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Autore: Ayako_Chan    26/11/2010    1 recensioni
{Fanfiction vincitrice del contest "Cinque Stagioni - Tema Autunnale" indetto sul forum di Gold Insanity}
[Post Hades]
“Siete diversa, ultimamente. Più... cauta. Come se doveste dimostrare qualcosa.”
[...]
Pandora si voltò, camminando lentamente verso l’alta finestra solcata da gocce di pioggia. Sollevò una mano, rabbrividendo appena al contatto dei polpastrelli con la condensa gelata del vetro.
“Non è forse così?”

[Aiacos, Pandora]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Purple Shadow'
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Ricominciare Autore: Ayako_Chan
Titolo: Ricominciare.
Rating: Verde.
Warning: ehm... viola dilagante?
Pairing: AiacosxPandora. Una sorta.
Note: aehm °° ce l’ho fatta, alla fine. Devo dire che, nonostante tutto, sono piuttosto soddisfatta del risultato. Questa, in fondo, è la mia Pandora. E se ho iniziato ad apprezzare questo pairing è colpa di Milo ù__ù ecco. <3 Detto questo, solo un paio di precisazioni: non è un vero e proprio pairing. Diciamo che è un “pre-pairing”, se mi passate il termine xD è la “nascita” di un qualcosa. Anche perché, davvero: questi due non si sono mai visti interagire e - oltre al fatto che davvero non so come gestirli - di conseguenza non potevo certo far saltare Aiacos addosso alla portavoce del suo Dio °° sarebbe stato quantomeno OC. Ecco, OC. Io Aiacos non lo so muovere çOç vi prego, ditemi che ci ho azzeccato almeno un po’. Mi ha fatto penare tantissimo!
Infine: questa Pandora è un po’ diversa da quella a cui siamo abituati... cioè: è sempre la fredda Sacerdotessa, ma ha dei dubbi, delle insicurezze. Spero di aver spiegato adeguatamente il perché all’interno della storia. In ogni caso, io me la immagino così in un eventuale post-hades. <3
"Danse Sacre et Danse Profane" è una composizione di Debussy per arpa e archi.

Questa fanfiction ha vinto il contest "Cinque stagioni - Tema Autunnale" indetto sul forum di Gold Insanity.
Ancora tutti i miei complimenti alle altre partecipanti *___*
(E il banner è splendido! ç^ç)




Ricominciare





Il cielo era gravido di nubi grigie e pesanti, in quella mattina di inizio Novembre, e soffocava l’atmosfera del castello di Heinshtein; le pietre scurite dai rivoli di pioggia che si affollavano giù per le mura avevano assunto una tinta fosca la quale, unita al silenzio di morte che sempre aleggiava lì intorno, conferiva all’ambiente un aspetto ancora più spettrale.
Era in giornate come quelle che il ricordo di ciò che quel maniero aveva ospitato tempo prima - un’istantanea fatta di raggi sole che accarezzavano il laghetto del giardino, di risate e gioia e famiglia e vita - si faceva sfumato, irreale, eppure terribilmente presente. Quando le gocce d’acqua ticchettavano sui vetri creando una singolare melodia, allora altre note - più raffinate, più complesse - andavano ad intrecciarsi ad essa, fondendosi in una sinfonia dotata di malinconica bellezza.
Pioveva, quel giorno, su Tubinga.
E, quando pioveva, Pandora sedeva innanzi all’arpa suonando Debussy.

Lo sapeva Aiacos che, pur essendo stato convocato, quasi si dispiacque di rovinare quel suono leggiadro con lo sferragliare dell’armatura, nel momento in cui imboccò il corridoio che portava alle stanze della Sacerdotessa. I suoi erano, in fondo, passi che poco sapevano di musica; avanzava con la cadenza fiera del guerriero e l’orgoglio e la compostezza del generale - passi decisi, forti, di chi è abituato a essere seguito senza bisogno di ordinarlo. La surplice della Garuda spandeva bagliori oscuri attorno a lui.
Si levò l’elmo in segno di rispetto prima di entrare nella stanza, concedendosi solamente una rapida occhiata alla figura minuta seduta innanzi all’arpa, prima di inginocchiarsi e rivolgere gli occhi al pavimento.

Attese.

