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Autore: Prof    28/11/2010    5 recensioni
Fuori continuava a piovere incessantemente, e la pioggia a percuotere i tetti. Era buio e tutto scuro.
Veneziano una volta gli aveva detto che quello era il cielo che piangeva, perché era triste.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Loneliness
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Italia Romano, Prussia
Genere: introspettivo, angst
Rating: verde
Avvertimenti: shonen ai (a discrezione)
Disclaimer: di Hidekaz Himaruya
Note: Ero così concentrata nello scrivere una Romano/Prussia che mi son dimenticata del prompt. Spero che Kimbnr mi perdoni. ^^''  Presto arriverà anche quella con il prompt. ^^'' (meme)
Riassunto: Romano aprì un occhio, dovendo lottare contro se stesso per trovare un briciolo di voglia per farlo. Aveva freddo.




Loneliness





Romano aprì un occhio, dovendo lottare contro se stesso per trovare un briciolo di voglia per farlo. Aveva freddo.
E gli faceva un male cane il collo.
Mugugnò il suo dissenso, mentre strizzava le palpebre e richiamava a sé i muscoli degli arti. Allungò le gambe, inarcando la schiena e facendola schioccare in un modo non molto rassicurante. Subito dopo rilassò di nuovo le membra, abbandonandosi al - poco - calore che il materasso gli restituiva.
C'era freddo. Aveva freddo.
Dissipati appena i fumi del sonno, in un misero quanto breve lampo di lucidità, si rese conto anche del perché: non c'era nessuna coperta. O meglio, nessuna coperta, o lenzuolo, stava coprendo il suo intirizzito corpo.
Sbuffò Romano, non imprecando solo perché il sonno che ancora gli annebbiava la testa gli impediva di poter dire qualcosa con un vago senso compiuto. D'altronde, era così abituato a risvegli di tal fatta che anche solo il pensare di lamentarsi per l'ennesima volta lo scocciava. Non ci sarebbe nemmeno stato gusto a svegliare il fratello per rimproverarlo di avergli rubato – ancora – la coperta nel sonno.
Per questo rimase più che stupito, anzi allibito, quando, per riprendersi la sua giusta metà di lenzuola, voltò lo sguardo alla sua sinistra e si ritrovò davanti al naso il profilo di Prussia, invece che l'espressione ebete del fratello.
Smise di respirare, Romano, e con tanto d'occhi fissava l'inaspettato ospite dormire, come a volersi sincerare del fatto che quella non fosse che una brutta visione causata dalla penombra in cui era immersa la stanza.
Ci volle qualche istante di troppo per ricordarsi di riprendere a respirare, e qualcun altro di più per far riaffiorare brandelli di ricordi non troppo lontani, che come tessere di un mosaico andavano a ricostruire la memoria degli eventi di solo una manciata di ore prima.

C'era stato un incontro, uno di quegli incontri internazionali in cui doveva sorbirsi la sgradevole presenza di quegli spocchiosi di Francia e Germania, di quei so-tutto-io e di una manciata di Nazioni belanti di cui non gli fregava manco ricordare il nome. Uno di quegli incontri, “meeting” come si ostinava ad imporre a tutti Inghilterra, in cui teoricamente si doveva parlare, dialogare, discutere, in cui ogni Nazione doveva poter dire la sua; in pratica, le uniche cose che si sentivano erano lo starnazzare di Francia contro Inghilterra, se andava bene, o peggio, sentirsi rimproverare per questo o per quell'altro da un Germania autoproclamatosi grande capo; come se lui, e anche tutti gli altri, si potessero permettere a cuor leggero di giudicarlo. Facile parlare, per loro, tronfi e gonfi nel loro essere arrivati.
Per questa sua impossibilità a sopportare la visione di tali facce ipocrite Romano da tempo aveva deciso di lasciar fare tutto al fratello, che tanto tutto era deciso già in partenza, e a decidere erano sempre i più forti. Tanto chi aveva tempo da perdere con uno come lui?

Stava piovendo. E pure forte. Sentiva lo scroscio della pioggia battere con violenza sul tetto, amplificato dal silenzio in cui era immersa la stanza. Ecco spiegato perché era così buio, nonostante  fosse passata poco più della metà del pomeriggio. Per un solo, piccolo attimo si chiese se Veneziano avesse finito di stare con quel gruppo di antipatici, così potevano tornare a casa in grazia di Dio.

Solo allora si rese conto di star ancora fissando il profilo aguzzo del volto di Prussia, e per la precisione la punta del naso. Dormiva quello, placido e con tutta la coperta.

