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Autore: C_Moody    30/11/2010    1 recensioni
Sono fra noi. Hanno smesso di chiamarsi "leggende".
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole che si leva indisturbato da nuvole o da eclissi guasta i miei piani. Osservo con odio quella sfera arroventata attraverso le tapparelle e mi vedo costretta a tirar le tende pesanti di buon mattino. Certe volte, se lascio le tende chiuse, in questa casa sembra che faccia sempre notte. È una cosa che vorrei tanto: tener sempre tutto chiuso. Penso che mi sentirei meglio se facessi finta che il sole non esiste. Comunque, be', non mi sembra giusto nei confronti della lican. Il suo corpo funziona ancora perciò ha ancora bisogno della vitamina D. Sì, la soluzione che mi resta sarebbe andare a vivere da sola ma ormai credo di essere troppo vecchia per lasciare questa casa, queste abitudini e lasciare la mia vecchia amica Ellie.
Non appena gli esseri addormentati nella casa aprono le palpebre, annuncio loro i miei piani guastati dal sole. Non mi paiono neppure lievemente dispiaciute dal fatto che io non possa varcare neanche la soglia della porta.
Solo Lily resta a guardarmi a metà fra sbalordita e dispiaciuta. Si è abituata ad avere una vampira intorno più velocemente di quanto mi aspettavo.
Ellie è ancora sotto la doccia quando il suo Christopher viene a trovarla. Spalanco la porta e lui entra spensierato e allegro come suo solito, solo dopo vede Lily facendo colazione in cucina. Ci rimane male al punto da bloccarsi dopo soli pochi passi dall'ingresso. Guarda lei, poi me e nuovamente lei. Lily non ha neppure un sospetto riguardo alla natura di Christopher. A parte il corpo massiccio e quell'aria rude, nulla richiamerà mai nella mente di Lily quelle strane nature che colpiscono Ellie e me.
«Christopher, lei è Lily. Lily, lui è Christopher, il compagno di Ellie.»
In preda allo stupore, Lily riesce soltanto a rivolgere un mezzo sorriso al lican. So cosa sta pensando, posso immaginarlo visto che ormai credo di conoscere abbastanza bene la piccola Lily. Sta sicuramente pensando se Christopher sa la verità su Ellie. A questo punto anche il pensiero di Christopher è prevedibile: probabilmente si chiede se Lily sa tutta la verità sulle persone con le quali vive.
Si guardano e qualcosa nei loro occhi non mi piace. Christopher deve averla guardata storta e Lily a sua volta deve aver risposto allo sguardo minaccioso. Per distrarli esclamo frasi infastidite contro il sole che mi costringe a socchiudere anche le imposte della cucina e aggiungo, guardando Christopher, che presto Ellie uscirà dalla doccia.
Lui mi ha segno con un dito di seguirlo.
«Devo parlarti.» Seguo la sua enorme schiena che mi conduce al corridoio, vicino alla porta del bagno dove si sente canticchiare la lican femmina. Prima di scomparire dietro la porta, faccio un cenno a Lily, la quale mi è parsa alquanto preoccupata.
«Crystal, che storia sarebbe questa?» Christopher viene subito al punto, lasciandomi senza la minima possibilità di cominciare con un discorsetto preparato con anticipo nella mia mente.
La vicinanza del suo corpo è fonte di ansia per me. Di Ellie mi fido, ci conosciamo anche da troppo tempo. Di Christopher invece, no. Non solo non lo conosco bene, né lo conoscerò abbastanza trattandosi del mio "nemico naturale", ma questa nuova situazione, questa novità pare averlo turbato quel che mi basta per temerlo. 
Non saprò mai quanto è grande il suo autocontrollo.
«Sì... ehm... Lily, umana, è una povera ragazzina abbandonata da tutti, persino da sua madre. Ha cercato di suicidarsi ed io non sono riuscita a impedirmi di salvarla. Non ce l'ho fatta. Ora sta con noi.»
«Oddio, vi siete messe in un bel casino! Insomma, è un umana! Sa cosa siete?»
«Sì. L'ha saputo ieri. Ci ha persino viste in azione.»
