(POV BELLA)







"...I'd give my all to have
Just one more night with you
I'd risk my life to feel
Your body next to mine
'cause I can't go on
Living in the memory of our song
I'd give my all for your love tonight..."

"...Darei tutto quello che ho per avere
ancora solo una notte con te
rischierei la mia vita per sentire
il tuo corpo vicino al mio
perchi non posso andare avanti
vivendo nel ricordo della nostra canzone
darei tutto quello che ho per il tuo amore stanotte..."

My All - Mariah Carey





"Bella?"

Ripiegai l'ultima camicia, infilandola con poco impegno in valigia.

"Sei pronta?"

Annuii senza una parola.

"Bella, va tutto bene?"

Di solito papà non era un tipo noioso o invadente. Ma quello era pur sempre un giorno importante per me ed il mio silenzio non l'aiutava a comprendere le emozioni che mi si agitavano dentro.
Avevo troppi pensieri in testa in realtà ma nulla che coincidesse con quel che credeva mio padre. La mia preoccupazione non era quella di aver fatto la scelta sbagliata in campo universitario, davvero.  
Non mi interessava di aver conseguito un eccellente curriculum scolastico risultando fra i cinque studenti più meritevoli della Forks High School.
Non consideravo troppo l'idea di essere stata accettata in uno dei più prestigiosi college americani. La domanda, in ogni caso, l'aveva compilata mia madre al posto mio.
No, non m'importava francamente del consenso ottenuto da Dartmouth. Tanto ci avevo rinunciato, prediligendo, viceversa, il corso di laurea in Biologia offerto dall'Università dell' Alaska. Mio padre, preoccupato che tale rifiuto fosse dipeso dall'ammontare annuo delle onerose tasse universitarie, benchè in parte ridotte dalla borsa di studio con cui avevano premiato il mio impegno, si era proposto - o devo dire imposto? - per provvedere totalmente ai miei bisogni. Ma ancora una volta gli avevo risposto di no, in maniera decisa, moderando poi il tutto con un serafico "In Alaska hanno il miglior corso di scienze che puoi trovare, papà". E dovevo essere apparsa decisamente più categorica di lui se, a quell'ennesima negazione, aveva fatto mestamente spallucce senza aggiungere altra parola.
Non volevo frequentare un'università privata per figli di ricconi o cervelloni. Avevo il mio piccolo mondo e volevo conservarlo anche nella nebulosa dimensione del college. Dartmouth era davvero troppo per me.
E poi, dall'Alaska Southeast non era stato richiesto un documento, scritto di proprio pugno dal preside della mia scuola superiore,  in cui si spiegava perchè, nonostante gli ottimi voti, avessi conseguito il diploma con un anno di ritardo.  Lì, nessuno si curava dei miei problemi personali ed andava bene così.


Sospirai.

"Sì papà, va tutto bene."
"Sei emozionata?" - mi chiese con occhi luccicanti.
"Un po'" - Mentii.
"E...?"
"E niente, papà!" - Sbottai improvvisamente arrabbiata. Sapevo dove volesse andare a parare ma io non avevo intenzione di parlarne. No, davvero. Non ora.

"Scusami tesoro..."

Lo guardai e scorsi un lampo di profondo dolore in quegli occhi scuri, così simili ai miei.
Mi si strinse il cuore all'istante.

"Papà mi dispiace. Scusami. Sono...sono una pessima figlia!"

Lo abbracciai con ardore. Davvero,  sapevo di aver sbagliato. Ero stata una stupida.

"Bambina, tu sei la figlia migliore che potesse capitarmi. Scusami tu, avrei dovuto saperlo che non ti andava di parlarne..."
"Papà è soltanto che....che oggi....non avrei dovuto partire da sola....Avremmo dovuto andare via insieme...Io e lui....Ed invece..."
"Bella..."
"Lui non c'è, papà! Edward non c'è da due anni ed io non so dov'è!"