Pandora avvertì il cosmo oscuro del generale agitarsi in ondate di involontaria potenza ai piedi della piattaforma su cui si trovava, ma non smise di suonare, né aprì gli occhi.
Era in giornate come quelle che la mente vagava, e suonare era l’unico modo per tenerla a bada. Quanto era passato da quando il Sire Hades e la Pallade Athena avevano stretto una tregua? Era certa che non dovesse essere più di un mese, ma si erano accavallati una moltitudine di doveri e di impegni tale da distorcere la sua percezione del tempo.
Il castello da ricostruire, gli inferi da riorganizzare...
Un rispetto da riconquistare.
La musica si avviò fluida verso le ultime battute, senza che nessun errore ne turbasse l’armonia.
Dopotutto, come potevano gli spectre obbedire agli ordini di colei che - nel momento di maggiore pericolo - aveva tradito, aiutando un Cavaliere di Athena a raggiungere i Campi Elisi?

Le ultime note si spensero dolcemente, lasciando solo il suono della pioggia a riempire il silenzio; soltanto a quel punto si voltò verso il generale, alzandosi in piedi in un sommesso fruscio di vesti, le palpebre ancora calate a nascondere le iridi violacee.

“Pandora-sama.”

“Aiacos.” Rispose, con un cenno del capo come benvenuto. “Come procedono le cose alla Giudecca?”

“La ricostruzione del Palazzo procede spedita,” la informò prontamente, senza distogliere lo sguardo da terra. “E il Muro del Pianto è stato nuovamente eretto.”

La Sacerdotessa annuì. Per qualche istante il silenzio si dilatò fra di loro - al ricordo, magari, di ciò che davanti a quel muro era successo.

“Bene.” Commentò soltanto, alla fine.

La Garuda sollevò appena lo sguardo, semi-nascosto dalla frangia corvina. Indugiò sulla figura minuta che stanziava di fronte a lui, stupendosi ancora una volta di come potesse avere una presenza tale da emergere sempre, sia che fosse sola in una stanza o nel mezzo di una schiera di spectre, altera e aggraziata allo stesso tempo.

“Pandora-sama...” Mormorò. “Permettete una domanda?”

Lei inclinò appena il capo da un lato, soppesando la sua richiesta.

“Chiedi pure.” Concesse, alla fine.

Aiacos esitò per una frazione di secondo; poi, osò.

“Qualcosa vi turba?”

Ripensandoci, Aiacos avrebbe dovuto immaginarsi la reazione a quella domanda impudente; ma Pandora era sempre sembrata - a tutti loro - una figura oscura ed eterea al tempo stesso, una contraddizione vivente nel suo essere così fragile ma dotata di un potere in grado di controllare tutti loro. Era la portavoce del loro Dio, intoccabile e distante, di una bellezza fredda e crudele.
Poi era venuta l’ultima Guerra Sacra, dove lei li aveva guidati con fermezza e coraggio... fino al momento in cui aveva tradito, sull’onda di sentimenti e ricordi da tempo dimenticati. Tutto questo l’aveva resa in qualche modo più umana. Più raggiungibile.
Quindi, aveva osato domandare; e Pandora, colta alla sprovvista, aveva spalancato gli occhi, e lo sguardo era corso a scontrarsi con quello del generale, lasciando trapelare un caleidoscopio di emozioni che, di certo, avrebbe preferito non mostrare.
Incertezza, timore, perplessità, dolore; e, al di sopra di tutto, sorpresa.
Perché Aiacos se ne era accorto? Cosa voleva comunicarle quello sguardo celato dall’ombra della frangia? Era forse un rimprovero - per il suo tradimento, per la sua debolezza?  
Si morse involontariamente il labbro inferiore, prima di rispondere.

“Cosa te lo fa pensare, Generale?”

Fredda, nel tentativo di mantenere distanze e dignità.
Allora Aiacos sollevò del tutto lo sguardo, concedendosi di naufragare in quello della Sacerdotessa; uno sguardo antico - pregno di una conoscenza antica come il mito - ma anche terribilmente giovane, ora che i ricordi della ragazza di oggi si mescolavano alle esperienze delle vite precedenti. Uno sguardo che mai aveva avuto la possibilità - o l’ardire - di incontrare così a lungo.
Mai Pandora era sembrata, agli occhi della Garuda, tanto giovane come in quel momento.

“Siete diversa, ultimamente. Più... cauta. Come se doveste dimostrare qualcosa.”

Come se doveste dimostrare qualcosa.
Non era così?
Perché non sembrava esserci accusa negli occhi di Aiacos?