La pelle color bronzo di Christopher per un attimo impallidisce. Io mi schiaccio ancor di più contro il muro, non so perché. Se combattessimo, non so neppure quale delle due nature vincerebbe la battaglia e per quanto mi riguarda è una cosa che non ho intenzione di verificare. Ma Ellie non mi perdonerebbe mai se lottassi contro il suo compagno.
Così cerco di mantenere la calma sperando che Christopher, che di natura è più scontroso di me, faccia altrettanto.
«Oh no... oh no... come sarebbe?»
«Ieri siamo andate a fare un po' di compere, Lily aveva bisogno di vestiti. Non avevamo contanti a sufficienza e abbiamo fatto un salto in banca. Tre rapinatori hanno rovinato la nostra giornata. Fra ladri, assassini e pedofili, ho dovuto salvare nuovamente quell'umana.»
«Alvin lo sa?»
Sentiamo la porta del bagno aprirsi. Christopher è sicuro di poter aspettare di vedere la sua compagna. Prima esige la mia risposta. Lo guardo dritto negli occhi nerissimi e la mia testa si muove in un cenno di affermazione poco convinto.
Insomma, sì, Alvin lo sa. Ma probabilmente anche qualcun altro.
«Christopher? Tesoro, ma che ci fai qui? Che bella sorpresa!»
Torno da Lily lasciando i due innamorati a coccolarsi. La presenza minacciosa di Christopher mi mette in ansia. La presenza dell'umana pure, ma almeno so che lei non mi attaccherà. E anche se lo facesse non mi farebbe niente.
Christopher invece...
«Posso avere altro latte?»
La voce di Lily mi giunge talmente lontana quanto immaginaria, così le tocca ripetere la domanda facendomi finalmente reagire. Mi alzo in silenzio e le verso altro latte nella tazza che stringe con entrambe le mani.
Sento che ha un milione di domande in testa, domande nuove vista la recente conoscenza di Christopher.
Ma quando la guardo negli occhi, qualcosa la spaventa e le chiude la bocca.
Ellie e Christopher riappaiono in salotto e notano subito i nostri visi oscuri.
«Allora, Lily, sei pronta per un altro po' di shopping?»
L'umana guarda Ellie come se la vedesse per la prima volta, poi guarda Christopher come se invece lo conoscesse da anni e sapesse quanto è pericoloso e infine guarda me. Decifrare il suo sguardo è tutta un'impresa. Sembra quasi che davanti ai lican si senta in pericolo talmente tanto da rivolgermi uno sguardo implorante, che chiede aiuto. È come se Lily cercasse di confidare sul fatto che la difenderò.
Non si è ancora convinta della pericolosità della mia natura.
Scende dallo sgabello della cucina con movimenti misurati e mi guarda ancora.
«Buon divertimento.» Le dico, facendo finta di non aver notato quegli occhi tristi.
Evidentemente teme Christopher più di quanto lo temo io.
Ellie le passa un braccio sulla spalla e tutti e tre se ne vanno a passeggio nella città soleggiata. Vedo Christopher tenersi a distanza di sicurezza da Lily. Di più, la guarda da sopra la spalla, sia in senso letterale, dato che Christopher è alto quasi due metri mentre Lily oltrepassa appena il metro e mezzo, sia in senso figurativo. 
Che Christopher non provi a sentirsi superiore a Lily. Ok, magari lo è. E, ok, lo faccio anch'io. 
Ma io so fin dove arriva il mio autocontrollo.
 
Dopo soli cinque minuti il campanello suona. Penso subito che qualcuno del trio appena uscito abbia dimenticato qualcosa. Avevo appena finito di risistemare la cucina messa sottosopra da Ellie, di nuovo cuoca, e da Lily, disordinata commensale. Le mie intenzioni erano quelle di vedere se anche nella stanza da letto era tutto in ordine e poi finalmente sedermi nella mia cara poltrona a leggere.
Mentre mi avvio verso la porta, asciugando la leggera umidità delle mani sui vestiti, borbotto frasi verso l'entità, lican o umana, dall'altra parte della porta. Frasi come: «Allora, cosa avete dimenticato?», «Ellie sei proprio smemorata ultimamente!»
Quando spalanco fiduciosa la porta, non trovo nessuna delle tre persone che mi aspettavo di trovare.
È Alvin. Furioso come non mai.
Entra senza invito e mi fulmina con lo sguardo prima ancora che io possa salutarlo.
Richiudo la porta perché so che è quello che l'elfo sta aspettando.
