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Autore: Miroku90    30/11/2010    2 recensioni
Dal capitolo tre:
[...]“Gli schizzi di sangue erano ormai ovunque e la gente, sempre più disperata, cercava una via di fuga che non c'era.
Svariati innocenti vennero colpiti di striscio o presi addirittura in pieno dalle pallottole.
I corpi, senza vita o in preda a spasmi, lastricavano il pavimento come della mattonelle di dubbio gusto. ”[...]
Shikamaru Nara, giovane agente collaboratore dei servizi segreti americani, deve tornare in Giappone, dopo una lunga assenza, per una missione sotto copertura.
Si dovrà, infatti, infiltrare in una banda malavitosa giapponese che ha come capo una ragazza: Temari.
Scoprirà ben presto che la missione sarà ben più complicata del previsto...
[...]“Accucciato sotto il balcone di un locale notturno in compagnia di uno spiritoso obeso mentre quattro tizi crivellano di proiettili la parete. Ecco la situazione dove mi ero ficcato ! Davvero divertente. Ma non per me.”[...]
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shikamaru Nara, Temari, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Ed ecco a voi il capitolo number two.
Da inglish boi che sono potrei augurarmi che sia di vostro gradimento scrivendo in inglese. Ma visto che non vorrei avere problemi con Scotland Yard è meglio che lasci perdere (xD).
Ringrazio:
Shige
Per il commento sul primo capitolo. :)
Ricordo che accetto di tutto: critiche, suggerimenti, numeri di cellulari di avvenenti fanciulle etc. etc. (non m'interessano quelli degli avvenenti maschietti v_v'').
Ciappalà !




The hard life of an infiltratE
Capitolo 2: Cominciamo a lavorare. Almeno finché la fortuna mi assiste.
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Ritornare in patria non fu così male dopotutto.
Forse perché quando lasciai il Giappone ero ancora un bambino e i bambini si sa, riescono a vedere cose che un adulto non può. O forse perché sentivo ancora ancora lo stomaco ingarbugliato. O forse perché, a discapito di quanto io dica, sono sotto sotto un sentimentale. Comunque, qualunque fosse la motivazione, non mi fece così male rivedere i contorni moderni e così diversi da quelli occidentali della grande metropoli che le persone chiamavano Tokyo.
Il mio sguardo vagò smarrito nei grandi centri commerciali dell'aeroporto, catturato da quel gioco di luci e colori che la pubblicità era maestra nell'utilizzare per poter estorcere denaro a qualunque fosse poco attento al suo portafoglio.
Vidi anche uno spettacolo che in America non si poteva di certo vedere tutti giorni: uno stuolo di ragazzini e ragazzine in perfetta divisa scolastica che si divertivano a scherzare o a chiacchierare tra di loro.
Gonne corte, gonne lunghe. Chissà perché il mio sguardo cadde proprio sugli indumenti, che lasciavano poco all'immaginazione, usati dalle ragazze. Forse perché fa parte nella triste natura di ogni uomo o forse perché era da tanto tempo che non avevo una donna. E quindi era da tanto tempo che non facevo del sano sesso.
Ma con il lavoro che faccio sfido io a trovare una giovane disposta a vedere il suo fidanzato rincasare ad ora tarda (e non solo per il lavoro ma anche per le lunghe soste che facevo da Charlie). Però, devo ammettere che il fascino dell'agente in borghese ce l'ho sempre avuto ma di scappatelle da una botta e via non ne voglio sapere. Ideali per appagare il mio istinto sessuale ma non per cercare un anima gemella. E chissà se l'avessi mai trovata io un anima gemella visto che avevo sempre considerato le donne, in generale, più come una scocciatura che come un piacere.
Ero ancora con la mente a vagare verso quei pensieri, che non c'entravano niente con ciò che avevo attorno (ma l'aria di casa si sa... Quando ti penetra nelle ossa ti fa pensare a cosa che non avresti mai pensato in ambienti come quelli) quando vidi un ragazzo, pressapoco della mia stessa età, venire verso di me.