La stretta, forte e decisa, intorno alla mia vita divenne il mezzo attraverso il quale papà mi dava coraggio e conforto. Ma non avrei mai avuto abbastanza forza per sopportare il succedersi delle ore e dei giorni, benchè tutti coloro che mi avevano circondato, in quei due anni, si fossero convinti della mia straordinaria energia e del coraggio innegabile con cui avevo superato la tragedia.
Tutti tranne i miei genitori, s'intende.
Per loro bastava guardarmi per comprendere al volo quei finti sorrisi che accompagnavano i miei "sto bene".
Per comprendere quegli occhi spenti che cercavano qualcosa che non c'era più.
Per loro non era necessario parlarmi per conoscere le urla di dolore che si trinceravano dietro ai miei silenzi, nei pomeriggi bui di novembre, quando mi rintanavo nella mia stanza lontano dagli altri.
Perchè io ero un tipo che soffriva in silenzio, ma non per loro.

"Ovunque sia adesso, Edward  vorrebbe soltanto che la sua meravigliosa ragazza  si godesse il futuro grandioso che l'aspetta. Ed anche se non è con te fisicamente, il suo cuore e la sua mente non ti abbandoneranno mai. Voglio che te lo ricordi."

Annuii asciugandomi le lacrime.

"E vorrei anche che la mia splendida bambina sapesse che la amo da impazzire. Ti voglio bene Bells, così come te ne vuole tua madre. Siamo orgogliosi di te, della forza che mostri ogni giorno di più. Siamo orgogliosi della persona che sei e di ciò che diventerai. Non siamo stati i migliori genitori che tu potessi avere, ti abbiamo costretto troppo presto a scegliere tra noi due. E mi dispiace pensare che la nostra separazione ti abbia in parte sottratto il supporto che meritavi. Ma sappi che noi ci saremo sempre per te, anche se non viviamo sotto lo stesso tetto. Ora più che mai, perchè sarai lontana da noi."

La voce gli si incrinò pesantemente. Ma io non volevo che quel giorno mio padre piangesse di dolore, rimurginando su colpe e responsabilità inesistenti. Volevo quel giorno - il giorno della nostra separazione, di nuovo - papà fosse contento e soddisfatto. Volevo che, se proprio doveva piangere, le sue fossero lacrime di gioia.

"Non dire scemenze. Siete stati i genitori migliori del mondo. La vostra separazione non ha influito certo sul vostro amore verso di me o sulla mia stima nei vostri confronti. Ti voglio bene papà, ne voglio a mamma e so quanto abbiate sofferto con me in questi due anni. Grazie di tutto."
"Non devi ringraziarci e lo sai. Sei sangue del mio sangue Bells, ogni cosa pur di strapparti un sorriso."
E gli sorrisi allora, realmente. Perchè se lo meritava. E perchè me lo sentivo dal cuore.
"Ed ora basta piangere papà." - "Faremo tardi!" - Esclamai d'un tratto asciugandomi le ultime lascrime ed afferrando la valigia.
"Oh sì, già. Dai a me. Dobbiamo muoverci. Il volo per Juneau ti aspetta, Bells!"


*****


Io ed Edward ci fidanzammo alla tenera età di quattordici anni.
Eravamo coetanei.
Lui era il primo ed unico figlio del signor e della signora Masen e da suo padre aveva ereditato il nome, oltre che due magnifici occhi verdi.
I capelli ramati invece costituivano la trasposizione genetica della chioma materna.
Elisabeth impazziva per suo figlio. Glielo leggevo negli occhi ogni volta che andavo a casa loro, in teoria per studiare, in pratica per stargli appiccicata tutto il pomeriggio riempiendone le belle labbra di baci.
Era innamorata di Edward e per riflesso amava anche me perchè lo rendevo felice.
Mi diceva sempre che Edward non avrebbe mai potuto trovare una ragazza più carina ed assennata e non le dispiaceva che il nostro legame fosse nato in maniera così prematura.
"Non c'è niente di meglio che poter crescere assieme" - Esclamava sorridendo.

