Colpito
Era stato colpito.
Di nuovo.
Merlin si massaggiò le tempie. Era mai possibile che Arthur si beccasse un qualcosa
di altamente pericoloso almeno una volta al giorno? Una freccia imbevuta di
veleno, un veleno puro, un incantesimo mortale. Sempre la stessa storia.
Era incredibile come quel ragazzo potesse rasentare la morte così spesso.
Non sapeva nemmeno più se preoccuparsi a morte come era successo l’ultima
volta, raggiungendo la soglia delle lacrime, o rassegnarsi ed aspettare che
accadesse un miracolo come sempre.
Che poi, miracolo per modo di dire, era sempre lui che lo riportava in
condizioni ottimali, alla fine.
Era scesa la notte, ormai, Arthur giaceva su un fianco, mentre lui e Gwaine
cercavano un modo per ripulirgli almeno un minimo la ferita alla gamba.
- Non ha un bell’aspetto.
- La freccia doveva essere avvelenata.
Quelle novità.
Si allungò a tastare la fronte ad Arthur. Bollente.
Ok, ora cominciava seriamente a preoccuparsi, nonostante avesse vissuto quella
stessa scena ormai innumerevoli volti e spesso senza l’aiuto di nessuno.
- Ha la febbre. Dobbiamo tenerlo al caldo.
Tremava visibilmente.
Nonostante il freddo pungente di quella notte, Merlin non esitò a togliersi la
giacca, poggiandola a mo’ di coperta addosso ad Arthur.
Non poteva più nasconderlo, era terribilmente preoccupato per il Principe.
Avesse potuto gli avrebbe donato tutto il suo calore.
Avvertiva a malapena le parole di Gwaine, sapeva di risultare secco nelle
riposte, ma non riusciva a spostare il pensiero da Arthur.
Gli dispiaceva per Gwaine, era sempre stato un ottimo amico, ma in quel momento
la conversazione non era il primo dei suoi pensieri.
Si curò di aver avvolto bene Arthur nella giacca, prima di provare a rilassarsi
un minimo e sederglisi accanto, in attesa.
Il fuoco andava spegnendosi, Arthur tremava sempre più violentemente.
Doveva fare qualcosa.
Non smise un attimo di fissarlo, mentre si agitava nell’incoscienza. La
preoccupazione lo stava uccidendo.
Decise di fare almeno un tentativo.
- Ci serve più legna.
- Concordo.
Ebbene?
- Vuoi andare a prenderla tu?
- Per niente. Grazie per averlo chiesto.
Avvertì la collera montare. Era mai possibile che Gwaine si rivelasse inutile
nelle situazioni in cui si richiedeva pienamente il suo aiuto? Arthur aveva
bisogno di cure e calore. Immediatamente.
Cercò di rimanere calmo.
La buttò sulla sua totale incapacità di maneggiare una spada, facendo leva sull’animo
da cavaliere di Gwaine.
- Ci sono lupi là fuori. Orsi, cinghiali…
- Esatto.
Voleva bene a Gwaine, ma cavolo quanto lo stava facendo arrabbiare. Cercò di
non darlo a vedere ancora una volta.
Giocò l’ultima carta.
In caso non avesse funzionato sarebbe stato disposto persino ad usare la magia
anche di fronte a Gwaine, per salvare Arthur.
- Io non sono un guerriero. Non so difendermi come fai tu.
Odiava passare per la donzella in pericolo di turno, ma come aveva già detto
Arthur necessitava di cure immediate.
- Non è mai troppo tardi per imparare.
Si sgnofiò. Tutta la rabbia era scemata in un secondo, così come era arrivata.
Non l’avrebbe aiutato, e questo lo deludeva parecchio.
Gettò un’altra occhiata ad Arthur, cercando un modo di salvarlo e dandosi dell’imbecille
ogni idea che scartava.
- Merlin.
Cosa voleva ancora?
Era sfinito, non sapeva più cosa fare.
- Non riesci a capire quando una persona scherza?
Ci mise un po’ a comprendere appieno le parole di Gwaine.
Non potè evitare di sorride, quando capì.
Si sentiva abbastanza stupido per aver dubitato anche solo per un momento del
ragazzo.
Non aspettò nemmeno che sparisse completamente, giusto il tempo che gli girasse
le spalle e si chinò vicino ad Arthur.
Dio, se tremava.
Gli posò una mano sul capo, pronunciando un paio di parole e lasciando fluire
la magia attraverso i suoi occhi dorati.
Lo guardò.
Tremava ancora. Troppo.
Il desiderio di stringerlo e passargli tutto il suo calore era indescrivibile.