Alto, biondo, occhi azzurri (e con la fodera della pistola che s'intravedeva dalla giacca color marrone)... Aveva tutta l'aria di essere il tipico ragazzo ingenuo e svampito che muore dopo poco nei lavori sotto copertura.
Il biondo si fermò, mi sorrise e mi dette una calorosa stretta di mano cominciando a parlarmi in giapponese. Lingua che non ho mai dimenticato ma che avrei preferito farlo visto che penso fu l'elemento fondamentale del perché il mio capo scelse me per questo lavoro.
-Shikamaru Nara, vero ?- Mi chiese il ragazzo sempre con quel suo sorriso da perfetto... idiota. Per un istante pregai Dio. Non volevo che quella tenera creatura fosse il mio agente di collegamento giapponese. Con me sarebbe durato ancor meno di due secondi prima di ricevere una pallottola in testa.
-Sì... Lei invece è ?-
-Sono Naruto Uzumaki. Il suo agente di collegamento della polizia di Tokyo.-
Naturalmente sono ateo. E sfido io a non esserlo ! Visto che quando preghi un entità superiore quello ti dà il ciao ciao o fa finta di non conoscerti.
-Ma comunque, dammi del tu- Mi disse, alquanto entusiasta.
Dove prendesse tutto quell'entusiasmo fu per me un mistero. Cosa ci vedeva di entusiasmante di conoscere un agente proveniente da un altro stato ? Mica sono un personaggio famoso o il protagonista di un libro.
-Capito... E quindi... Naruto. Saresti te il mio agente di collegamento ?-
-Ovviamente ! Ma comunque, dammi pure i bagagli. Com'è andato il viaggio ? Tutto bene, spero.-
Pensai che di sicuro quel ragazzo, che avevo di fronte e che stava cercando di prendermi i bagagli con insistenza, dovesse avere origini del Giappone occidentale. Sembrava davvero il perfetto stereotipo dell'uomo del Kansai. (ovvero: estroverso e chiassoso)
-Tutto bene. A parte un po' di mal di stomaco-
-Mi dispiace. Immagino che tu allora non voli molto-
-A parte quando sono costretto, no-
Costretto era proprio la parola giusta per spiegare la mia presenza qui.
-Ah... Beh. Dai, non sei felice di tornare dopo tanto tempo nella tua terra d'origine ?- Mi disse dandomi una sonora pacca sulla schiena. Quasi caddi in avanti da quant'era forte.
-Sinceramente non molto-
-Ti ricrederai allora... Ti porto subito in centrale a spiegarti meglio la situazione-
-Una sosta al primo bar che incontriamo, no ?-
Provai a chiedergli con tono che sapeva più di supplica che di semplice richiesta.
-Bar ? E che ci fai al bar ?-
Mi chiese con una faccia che dava l'idea di come se gli avessi parlato in arabo.
-Bere-
-Bere ?-
Domandò lui fissandomi ancor più con tono perplesso.
-Lascia perdere-
Mormorai io. Di sicuro quel ragazzino non era un patito del vino e...
-Ops... Penso di aver rotto una ruota della tua valigia Shika... Mi dispiace-
Mi disse cercando di riparare al casino che aveva combinato ma nel farlo fece sbattere la valigia in un altro spigolo e ruppe anche l'altra povera ruota che fino a qualche secondo fa era ancora incolume.
-Non ti preoccupare-
… E di sicuro era un imbranato totale ! Ancora non riuscivo a capire come potesse ancora essere vivo con il lavoro pericoloso che facciamo. Forse era un alieno capace di deviare la traiettoria dei proiettili con la mente. Oppure era solo incredibilmente fortunato.
E io, naturalmente, sono incredibilmente sfortunato.
Prima di entrare dentro l'auto della polizia, mi osservai attorno.