Mi ero imbattuta in lui per caso, durante una gita scolastica che riuniva tutti i ragazzi al primo anno della Forks High School. Ho ancora davanti agli occhi quell'immagine, come se l'avessi vissuta soltanto poche ore prima: Edward seduto in disparte, sulle scale che, dall'esterno, conducono ancora oggi alla palestra. I capelli ramati un po' lunghi, lo sguardo assente. Prestava attenzione soltanto alla musica che confluiva nelle sue orecchie attraverso le cuffiette dell' i- Pod.
Più tardi scoprii che quella che stava ascoltando non era una comune canzone. No, era musica classica.
Clair de Lune, Debussy.
Perchè il mio Edward era un'anima antica ed a quattordici anni amava cose che gli altri adolescenti avrebbero semplicemente disprezzato, senza una valida ragione.
Non l'avevo mai visto prima di allora e la mia faccia assunse probabilmente un'espressione sconcertata e decisamente buffa.
Fu amore a prima vista. Il classico colpo di fulmine, per intenderci, anche se io non ne parlerei mai in termini così riduttivi.
Il commento più eloquente alla mia faccia stralunata, venne dalla mia amica Jessica Stanley:

"Ehi Angela! Guarda Bella! S'è imbambolata a guardare quel tipo laggiù...Bella! Ehi, Bella, mi ascolti?!"
"Che c'è Jes?" - Avevo mormorato senza staccare gli occhi da lui.
"Ah, ma allora ci sei!" - Ed aveva cominciato a ridere senza ritegno. Le avrei mollato un pugno nello stomaco: aveva rovinato il mio personale momento di contemplazione.

Ma tant'è, non conclusi nulla. Non in quel frangente perlomeno.
Benchè Angela mi avesse incoraggiata a raggiungerlo con una qualsiasi scusa, certo non me la sentii di fare un passo azzardato. Che dirgli?
"Ehi ciao! Senti, mi chiamo Isabella Swan, Bella per gli amici. Ti ho visto prima per caso, ti va se usciamo insieme?"
Certo, con la mia proverbiale "disinvoltura" avrei come minimo preso a balbettare vergognosamente.
Tuttavia il caso mi fu di aiuto, successivamente. Il caso o la mia sbadataggine, non lo so.

Ho sempre avuto uno scarso senso dell'equilibrio; durante la visita all'Olympic National Park, tanto per cambiare, inciampai rovinosamente su di uno spuntone di radice che fuoriusciva dal terreno. Prima di stramazzare al suolo in maniera ridicola, due braccia d'adolescente mi tirarono su. E quando mi voltai per ringraziare il mio sconosciuto salvatore, non senza vergognarmi tremendamente per l'incidente, mi persi in quei meravigliosi occhi color smeraldo.
I suoi occhi. Quelli di Edward.

"Stai bene?" - Mi chiese preoccupato. Non risposi. Il mio cervello era troppo impegnato ad assorbire e metabolizzare la sua voce melodiosa per fornire un'adeguata risposta di senso compiuto. Continuai a guardarlo scioccamente e quando mi resi consapevole della mia stupidità sentii le guance imporporarsi.

"Ti sei fatta male? Dimmi, ti prego!"
"No...no sto bene. Mille grazie."

Ed allora il suo sguardo colmo d'ansia si sciolse, regalandomi il più luminoso dei sorrisi.

"Meno male! Mi hai fatto preoccupare! Fortuna che sei così esile, non sarei riuscito a reggerti, altrimenti! Come ti chiami?"
"I..Isa...Isabella Swan."
"Isabella...."
"Bella basta..."
"Ok Bella. Io sono Edward Masen. Piacere di conoscerti."

Solo allora mi resi conto di essere ancora tra le sue braccia. Qualche risolino solitario e molti occhi indiscreti accompagnarono la nostra scenetta.

"Il piacere è tutto mio....Edward..."

Angela e Jessica ci passarono accanto con finta indifferenza. Ma da lontano udii bene le parole pronunciate da Jes:

"Te lo dico io, Angela. Quei due finiranno insieme!"