Pandora si voltò, camminando lentamente verso l’alta finestra solcata da gocce di pioggia. Sollevò una mano, rabbrividendo appena al contatto dei polpastrelli con la condensa gelata del vetro.

“Non è forse così?” Chiese, atona, fissando senza vederlo il paesaggio autunnale esterno.

“Vi riferite agli avvenimenti dell’ultima Guerra Sacra?”

Annuì.

“Pandora-sama... in questo secolo sono successi avvenimenti a cui mai avrei pensato di assistere, che surclassano di gran lunga ciò che voi potete avere o non avere fatto. E poi, avete scelto consapevolmente questa volta. Avete provato la vostra fede e la vostra fedeltà.”

La Sacerdotessa socchiuse gli occhi per qualche secondo, al ricordo della scelta che le era stata data. Il Sire Hades in persona le aveva chiesto di riassumere la sua posizione; le aveva offerto una seconda possibilità. Era stato proprio quell’atto di misericordia a farle capire come, in realtà, tutto ciò in cui aveva creduto in quegli anni era vero, era giusto. Quello che aveva passato era stato un sacrificio necessario per la sua rinascita, per assumere il ruolo che era stato suo fin dai tempi del mito e, sebbene avrebbe amato sempre la sua famiglia, sapeva che - ormai - la sua lealtà non poteva più essere messa in discussione da nulla. In lacrime, commossa e grata e pentita, si era inginocchiata ai piedi del suo Dio, rimettendosi al suo giudizio e alla sua volontà. Ed era stata perdonata, per quel suo errore dovuto al fatto di essere umana.

“Sì, è vero.” Concesse alla fine, sospirando. “Ma dubito che tutti e centootto gli spectre la vedano così. Ho mancato nel momento di maggiore bisogno.”

“Ma è stato lo stesso Sire a perdonarvi e ad offrirvi questa seconda possibilità. E, in fondo, tutti noi abbiamo mancato fallendo nell’impedire che i Bronze Saint irrompessero negli Elisi. Non dovete dimostrare nulla.”

Nessuno dei due sapeva da dove venisse l’istinto di parlarsi con una tale confidenza; certo, Aiacos in un certo qual modo era sempre stato il più accessibile dei tre generali - considerata la distante compostezza e la rigidità di Rhadamantys; e Minos... beh. Di Minos non c’era neanche bisogno di parlarne. Tuttavia, mai prima di allora vi era stato un simile rapporto fra di loro.

“Ma...” tentò di obiettare Pandora.

“Perlomeno, non dovete dimostrare nulla a me.

La sacerdotessa si voltò di scatto, presa alla sprovvista da quell’ultima frase, e il respiro le si fermò in gola quando si trovò l’imponente figura della Garuda  a meno di due metri di distanza. Non si era resa conto del fatto che Aiacos si fosse alzato e, silenziosamente, avesse seguito i suoi passi.
Senza sapere cosa dire, rimase a fissarlo, espirando lentamente.
Il generale, forse rendendosi conto di aver osato troppo, chinò il capo.

“Perdonate la mia impudenza, Sacerdotessa.”

Nonostante il tono formale e distaccato, Pandora sentì un piacevole tepore salirle alle gote; distolse lo sguardo anche lei, mentre tentava di nascondere la gratitudine e quella strana sensazione - dolcemente sconosciuta - che l’aveva colpita all’udire le parole di Aiacos e che, di certo, traspariva dai suoi occhi.

Non dovete dimostrare nulla a me.
A me.
Per qualche motivo, quelle parole la rincuorarono. Per riconquistare il rispetto degli altri centosette spectre, in fondo, ci sarebbe stato tempo. Per ora, aveva quello di Aiacos... e, stranamente, le bastava.

Quando tornò a rivolgersi alla Garuda, il suo sguardo e il suo tono erano nuovamente quelli freddi e distanti della Sacerdotessa.

“Sei scusato... puoi tornare ai tuoi doveri.”

Con un ultimo inchino, Aiacos si voltò, dirigendosi con passo deciso verso la porta.
Nella mente, ancora aleggiava il ricordo della ragazza che aveva intravisto dietro la Sacerdotessa, una sfumatura rosata sulle gote e un grazie inespresso ad aleggiare nell’aria.
Sorrise lievemente, ancora stupito, mentre le note di “Danse Sacre et Danse Profane” tornavano a riempire il silenzio.




  
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