Grattacieli pieni di scritture luminose, palazzi futuristici pieni di vetri che riflettevano la debole luce solare, qualche pagoda rossa di ristoranti tradizionali, gente che andava e veniva non curandosi affatto di chi gli stava attorno, traffico pressoché immobile sulla vita principale (dove il concerto di clacson si poteva udire anche a centinaia di metri di distanza)... Insomma... Tokyo non era poi così diversa da New York in fondo.
Peccato che qui Charlie non c'è.
E con questo ultimo pensiero entrai nella volante mentre Naruto continuava a farmi domande a raffica sempre con il suo sorriso da stolto stampato in viso.
Le cose cominciavano davvero bene. Pensai ironico.




Quando arrivai alla stazione di polizia di Tokyo (una delle tante) non rimasi sorpreso dell'innumerevole traffico di gente in divisa e di manigoldi con le manette ai polsi.
Ero abituato a quell'ambiente e anche fin troppo bene.
Naruto mi portò subito all'ufficio del suo supervisore. Lessi la targhetta sulla porta prima di entrare.
Si chiamava Jiraiya. Che nome buffo. Pensai mentre il biondo apriva la porta e mi annunciava al suo capo.
-Jiraiya è arrivato l'americano !-
Americano ? Pensai storcendo la bocca mentre entravo anch'io nel piccolo ufficio.
-Perfetto... Piacere di conoscerti Shikamaru Nara, attendevo il tuo arrivo con ansia-
Un uomo alto più di un metro e novanta (ma i capi di polizia sono tutti così alti perché li fabbricano con lo stampino o perché viene richiesto espressamente nel curriculum ?), dai capelli bianchi, corporatura robusta e con gli occhi vivaci, si alzò dalla sedia di pelle nera dov'era seduto fino a poco fa.
-Piacere di fare la sua conoscenza direttore Jiraiya-
-Oh ma puoi darmi semplicemente del tu, caro mio-
Da quanto Tokyo dava del “tu” ai forestieri ? Che sia una nuova moda ? Mi chiesi dubbioso.
-Spero che il viaggio sia andato a gonfie vele-
-Non proprio ma non ci sono stati molti problemi-
-Benissimo... Ma prego accomodati. Gradisci forse...-
Finalmente si comincia a ragionare. Pensai ingenuo. Stavo già per chiedere del brunello quando l'uomo mi propose una vasta scelta di succhi di frutta e tè orientali.
-No grazie... Sono a posto così-
Risposi in fretta accomodandomi in un sedia di legno. Mi ero scordato che bere in servizio era proibito dal regolamento. Purtroppo.
-Comunque... Naruto puoi lasciarci un attimo soli ?-
-Sì signore ! Buon colloquio Shikamaru !-
E il biondino si congelò con un altro dei suoi sorrisi. Stavo quasi per avere la nausea da tutte quelle manifestazioni di affetto e di buona educazione. Non è che per caso era gay il ragazzino ?
-Shikamaru... Shikamaru Nara. Collaboratore esterno dell'FBI, tre lauree in: psicologia, economia e diritto. Devo dire che i nostri colleghi d'oltremare ci hanno mandato un elemento assai valido per la nostra indagine-
-Grazie. Comunque non è niente di che. Alcuni miei colleghi hanno molte più lauree ed onorificenze di me-
-Ma non hanno ventisei anni-
Aggiunse lui guardandomi con sguardo furbo.
-Non è niente di che anche questo.-
-Ahaha... Adoro le persone modeste. Comunque Shikamaru penso che la tua agenzia ti abbia già informato, in grandi linee, su cosa devi fare-
Mi limitai ad annuire con la testa. Intanto, il tono della voce del direttore stava diventando più serio e grave.
-Sinceramente, noi abbiamo da tempo una bella gatta da pelare. Un organizzazione di giovani compie omicidi, spaccia droga, fa corse clandestine e si dedica al mercato della prostituzione. E in tutti questi anni non abbiamo mai avuto prove a sufficienza per condannare e sbattere in cella il capo dietro a questi bastardi. Ovvero: Temari.-
Pensai che quella donna doveva essere molto furba per non essere ancora stata presa.
