Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: Kioto    04/12/2010    5 recensioni
« Vuoi avere un caso? Vuoi salvare l’azienda? Bene, fallo. Mettiti pure in mezzo con Gustav, vai con lui già da stanotte se è necessario. Sei incaricato anche tu stavolta. Contento? »
« Non voglio un caso solo per pena. »
« No, è tuo. Ora non puoi più tirarti indietro, Tom. Vai pure e non tornare finché non hai qualcosa di interessante da dirmi a riguardo. »
Tom si voltò trattenendo un sorriso di vittoria e posò una mano sulla maniglia della porta.
« C’è una precisazione. »
Il ragazzo si fermò, attendendo.
« Ovviamente lavorerai anche con Rebecca. »
Genere: Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Avevano passato l’intera giornata chiusi in quella macchina. Tom aveva comprato qualcosa da mangiare con i pochi soldi che aveva in tasca ma non si erano mossi da quell’auto. Non sapevano nemmeno dove andare.
Faceva freddo anche quella notte. Quella precedente Rebecca si era addormentata solo quando il sole stava sorgendo e Tom ne aveva approfittato per osservarla. Per provare a capire perché avesse agito in quel modo. Ma non trovò alcuna risposta scritta sulla sua pelle.
I vetri della macchina erano appannati per il freddo e Rebecca si stringeva nelle spalle, trattenendo i tremiti.
Tom la guardò. Non si erano rivolti la parola neanche un istante, ma avevano guardato il parabrezza davanti a loro congelarsi ancora di più.
Lui sospirò e il suo fiato diventò sottile nebbiolina.
Aprì lo sportello e Rebecca lo guardò.
« Vado a fare un giro. » disse prima di chiudere.
Si voltò e iniziò a camminare con le mani infilate nelle tasche della giacca del completo.
Il cielo di Milano era stellato ma c’era qualche nuvola scura sparsa qua e là. Per terra era pieno di pozzanghere e Tom slittava fra esse, camminando verso chissà quale posto.
A dire il vero non gli interessava sapere dove diavolo stesse andando, il suo unico scopo era quello di allontanarsi il più possibile da Rebecca, che improvvisamente aveva assunto le vesti del diavolo tentatore.
Tom strinse i pugni dentro le tasche e inspirò a pieni polmoni, immerso nei suoi pensieri.
Perché tutto quello? Perché si era trovato chiuso in una macchina con lei?
Svoltò senza rendersene completamente conto e continuò a camminare sul marciapiede, fino a trovarsi davanti una cabina telefonica.
Non ne aveva vista nemmeno una nei paraggi, quella era la prima.
Si guardò intorno, per vedere se era solo, ma molto probabilmente era così tardi che non poteva essere altrimenti. Si frugò in tasca e tolse fuori qualche moneta.
Si avvicinò speranzoso alla cabina ma non andava a monete. Serviva la tessera.
Imprecò a mezza voce e si allontanò velocemente da quella via, tornando indietro con un diavolo per nervo.
La macchina era ferma nello stesso punto, l’unica differenza era il parabrezza leggermente più congelato di prima.
Quando aprì lo sportello, Rebecca quasi trasalì. Tuttavia, non disse nulla.
Rimase sul suo sedile a contorcersi per il freddo.
Tom si sedette nel sedile del conducente, facendole arrivare una ventata gelida che sembrò farla impallidire ulteriormente. E lui se ne accorse.
Chiuse lo sportello con un tonfo, e calò il silenzio.
Era come se fra loro ci fosse un enorme muro invisibile il cui unico scopo era separarli.
Rebecca tremò un altro po’.
« Si è fatto sentire qualcuno? »
Lei scosse la testa, senza parlare e senza guardarlo, col volto che cercava di ripararsi da quel freddo.
Tom stava perdendo la pazienza.
Si sfilò la giacca di dosso e gliela porse.
Rebecca lo guardò e si ritrasse, facendo ‘no’ con la testa.
« Andiamo, non fare la preziosa. Io non la voglio. » mentì, sentendo il freddo pungergli la pelle oltre la camicia bianca.
Lei allungò una mano pallida e tremante e la prese, sistemandosela poi sulle sue spalle.
« Grazie. » mormorò.
Tom non rispose.

Quanto poteva essere passato? Forse un’eternità. Eppure la situazione non cambiava.
Tom era solo più congelato di prima, ma niente di grave dopotutto.
« Hai freddo? » gli domandò Rebecca.
Scosse la testa, sapendo che in realtà era prossimo all’ibernamento.
« Sicuro? »
« Sì. »
« Dobbiamo morire qui al freddo? »
« Perché te ne sei andata? »
Tom si voltò lentamente e Rebecca aveva la fronte aggrottata, gli occhi puntati sul suo viso.
« Rispondi alla mia domanda. » lo incalzò.
Tom espirò prima di rispondere.
« Qualcuno ci chiamerà e se così non fosse, troveremo un modo per tornare in Germania. »
Rebecca non parve sicura della risposta, ma non obiettò.
« Ora tocca a te. » si affrettò ad aggiungere lui. « Perché te ne sei andata? »
Lei non rispose, spostando lo sguardo da un’altra parte.
« Non lo so… »
« Fai le cose e non sai perché?! »
Rebecca non rispose e socchiuse leggermente gli occhi, pentendosi di aver dato quella risposta.
Tom pensò di esser stato troppo irruento.
Si girò e incrociò le braccia sul petto.
« Mi dispiace. » sentì.
Non disse niente e non si voltò nemmeno. Forse era meglio se iniziava a fregarsene di Rebecca. Forse era meglio se pensava solo a sé stesso o almeno ad un modo per andare via da quella città che gli aveva portato solo guai. Forse sarebbe stato meglio per entrambi se non si fossero mai incontrati.