Ritentò.
Ancora nulla.
- Andiamo. Arthur, forza.
Non era forse lui a sfoggiare sempre fieramente la sua dura corazza degna del
miglior cavaliere di Camelot? Merlin provò un minimo di irritazione.
Che diamine, non poteva rinunciare a combattere, era Arthur Pendragon, sua
maestà l’asino reale!
Strinse le labbra e ritornò al suo posto, lo sguardo perso nel nulla,
attendendo il ritorno di Gwaine.
Aveva vegliato su di Arthur tutta la notte.
Era talmente stanco che non si era nemmeno accorto di essersi addormentato
finchè la voce imperiosa di Arthur non gli penetrò nel cervello, rendendolo
immediatamente reattivo.
- Dov’è la coppa?!
Schizzò a sedere, notando un altrettanto frastornato Gwaine aprire lentamente
gli occhi.
- Dov’è la coppa?!
Arthur era perfettamente cosciente davanti a lui.
Ecco il miracolo.
Non perse nemmeno tempo a stupirsi, l’aveva già detto che aspettava un
miracolo. Anche se di solito era lui a farli accadere.
- Gli uomini di Cenred l’hanno presa.
- Allora cosa facciamo ancora qui?
Possibile che fosse così terribilmente asino nonostante avesse appena rischiato
di morire?
- Avete perso conoscenza.
Gli disse, ovvio, vedendolo sospirare quasi come se fosse rassegnato dalla sua
stupidità.
- Sempre una scusa, Merlin.
Stava parlando solo perché teneva a Camelot e Uther gli aveva affidato una
missione, stava parlando solo perché teneva a Camelot e Uther gli aveva
affidato una missione, stava parlando solo… Oh, al diavolo, era una testa d’asino
fatta e finita!
Si alzò immediatamente quando lo avvertì gemere dal dolore.
Sempre una scusa, eh?
Corse a sorreggerlo, mentre Arthur arrancava nel terreno cercando di rialzarsi
da solo.
Non potè non sentirsi bruciare quando Arthur gli si aggrappò al fianco con ogni
sua forza, utilizzandolo come sostegno. Un bruciore piacevole, come sempre
quando era Arthur a toccarlo e farlo andare a fuoco.
Lo rimise in piedi, passandosi un suo braccio attorno alle spalle.
- Dobbiamo tornare a Camelot prima che sia troppo tardi.
Ecco Arthur Pendragon, che come solito se ne fregava della morte.
Era partito di buona lena, rifiutando alla fine ogni
aiuto da parte sua e di Gwaine.
Zoppicava vistosamente, ma continuava ad incedere regalmente.
Cercò di rimanergli il più vicino possibile, pronto a sostenerlo in caso di
cedimenti della gamba.
Peggiorava ogni metro, arrivando perfino a cercare di reggersi a quello che gli
capitava sottomano, e tutto per non chiedere aiuto.
Certe volte il suo orgoglio lo faceva imbestialire.
Anzi, non certe volte, sempre.
Quando giunsero a Camelot, o meglio, a quel che ne restava, Arthur ormai non
riusciva più a camminare, facendolo imprecare mentalmente ogni volta che lo
vedere trascinarsi tra le macerie della città.
Arrivati a casa di Gwen non era nemmeno riuscito a sfondare una mi serissima porta
con un calcio, tanto da dover costringere Gwain ad intervenire in suo aiuto,
nonostante non fosse richiesto.
Era in pena per lui, ma erano quasi al castello, tempo qualche decina di minuti
e sarebbe riuscito a curarlo grazie all’aiuto di Gaius.
Gli si strinse il cuore quando chiese notizie di Gwen ad Elyan.
- Dov’è tua sorella? Dov’è Guinevere?
Anche a lui importava per la sorte dell’amica, ma udire Arthur domandare di lei
con il tono intriso di preoccupazione era quello che più gli faceva male.
Lo amava, si.
E da troppo tempo, ormai. Ma i pensieri del Principe erano solo ed
esclusivamente per Gwen.
Meglio così, avrebbero regnato meravigliosamente bene su Camelot, si ripeteva
tutte le volte che avvertiva quel peso farsi opprimente e la voglia di fuggire
pressantemente insistente. E si sentiva incredibilmente egoista quando si
ritrovava a pensare che era lui a meritarsi Arthur.
Non Gwen, lui.
Lui che gli salvava la vita una volta si e l’altra anche.
Lui che sopportava ogni cosa pur di stargli accanto.
Lui che scommetteva ogni cosa per proteggerlo, persino la sua stessa vita.
- La cittadella è stata presa.