«Adesso Crystal mi dici che cosa ti è saltato in testa!» 
Non ci sono avversioni naturali fra me e l'elfo. Tuttavia m'infastidisce la sua voce, quel suo accento francese e rabbioso.
«Ehi, abbassa la voce. Non so proprio di cosa tu stia parlando.»
Qualunque scenata vorrà farmi, mi annoierà prima ancora di cominciare. Così mi dirigo verso la poltrona. Noto che sta entrando fin troppa luce per i miei gusti. Alvin s'infuria ancor di più vedendo la mia calma e cammina su e giù davanti a me come una tigre innervosita. Non ricordavo l'ultima volta che Alvin è stato arrabbiato. Di sicuro non a causa mia.
«Sei proprio un'incosciente, Crystal! Ecco quello che sei! Sei matta. Ieri ti ho cercata come un pazzo. Ho provato tutto il giorno a chiamare. Ehi, sappi che non l'avrei fatto se non mi fossi preoccupato! Ti avrei pure abbandonata al tuo tragico destino se non mi fosse fregato niente.»
Il mio sguardo stranito e confuso non lo fermano a riflettere e a spiegarmi meglio cosa diavolo gli prende.
Continua a sputare sentenze, critiche e a farsi saltare i nervi.
«Non ti rendi proprio conto del casino. Quasi quasi ammiro il tuo coraggio nel sederti e attendere la morte tranquilla e serena come se niente fosse. Ma sappi che nella morte trascini anche la ragazzina! Crystal perché ti comporti così? Io cerco di aiutarti. Cerco di aiutare tutti voi. Ma tu non solo non me lo permetti, pensi pure che a me non interessi niente di te. Ci conosciamo da tanto tempo e a me interessa ogni membro della società.»
Si porta una mano sugli occhi e assume la posizione di chi si trova davanti a un caso disperato. Sente che non c'è proprio speranza con me e il suo nervosismo ha contaminato l'aria intorno a me, rendendola elettrica, fastidiosa.
«Alvin, con calma puoi spiegarmi a cosa ti riferisci?»
«Ok, allora: tu hai salvato un'umana, sfoggiando le ali ben sapendo che soggetti come te devono rimanere nell'anonimato. Ti sei affezionata all'umana come se fosse un cucciolo e ora correte entrambe grossi rischi. Quando mi hai telefonato io stavo giocando a scacchi con Joseph, il mio confratello scuro, e avevo messo il vivavoce. Crystal avresti dovuto dirmi che si trattava di una cosa così seria. Hanno sentito tutti e fra i presenti c'era un traditore. Il sovrano è al corrente di tutto.»
Vede la preoccupazione nel mio viso ed è quasi stupito del fatto che il mio viso sia ancora capace di disegnare perfette espressioni di sentimenti.
«Peggio ancora Crystal. È nero dalla rabbia, sta venendo qui per prendere seri provvedimenti. Ho cercato di avvertirti ma hai stupidamente staccato il telefono e ora il tuo tempo sta per scadere. Il tuo e quella della ragazzina.»
Se potessi respirare, ma respirare veramente, probabilmente ansimerei di rabbia, di dolore.
«Alvin, ma che diavolo stai dicendo? Il telefono non è staccato.»
«E invece lo è. Ho provato infinite volte a chiamarti ma mi dava staccato.»
«Non dire stupidaggini! Guarda! Guarda!»
Mi alzo furiosa dalla poltrona e muovo passi da pachiderma incavolato verso il tavolino del telefono. Prima gli indico quel patetico telefono grigio metallizzato. Poi non ancora convinta alzo il ricevitore.
Smetto immediatamente di ripetere «Guarda!». Alvin aveva ragione.
Il telefono è rotto. Il ricevitore è letteralmente sfondato nell'apparecchio. Vado indietro nella mia memoria e realizzo tutto. Quando ho telefonato ad Alvin e questi mi ha detto che ero in vivavoce, dal panico ho messo giù il ricevitore. A quanto pare la forza, provocata dall'ansia, è stata troppa e senza rendermi conto ho sfondato il telefono.
Alvin, che credevo si sarebbe messo a sventolarmi davanti al naso la sua ragione, mi guarda seriamente preoccupato.
«Oh... ecco perché.» Dico soltanto.
