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Autore: Joy Wyatt    05/12/2010    4 recensioni
Gilbert, Antonio e Francis, welcome to Oxford, Bad Friends Trio!
Gioco di passioni e potere, soldi, alcool e vita notturna inglese. Oxford sarà il palcoscenico dell'avventura più grande dei tre ragazzi.
Tra due gemelli italiani sadici e meschini, una Elizaveta alla ricerca della passione e del vero amore, un Antonio sognatore ed un Francis ai limiti dello snob, signore e signori:
Welcome to Oxford!
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO II

 

It’s all about Libraries

 

Francis sgattaiolò fuori a metà lezione, la natura chiama.

Si guardò intorno, dove diavolo era il bagno in quella stupida Università? In due mesi non era ancora riuscito ad impararlo.

Ma a che serviva?

Quel posto era un labirinto.

Non restò fermo come un palo, andò a destra, pregando che fosse la direzione giusta. Più avanzava e più la folla di studenti prodighi allo studio si diradava.

Alla fine rimase solo, a questo punto dubitava fortemente di aver scelto la strada giusta. Maledetto caffè, ne aveva bevuti due quella mattina. Ma che poteva farci? L’aveva fatto troppo buono e gli ricordava la Francia.

Fantastico, guardò l’insegna della porta davanti a lui.

Biblioteca delle Aree Scientifiche.

Sbuffò sonoramente, per forza che non c’era nessuno lì, chi andava a studiare quella roba?

Chimica, Fisica, rabbrividì solo al pensiero.

Comunque, appena fosse diventato il Re del Mondo, avrebbe dato fuoco ad Oxford personalmente. Aveva già deciso. Sospirò pesantemente, tanto valeva tornare a lezione, sarebbe andato con Antonio dopo. Girò i tacchi e restò pietrificato.

« Ciao Francis», lo salutò dolcemente Sesel, « cosa ci fai qui?»

« Io…», bene, ed ora che cazzo le diceva? “Guarda mi sono perso in questa trappola, dov’è il bagno?”. Non glielo avrebbe detto nemmeno in punto di morte. Pensa Francis, pensa, che vuoi dirle?

« Ciao Sesel, sono venuto qui in biblioteca.»

« Ma, non avevi detto di studiare Relazioni Internazionali?», aggrottò la fronte,  Santo Cielo che carina! Riprenditi, straccio, la tizia ti ha appena fregato.

« Ecco, pensavo che magari potrei passare di corso, mi sono sempre interessate le scienze», Francis si dette dello scemo, ma che diavolo stava blaterando? Per lui le scienze e la matematica erano il cancro del mondo!

Sesel sorrise.

« Sarebbe fantastico averti nello stesso corso, ma non ti ci vedo in mezzo ad un laboratorio», Santo Cielo, ora le saltava addosso, la amava!« piuttosto ti vedrei in un qualche parlamento», that’s over Baby, here I come!

« Sesel, andiamo?», che cos’era quella voce profonda? Francis alzò lo sguardo all’omone biondo vicino a quell’angelo di Sesel. Come aveva fatto a non notarlo? O sì, lei lo abbagliava!

« Francis, permettimi di presentarti il mio caro amico Ivan».

Fantastico, pensò Francis, era pure russo. Esperienze personali gli suggerivano di essergli amico, piuttosto che nemico. Fece la faccia più simpatica che gli riusciva in quel momento.

« Sono Francis, piacere, Ivan!», gli porse la mano.

Il russo l’afferrò con un sorriso innocente sul viso. Aveva l’innocenza di un bambino, ma la stretta di un vero Kolhoz.

« Sono Ivan, vengo da San Pietroburgo», la stretta si fece più forte, e secondo Ivan, quello significava più amichevole.

Adesso mi rompe la mano, pensò Francis viola dal dolore. Sesel se ne accorse, e chiese con tatto al russo di allentare la presa.

« Ora devo proprio andare», si scusò Francis, accarezzandosi la mano offesa. « Sesel, ci si vede in giro», la ragazza lo salutò sorridente.

« Ivan, beh», cosa gli poteva dire? « è stato davvero un piacere, una volta o l’altra vieni a casa mia che ci beviamo un caffè insieme!»

« Verrò senz’altro», rispose l’altro.

Ti prego non farlo.

« Ciao allora», si girò e si allontanò il più veloce possibile da là.