-E, recentemente, un piccolo traffico si è aggiunto al repertorio di quei criminali. Traffico di materiale radioattivo. Le nostri fonti non sono sicuri al cento per cento della validità di questa informazione ma il vostro governo si è subito detto interessato per chiarire questa situazione piuttosto grave-
-E magari per aiutarvi a sbattere dentro Temari, vero ?-
-Vedo che capisci al volo Shikamaru. Beh, già che ci sei un aiuto non ci farà altro che bene. Sai, questa organizzazione avvicina solo persone non tanto vecchie e visto che non posso mandare un agente come Naruto, visto che morirebbe subito, l'FBI ha ben pensato di inviare un valido membro. Idoneo a questo caso e con l'esperienza necessaria per uscire sano e salvo-
-E' quello che mi auguro anch'io-
-Ahaha... Sono sicuro che farai un ottimo lavoro. L'agente Naruto Uzumaki ti darà tutta la collaborazione che cerchi. In poche parole sarà il tuo angelo custode-
Sbiancai. Un pivellino come quello come mio angelo custode ? Ma stava scherzando ?
Comunque forse la mia reazione fu un tantino esagerata visto che l'uomo continuò con il suo discorso e ora il tono della sua voce aveva più qualcosa di simile a quella di un padre che parla del proprio figlio.
-Forse non sembrerà ma Naruto è un ottimo agente di polizia. S'impegna con entusiasmo nel suo lavoro e come te non ha avuto un infanzia proprio facile-
L'uomo fece una piccola pausa, quasi come se titubasse.
-Devi sapere che i suoi genitori erano entrambi dei serial killer. Ma non serial killer qualunque. Avevano compiuto insieme almeno una ventina di omicidi nei lontani anni settanta, ottanta-
Cominciai a seguire la discussione con sguardo interessato. Jiraiya lo notò e continuò il suo racconto.
-Io ero l'ispettore che indagava su questi delitti. E sono stato anche l'assassino dei due genitori di Naruto-
Alcune volte il nostro lavoro è proprio strano e prende trame contorte, mi dissi.
-Non sapevo che quei due fottuti criminali avessero un babè con loro, quella sera. Mi sentivo così frustato e malinconico che decisi di prendermi cura personalmente del bambino che trovai quel lontano settembre in mezzo a tutto quel sangue-
-Lo sa tutto questo Naruto ?-
-Lo sa. E non solo mi ha perdonato ma ha anche cercato di scontare le pene dei suoi genitori lavorando duramente, notte e giorno. Per me è come un figlio oltre che un ottimo agente. Credimi. Quel ragazzo è fenomenale, sorride sempre anche se ha un passato oscuro-
Provai un senso di rimorso nell'aver giudicato così frettolosamente quel ragazzino. Forse col tempo sono diventato più superficiale o forse la mia laurea in psicologia ha bisogno di una rinfrescata.
Comunque, dopo quel discorso (ovviamente riservato) mi chiesi se non c'era altro da aggiungere sul vero motivo della mia visita.
Penso che anche Jiraiya si ricordò che doveva dirmi qualcos'altro visto che cominciò ad arrossire e a grattarsi la testa, leggermente imbarazzato.
-Ops... Mi sono scordato di comunicarti che la tua indagine inizierà stasera. O per meglio dire stanotte. In un locale di proprietà di quella bastarda. Ti scrivo subito l'indirizzo. E naturalmente, ti do carta bianca su come intendi intrufolarti in quella banda di malavitosi-
-Grazie-
L'esperienza mi aveva insegnato che “carta bianca” voleva solo dire una cosa: noi non abbiamo la più pallida idea di come tu possa entrare nelle loro grazie, quindi inventati qualcosa te. (quante frasi si possono risparmiare con due semplici parole.)
Il lavoro si presentava alquanto complicato.
-E... Queste sono le chiavi del tuo appartamento poco lontano dal bar. E' un piccolo monolocale ma ti piacerà-
-Grazie direttore... Cioè volevo dire Jiraiya-
Altra stretta poderosa stretta di mano e poi uscì da quell'ufficio con in mano qualche scartoffia e un mazzo di chiavi nuove.