«Forza Crystal, te ne devi andare. Ve ne dovete andare tutti. Anche Ellie secondo me, altrimenti il sovrano la torturerà per avere delle informazioni.»
«Alvin, tutto questo potrebbe metterti in seri guai. A partire da questo incontro.»
«Lo so. Ne sono pienamente cosciente. Crystal dammi retta, il tempo sta rapidamente scadendo. Dovete scappare. Dov'è adesso l'umana?»
Che errore aver lasciato che partissero per lo shopping.
«Sono fuori. Lei, Ellie e Christopher sono usciti a fare compere.»
«Richiamali immediatamente e partite. Io ora devo andare. Comunque vada tutta questa storia mi porterò i sensi di colpa se non ti avrò aiutata perché so come sei. Ti credi un mostro ma sei ben lontana dall'esserlo veramente.»
Resto a fissarlo mentre ripeto mentalmente le sue parole. Pur ripetendole all'infinito, non hanno senso.
«Vado. Ciao Crystal, buona fortuna.»
Con la grazia caratteristica, Alvin si dirige verso la porta, la apre e muove tre passi verso il pianerottolo. Poi fa una cosa che non lo avrei mai creduto capace di fare: si volta e proprio lui, Alvin, l'elfo superficiale, borioso e moderno, mi rivolge uno sguardo malinconico. Una sorta di addio. La nostalgia anticipata mentre guarda una cosa che sa di non rivedere. Neppure quando chiude la porta e se ne va riesco a liberarmi dal panico.
 
Se il sovrano sta arrivando per punire chi c'è da punire, so in anticipo che l'unica cosa che mi rimarrà da fare sarà scappare. Se tengo ancora a questa vita, pur essendo miserabile, devo scappare e continuare a scappare come selvaggina davanti al cacciatore.
So di esseri rimasti impuniti proprio perché continuano tuttora a scappare dalla crudeltà del sovrano.
Non oso immaginare come sarà la mia vita se dovrò sempre fuggire per salvarmi, quando invece, anziché continuare a correre, io preferisco voltarmi e affrontare il problema.
Purtroppo questo "problema" è molto più grande della mia forza. Più potente di me. Qui gli atti eroici non mi potranno salvare. L'unica che mi resta è scappare. E devo farlo insieme alle due persone finora a me molto care.
Ma ora il problema è: a quale finestra mi affaccio per mandare gli infrasuoni di SOS ad Ellie, quando tutte le finestre sono colpite dal sole? Ne apro solo uno spiraglio e mi avvicino fin dove la luce comincia a bruciarmi.
La risposta non mi giunge immediata e neppure preoccupata. Peggio, non mi giunge neanche vicina. Molto probabilmente hanno trovato subito un taxi e sono stati fortunati con il traffico.
Mentre attendo il loro arrivo, afferro tre zaini abbastanza capienti. Abiti per tutte e tre. Se penso a quante cose possono servire all'umana, cose che io non uso più, mi gira la testa. Ma con la velocità di un fulmine passo in rassegna tutte le stanze alla ricerca di cose utili a Lily e poi getto gli zaini in un angolo vicino all'ingresso.
Poi finalmente una chiave tintinna vicino alla porta.
«Crystal, stai prendendo una brutta abitudine con questi infrasuoni.» Mi rimprovera bonariamente Ellie prima di notare il mio viso preoccupato e gli zaini a terra.
I miei occhi si spostano da Ellie a Lily al vuoto dietro le loro spalle, dove credevo di trovare Christopher.
«È successo qualcosa?»
«Sì. Alvin ha cercato di avvertirci con tempo ma il telefono era rotto e...»
«Il telefono è rotto? Fammi vedere.»
Ellie si allontana dall'ingresso, dove mi sembrava di braccarla, per constatare di persona il danno. Mi innervosisce più di tutto il fatto che non mi ascolti, che non mi prenda sul serio.
Con un movimento del tutto inaspettato per lei, quasi invisibile agli occhi di Lily, afferro la lican per le spalle e la spingo non troppo violentemente esattamente dov'era. Questo basta per agitarla. Non solo perché non è da me comportarmi così ma perché siamo sempre nemici naturali.
«Ascoltami Ellie! Lascia perdere il telefono. Quando ho avvertito Alvin del salvataggio ho commesso uno sbaglio: lui era in vivavoce e io non gli ho chiesto una conversazione riservata. Tutti hanno sentito la telefonata e una spia ha riferito tutto al sovrano.»