***


Jessica non si è mai distinta per intelligenza o perspicacia.
Epuure quella volta c'aveva visto giusto.
A due mesi esatti dal nostro primo incontro io ed Edward ci scambiammo il nostro primo bacio.
Aveva tutta la purezza dei nostri quattordici, mista ad una passione che sarebbe durata una vita intera. Se la vita stessa, poi, non avesse finito col separarci.
Accadde in quella che sarebbe diventata la "nostra" radura, uno spiazzo fiorito nel cuore dei boschi di Forks.
In quei sessanta giorni di conoscenza che erano trascorsi dalla gita, avevamo finito con l'incontrarci sempre più spesso. Inizialmente per caso: dopo compresi che la fortuna c'entrava poco.
Fu Angela a farmi notare per la prima volta come Edward mi seguisse in continuazione con lo sguardo, come mi cercasse appena la campanella suonava la fine dell'ora. Lo ritrovavo puntualmente fuori la porta della mia aula; qualunque fosse la lezione che dovevo seguire, Edward sapeva sempre dove rintracciarmi.
Non mi capacitavo di come un essere splendido come lui avesse potuto trovare attraente una nanerottola imbranata come me...Io che mi ero fatta conoscere per essere quasi finita al suolo durante il nostro primo incontro! Eppure quelle quattro chiacchiere che avevamo scambiato in seguito alla mia caduta si erano prontamente tramutate in un colloquio fitto durato per l'intera lunghezza del tragitto e, per chissà quale volotà divina, al termine della visita Edward mi aveva salutata con un bacio sulla guancia. Qualcosa di me doveva averlo colpito subito. Tutt'oggi non so bene cosa.

"Sei così carina, Bells. E così dolce. E' ovvio che tu gli piaccia!" - Non faceva che ripetermi Angela.
Non le ho mai creduto.

Ricordo ancora perfettamente quella sensazione dolcissima che mi prendeva ogni volta che i miei occhi di adolescente incrociavano quelli di Edward, anche per caso, anche senza volerlo; le chiamano "farfalle nello stomaco". Beh, a me sembrava proprio che fosse così. Ancora oggi se penso a lui, avverto la medesima emozione.
Sentivo le guance avvampare quando la sua mano toccava la mia, nei corridoi di scuola.
Il sangue mi scorreva più forte nelle vene se ci scoprivamo d'improvviso vicini nell'ascoltare una canzone.
Il cuore mi arrivava in gola se, alzando la cornetta del telefono, ascoltavo la sua bella voce dall'altra parte del ricevitore.
"Ciao, mia Bella" - Diceva dolce.

E poi, un giorno accadde.
Una domenica mattina. Un inizio di  maggio, qualche anno prima. Edward mi aveva portato alla radura, il suo rifugio personale.
Voleva rendermi partecipe di quel segreto. A me che in due mesi soltanto ero diventata la persona più cara della sua esistenza.
Ed in quel caldo, straordinario sole di mezzogiorno - il bel tempo è una specie di evento miracoloso, per Forks - aveva sfiorato leggermente le mie labbra.
Con gentilezza ed in maniera del tutto naturale. Come se l'avesse sempre saputo che quel bacio era un suo diritto.
Un diritto che non gli avrei mai negato.

Quello stesso giorno, quel giorno che sancì difatti ufficialmente il nostro legame, gli diedi in regalo un piccolo campanellino.
"Perchè?" - Mi chiese lui ridendo.
"Perchè tu riesci sempre a trovarmi, ovunque io sia. Non so come fai, davvero! Io non ci riesco mai. Ma siccome non voglio esserti da meno, ti regalo questo campanellino. Suonalo ogni volta che vorrai vedermi, ed io saprò sempre come trovare la strada per esserti vicina!"
"Allora dovrò suonarlo in continuazione, mia Bella! Perchè io ti vorrei sempre accanto, in ogni istante!"


Quel campanellino ci ha accompagnato in tanti momenti della nostra breve ma felice vita insieme.
Lo portava attaccato alle chiavi di casa e si divertiva a suonarlo di continuo.
Ha affrontato con noi le corse spericolate per i sentieri del bosco di Forks, quando giravamo in due sulla stessa bici ridendo come pazzi.
Ci stava accanto, poggiato sul tavolo della mia cucina, mentre cercavamo di studiare, distraendoci in continuazione.
Trillava all'improvviso quando Edward, dandomi un bacio, scattava intimorito all'arrivo di papà.
Ed ancora ha vissuto con noi i compleanni, le delusioni a scuola, la patente, le uscite con gli amici.
Persino la nostra splendida prima volta, a sedici anni.
Quando mi rigirai nel letto, ancora frastornata per tutte le emozioni vissute, lo ritrovai sul comodino della camera di Edward.
Ricordo perfettamente la sensazione del braccio di Edward che mi cingeva la vita da dietro.

