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Autore: AvevoSolo14Anni    30/11/2010    1 recensioni
[SOSPESA PER MANCANZA DI ISPIRAZIONE!]
L’amore fraterno non è qualcosa di facile da spiegare. È un legame unico, indistruttibile, che comprende tante cose, non tutte positive. Per un fratello sei pronto a rischiare tutto, a batterti furiosamente. Lo difenderai sempre e comunque: non c’è scelta. E sai che lui farà sempre lo stesso per te, ci sarà in ogni momento della tua vita. Non importa se a volte litigate, farete sempre pace. E vi potete dire che vi odiate, vi potete dare fastidio in ogni secondo, ma la verità è che se qualcuno vi dividesse, vi sentireste persi. Questo è, riassumendo molto, l’amore fraterno.
E se i fratelli in discussione sono ben cinque, di cui una sola ragazza, chissà quante cose potranno succedere…
Questa storia parla di tanti tipi di amori diversi; ma poi quando si ama, si ama e basta.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1


Il primo ricordo di Haze risaliva ai suoi due anni. Tutto era sfocato e non sapeva esattamente se fosse realmente andata così, però nella sua mente c’era qualcosa di vago. Ricordava di essere stata nella sua piccola culla con le sbarre. Piangeva forte quel pomeriggio: vedeva sopra alla sua testa quelle strane figure di legno che pendevano – attaccate a fili sottili che non riusciva a cogliere –, ma non riusciva a raggiungerle.
Le sue braccia erano molto corte e quei pianeti colorati erano troppo in alto. Sbraitava per la rabbia, ma nessuno l’aveva ascoltata per un po’.
Poi ricordava che fosse arrivato qualcuno. Non uno qualsiasi, il suo viso è la cosa più chiara di tutto il ricordo: era il suo fratellone Kevin.
Forse l’aveva fissata piangere per un po’, poi ricordava di essersi sentita sollevare da due mani grandi – in confronto alle sue, ovviamente – e all’improvviso i pianeti che fino a poco prima si facevano beffe di lei erano diventati a portata di mano.
Aveva sorriso felice, iniziando a picchiettarli con le manine. Loro dondolavano, e lei ridacchiava.
Per quanto tempo il fratello l’aveva tenuta in braccio per farla divertire? Infondo aveva solo sette anni, magari gli era anche pesata dopo un po’. Ma non si era tirato indietro: aveva aspettato finché lei non si era stancata e si era tranquillizzata.
Ricordava che lui l’aveva rimessa nel lettino. Ma non se n’era andato: aveva aspettato, accarezzandole una manina, finché non si era addormentata.
Quel ricordo era un po’ confuso, ma la sensazione di protezione era forte. Quella non l’avrebbe mai dimenticata.
A Haze piaceva ricordare l’infanzia, si rendeva conto di come tutti le avevano voluto bene fin dall’inizio. E ovviamente, per lei era sempre stato lo stesso.
Un’altra memoria preziosa era di quando Joe – forse il più pazzo tra tutti i suoi fratelli – le aveva insegnato a nuotare.
Aveva sei anni e il fratello era solo tre anni più vecchio. Lui, come quasi sempre, la prendeva in giro perché ancora nuotava con i braccioli. Si vantava di averli smessi di usare un anno prima di lei, finché non le diede così sui nervi da convincerla a provare a non usarli più.
Si erano messi i costumi ed erano andati nella piccola piscina che c’era in giardino. L’acqua era calda così come l’estate intorno a loro.
Ricordava bene il timore che aveva provato quando Joe le aveva sfilato via i braccioli che lei aveva già infilato. Ma lì per lì non aveva avuto paura, perché il fratello l’aveva stretta a sé mentre si allontanava dai bordi. Lui toccava il fondo, perciò non era un problema.
Haze si era abbarbicata con tutte le sue forze al collo di Joe non vedendo altri appigli attorno a lei. Poi lui, senza sforzo, l’aveva allontanata leggermente e qualche secondo dopo l’aveva mollata al centro della piscina.
Alla bimba era preso il panico, e si dimenava come una pazza, ottenendo solo di bere ancor più acqua.
Joe l’aveva subito afferrata e tenuta ferma, mentre lei tossiva ripetutamente.
Appena era tornata a respirare, la piccola era scoppiata il lacrime dicendo che avrebbe sempre nuotato con il salvagente. Il fratello si era intestardito e l’aveva guardata in modo serio, dicendole che più si agitava e più rischiava di affogare.
Poi, allontanandola di nuovo ma tenendola per le spalle, le aveva chiesto se si fidava di lui. La giovane Haze lo aveva guardato dritto negli occhi e non aveva avuto il minimo dubbio: si fidava di lui. Aveva annuito, continuandolo a guardare, e lui aveva lentamente sciolto la presa su di lei.
Il timore era sparito e la sicurezza l’aveva invasa: rimase a galla, così, senza sforzo.
Passarono il resto del pomeriggio a nuotare insieme, felici.
Di ricordi con Nick, ne aveva forse troppi. Avevano passato ogni istante della loro vita insieme, a partire da quando erano nella pancia della madre.