Finalmente la reazione che volevo appare davanti ai miei occhi, sul viso di Ellie.
«Non è tutto, Ellie. Il sovrano sta venendo qui. Sai per certo cosa significa.»
Lily ci chiede chi sia il sovrano in questione ma entrambe la ignoriamo.
La lican fissa gli zaini con odio, come se fosse colpa loro, e si guarda intorno. Conosco quello sguardo. Lo sguardo nostalgico di colei che ha vissuto centinaia di anni nelle stesse condizioni e ora deve cominciare con la fuga, la clandestinità, nascondersi da tutto e tutti.
«Gli zaini sono già pronti.» Dico amaramente, sapendo di non riuscire a distrarre la lican dai suoi cupi pensieri.
Non è che ha sospirato, ma Ellie mi ha dato quella sensazione.
Si è rassegnata, ha detto «partiamo» aiutando Lily con il suo zaino, poi ha preso il proprio e mi ha guardata.
Posso giurare che in quello sguardo c'erano ombre di rancore.
Dio, Ellie, questa non me la perdonerai mai.
 
«Prima però voglio parlare personalmente con Alvin.»
Annuncia Ellie dopo aver snocciolato l'indirizzo al tassista.
Fra me penso che sia una cattiva idea, a quest'ora noi dovremmo essere lontanissime chilometri per salvarci dal sovrano. Ma in questo momento non me la sento di contraddirla.
Da come ignora i miei lamenti sotto taglienti lame di sole, considera tali dolori come una giusta punizione per me, per il mio modo di comportarmi e soprattutto per la mia assurda idea di salvare un'umana e mettere in pericolo tutti noi.
Lily invece è disperata, anche se non lo dà a vedere. Sente i miei brontolii penosi e mi fissa con occhi dispiaciuti. Solo dopo averla impietosita come non pensavo, la poveretta cerca di fare ombra con le mani sulla mia gamba appena colpita da un lampo di sole.
«È uguale, Lily. Non è soltanto il sole in sé, ma la troppa luce.»
Lo stesso la piccola umana non si arrende. A volte appoggia la mano sul mio braccio per impedire che il sole colpisca direttamente sulla mia pelle ma fa più male il calore della sua mano che la luce circostante.
«Che sta succedendo, Crystal?» Domanda Lily in un sussurro, per non farsi sentire da Ellie che manda evidenti segnali di irritazione e ansia.
«Ci sono delle regole che noi creature non possiamo infrangere. Salvandoti ne ho infrante parecchie e ora siamo nei guai. Ma tranquilla, ce la caveremo comunque.»
Detto questo, Ellie si gira verso di me e mi rivolge uno sguardo pessimista.
Chiaramente proprio io, la vampira pessimista per natura, non posso permettermi di essere ottimista. Così mi rendo conto di aver mentito all'umana. Tutto, pur di non vederla entrare nel panico. Mi bastano le scenate rancorose della lican e il mio rimorso. Rimorso suggestionato dalla coscienza pulita che il salvataggio dell'umana mi ha lasciato.
Quando il taxi si ferma davanti alla casa di Alvin, un piccolo raggio di sole mi colpisce sul collo. Il dolore è pungente ed io schizzo fuori dal taxi senza curarmi di niente. D'accordo, il raggio non mi colpisce più ma l'ombra dell'albero non è sufficiente. Lily mi raggiunge e mi guarda soffrire, senza poterci fare niente. Ellie paga dopo un eterno minuto e sale i gradini della casa di Alvin senza aspettarci.
Dire che Alvin è sorpreso di vederci, è poco.
Sembra quasi spaventato. Vorrebbe urlarci di correre, di andare via, ma qualcosa lo trattiene. 
Sì, non solo Lily, la quale a sua volta sembra meravigliata alla vista dell'elfo. Nel salotto, alle sue spalle, ci sono diversi esseri. Se Alvin non ci ha ancora gridato di scappare, probabilmente è perché i presenti sono tutti ignari dei fatti recenti. Magari si stupiranno a vedermi insieme ad un'umana ma nessuno sospetterà che siamo già creature ricercate.
Alvin ci invita ad entrare senza molto entusiasmo.