"Cosa guardi, amore?"
"Il campanellino. Lo porti sempre con te."
"Come potrei liberarmi di una cosa che ti appartiene? Sarebbe come liberarmi di te. Piuttosto preferirei morire."



Quelle parole risuonano ancora nella mia testa, eppure sono passati ben tre anni da allora.
Darei di tutto per sentirgliele dire di nuovo, per sentire la sua voce. Ma so che non accadrà.

Vorrei strapparmi i ricordi dalla mente, spezzare tutte quelle connessioni neuronali che portano ad Edward. E non perchè non lo ami tutt'altro. Soltanto per non sentire più dolore perchè certe volte è insostenibile.
Certe volte è impossibile sorreggere il peso della sua assenza.
Un'assenza "ingiustificata".
Perchè Edward non è morto.
Non per me, almeno. Fino a quando non avrò una prova certa, per me lui sarà sempre vivo, da qualche parte.
Edward è scomparso.
In una notte ancora calda di metà settembre lui è svanito nel nulla.



Angolo dell'autrice:

Carissimi!
Anzitutto grazie a quanti hanno recensito, a chi segue, ricorda e preferisce la mia fanfic! Mi ha fatto enormemente piacere il vostro consenso e spero che continuerete a supportarmi!
Detto questo, qualche delucidazione al capitolo. L'ho postato subito, a poche ore dal prologo, perchè difatti la stesura era già quasi completata e mi scocciava farvi attendere inutilmente! Tuttavia si tratta di una "parte prima"...Tutte le sensazioni di Bella, il dolore che si agita dentro di lei, ed il racconto dei suoi ricordi con Edward era troppo lungo e non potevo esaurirlo in un solo capitolo....Ma neanche volevo stancarvi o appesantirvi troppo per cui...ho preferito tagliare. Il prossimo capitolo vedrà concludersi il monologo interiore di Bella ed entrerà successivamente nel vivo della storia!
Dunque, la mia Bella si è diplomata, come avrete letto, ed è "pronta (più o meno) per seguire i corsi all'università dell'Alaska...A tal proposito, ho scritto che Bella raggiungerà il college con l'aereo. Risulta piuttosto difficile, per una persona che neanche con la fantasia è stata mai in quei posti, conoscere le connessioni logistiche e le distanze (soprattutto temporali) tra Juneau, in Alaska e Forks....Giacchè nella vera saga i nostri eroi sono soliti partire sempre dall'aeroporto di Seattle, ho pensato bene che anche la mia, di Bella, potesse fare lo stesso, atterrando direttamente al Juneau International Airport...Questo tanto per la cronaca e per essere precisi! ;)
Penso avrete fatto caso a quante piccole frasi del film compaiano in questo capitolo...Per esempio, anche la mia Isabella dice: "Hanno il miglior corso di scienze che puoi trovare!", come in Eclipse. Solo che in questo caso si rivolge a suo padre ed in un contesto del tutto differente!
L'ultima parte, quella sul campanellino, l'ho totalmente presa e riadattata da un piccolo racconto di Banana Yoshimoto, scrittrice che amo e stimo. Se non erro il titolo era "Moonlight Shadow" o qualcosa del genere...in ogni caso compariva alla fine del libro Kitchen, che adoro! Non so se qualcuna tra voi l'abbia letto, in caso contrario ve lo consiglio caldamente!
Mi sembra per ora di aver detto tutto...Ah, un'ultima cosa! La canzone che ho scritto all'inizio del capitolo la stavo ascoltando mentre ero all'opera...Se la tenete in sottofondo leggendo l'ultima parte fa un brutto effetto, davvero! :(

Lasciatemi i vostri pareri se vi va...Le recensioni mi aiutano a capire se il lavoro è fatto bene, se è sbagliato, se vi piace....E sono sempre un impulso per continuare!
Grazie a tutte/i!
MaTiSsE!

   
 
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