 

 

 

****

 

 

 

Finalmente la tortura era finita, il professore raccolse le sue carte e Antonio tirò un sospiro di sollievo, ormai ne aveva davvero abbastanza. Non solo li aveva rimproverati per il ritardo, ridicolizzandoli davanti tutta la classe,(la faccia che aveva fatto Francis meritava un Oscar, era diventato rosso di indignazione, con un tic nervoso all’occhio destro) aveva anche continuato a riprenderli per tutta la durata della lezione. Non importava per quale sciocchezza, l’importante era pronunciare un: “ se non la smettete vi sbatto fuori” ad intervalli regolari.

Francis si era segnato il nome del professore nella sua agenda per ricordarsi chi doveva uccidere per primo, una volta uscito da quel dannato ed inutile Ateneo.

Antonio mise le sue cose nella cartella ed afferrò Francis per il braccio, prima che i suoi istinti omicidi lo portassero a fare massacro di tutti i testimoni alla sua strigliata pubblica. Sorrise, gli sarebbe piaciuto vedere Francis fuori di sé, probabilmente avrebbe tirato fuori un fioretto o una sciabola e avrebbe cominciato ad agitare la lama fino a quando nessuno fosse rimasto in vita. Ma non era decisamente il caso di permettergli di fare i suoi comodi, dopotutto, sarebbe finito in prigione, no?

« Andiamo a bere, France», e se lo trascinò dietro.

Francis lo seguì docilmente, dimenticando persino di guardarsi allo specchio, per controllare che i suoi capelli fossero a posto.

« Bastardo inglese», borbottò sottovoce, « ecco, Antonio, ora capisci il perché dell’avversione dei francesi verso gli inglesi?», domandò il francese uscendo all’aperto.

Antonio lo guardò negli occhi e sorrise, aveva un espressione imbronciata adorabile.

« Non badarci, France, andiamo a prendere Gilbert piuttosto, prima che attacchi rissa con qualcuno, mi sono stancato di fare la crocerossina per lui!», era matematico, oramai, ogni dannata settimana, Gilbert si faceva pestare, o pestava qualcuno. Perché? Per le ragazze, ovviamente! Per marchiare il territorio, o per dimostrare chi era il maschio Alfa. Chissà se tutti i tedeschi erano teste così calde?

A sentire Gilbert, suo fratello minore era il suo opposto, ma chissà, Antonio non riusciva ad immaginarselo un Gilbert junior che si comportava responsabilmente e non andava a fare casini con gli altri ragazzi.

« Mi ha mandato un messaggio durante la lezione», disse Francis e tirò fuori il suo Iphone 4, cercò il messaggio del tedesco e lo lesse ad alta voce: « “ Sono al The head of the River, venite subito”».

« La smetterà mai di comandarci?», chiese Antonio sarcasticamente.

« Lascia stare, è il suo modo di essere, grazie al cielo si smolla quando beve!» 

« Ho bisogno di qualcosa di forte, che ore sono?»

Antonio guardò l’orologio e rispose: « le sette meno dieci adesso».

« Vorrà dire che oggi inizieremo a bere presto», passò amichevolmente un braccio sulla spalla di Antonio, ed insieme s’avviarono verso il locale.

 

 

***

 

 

Elizaveta e Feliciano si erano separati dopo la lezione, avevano entrambi un impegno, ma si erano ripromessi di rivedersi quella sera, al River.

La ragazza avanzò a passo sicuro, sotto la pioggia, verso la biblioteca, aveva bisogno di trovare il libro per Storia moderna. Doveva anche muoversi, erano già le sei e mezza di sera e la biblioteca avrebbe chiuso per le sette.

Entrò in biblioteca, la trovò semi deserta, solo pochi studenti si aggiravano silenziosi tra gli alti scaffali. L’anziana bibliotecaria la salutò con un sorriso e un cenno della testa. Elizaveta continuò a camminare, fino alla sezione di Storia moderna.

Doveva fare una ricerca su Galileo Galilei e sulla sua teoria dell’Universo. Incredibile pensare che solo fino a cinquecento anni fa si pensava che la Terra fosse il centro dell’Universo. Confrontato l’egocentrismo degli studiosi antichi e della Chiesa Cattolica, persino il tedesco albino che aveva la sfortuna di conoscere dall’infanzia, sembrava una persona modesta.

Si conoscevano da quando avevano più o meno quattro anni, erano andati alla stessa scuola privata. I genitori di Elizaveta avevano insistito che la ragazza ricevesse un’educazione austriaca. Così la ragazza si ritrovò a frequentare una rinomata scuola privata, nei dintorni di Vienna, dove appunto incontrò la piccola peste tedesca, che crescendo non mutò il suo carattere di Prima Donna.