Aveva afferrato giusto qualche parola del discorso tra Elyan ed il Principe, ma
per quello che aveva capito, Gwen era in pericolo, ed Arthur – nonostante la
terribile ferita alla gamba – sarebbe corso da lei in ogni caso.
Deglutì, notando l’occhiata di Gwaine che si premurava delle sue condizioni,
dopo aver notato la preoccupazione negli occhi di Arthur per Gwen. Non ne
avevano mai parlato apertamente, ma Gwaine sapeva. Sapeva perché era stato
respinto, quell’unica volta in cui aveva provato a fargli intendere quello che
provava.
Tutto per Arthur.
- Andiamo.
Tornarono in strada, affiancati da Elyan.
- Quanto ancora potrà resistere così?
- Non lo so.
Ma spero abbastanza per permettermi di
curarlo.
Barcollava come un ubriaco, cercando il modo meno doloroso di salire le
lunghe scalinate che portavano al castello. Merlin sempre al suo fianco.
Giunti ad uno dei tanti corridoi, vide Arthur impallidire di colpo, ormai
sfinito anche se cercava di non darlo a vedere.
Si accasciò contro una parete, cercando di risultare il più naturale possibile.
- Ora da che parte?
- Ora… ora noi…
La febbre doveva essere tornata più feroce che prima.
Non resistette, gli afferrò una spalla, cercando di tenerlo in piedi nonostante
il suo fisico pelle e ossa.
- Arthur. Non potete andare avanti così.
Cercò di convincerlo con le buone.
Se l’avesse seguito di sua spontanea volontà molto bene, altrimenti sarebbe
passato alle maniere forti. Per modo di dire; contro Arthur – nonostante fosse
convalescente – non sarebbe mai riuscito a spuntarla.
- Dobbiamo… dobbiamo trovare gli altri.
Avvertiva il bruciore della sua fronte persino da quella distanza.
- Non potete continuare senza cure.
- Guinevere… mio padre…
Ecco, di nuovo con il pensiero di Gwen.
No, no, no, idiota, non è il tempo per la
gelosia, Camelot è in pericolo ed Arthur ha bisogno di cure.
Prese in mano la situazione, passando alle maniere cattive.
- Elyan, tu conosci la strada per le prigioni?
- Si, credo di si.
- Vai con Gwaine. Vedi se riesci a trovarli.
- Vado con loro.
Vide Arthur cercare di seguirli, trascinando la gamba. Lo fermò.
- No, non lo farete.
- E’ un ordine.
Non gli interessava se quando fosse finito tutto l’avesse fatto mettere alla
gogna per un mese o se l’avesse addirittura chiuso nelle prigioni a marcire; in
quel momento necessitava urgentemente di cure e non sarebbe riuscito a convincerlo
a desistere nemmeno con le minacce.
Doveva prendersi cura di lui.
Cura del futuro re di Camelot, ma soprattutto cura dell’uomo che amava.
- Al diavolo i vostri ordini. Voi venite con me.
Riportò il suo braccio attorno alle spalle, tirandoselo contro e cominciando ad
arrancare lungo il corridoio tenendolo agganciato per la vita.
Al momento la vita di Arthur era la cosa più importante.
Quello tra il corridoio e la casa di Gaius gli sembrò
il tragitto più lungo in assoluto, quella sera.
Fece sdraiare Arthur sulla panca dove solitamente sedeva per mangiare e cercò
di allontanarsi per trovare qualcosa per la gamba, ma il Principe lo trattenne.
Per un attimo il suo animo da donnicciola si fece sentire, sperando che Arthur
lo trattenesse solo per dirgli di non andarsene, ma si diede immediatamente
dello stupido non appena Arthur aprì bocca.
- Stai disobbedendo ad un ordine diretto, Merlino. Ti farò mettere alla gogna
per questo.
E tutto per Gwen.
- Bene. Ora state fermo. E cercate di non muovere la gamba.
Ordinò, di nuovo. Ci stava prendendo gusto.
Lo sentì gemere di dolore mentre si afflosciava sulla panca e cercò più in
fretta tra le boccette di Gaius.
Si fermò improvvisamente quando udì un rumore.
Senza nemmeno pensarci prese la spada di Arthur e si avvicinò al ripostiglio.
Non conosceva bene come maneggiare una spada, ma in caso di pericolo avrebbe
trovato il modo di uccidere chiunque si fosse avvicinato al Principe.
Avvertì una gioia prepotente quando aprì la porta dello sgabuzzino e vi trovò
Gaius all’interno.