Ricordava i giochi spensierati all’asilo, le prime difficoltà alle elementari affrontate insieme. Dire che erano inseparabili era forse troppo poco.
Ricordava di quando lui l’aveva aiutata con l’inglese, mentre lei lo aiutava con la matematica. Ricordava di quando le aveva insegnato ad allacciarsi le stringhe.
I due bambini trascorrevano tutta la giornata in simbiosi: la mamma li svegliava la mattina per andare a scuola (erano sempre stati in classe insieme), nelle aule si facevano forza a vicenda durante le verifiche e la noia, a pranzo stavano seduti sempre nello stesso tavolo, il pomeriggio dopo qualche altra ora di scuola tornavano a casa insieme, facevano i compiti e poi giocavano a qualsiasi cosa passasse loro per la mente. Quando il padre li chiamava per la cena, entusiasti, correvano nella grande cucina che aveva ospitato prima sei e poi sette persone (con l’arrivo del piccolo Frankie).
Era buona abitudine per loro pregare prima dei pasti, poi abbuffarsi tutti insieme mentre si ci raccontava a vicenda della propria giornata. Attorno a quel tavolo si erano fatti grandi risate, più raramente si affrontavano discorsi seri.
Dopo cena era di nuovo tempo di giocare – spesso anche con gli altri fratelli – poi la mamma li spediva tutti a dormire.
Nick e Haze condividevano anche la stessa stanza, così come Kevin e Joe. Non ditelo a nessuno, ma spesso quando i genitori ormai li credevano addormentati i due si sussurravano storie e segreti, riunendosi sotto le coperte di uno dei due letti. Qualche volta parlavano così tanto da crollare dal sonno a tarda notte. Il mattino la madre li ritrovava abbracciati a dormire, come due angioletti.
Quando Nick aveva iniziato a fare teatro già a sette anni, nelle notti in cui era tutta sola nella stanza grande, Haze era molto triste e si sentiva sola. Nei primi tempi non era riuscita a dormire.
Joe e Kevin una volta, sentendola piangere a notte inoltrata, erano sgattaiolati nella sua stanza per calmarla e consolarla. Mezz’ora dopo la bambina dormiva tranquilla, stretta ai suoi fratelloni.
Fu così che da quel giorno ogni volta che Nick non dormiva a casa, Haze si trasferiva nella camera dei fratelli, dormendo una volta stretta all’uno e una volta all’altro. I due non se ne erano mai lamentati, ne sembravano anzi felici.
Haze, fin da piccola, sapeva con assoluta certezza di avere i fratelli migliori del mondo.
Con Frankie era stato diverso, ovviamente era stata lei a prendersene cura, non il contrario. Gli volle bene fin dal primo istante quando lo vide in ospedale, all’età di otto anni.
Ricordava inoltre le sue prime vere difficoltà in prima media. Lei e Nick stavano talmente tanto assieme e si conoscevano così bene che gli altri erano quasi intimiditi dal loro rapporto, per questo per loro era più difficile trovare dei veri amici. Ma non era questo il problema: avevano l’uno l’amicizia dell’altro.
Haze era memore di un compagno di scuola, Tom Geller, che si era messo a fare il bulletto, prendendo di mira proprio i due gemelli. Li seccava di continuo, finché non arrivò addirittura a tirare un pugno nello stomaco a Nick, quando si era azzardato a dargli uno spintone perché stava infastidendo la sorella. Haze si era imbestialita come mai prima d’allora vedendo il fratello dolorante perché aveva cercato di difenderla, e aveva mollato a Tom un ceffone in pieno volto.
Le professoresse erano intervenute, separandoli e sgridando a dovere tutti e tre, ma senza prendere altri provvedimenti.
Da quel giorno Tom era diventato ancora più cattivo, spesso insultandoli e parlandone male con tutti. Altre volte tirava i capelli a Haze e dava pacche violente a Nick.
I due fratelli non ne potevano davvero più e avevano chiamato la cavalleria.
Fu così che un giorno, mentre uscivano da scuola, Tom li seguì per offenderli e spintonarli come sempre. Quando era sul punto di farlo, gli erano piombati davanti due ragazzi più grandi, le braccia conserte e lo sguardo arrabbiato. Joe e Kevin erano stati molto protettivi, minacciando il bulletto di venirlo a cercare se avesse ancora dato fastidio ai loro fratellini.
Tom se l’era data a gambe, spaventato dall’essersi ritrovato davanti ben due avversari entrambi più grandi e forti di lui.
Haze e Nick avevano gioito nel vedere quel bambino cattivo scappare con la coda tra le gambe, si erano gettati addosso ai fratelli ringraziandoli. Da quel giorno Tom non diede loro mai più fastidio.
Per Haze a quel punto i tre ragazzi erano i suoi fratelli meravigliosi, i suoi migliori amici e i suoi eroi personali. Ebbe la certezza che qualsiasi cosa le avessero chiesto, l’avrebbe fatta. Gli voleva così tanto bene da rischiare di esplodere.
Ovviamente tra di loro c’erano stati anche i litigi. È inevitabile, soprattutto quando si è così tanti!