Lily resta tutto il tempo incollata al mio fianco. Sente che la sua babysitter Ellie è troppo mostro oggi per badare a lei, più mostro di quanto l'altra sua babysitter, la vampira, crede di essere.
La furia licantropa non è roba da poco.
«Alvin, ho bisogno di parlarti. In privato s'è possibile.»
L'elfo guarda prima me ma tutto ciò che vede è un viso inespressivo. Elfo e lican si dirigono verso lo studio e chiudono la porta alle loro spalle.
Riesco a fiutare il panico di Lily. Vede esseri strani, dalle forme bizzarre lievemente umanoidi, e si tiene vicinissima a me. Per quanto mi riguarda, non faccio caso alla vicinanza dell'umana. I miei pensieri sono rivolti altrove, il mio udito è alla ricerca di qualche lontana parola proveniente dallo studio.
«Chi è quella graziosa creatura?» Domanda Sunshine sorridendo a Lily.
Lily non coglie l'esatto significato della parola "creatura" e risponde con il suo nome. Ovviamente non è la risposta che la femmina di orco si aspettava, quindi riformula chiedendo a quale specie appartiene.
«Ha importanza?» Chiedo a mia volta a Sunshine, che rimane basita, scossa. Si arrende.
Sunshine ed io non ci vediamo da qualche mese eppure non sento mai la sua mancanza. È infantile, immatura e spesso impicciona. Tutte le volte che ci siamo incontrate sono stata scontrosa con lei, o perché assetata o perché infastidita dalle sue domande. Joseph, il confratello scuro di Alvin, entra dalla porta sul retro.
Appoggia una scopa contro il muro e si accorge di noi.
«Crystal! Quanto tempo, eh?»
«Già. Come stai Joseph?»
«Così, non c'è male. È lei la...?» Non conclude la domanda perché i miei occhi lo inceneriscono.
Lily mi fissa e mi accorgo che i suoi occhi mi guardano con una sorta di ammirazione. Nonostante la paura, mi sorride lievemente e capisco. L'ammirazione è dovuta al mio aspetto. Sì, macabro, tenebroso, quasi diabolico. Ma anche bello, bello da vedere, quasi magnetico. Guarda tutti i presenti e si accorge di quanto sia diversa rispetto a loro.
Questo dopo aver visto Joseph, aggraziato, lineamenti delicati da elfo e tutto il resto, ma dalla pelle nera e i capelli bianchi. Tuttavia devo dire che mi piacciono le reazioni di Lily. Non corre urlando, non piange. È tesa come ogni normale essere umano dovrebbe essere, ma è anche affascinata.
Di sicuro sta vivendo uno dei momenti più strani della sua vita.
Incredibile come spicca una pelle rossastra accanto alla pelle scurissima di Joseph.
Benjamin appare dietro al muro della cucina, muro che lui stesso ha segnato con le sue fiamme una volta, e mi rivolge un sorrisetto beffardo.
«Mi sembrava di aver sentito la tua voce.»
«Benjamin.» La mia voce vellutata che pronuncia il suo nome sembra eccitarlo aldilà della mia immaginazione.
Lily si appiattisce lentamente contro il muro mentre Benjamin si avvicina a noi. L'umana non la guarda neppure, i suoi occhi gialli sono puntati esclusivamente su di me.
«Cos'hai combinato stavolta, cara Crystal?» Mi dice, posando le mani sulle mie spalle che cominciano a bruciare e abbracciandomi con trasporto il secondo dopo. 
Ricambio e lo allontano prima che nasca il lamento cresciuto nella mia gola.
«Cosa combino non lo so. A volte la mia vita è così noiosa che devo per forza combinare qualcosa... sai com'è.»
«Ehi, se hai bisogno di divertimento, ricordati di me.»
Ed ecco che il demone carico di lussuria ricomincia con le sue avance.
Ma con me non ha speranza. È quello che cerco di fargli capire da almeno duecento anni. Niente, è testardo.
«Oh ciao!» 
Benjamin saluta finalmente la piccola Lily pallida dal terrore. L'istante dopo l'espressione gentile sul viso di Benjamin scompare. Al suo posto, un'espressione preoccupata che non mi piace.