Romano aveva cominciato a trovare sulla sua strada il tedesco anomalo che in quel momento giaceva al suo fianco nel giorno in cui, per sbaglio, aveva incrociato i suoi occhi dopo che, salutato il fratello Veneziano, le porte dell'ennesima sala riunioni gli erano state sbattute in faccia.
Quello fu il suo primo contatto con Prussia, poco più di uno sguardo fra due persone che sapevano bene quanto fosse dannatamente schifoso star fuori dalla stanza dei bottoni.
Entrambi, alla fine, sapevano che, anche davanti agli occhi degli altri, la loro presenza era del tutto superflua. Inutile. Non servivano a niente.

La consapevolezza di cosa aveva appena pensato gli piombò sullo stomaco pesante come un macigno. Deglutì a vuoto, stringendosi nelle braccia più per evitare di rendere palese a se stesso il tremore di rabbia delle mani che per il freddo provato.

Il collo. Gli faceva male il collo, oltretutto.
Facendo forza sui muscoli dell'addome sollevò appena il busto, puntellandosi con il gomito sul materasso. Si massaggiò la parte lesa mentre fissava con astio misto ad una certa nota di imbarazzo il braccio dell'altro sul quale aveva dormito, per disgrazia del suo collo.

Romano si astenne dal pensare altri commenti, che il passo a chiedersi come mai fosse finito lì era breve, e la domanda inopportuna.
Lasciò invece risalire lo sguardo dal braccio incriminato fino al resto del corpo al quale era attaccato, osservandolo grazie a quell'indistinto chiarore che rendeva meno scuro il buio nel quale era immerso – erano immersi.
A parte l'arto cagione di tanto male al proprio collo, palesemente fuori posto, Romano non poté non notare come il resto del corpo fosse, al contrario, irrigidito in una posizione estremamente... statica.
A giudicare da come soleva comportarsi da sveglio il crucco, il ragazzo non avrebbe mai scommesso nemmeno il più misero centesimo sul fatto che, da addormentato, quello potesse essere così tanto... composto.
Supino, gambe ritte e distese perfettamente parallele fra loro, braccio sinistro piegato a novanta gradi e la mano poggiata precisa al centro del busto, appena sotto lo sterno, con tutte le dita bianche le une affiancate alle altre, quasi come se quella mano fosse stata posizionata lì apposta; la testa era appoggiata esattamente al centro del cuscino immacolato, rivolta al soffitto, e la bocca chiusa, serrata da due labbra secche e sottili, e pallide.
Prussia sembrava quasi non respirare.
Rabbrividì Romano, ricacciando in fondo allo stomaco la sensazione di star giacendo di fianco ad un morto; ricacciando in fondo al cervello il chiedersi se anche lui, quando dormiva, quando era privato di ogni consapevolezza e difesa, potesse assomigliare a Prussia.

Fuori continuava a piovere incessantemente, e la pioggia a percuotere i tetti. Era buio e tutto scuro.
Veneziano una volta gli aveva detto che quello era il cielo che piangeva, perché era triste.

Romano rabbrividì ancora, stringendosi nelle spalle. Giusto, aveva freddo.
Sforzando gli occhi cercò in mezzo all'oscurità indistinta la sagoma informe delle coperte. Trovate, le agguantò senza tanti complimenti e le riposizionò nel giusto modo, avvolgendosele addosso. E sicuramente spinto più per abitudine che per altro, ebbe cura di ricoprire anche quel deficiente di un crucco, che non sapeva manco dormire, e davvero gli sembrava di stare appresso a suo fratello Veneziano, coronando il tutto con una sfilza di sbuffi scocciati e gesti bruschi, perché lo faceva più per un certo senso del dovere, e perché alla fine non gli costava nulla, e perché ormai era già lì e quindi non c'era bisogno di farsi strane idee del tutto campate per aria.

Al tocco delle coperte Prussia mugugnò qualcosa nel sonno, lasciando cadere leggermente la testa di lato, senza però svegliarsi.
Romano sbottò, mentre terminava di rimboccare le lenzuola al mezzo morto. Finito di fare la balia, si raggomitolò anch'egli sotto il caldo del piumone in comune, forse posizionandosi un po' troppo vicino al viso del crucco; al risveglio avrebbe detto che non era di certo colpa sua se qualcuno dormiva troppo al centro del letto e non sapeva dove mettere uno stupido braccio.
In quel momento però, aveva freddo, e giustamente gli pareva il minimo che Prussia scambiasse un po' di calore con lui, da buon ospite.
Portò le coperte fin sopra le orecchie, affondandoci dentro, e strofinò la guancia sul braccio dell'altro; poi chiuse gli occhi.
Fuori pioveva.

 
   
 
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