Rebecca sospirò così forte che Tom fu costretto a guardarla.
« Io non lo perché me ne sono andata. So solo che quando mi son svegliata mi sentivo… uno schifo. »
Lui non rispose, anche se lei stava attendendo una sua parola.
« Credo di essere l’ultima persona che può consolarti. »
« Non voglio che mi consoli, non fare l’idiota! Sto solo cercando di spiegarti. »
« Hai una motivazione? Bene, io voglio quella. » la interruppe in tono brusco. « Non me ne frega niente di come ti sei allacciata il reggiseno, né di come eri messa quando ti sei svegliata. Vorrei solo sapere perché diavolo mi hai lasciato lì come un minchione. Perché, Rebecca? »
Lo sguardo di lei saettò da una parte all’altra, come se Tom l’avesse scoperta da una corteccia.
Ma non sapeva perché l’aveva fatto. Non ne aveva la minima idea, sapeva solo che quando si era svegliata aveva avuto paura. Paura che Tom potesse essere troppo o troppo poco. Paura di immergersi più del dovuto e paura per quello che avevano trascorso quella notte. Paura per lei e per lui.
Ma come dirglielo? Come fargli capire tutto quello?
Sapendo che Tom temeva per il fratello più di quanto temesse per sé stesso?
Non poteva. Non poteva assolutamente rivelargli quei pensieri che l’avrebbero ridicolizzata.
Lei e Tom non stavano nemmeno insieme, si erano solo baciati ed erano andati a letto. Ma non avevano una vera e propria relazione, contando che litigavano la maggior parte delle volte. Come in quel momento.
Rebecca continuava a guardare da una parte all’altra, finché Tom annuì rassegnato e poggiò la schiena sul sedile della macchina.
« Io non mi pento di quello che è successo quella notte. » disse lei.
Tom la ignorò.
« Ma non so che risposta darti. L’ho fatto senza un motivo preciso. Non a causa tua. E non pensavo nemmeno di trovarti così arrabbiato. »
« Non sono arrabbiato. » mentì. « Sono perplesso. »
« Scusa. » disse di nuovo lei, stringendosi ulteriormente nelle spalle.
Poi notò che aveva ancora la giacca di Tom e se la levò di dosso, porgendogliela.
« Che fai? Tienila, fa freddo. »
« Appunto, devi riscaldarti. »
Tom rifiutò spostandole le mani ma Rebecca insistette.
« Non fare l’idiota! » la ammonì ma lei gliela poggiò sulle gambe, incrociando poi le braccia scoperte sul petto.
Tom allora prese la giacca con una mano e la strinse, prima di sporgersi e di poggiarla di nuovo sulle spalle di Rebecca, con quasi tutto il corpo volto sopra il suo.
Lei rimase immobile, fissando il viso di Tom concentrato per sistemarle la giacca. Finché lui spostò gli occhi, guardandola.
Lo sguardo di Tom era qualcosa che giurava di non aver mai visto in nessun altro uomo.
Questo si passò la lingua sulle labbra, sfiorandosi appena le sferette del piercing, pregando di poter sentire ancora una volta il sapore delle labbra di Rebecca, ma sulle sue non c’era più.
Avrebbe voluto imprimerselo ancora una volta, baciarla di nuovo come se fosse stata la prima volta semplicemente per il fatto che non sapeva se l’avrebbe più potuto fare. Se avesse potuto avrebbe riportato tutto indietro e avrebbe fatto il possibile per non farla andare via.
Ma prima che potesse accorgersene, le sue labbra stavano sfiorando quelle di Rebecca, ancora una volta.
Com’è che un attimo prima stavano discutendo e quello dopo i loro visi erano uniti da un bacio? Era quasi impossibile spiegarlo.
Tom aveva gli occhi chiusi, ma quasi poteva immaginarsi il viso di Rebecca. Probabilmente aveva ripreso il colorito che il freddo le aveva tolto.
Sentì solo le sue mani farsi strada sul suo viso, accarezzandolo, e ne approfittò per spostare le labbra sul suo collo. Sì, il profumo era esattamente come se lo ricordava. L’odore di Rebecca lo mandava più in tilt di qualche altra droga.
Si slegò la cravatta mentre Rebecca gli accarezzava il collo. Il freddo gli attraversò il petto in superficie, piazzandosi sulla sua pelle come una patina invisibile, da sotto gli abiti.
Per quanto potesse odiarsi, stare con lei era una delle poche cose che volesse in quel momento.
Rebecca si legò al suo corpo come un nastro si lega ad un pacco e le labbra di Tom presero fiamma sulla sua pelle.
Non ammetteva che Rebecca era qualcosa di cui aveva bisogno. Non lo ammetteva con sé né a sé stesso. Preferiva intralciare quella visione dipingendo la ragazza solo come una tentazione. Un po’ come la mela di Eva; un frutto da mordere. E con quella visione impressa nella mente si spinse più in basso, baciandole il petto scoperto a causa dell’abito e le passò la lingua tra i seni, sentendo un sospiro levarsi dalle sue corde vocali.
Stava stretto in quella macchina che sembrava essersi rimpicciolita ulteriormente e così passò una mano verso la manovella del sedile, abbassandolo lentamente e risalendo sulle labbra delle ragazze.
« Almeno son sicuro che stavolta non te ne andrai. » ironizzò scostandosi dalle sue labbra e aprendo gli occhi per studiare ancora la forma dei suoi.
Lei sorrise appena.
« Non l’avrei fatto comunque. »
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Kioto