Il demone sposta poi lo sguardo su di me, con la stessa espressione e i suoi occhi, che sono molto più espressivi dei miei, mi dicono che c'è qualcosa su cui parlare al più presto. Devo cercare di allontanare Lily ma spaventata com'è non vuole separarsi da me.
Joseph riesce ad intuire qualcosa.
«Allora piccola, io mi chiamo Joseph. E tu?»
«Lily.»
«Bene Lily, ti va un pezzo di torta? Approfitta adesso, prima che Benjamin finisca per divorarla tutta.»
Joseph passa un braccio sulle spalle di Lily ma questo la spaventa.
«Joseph, piano. Cerca di non scioccarla.» Lo avverto senza suscitare il suo caratteraccio.
«Oh no, tranquilla Crystal. Mi piacciono i giovani di oggi. Non si spaventano facilmente.»
«Fossi in te non ci scommetterei.»
Benjamin, con la scusa di parlarmi di una cosa molto seria, non solo mi porta in disparte ma avvicina pericolosamente il suo corpo al mio. Riesco a sentire il calore del suo corpo, un calore amoroso. Maledico Ellie per tutte quelle volte che mi ha riempito la testa con tante sciocchezze riguardo la nascita di un amore fra un vampiro e un demone.
«Hai visto l'umana?»
Sento il suo fiato caldo sulla guancia. Per ora è sopportabile. 
Quando parlo io, lui sente il mio respiro freddo sulla pelle.
«Se l'ho vista? È uno scherzo?»
«No. Non hai capito, l'hai vista bene? Hai visto il suo interno?»
Gli rivolgo sguardi straniti che lui sembra adorare.
«L'umana che proteggi è malata. Molto malata.»
I miei sguardi straniti spariscono per lasciare posto a uno sguardo dispiaciuto e troppo espressivo per la mia natura.
«Che vuoi dire? Che Lily è malata e sei riuscito a vederlo?»
Annuisce, certo delle sue convinzioni. 
Un turbine di brutti pensieri comincia a unirsi agli altri pensieri orrendi che tutta questa storia mi sta provocando. Alla fine penso che il salvataggio dell'umana mi ha portato momenti buffi, una coscienza pulita e un po' di novità ma mi ha portato problemi, tristezze e uno scossone troppo violento nella mia piccola vita buia.
«Se non ci credi, puoi testarlo da te. Assaggia alcune gocce del suo sangue. Poche gocce ti riveleranno tutte la verità. Crystal, scusa se te l'ho detto, ma ho visto nel suo cuore: lei ti vuole un'infinità di bene e tu la proteggi costantemente come una chioccia. Il che è bello, ma tu lo sai che è anche pericoloso.»
«Lo so, Benjamin. L'ho sempre saputo. È che una volta entrati in questa cosa, è impossibile uscirne. Anch'io le voglio bene e questo che mi hai appena detto... oh no...»
Il demone cerca di abbracciarmi ma io gli sfuggo, ritornando nel salotto e vedendo Lily in cucina ridere insieme a Joseph.
I presenti parlano tutti a gruppi e Joseph si unisce ad uno di loro, lasciando che Lily venga a sedersi sull'unico posto vuoto nei divani. Fra le mani tiene in equilibrio il piattino con la torta e ne gusta prima l'odore.
Diversamente da quanto pensavo, Lily non si dirige verso l'unico posto vuoto sui divani, cioè vicino a me, ma punta distrattamente verso un posto che all'apparenza sembra vuoto.
Le mie parole la fermano giusto in tempo.
«Lily, attenta.» 
Non posso fare a meno di sorridere. Lei è così... così... così Lily. Commovente.
Capisce all'istante il mio avvertimento a non sedersi lì. Si gira imbarazzata al suono squillante della voce di Beth, la piccola pixie.
«Fa' attenzione, cara.» 
Beth è un esserino molto piccolo. Spesso è davvero difficile notarla. La sua vocina è gentile e Lily ne rimane subito affascinata. La piccola pixie lascia il suo posto a Lily per sfoggiare le alette da libellula e accontentarsi del bracciolo del divano. Se la voce di Lily mi sembrava dolce e tenera, accanto alla vocina di Beth fa la sua differenza.
Ha ragione Benjamin. Prima di portare Lily da un dottore, ammesso che possa farlo veramente, devo capire che cosa la colpisce senza che lei se ne accorga. A guardarla così è apparentemente sana. Anzi sanissima, gli occhi felici e leggermente umidi di emozione, il colorito normale.