Si aprì in un sorriso che andava da un orecchio all’altro prima di riuscire ad
accorgersene. Almeno Gaius era salvo. Lo strinse, senza smettere di sorridere
un momento.
Un gemito provenne dalla panca, facendogli immediatamente sparire ogni segno di
felicità dal viso.
Seguì Gaius. Ora che era lì con lui, era certo che tutto sarebbe andato per il
meglio, per quel che riguardava Arthur.
Ogni gemito di dolore era una pugnalata. Era tutta colpa sua, che non era stato
in grado di usare la magia quando la situazione lo richiedeva.
Sbarrò gli occhi quando il Principe rifiutò le cure del cerusico.
- Non c’è tempo. Dammi solo qualcosa per poter proseguire.
Di nuovo, faceva tutto per amore di Gwen.
No, Merlin, lo fa per il suo popolo.
E soprattutto per Gwen.
Per un attimo sperò che Gaius non acconsentisse, non aveva abbastanza forze per
riuscire a compiere imprese eroiche, non in quel momento!
Si diede come sempre dello stupido due secondi dopo averlo pensato. Era Arthur
Pendragon, doveva salvare il suo popolo.
Avrebbe salvato il suo popolo anche a costo della vita, come era capitato ormai
innumerevoli volte.
- Si, Sire.
Lo vide saltare in piedi non appena bevuta l’ultima goccia dell’intruglio di
Gaius, pronto ad una nuova battaglia.
Forse era per quello che lo amava, per il suo instancabile spirito combattivo.
Forse lo amava per quei sorrisi splendidamente rari che gli dedicava, in tutto
e per tutto simili a quello della mattina precedente, prima di partire.
Forse lo amava per il suo senso di giustizia, per la sua lealtà, per il suo
coraggio, per il suo essere incredibilmente asino.
Forse lo amava perché era tutte queste cose.
Lo amava perché era Arthur.
Lo osservò dare direttive ad Elyan e Gwaine, rientrati con le notizie sui
prigionieri. Quando tutti uscirono si voltò verso di lui.
Era combattuto, era rimasto indeciso fino all’ultimo se proporglielo o meno,
glielo si leggeva in faccia.
- Merlin, dovresti andare con loro.
La sua bocca diceva una cosa, i suoi occhi lo pregavano perché rimanesse.
Di nuovo quella finta sensazione da damigella invase Merlin, sperando ci fosse
qualcosa di più per lui. Di nuovo rimase deluso.
- No, ho già visto quella foresta.
La buttò sull’ironia, l’unica cosa che ormai gli rimaneva.
Di nuovo, dopo qualche metro, Arthur cominciò a zoppicare.
- State bene?
Lo ignorò.
- Muoviamoci.
Si affacciarono sulla sala del trono dal balcone, cercando di non farsi vedere.
Morgana era stata incoronata Regina.
E quando Merlin vide lo sbigottimento di Arthur, tutte le sue sicurezze
vacillare, capì che presto avrebbe avuto bisogno di lui, e lui sarebbe stato
pronto.
Non era ancora finita.
Spazio autrice:
Bè, inutile dire che la shot – mica tanto shot, è lunga ben 7 pagine, secondo
Word O.O – è ispirata alla puntata 3x12, vista questo pomeriggio e paradiso per
lo slash, a parer mio *-*
I pairing sono abbastanza: Merlin/Arthur, Arthur/Gwen, Gwaine/Merlin, ma – a parte
ovviamente il secondo, che non sopporto – la puntata li richiedeva tutti.
Spero sempre che Gwen muoia tra atroci dolori, ma purtroppo nessuno mi
accontenta mai, e così bisogna arrangiarsi come si può, per le Merthur T____T
Basta, se continuo ad insultare Gwen va a finire che smetto a Natale, perciòòò…
spero vi sia piaciuta.
Volevo buttarla sull’ironico, ma alla fine è sfociata nel sentimentale, e questa
cosa non mi piace *nonono* però pazienza, spero piaccia comunque .-.
Tutti i dialoghi sono presi ovviamente dalla puntata e ho cercato di mantenere
i nomi originali. In corsivo i pensieri contrastanti di Merlin, povera stella
xD
A presto e, ricordate, tifate Merthur e dite no alle Arwen!
Ok, sembra uno spot contro la droga ._.
Amen, a presto xD
- J
P.S.:
Dimenticavo: esultate con me per l’incoronazione di Morgana *-* Ok, so che è
cattiva – solo ultimamente però. Io spero ancora nel ritorno della Morgana meravigliosa
della prima serie… -, ma la amo, la mia alternativa alle Merthur sono proprio
le Morthur xD Basta, so che non vi interessa, me ne vado ù_ù