Da piccola Elizaveta aveva finto di essere un maschio, essendo cresciuta in una famiglia con cinque fratelli maschi, le era più semplice comportarsi come loro, alla maschiaccio. Sua madre era morta dandola alla luce, si diceva che avessero gli stessi occhi, e che i suoi boccoli erano identici a quelli della madre. Il padre di Elizaveta non aveva molte foto della donna, tranne una, con la moglie ancora giovane, che conservava nel suo studio, gelosamente, non lasciandola toccare a nessuno. Era la copia esatta di Elizaveta, sembrava quasi che le due fossero state clonate.

Salì sulla scala, non riuscendo ad arrivare ad un libro, sembrava pericolante, ma lei era leggera e veloce, non le sarebbe accaduto nulla.

Si sporse in avanti per prendere il libro, scoprendolo tuttavia ancora troppo in alto per lei.

Si sporse di più.

Non ci arrivava.

Testardaggine.

Ce la posso fare.

Si sporse ancora.

Ci sono quasi.

Lo prese e nello stesso istante perse l’equilibrio, cadde all’indietro.

Non emise un suono.

Lei no urlava.

Cadde per il tempo che le sembrò un secolo.

Non più di un paio di secondi

Cadde nelle sue braccia diafane.

Lui la circondò in un abbraccio caldo.

Cadde e fu inondata dal suo profumo.

Si sentì soffocare.

Cadde e senza girarsi lo riconobbe.

Sapeva che sguardo le stava rivolgendo.

Cadde e le lacrime le salirono agli occhi.

Perché era Gilbert.

 

****

 

Gilbert era sempre stato restio dal passare troppo tempo in biblioteca, odiava studiare ed odiava i libri.

 Ok, forse l’unica parte che non disprezzava e derideva era la storia prussiana, adorava Federico II, era il suo idolo, aveva sempre letto un sacco di libri su quel re mitico.

Le sue gesta, le sue innovazioni, erano semplicemente musica e poesia per lui.

Anche alcuni racconti della mitologia greca, sinceramente, non gli dispiacevano.

Quando era piccolo, sua madre, per farlo addormentare gli leggeva L’Iliade. Gilbert si immaginava sempre come l’Achille coraggioso o Paride, che aveva rischiato tutto per avere la donna che amava, la bellissima Elena.

Non riusciva a decidere chi avrebbe preferito essere, Achille oppure Paride, amore o gloria?

Entrò nella biblioteca di Oxford e cercò qualche libro sulla mitologia greca, giusto per una lettura leggera post-sbornia.

Quella sera contava di ubriacarsi fino a perdere i sensi, si sarebbe fatto la belga entro la sera, sennò non avrebbe più potuto chiamarsi uomo ed esperto Don Giovanni.

Si, adorava, correre dietro le gonne delle ragazze.

I primi tre appuntamenti erano sempre i migliori, in quelli le ragazze mostravano sempre il lato migliore. Il quarto cercava di evitarlo, solitamente, perché dopo quello iniziavano le pretese di fedeltà e le promesse d’amore eterno.

Selezionò circa cinque volumi e si sedette su una delle grandi tavolate in legno, per darci un’occhiata veloce, prima di decidere quale portare con sé.

La 10 fatiche di Ercole, oppure l’Eneide?

Noioso.

Mise i due libri da parte, si dedicò agli altri tre.

L’Iliade, L’Odissea e la Leggenda del Minotauro.

Aprì L’Iliade e sfogliò i canti fino ad arrivare al suo preferito, Achille contro Ettore.

Iniziò a leggere sottovoce, era un bene che a quell’ora erano quasi tutti andati a mangiare, non sarebbe stato zittito da uno stizzito: “Shhhh!”

Il rumore di passi famigliari lo distolse dalle pagine ingiallite e lui guardò in direzione di esso.

Spalancò gli occhi a vederla avanzare verso di lui, senza vederlo.

Lo oltrepassò senza nemmeno volgergli uno sguardo, tanto era immersa nei propri pensieri.

Un brivido gli percorse la schiena, perché diavolo si comportava come se non lo conoscesse?

In due mesi che erano lì, avevano la stessa età, non si erano nemmeno rivolti la parola.

Sapeva di averla ferita, ma erano passati già due anni! Lui sperava che almeno la ragazza gli concedesse l’amicizia, per ora.