Subito mi venne incontro il biondino. Ovviamente con il suo solito sorriso.
-Già finito Shikamaru ?-
-Finito-
-Vuoi che ti accompagni a casa ?-
-Perché no... però le valigie le porto io questa volta-
-D'accordo d'accordo-
Mi sorrise il biondo mettendomi una mano sulla spalla e ridacchiando.
Dopotutto quel Naruto non era così male. Peccato però che non fosse appassionato di vini.




Arrivato nel mio monolocale (e qui aggiungerei “squallido” accanto a monolocale) Naruto se ne andò lasciandomi il suo numero e dicendomi di non farmi scrupoli se avevo bisogno di una mano.
Dentro di me sperai di no. L'ultima cosa che volevo ero coinvolgere una figura così importante per il direttore e avere guai con il compito che mi aspettava.
Guardai l'orologio.
Mancavano ancora parecchie ore alla notte e certamente un riposino non m'avrebbe fatto che bene.
Avrei rimesso a posto la mia roba dopo. Ora avevo assolutamente bisogno di dormire.
Fui felici di constatare che almeno il materasso, di quella brutta abitazione, era davvero morbido.

Dormii fino alle dieci di sera. E se non avessi messo la sveglia avrei continuato chissà per quanto.
Comunque mi sentivo alquanto meglio. La nausea era scomparsa peccato che avevo una gran fame.
Era giunto il momento di andare a fare una visitina a quel posto, pensai entusiasta.
Indossai la felpa, a collo alto, nera come l'oscurità che vedevo la finestra e mettendomi la giacca marrone scuro uscì fuori dal mio appartamento.

E' affascinante come la notte riesca a cambiare il volto di una città.
Le luci dei grattacieli, delle case fino ad arrivare alle luci provenienti dall'insegne dei locali, creano un atmosfera davvero spettacolare in una metropoli come Tokyo.
E' paradossale ma finché uno guarda con lo sguardo basso non si accorge che si è fatto tardi eppure ,appena alzi lo sguardo, ti accorgi subito che le stelle ormai infestano il cielo notturno.
Non era molto freddo. Benché fosse quasi notte, si stava bene nei vicoli e nelle strade dove la gente continuava ad affluire come un esercito che non dorme mai. Ma che sa solo marciare.
Perso in quei pensieri, arrivai di fronte alla mia destinazione.
Dal di fuori sembrava più un bordello o un locale notturno che un bar.
E anche il nome del luogo dava l'impressione che quello non fosse proprio un bar. Wet Dream. (sogno bagnato, n.me) Diceva l'enorme insegna, che s'illuminava ad intermittenza.
E davanti a quel posto poco raccomandabile c'era un enorme fila che iniziava da due uomini corpulenti, vestiti di smoking nero, che ispezionava e catalogava minuziosamente la gente che voleva entrare.
Mi misi in fila anch'io. Purtroppo il mio stomaco avrebbe dovuto aspettare un altro po per sfamarsi.


Un ora dopo.


Stavo cominciando ad averne abbastanza. Il mio stomaco stava brontolando ed io ero ancora fermo in fila. Un dannato ragazzino voleva fare il grosso (e farsi macho davanti alla sua ragazza) e quindi aveva cercato di attaccar briga con uno dei due buttafuori. Non finì bene... Per lui intendo. Venne pestato davanti a tutti e poi buttato tra i cassonetti dell'immondizia con la sua donna che gridava e piangeva.
L'imprevisto non durò molto... peccato che era già il quinto ragazzino che cercava: di farsi bello e forte, di entrare a tutti i costi oppure era semplicemente il tipico ubriaco proveniente da un pub qui vicino.
In poche parole, la fila procedeva lenta. Almeno i due buttafuori si divertivano. Il mio stomaco un po' meno e anche il mio pacchetto di sigarette piangeva visto che ogni pochino ne fumavo una cercando di passare il tempo.
