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Autore: bianfre    25/11/2010    3 recensioni
“Inverno!”“Pomodoro,mozzarella,radicchio e grana!”“Rustica!”“Pomodoro,mozzarella,tonno,cipolla,salamino piccante…e…..”“AH, FREGATO! Olive nere!”e detto ciò il biondo non tardò a fuggire mentre il bruno cercava invano di scagliarvisi contro.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Secondo i suoi calcoli savrebbe dovuto restare almeno una decina di minuti, se non di più.
Sentiva indistintamente l’effetto della pasticca entrargli in circolo, facendolo ribollire.
Stupido Gilbert, gliel’avevo detto di non insistere.
Perché loro facevano così. ‘Assumevano’ (termine un po’ grosso, dopotutto si trattava solo di uno stimolante) questa pillola prima di salire nella gabbia, così da non provare vergogna o che altro. Era come essere ubriachi, solo in un tempo record.
Sentiva i baritoni delle casse entrargli in corpo, scuoterlo da capo a piedi, e per liberarsene non doveva far altro che ballare. Era pagato per questo, per divertirsi, dopotutto.
Distrattamente puntò lo sguardo dall’altra parte della sala, notando in fratello strusciarsi sulla fredda parete, incitare la gente, richiamandola a sé con un minimo cenno della mano.
Lui era più composto, riservato. Ballava per i fatti suoi, che la gente facesse ciò che voleva.
Le luci si oscurarono e la musica scivolò in un tono basso e forte. Ecco, toccava a lui.
Fu un secondo, e un getto d’acqua fredda lo investì da capo a piedi, mentre egli non accennava a smettere di ballare. Sentì un boato di urla eccitate e tonfi di gente che sveniva. Con la destra si tirò indietro i capelli con un gesto sensuale, socchiudendo le palpebre, rivolgendo ora lo sguardo verso il pubblico, sorridendo soddisfatto. Tutti erano lì per lui.
Lo stesso accadde al fratello 5 secondi dopo: lo scrosciare del getto gelido illuminò il capo dell’albino, facendo aderire ciocche argentee lungo il viso sudato, gocce tra i pettorali, infilandosi voraci tra la stoffa. La gente di sotto stava letteralmente pendendo da ogni loro gesto, completamente basiti e avari di quell’acqua che scorsa dal loro corpo, scendeva a intermittenza dalla gabbia d’acciaio. Erano pazzi.
E andava bene così.
La musica cambiò ancora per tre volte, e quando i due tedeschi videro accendersi sul fondale una luce oro capirono che il loro tempo era terminato.
 
 
 
 
Francis era da poco tornato con uno strano ragazzo con delle enormi sopracciglia. Ballavano insieme, si abbracciavano, si baciavano, si… toccavano, in punti un pocosconvenienti.
Romano li fissava interdetto, chiedendosi se i due sapevano di trovarsi in mezzo a un orda di gente. Anche se, comunque, nessuno pareva fare caso a loro.
Il fratello era tutto a un tratto scomparso senza dire nulla, come i due crucchi prima di lui. Sarebbe voluto andare a cercarlo, però un certo bastardoubriaco marcio gli stava dando parecchi problemi. Non che lui fosse sano, anzi, a stento riusciva a stare fermo, troppo sballato dalla musica  e dal caos, e da un pessimo pensiero che gli stava entrando zitto zitto nel cervello.
Guardò un’altra volta con la coda dell’occhio l’ispanico muoversi a tempo di musica, pestare i piedi per terra, tendere le mani al cielo, sorridendo. E perdiana, sarà stata la centesima volta in un minuto che si girava a guardarlo. E, diciamocelo, non era neanche per controllare che non faccia danni, ma era la persona nel complesso.
Quella sua stupida canotta aderente al suo fisico perfetto, le gambe atletiche fasciate da un paio di jeans neri e le sue mani, i suoi  capelli, il suo viso.. che gli stava succedendo? Doveva bere, doveva trovare il modo per distrarsi. Ma più beveva, più peggiorava.
Non capendo più nulla (e dopo aver svuotato il 15esimo bicchiere d’alcool) cominciò, senza accorgersene, a ballare con Antonio. Questo da subito non sembrò farci caso poi, come se si fosse illuminato, prese il meridionale per il bacino, movendosi sinuoso lungo tutta la sua schiena, aderendo completamente le sue mani alla pancia dell’altro, che imbarazzatissimo si allontanò. O almeno è quello che avrebbe voluto fare, ma neanche lui sembrava troppo convinto di non volere ciò che lo spagnolo stava facendo.
La musica copriva ogni singolo rumore. La ragione sembrava non esserci più stata e l’unico senso vivo era il tatto. Quelle mani, quelle fottutemani si muovevano avanti e indietro, su e giù, lungo tutta la leggera stoffa della maglietta del castano, stringendola, alzandola, sfiorando gli addominali con le dita, bramando la cintura.
Tutto a tempo di musica, tutto con una pacatezza estenuante. I corpi che uniti, si movevano in simultanea. Il bacino del ispanico contro il suo fondoschiena, le labbra che andarono a lambirne il lobo, facendolo gemere.
“Romano” sussurrò roco, aumentando la pressione delle mani sulla pelle del giovane italiano che chiuse gli occhi, concentrando l’attenzione solo sui loro movimenti, sentendo una leggera pressione al basso ventre.
“Romano…” ripetè, scostando la mancina oltre la cintura, carezzando il rigonfiamento del meridionale che al solo contatto aumentò, facendolo gemere.
Non ci stava capendo più nulla, cristo. La sua mano era li, e lui non ci stava capendo un cazzo.
“n-no” biascicò spostando la mano dello spagnolo lontano dal suo cavallo, voltandosi a guardarlo, trovandosi poi con la lingua di Antonio totalmente nella sua bocca, che leccava, invadeva, ansimava all’interno, sopra le labbra, ritornando dentro,fuori, inglobandolo del tutto.
Fu l’inizio della fine.
Lo sentiva spingere prepotente, mordere le labbra, stringerlo con le braccia, aderire la virilità contro la sua, toccare con le mani ovunque, stringendo convulsamente le natiche, cercando di calarne i pantaloni. E a Romano piaceva. Dio mio se gli piaceva!
Staccandosi bruscamente il meridionale fece capire allo spagnolo la sua intenzione: ‘Voleva giocare? Avrebbe giocato dunque!’. Ma inteso così era troppo facile, Antonio voleva sentirsele dire certe cose, anche se in quel momento pure lui era al limite.
Riprendendo a stingere l’italiano, lo baciò ancora.
“Dillo” disse sottovoce, leccandogli il collo “dillo…”
“gh—b-bastar—ah!”
le dita del moro tastarono da sopra la stoffa la linea dei glutei, scivolando sempre più in basso, affondando sempre più a fondo.
“Avanti” lo incitò.
“Mmh--… pren.. prendimi…”
“Cosa?”
“Cristo Antonio scopami ok!?”
Sorrise.
Non bastò aggiungere altro.
 
 

   
 
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