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Autore: Tali    05/12/2010    12 recensioni
Odore di sangue, la testa che ti scoppia di dolore.
Polvere, silenzio, lampi di luce che esplodono nella tua mente, come ricordi vecchi, recenti, in fondo cosa cambia?
Un ricordo è vecchio dal momento in cui diventa tale.
Ma un ricordo può bruciare in un modo così dilaniante?
Un ricordo può lasciarsi dietro una scia di infuocato dolore?
Ti alzi in piedi, cercando di mettere a fuoco i pensieri confusi che ti riempiono la testa.
Sei circondato da polvere, respiri affannati, e anche se nessuno grida, senti come uno strillo lacerante dentro il tuo cuore.
Eppure ancora non riesci a capire cosa sei, dove sei, chi sei, qual è la causa di tanto dolore.
Ti lasci crollare su un masso, la testa fra le mani, chiudi gli occhi, cerchi di capire.
Ricordi i sentimenti che hai provato di recente ma non ne ricordi il motivo.
Ti stringi la testa, ti strappi quasi i capelli, eppure niente, riesci solo a ricordare la stessa sequenza di emozioni: sorpresa, sollievo, felicità pura, improvvisa paura, rabbia, terrore, straziante dolore.
Poi, improvvisi, ti esplodono nella mente un paio di occhi verdi pieni di lacrime, ti appare come se l’avessi davanti una chioma castana che frusta l’aria, un urlo maschile, il corpo minuto di una ragazza che crolla davanti a te lasciandosi dietro una scia di profumo all’arancia.
E improvvisamente ricordi.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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capitolo sedicesimo




Capitolo sedicesimo.

 

Ad A., perché senza “Marina” questo capitolo non c’era.

 

 

Non ricordava quando si era svegliata, non ricordava quando Humbert era salito su quel cavallo e l’aveva issata dietro di lui, ricordava solo la sete, la stanchezza, il viaggio infinito.

Cavalcavano per uno stretto sentiero di montagna, loro due soli.

Nessuna traccia degli scagnozzi di Humbert.

Tremando, Selene si portò per l’ennesima volta le dita al labbro, ancora punteggiato di qualche goccia di sangue scarlatto.

< Dove stiamo andando? > chiese per l’ennesima volta, e per l’ennesima volta ottenne la stessa risposta.

< Lo vedrai. >

Chiuse gli occhi, ascoltando il silenzio.

C’era roccia ovunque.

L’aria non aveva profumo.

Sembrava un limbo tra inferno e paradiso.

Era semplicemente il nulla.

Non c’erano sensazioni percepibili in quel luogo, o forse era lei che ormai si era talmente abituata al dolore da riuscire a non provare più niente?

< Eccoci. > disse finalmente Humbert.

Aprì gli occhi. Percorsero l’ultima curva del sentiero sotto un sole cocente e brillante, e svoltato l’angolo, lo spettacolo più maestoso che avesse mai visto apparse sotto di loro.

La città di Petra, in Giordania, si estendeva in tutto il suo imponente splendore sotto la luce cocente di un sole appena sorto.

Era un mondo fatto di luce, di rocce che trasudavano la più antica magia del mondo, era un mondo di un solo colore, eppure era ciò di più variopinto la mente umana possa mai immaginare.

< Perché siamo qui? >

Humbert scese da cavallo e le porse la mano.

Selene la ignorò.

< Humbert, perché siamo qui? >

< Scendi. >

< Dimmi perché siamo qui. >

< Domani ci sposiamo. Mi sono già accordato con un sacerdote del luogo. Ora scendi. Hai bisogno di riposo. >

E lei scese.

Perché non aveva la forza di combattere più.

Era come morta.

Mai come allora la realtà le era piombata addosso.

E l’unica cosa che continuava a ripetersi in mente era la stessa cantilena, eco delle parola di Humbert.

Petra. Domani ci sposiamo. Giordania. Sacerdote. Petra. In Giordania. Domani ci sposiamo…

 

 

 

*

 

 

 

L’odore era quello che ricordava.