Per mia fortuna (e finalmente) la coppietta che avevo di fronte si volatizzò via quando il ragazzo scoprì di aver dimenticato le prevendite per entrare. La sua donna non fu altrettanto felice e rincorse il suo amato per svariati metri martellandogli la borsetta, di Gucci, in testa.
-Salve- Esclamai una volta davanti alle due montagne che mi scrutavano con fare sospetto.
-'Sera. Ha il biglietto ?-
Mi domandò finalmente uno dei due buttafuori.
-Eccolo qui-
Gli dissi io mostrandogli un quadratino di carta color arancione con sopra una donna in bikini che ammiccava.
-Dobbiamo controllarla-
E senza nemmeno chiedermi “perfavore” i due cominciarono ad ispezionarmi da capo a piede. Controllandomi le tasche della giacca, quelle dei jeans e persino i calzini.
Manco stessi per entrare in un raduno di terroristi. O almeno speravo che non fosse così.
I due finalmente mi diedero l'ok e io potei entrare dentro al locale.
Un po' però mi dispiaceva per quella coppietta... Ma il ragazzo doveva imparare che mai si tengono delle prevendite nella tasca posteriore dei jeans. Mai. Perché c'è sempre qualche furfante che te le potrebbe rubare senza che te n'accorgi.
Però, a parte tutto, non mi dispiaceva così tanto. D'altronde se non era per quell'ingenuo io non sarei nemmeno potuto entrare... E poi mi ritrovavo con una prevendita in più nelle tasche. Vuoi mettere il guadagno ?

La prima cosa che notai, una volta dentro. E che certamente quello non era un bar.
La seconda cosa che notai: sembrava più un luogo dove i giovani venivano per divertirsi.
E per divertirsi non intendo solo: ballare, baciarsi, chiacchierare (e forse anche scopare visto che il locale sembrava suddiviso in più livelli) ma anche farsi di droga.
Sembrava di essere ad un rave party.
Peccato che l'atmosfera era così talmente elaborata e ben fatta che non dava assolutamente l'impressione di un rave party.
Luci che si spegnevano e che si accendevano in continuazione (dai colori diversi ma che ti facevano venire un bel mal di testa se le fissavi troppo a lungo), pareti colme di quadri futuristici o astratti, un enorme pista da ballo dove un altrettanto grande palla (stile anni '60) emetteva luci e suoni, e, al lato destro, un lunghissimo balcone dove si potevano gustare gli alcolici e qualche snack (era così lungo che pareva una pista di atterraggio per aerei) e poi, in un angolino, altri due tizi corpulenti e alti che delimitavano l'accesso ai piani superiori.
La gente che c'era dentro era tutta giovane. Le ragazze portavano provocanti minigonne e i maschietti lasciavano il loro petto muscoloso in bella vista in attesa di qualcuna da rimorchiare.
Davvero un bel bar. Pensai ironico. E mi sedetti su una poltroncina, di plastica dura e senza schienale, che dava su quella lunghissima pista di atterraggio per boing. Ovvero sul balcone del barista dove i cocktail venivano sfornati e lanciati ad una velocità pazzesca.
Non persi tempo e cominciai ad assecondare il mio stomaco, prendendo un abbondante porzione di salatini.
Il barista che avevo di fronte cominciò a guardarmi con aria a metà tra l'incuriosito e il sospetto.
Lo guardai anch'io.
Grasso (e parecchio) e dalle grandi gote. Sembrava più un pagliaccio o un gestore di un ristorante che un barista. Però anche se la sua stazza era notevole, riuscì a shekerare e a preparare una serie di complicati cocktail uno dietro l'altro con grazia e velocità incredibili.
Dovetti ammettere che era bravo e per questo gli feci i complimenti in un timido applauso di circostanza.
Lui mi fissò, ancora più incuriosito e cominciò a parlarmi.