Haze aveva litigato almeno un paio di volte con tutti, molto più spesso aveva calmato i litigi degli altri. Non erano mai state liti vere e proprie, erano sempre causate da sciocchezze.
La maggior parte delle volte che aveva litigato con Nick, era stato perché volevano fare giochi diversi, o volevano guardare programmi diversi alla TV. Insomma, quelle sciocchezze da bambini che sono capitate a tutti almeno una volta.
Frankie a volte la faceva impazzire – soprattutto quando ormai era un’adolescente e aveva bisogno dei suoi spazi. La disturbava in ogni istante, pretendendo le sue attenzioni. Lei sapeva bene che era normale vista la sua età, ma a volte non si poteva fermare dal dirgli di tutto. E ogni volta se ne pentiva quando vedeva il suo visino farsi triste e poi rigarsi di lacrime. E ogni volta si scusava, lo prendeva sulle sue gambe e lo cullava facendolo calmare. Poi, spesso, lo accontentava qualsiasi cosa le chiedesse.
Joe era il tipico ragazzo simpatico e divertente, ma a volte poteva risultare troppo stressante. Specie a causa di quelle sue battutine con cui ti punzecchiava ripetutamente. Se poi lo faceva con argomenti delicati – come una cotta o qualcosa successo a scuola – ci voleva poco a sbottare e arrabbiarsi con lui. Parecchie volte era capitato che si urlassero contro i reciproci difetti per almeno mezz’ora, ignorando Nick e Kevin che cercavano di calmarli.
La soluzione più logica sarebbe stata quella di smetterla di raccontare dei propri amori a Joe, ma per Haze era del tutto impensabile. Quante volte l’aveva aiutata o consolata? Era – come lui stesso si definiva – il Fratello Per Le Questioni Di Cuore.
Ogni volta alla fine facevano pace e dieci minuti dopo chiacchieravano tranquilli come se nulla fosse successo.
Con Kevin litigare era praticamente impossibile. Aveva un carattere così tranquillo e affettuoso che per farlo arrabbiare bisognava davvero offenderlo nel profondo.
E così fu, solo una volta. Haze era tornata a casa con Nick arrabbiata, anzi infuriata, urlando contro chiunque gli capitava a tiro. Aveva tredici anni e quella che credeva la sua migliore amica era andata a spifferare a tutta la scuola per chi aveva una cotta, anche al ragazzo stesso. L’avevano presa in giro per tutto il giorno.
Forse non è un vero e proprio dramma, ma a quell’età sembra semplicemente una tragedia.
Kevin aveva fatto l’ingenuo errore di seguirla in camera sua per vedere come stava e di domandarle ripetutamente cosa le fosse capitato. Gli altri sapevano di doversi tenere alla larga, visto il suo pessimo umore. Non voleva infastidirla, la voleva semplicemente aiutare.
Ma Haze, in quel momento d’ira, se l’era presa anche con lui. Gli aveva gridato in faccia in lacrime che non era altro che un rompi scatole, che doveva preoccuparsi per sé visto che la sua ultima ragazza lo aveva piantato.
Da lui non era arrivata nessuna risposta, perciò lei aveva alzato gli occhi bagnati per guardarlo.
Lo aveva ferito, eccome se lo aveva ferito. Si sentì così male che le venne la nausea, nel vedere il suo fratellone con gli occhi lucidi.
Perché, onestamente, ferire così Kevin potrebbe essere considerato un reato. È talmente buono da essere indifeso. Non sa reagire se questo significa ferire qualcuno a cui vuole bene.
Haze si era alzata dal letto e gli si era avvicinata, poi lo aveva abbracciato stretto e si era scusata un centinaio di volte, ripetendo che non era vero e che era semplicemente arrabbiata per altri motivi. Dopo circa un minuto anche lui l’aveva stretta a sé, dicendole che non importava e che probabilmente aveva ragione.
Haze lo aveva guardato male e lo aveva fatto sedere sul suo letto, poi lo aveva costretto a sorbirsi un lunghissimo discorso su quanto era sbagliato che lui dicesse certe cose e su come era fantastico.
Alla fine erano usciti dalla stanza abbracciati e sorridenti.
In poche parole, per quanto potessero litigare, nessuno di loro era capace di vivere senza tutti gli altri.




Spazio dell'autrice:
Ecco qui il primo capitolo!!! Sono iper curiosa di sapere se vi è piaciuto o no!!! Vi prego commentateee :D Anche due parole mi bastano!!
Okay calma u.u Forse questo capitolo vi sembrerà più una specie di epilogo, ma dato che la mia storia parla proprio delle loro vite, anche se non c'è nemmeno un discorso diretto l'ho considerato un capitolo vero e proprio u.u
Ci vorrà ancora almeno un capitolo per entrare nel vivo della storia, perchè voglio far capire bene come siano i loro rapporti :)
Spero vi sia piaciuto :)

ElyCecy: che dire? Grazie per commentare sempre le mie storie :) Ora corro subito a leggere la tua :D Piaciuto il capitolo?? :)

A presto, baci, Juls.



  
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