Stupida Ungherese.

Si alzò e si avvicinò lentamente, la ragazza era salita sulla scala per raggiungere un libro, si stava sporgendo pericolosamente e la scala non sembrava delle più sicure.

Aumentò il passo, finché non si mise a correre, quando la vide cadere all’indietro.

Riuscì a prenderla, e l’avvolse nel proprio abbraccio, inspirò il profumo di rose dei suoi capelli. Sospirò, erano almeno sei mesi non la sentiva contro di sé, anche solo per un abbraccio amichevole.

Liza, mia Liza, perché devo sempre salvarti, Amore mio?

 

 

***

 

 

I due gemelli erano seduti a tavola, nella cucina della villa che aveva acquistato Lovino, poco fuori dalla città di Oxford, giusto per capriccio. Era una villa in stile neo-classico, era raro vederne di quel genere in quella zona. Aveva un grande prato, dove i doberman di Lovino correvano liberi ed erano altrettanto liberi di azzannare le chiappe di qualunque ospite inatteso.

Al centro, davanti l’entrata, c’era un’elegante rotonda, con in mezzo una fontana, che funzionava con acqua calda, ed andava anche d’inverno.

Feliciano guardò suo fratello leggere il giornale e bere un cappuccino con l’aria più pacifica di questo mondo.

Nessuna espressione imbronciata, nessuna sopracciglia rialzata in senso di dissenso, la sua espressione era semplicemente atona.

Feliciano si rigirò la penna tra le mani, aspettando che l’altro si degnasse di aprir bocca.

« Allora?»

Lovino lo guardò tra l’interrogativo e lo scocciato, posò a tavola la tazza con la bevanda e gli chiese:

« Cosa vuoi che dica scusa?».

« Per esempio cosa stai complottando», era ovvio che l’altro pensasse qualcosa di grosso, quando era così non c’era da aspettarsi nulla di buono, lo sapeva bene. 

« Non ti riguarda, Feliciano», Lovino posò lo sguardo freddo sul fratello, « ti prego, stanne fuori», era una richiesta o una minaccia?

« Lovino, per favore!», fece Feliciano, si alzò e si avvicinò dal fratello, « siamo dalla stessa parte, permettimi di aiutarti».

« Non c’è bisogno di sporcarsi le mani, tesoro mio», parole dolci pronunciate con la voce di un pazzo omicida, « voglio solo che  l’austriaco abbassi le arie e che capisca quando è il caso di fermarsi, dobbiamo dargli dei freni, altrimenti», accarezzò il mento del fratello con dolcezza, poi mise giù il giornale, per concentrarsi meglio sul gemello. Gli riavviò i capelli dietro l’orecchio, gli sorrise. Feliciano rispose al sorriso ed appoggiò una mano su quella del fratello, che si era fermata tra i suoi capelli.

« Altrimenti non ci rispetteranno più», terminò Feliciano, Lovino gli posò un bacio sulle labbra, come fosse un premio per un cucciolo che ha eseguito bene l’ordine del padrone. Si allontanò dal viso del fratello e disse: « Giusto, Feliciano», fece una pausa, Feliciano aprì gli occhi, « ma con discrezione, non vogliamo alzare polvere attorno a noi, vero?»

« Decidi, Feliciano»,  fece una pausa e sorrise.

« Lo svizzero o il russo?», era come dire: Ade o Lucifero?

« Lo svizzero, se mandi Ivan ci costa troppo dopo».

« Come sempre fai la scelta più saggia, fratello mio» l’adulò Lovino. Prese il telefonino e chiamò il numero dello svizzero, attese la risposta. Appena l’altro alzò la cornetta iniziò a parlare:

« Vash, sei fortunato oggi, ho del lavoro per te», sorrise malignamente.

 

 

Author’s Corner

 

Ciao ragazze! XD ringrazio le quattro che mi hanno commentato, e vi presento questo capitolo. Qui facciamo conoscenza con Ivan e Lovino. Siate sincere, Lovino sembra un po’ mafioso o sbaglio? E Feliciano gli pende dalle labbra, asd!

Comunque, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, la settimana prossima vi farò leggere una Liza/Gil! XD spero vi piaccia, non voglio spoilerare, ma Elizaveta si comporterà da perfetta stronza, haha, Gilbert se lo merita, e scoprirete perché.

Vi saluto,

vostra, Joy.

 

Next chapter: Crazy night in Oxford.

 

  
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