-Piaciuto lo spettacolo forestiero ?-
-Davvero bello. Conosco poche persone capace di fare un capiroska alla menta mettendo gli ingredienti nel posto giusto e al momento giusto-
Anche se la mia passione era il vino, non disdegnavo anche gli altri alcolici. Nonché fossi un alcolizzato solo che se rischi la vita ogni giorno ti serve un anestetico per addormentarti e per continuare il solito tran tran quotidiano.
E poi volevo vedere se il “ciccione abboccava” alla mia esca. Di sicuro erano poche le persone che gli parlavano così. E, per mia fortuna (il che era strano), feci bingo.
-Abbiamo un intenditore qui. In effetti il trucco è conoscere bene il momento quando devi macinare la menta e aggiungere il ghiaccio e l'alcool. La velocità l'impari con l'esperienza. Anche te fai il mio stesso lavoro ?-
-Naaa... Sono solo un buongustaio di alcool. Specialmente di vini-
-Brunello di Montalcino ?-
Mi chiese stuzzicando il mio palato.
-Se me lo servi subito ti pago almeno il doppio di quello che vale-
Dissi ridacchiando e lui prese una bottiglia nascosta da sotto il balcone e la versò su un bel bicchiere di cristallo. In pochi secondi avevo il mio buon brunello davanti agli occhi. Finalmente le cose si stavano mettendo nel verso giusto.
-Il primo giro te l'offro io. E' raro trovare persone amanti della buona cucina italiana-
-Bhè, menomale che ho trovato te, allora.-
Gli risposi ricambiando il suo sorriso e buttando giù il dolce aroma del rosso italiano.
-Ci voleva proprio-
Esclamai alla fine, davvero soddisfatto.
-Comunque, non ti ho mai visto qui. Cosa ci fa da queste parti una persona che assomiglia ad un allenatore di calcio ?-
Probabilmente oltre che alla passione per la buona cucina italiana quel ragazzo condivideva anche l'amore per il loro sport nazionale.
Ma non ero un patito del gioco del calcio. Però il commento mi fece ridere lo stesso.
-Sono qui alla ricerca di affari-
Altra esca che ti lancio cicciotello mio, dai abbocca anche a questa. Pensai dentro di me.
(E' curioso infatti vedere come le persone si facciano meno sospettose e più loquaci quando ti dimostri un appassionato dei loro stessi interessi. Così puoi subito cercare di venire a capo del vero motivo della chiacchierata.)
-Affari ? Legati al vino o ai liquori ?-
Mi chiese lui incuriosito.
-Altri affari. Però è meglio che non ti dica niente. Non è un commercio sicuro quello che faccio io-
-Parli come un mafioso italiano-
Ironizzò lui ridacchiando.
Forse non gli avevo ancora dato una buona impressione al ragazzone. O forse non sapeva niente di quel posto e cosa e chi c'era dietro.
Ma i miei dubbi scemarono quando mi tese una mano verse di me e cominciò a sorridermi.
-Comunque, piacere, mi chiamo Choji Akimichi e sono il capo barista di questo posto-
-Piacere Choji. Io invece sono Shikamaru Nara-
Risposi io, stringendogli la mano.
Forse c'ero quasi. Mi dissi contento. Si sta fidando di me. Ormai manca poco. Ancora qualche buona battuta o le parole giuste e sono sicuro che abboccherà sicuramente.
Continuai a sorridergli, ingenuo.
Ingenuo perché fino allora era filato tutto liscio come l'olio.
E si sa che io sono davvero sfortunato. La dea bendata della fortuna non esitò a voltarmi le spalle quando sentì il rumore di alcuni spari provenire da fuori del locale.




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Uno dei capitoli più lungo che abbia mai scritto. E non solo sono contento per il capitolo in sé ma anche perché ho trovato la canzone adatta per quando il nostro giovane eroe arriverà al cospetto di Temari. (il testo della canzone stessa sembra essere stato scritto apposta per questo genere di FF.)
Sperando che il capitolo vi sia piaciuto. Fletto i muscoli e sono nel vuoto ! :D
E commentate please :D Non siate timidi :3
Non ve magno mica x)
  
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