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Autore: Miroku90    29/11/2010    2 recensioni
Dal capitolo tre:
[...]“Gli schizzi di sangue erano ormai ovunque e la gente, sempre più disperata, cercava una via di fuga che non c'era.
Svariati innocenti vennero colpiti di striscio o presi addirittura in pieno dalle pallottole.
I corpi, senza vita o in preda a spasmi, lastricavano il pavimento come della mattonelle di dubbio gusto. ”[...]
Shikamaru Nara, giovane agente collaboratore dei servizi segreti americani, deve tornare in Giappone, dopo una lunga assenza, per una missione sotto copertura.
Si dovrà, infatti, infiltrare in una banda malavitosa giapponese che ha come capo una ragazza: Temari.
Scoprirà ben presto che la missione sarà ben più complicata del previsto...
[...]“Accucciato sotto il balcone di un locale notturno in compagnia di uno spiritoso obeso mentre quattro tizi crivellano di proiettili la parete. Ecco la situazione dove mi ero ficcato ! Davvero divertente. Ma non per me.”[...]
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shikamaru Nara, Temari, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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La storia che avete davanti ha come protagonista una specie di agente segreto americano: Shikamaru Nara.
Il giovane agente dovrà ritornare nel suo paese di origine per indagare su uno strano caso dove vede Temari a capo di un gang di malavitosi giapponesi.
Dovrà lavorare come infiltrato e numerosi pericoli attenderanno il giovane. Ma anche numerose conoscenze non sempre piacevole.
Questo primo capitolo è una premessa. Sono i pensieri dell'agente nel suo bar di fiducia mentre si gusta del buon vino italiano, due giorni prima di partire e ritornare (ancora una volta) a casa.
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The hard life of an infiltratE
Capitolo 1: Ritornare in patria, che scocciatura. Menomale che esiste il vino.
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Guardai per l'ennesima volta il bicchiere semivuoto di Chianti che avevo davanti. Il bar di Charlie è famoso per la sua cantina rifornita e in questo momento mi serviva assolutamente il dolce sapore del vino rosso, una specialità italiana per giunta, sulle mie labbra screpolate.
Mi persi per un attimo nel luccichio color rubino della bevanda, messo in risalto dalle luci soffuse del bar.
Come amavo quel posto. Il gestore, un tipo riservato e di una certa età, conquistò subito la mia gola servendomi fin dal primo giorno specialità provenienti da tutto il mondo.
Il vermiglio e secco Bordeaux dalla Francia.
Vini tedeschi dai nomi impronunciabili ma dagli aromi intensi. (Adoro il Kabinett o come si chiama).
Ma soprattutto rimasi affascinato dalla qualità con cui gli italiani fabbricavano quel nettare dai vari colori. Rosso, bianco, rosato... Ce n'era per tutti i gusti e ogniqualvolta staccavo da lavoro, il buon caro vecchio Charlie mi faceva trovare i prodotti tipici di quelle zone dove il sole illumina le vigne tutto l'anno.
Pensai che almeno una volta nella mia vita, prima di morire (e con il lavoro che faccio è molto probabile) mi sarebbe piaciuto fare una visita di piacere a quei luoghi così lontani.
Magari gustando le specialità locali come: i pici al cacio e pepe, formaggio intinto di squisite marmellate caserecce, lasagne bolognesi fatte da donne che tramandavano oralmente le loro ricette segrete, la bistecca alla fiorentina alta almeno due dita e tante altre pietanze che al sol pensarci mi viene l'acquolina in bocca.
Ma qui, a New York, è impossibile pensare di gustare cibi preziosi come quelli. I ristoranti italiani ci sono anche qui ma molto spesso il cuoco proviene da qualsiasi zona di questo mondo tranne, ovviamente, l'Italia. Non mi stupisco che un cittadino su tre è obeso da queste parti dove l'hamburger e l'hot-dog sono considerati i piatti tradizionali.
Non sapevo il perché stavo cominciando a pensare a tutte queste cose legata alla cucina però mi stava aiutando a dimenticare il motivo per cui avevo cercato rifugio al bar.
Guardai ancora il bicchiere di vetro che avevo davanti. Con un rapido gesto lo presi e buttai giù il delizioso contenuto e chiesi a Charlie di portarmene un altro. Un altro goccio di toscano non mi avrebbe fatto di certo che bene e poi stavo proprio male.
O almeno, mi faceva male ricordare quei posti da dov'ero scappato quindici anni fa.
Pensavo di aver messo una bella croce sul Giappone ma a quanto pare m'ero sbagliato. E di grosso.
Charlie fece in fretta a riempire il mio bicchiere.
E io feci in fretta a scordare la mia terra d'origine: Il Giappone.
Con i suoi tetti a pagoda, i suoi samurai che ormai esistevano solo nei musei o in qualche parco a tema e la sua popolazione intenta a vagabondare qua e di là sempre con i soliti abiti di un triste grigio.
Almeno qui in America le persone si vestivano come gli pareva a loro, per Dio !
Cominciai a cercare nelle tasche dei miei jeans quel dannato pacchetto di sigarette che avevo appena comprato al tabacchino all'angolo.
Non si poteva fumare nei locali ma l'ora era tarda e sfidavo io che qualcuno mi rompesse le scatole per una sigaretta. Se comunque qualcuno l'avesse fatto non avrei esitato a buttarlo in galera con una qualsiasi scusa. Sono troppo incavolato e il sapore della nicotina, unito a quello dell'alcool, non poteva farmi che bene.
Charlie mi guardò impassibile mentre spolverava, con un vecchio straccio, un boccale di birra vuota. Mi sorrise a modo suo, ovvero i contorni della sua bocca si piegarono leggermente verso l'alto.
Come adoravo quel gestore, anche se ormai mi vedeva tutti i giorni (o meglio, tutte le notti) non mi aveva mai chiesto niente e non mi aveva mai buttato fuori dal locale anche se cominciavo a fumare una decina di sigarette una dietro l'altra.
Mi sarebbe mancato.
Ma d'altronde al lavoro non si può dire di no, o meglio: si potrebbe dire di no peccato che un collaboratore dei servizi segreti americani non può rifiutarsi se un superiore gli affida qualche compito. In teoria potrebbe ma poi verrebbe licenziato. E io non volevo perdere un lavoro che mi affascinava visto che trovavo interessante indagare sui presunti colpevoli e la soddisfazione quando metti un bastardo (da quello che aveva rubato a quello che aveva violentato una donna) dietro le sbarre era immensa. Quasi al pari di quell'ottimo vino che stavo continuando a bere a piccoli gocci.
Eppure proprio a causa di questo lavoro che mi ritrovavo in questa situazione scomoda.
Sarei dovuto ritornare in Giappone, lavorare sotto copertura e smascherare la terribile organizzazione che si celava dietro ad una banda di malavitosi.
Il classico caso, peccato che sarei dovuto partire e andarmene lontano per finirlo.
Guardai l'orologio. Segnava le due e mezzo. Tra poco me ne sarei andato e tra due giorni me ne sarei andato veramente, per un lungo periodo lontano da qui.
Mi mancherà questo vino. Mi mancherà dannatamente anche Charlie. Ma un uomo certe volte non può dire di no, soprattutto se ha un superiore alto due metri e qualcosa e con un fisico da lottatore di Wrestling.
Alle tre ho pagato quello che avevo consumato, lasciato una lauta mancia al gestore, e me ne sono tornato a casa.
Rimpiangendo, per un attimo, il forte odore di Hot Dog provenire da una bancherella vicina.