Sono ansiosa di scoprire che cos'ha ma al tempo stesso mi fa paura. E per me, che ho sempre creduto di non dover avere paura di niente, il solo fatto di aver paura mi fa paura. Ho per caso smesso di essere un vampiro?
«Ma tu cosa sei?» Domanda Lily con tanta innocenza alla piccola Beth.
«Oh... Io sono una femmina di pixie. Sì, lo so, difficile da credere.»
«Ormai non più. Da quando ho scoperto che le mie migliori amiche sono rispettivamente vampiro e lupo mannaro, non mi sorprendo più di niente.»
Alla piacevole ma strana conversazione fra la pixie e l'umana, si uniscono anche tutti gli altri esseri. Approfittando del fatto che per la prima volta si trovano davanti un'umana tollerante, ben preparata alle stranezze, tutte le creature si presentano. Io resto a distanza, a tener sotto controllo la situazione perché mi rendo conto che l'umana è pur sempre circondata da creature leggendarie per lo più malvagie, distruttive. Osservando e ascoltando tutto, intenerendo il mio cuore di pietra con l'innocenza dell'umana.
La conversazione prende delle pieghe così bizzarre...
«Avrai sicuramente sentito parlare degli elfi. Alvin, il mio confratello, è un elfo bianco. Io invece sono un draw, un elfo nero. La differenza sta soprattutto nel carattere, non solo nel colore della pelle e dei capelli.»
«Cioè? Cosa c'è di diverso nel tuo carattere?»
«Alvin è più buono e docile di me, che per natura sarei scontroso e violento.»
«No, non ci credo. Tu sei molto simpatico.»
Nonostante la pelle scura, Joseph riesce comunque ad arrossire.
«Io sono Sunshine, la femmina di orco.»
«Ma gli orchi non sono verdi?»
Nessuno è riuscito a fare a meno di ridere vedendo quanta ingenuità, quanta tenerezza e quanta fragilità poteva esserci in una ragazzina umana. Nessuno la temeva. Tutti per un attimo hanno dimenticato l'ancestrale odio verso gli esseri umani.
I presenti, quasi tutte creature malvagie, sentono Lily come una della famiglia. Perché sì, Lily è umana. Ma un'umana in grado di ascoltare, di accettare, di capire. Quindi un'umana in estinzione.
Benjamin fa continuamente lo spiritoso con Lily, facendola sbellicare dalle risate. Lily è felice, non ho dubbi su questo. E finché lei è felice, io sono calma. Ma qui la domanda è: quanto durerà la sua felicità? Di conseguenza quanto durerà la mia calma? Poco, se quando mi volto vedo la porta dello studio aprirsi ed Ellie e Alvin uscire.
Ellie si guarda intorno e vede l'aria festosa che regna nel salotto. Vede le creature tutte intorno a Lily, osservandola come un insetto raro ma bello, parlandole come fosse uno di loro e ridendo insieme a lei. Vede Benjamin lanciarmi sguardi infuocati ogni tanto e far ridere Lily quando non mi lancia quegli sguardi.
Poi vede il viso di Alvin, sorpreso quanto lei della gioia presente fra gli esseri.
Infine vede me, ad un angolo, diventata un ombra nera nel salotto, a fissarla dritta negli occhi.
Nei miei occhi inespressivi lei si insabbia.
 
Distratta dalle sue nuove amicizie, Lily non vede la lican che le si avvicina lenta e serena.
Le posa una mano sulla spalla ed io già posso immaginare quello che dirà, per questo i miei occhi si spostano velocissimi su Benjamin, ma non so perché. Anche lui a sua volta mi guarda, nei suoi occhi c'è la tenerezza che la mia freddezza non ha ucciso. C'è del buono nel demone.
Un sorriso bonario, intenerito, mi arriva alla bocca sorprendendo il demone che ricambia dopo aver capito che il mio era un sorriso vero. Se questo è un addio, be', forse dovrei abbracciarlo, dovrei almeno stringergli la mano o meglio ancora dargli quel bacio che lui tanto spasima per avere.
Ma nessuna di queste cose trovano posto e tempo per accadere, perché Ellie pronuncia quelle parole:
«Forza, Lily. Siamo in partenza.»
   
 
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