Due giorni dopo.


Sono all'areoporto di New York e già sto pensando di scappare e andarmene in Italia con il primo volo disponibile.
Peccato che non posso.
Il giorno prima mi è arrivato il fascicolo contenente tutte le informazioni che dovevo sapere sul caso.
Mi devo infiltrare in una banda di teppisti locali molto violenta, indagare sul presunto commercio di materiali radioattivi, arrestare i colpevoli (con l'aiuto della polizia giapponese) e alla fine potrò tornare in America alla mia solita vita.
Nonché facessi qualcosa di diverso qui però mi chiedevo come fosse possibile che una banda di teppistelli potesse avere agganci con il commercio di scorie nucleari, uranio radioattivo e altra robaccia. Materiale che, sinceramente, preferirei osservare da molto lontano. Di un centinaio di chilometri, intendo.
Poi trovavo alquanto curioso sapere che tutta l'organizzazione di teppisti aveva come capo una donna. O una scocciatura, come le chiamo io.
Il suo nome, da fonti provenienti dai servizi segreti giapponesi, era Temari.
Dalle foto sembra una bella ragazza: bionda, dagli occhi di un bellissimo color smeraldo eppure dietro a quell'angelico faccino si nascondeva una banda criminale che aveva compiuto numerosi omicidi nelle prefetture di Tokyo.
Rabbrividì. Il sol sapere che una ragazza era capace di cose del genere mi rendeva alquanto impreparato. Però sì sa, la vita è strana a volte.
E' strano anche che non ti servano del vino pregiato nei bar dell'areoporto. Ma tuttavia questo non mi sorprese molto. D'altronde non ce lo vedrei bene un pilota ubriaco alla guida di un aereo con quattrocento persone a bordo. Sarebbe divertente, ma solo se assistessi la scena a terra.
E a terra non ci poteva rimanere.
-Si presentino le persone per il volo 778H, destinazione: Giappone, al gate numero 20. Ripeto: si presentino le persone per il volo 778H, destinazione: Giappone, al gate numero 20. Grazie-
La voce femminile, proveniente dall'altoparlante, mi comunicò che era giunto il momento di dire addio all'America. O per meglio dire: un arrivederci. Spero.
Non rientra nei miei progetti morire nella mia patria e penso non lo sarà mai.
Quasi mi venne la voglia di andare a mangiare un Hot-Dog al chiosco lì vicino prima di dirigermi al gate dove mi sarei imbarcato. Non sono un sentimentale ma allo stomaco non si comanda. O forse voglio rivalutare la cucina americana. Non saprei, comunque l'hot-dog che presi faceva davvero schifo.
-Che giornata di merda- Esclamai ad alta voce mentre porgevo il biglietto allo Stuart. -Proprio una giornata di merda-
Poi presi il mio volo e mi preparai a ritornare in Giappone dopo un lungo periodo di assenza.
Menomale che un senso di nausea mi permise di non pensare troppo al paese che m'avrebbe rivisto dopo tutti questi anni.
Odio volare. Le Hostess non ti portano mai del Bordeaux o del Chianti se ti senti poco bene.


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Riuscirà Shikamaru Nara ad arrivare in Giappone, arrestare i colpevoli e ritornare a casa ?
Beh, per saperlo (e mi dispiace) dovrete continuare a leggere questa storia.
Comunque, per chi non avesse capito bene o per chi nutra ancora qualche dubbi:
Shikamaru è un consulente esterno, collaboratore dei servizi segreti americani. Per ordine dei suoi superiori deve recarsi in Giappone e lavorare sotto copertura ad un indagine che vede coinvolto un traffico di merci radioattive. Il capo dell'organizzazione dove deve infiltrarsi ha come capo una ragazza: Temari.
La trama promette bene, no ? ; ) O almeno spero.
  
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