Quell’indefinibile sentore di sudore, di sporcizia, di amarezza e d’incenso, che era percepibile a metri e metri di distanza dalla tenda rosso scarlatto che fungeva da porta.

Scese dall’auto e alzò gli occhi verso la squallida insegna del locale.

Astrid dietro di lui si stringeva il petto con le braccia, a disagio, ma con una furia combattiva negli occhi che suggeriva la sua voglia di agire.

Andrea gli si avvicinò e, cautamente, gli mise una mano sulla spalla.

< Ted. Sei pronto? >

Abbassò gli occhi e osservò il suo compagno.

< Si. Sono pronto. >

Era l’imbrunire.

Il sole calava dietro i palazzi miseri di quel povero quartiere del Cairo, già deserto a quell’ora,  disegnandone le ombre distorte e allungate sull’asfalto grigio.

Si guardarono intorno per assicurarsi di essere soli, si fecero un cenno, e uno dopo l’altro entrarono.

Nell’anticamera non c’era nessuno.

La scrivania dietro la quale giorni – secoli, pareva a Teddy – prima  era seduto un ragazzetto scorbutico al quale avevano chiesto informazioni su Makhlouf, era vuota.

Si avviarono verso la tenda viola scuro tramite la quale si accedeva al locale, ed entrarono in una stanza larga, dalle luci basse, che puzzava di alcol.

Era quasi vuota, considerando che si trattava di un locale notturno, e solo un paio di poveracci, con un bicchiere di whisky davanti e lo sguardo perso, erano tutta la clientela che a quell’ora occupava il locale di Makhlouf.

Una cameriera dai lunghi capelli rossi, più nuda che vestita, si aggirava tra i tavoli, negli occhi tutta la tristezza che si possa immaginare ma neanche una lacrima.

Appena li vide si girò verso di loro, sobbalzò, e si affrettò tra i tavoli per raggiungerli.

< Il padrone vi sta aspettando nel suo ufficio. > disse senza preamboli. < Seguitemi. >

Teddy lanciò uno sguardo agli altri due.

Annuirono.

Era stupido dichiarare subito guerra, tanto più che correvano molti più rischi così che provando ad essere, almeno inizialmente, diplomatici.

Ma se avessero opposto resistenza – ringhiò Teddy tra sé – se avessero anche solo osato, con un gesto, una parola, accennare ad una dichiarazione di guerra, allora non se lo sarebbe fatto ripetere due volte.

E sapeva anche con certezza chi sarebbero stati i vincitori.

Ma non sapeva ancora che, dietro la pesante porta di legno dell’ufficio di Makhlouf, ad aspettarli c’era una bella sorpresa.

 

 

*

 

La confusione dei sentimenti è la cosa più umana, più stupida, e più frequente che può accadere in ognuno di noi.

Succede, alle volte, che le emozioni si sovrappongono l’una all’altra in maniera così disordinata e veloce, guidate dall’ansia e dalla paura, che decifrare il proprio stato d’animo diventa davvero complicato.

Ma d’altronde, tutto quello che facciamo, piccole, grandi sequenze di emozioni, ecco cosa sono.

Null’altro che questo.

Un fugace momento, il cuore che accelera, per paura, per felicità, una lacrima, il sangue alla testa, le guance che s’imporporano, un brivido, rabbia, un tremito, dolore, un gemito.

Così si sentiva Rose quella calda sera, nella tenda, nel mezzo del deserto.

Provava paura, provava speranza, provava dolore quasi fisico, provava disillusione, provava rabbia, uno dopo l’altro, e la sua mano tremava tanto che quando versò il tè nella tazza ne rovesciò un bel po’ sul tavolo.

Al la prese e la strinse tra le sue.

Zem era davanti a loro, inginocchiata accanto al letto di Scorpius, le lunghe gonne colorate che spiccavano sullo scialbo pavimento della tenda.

Era un quarto d’ora che passava il dito sulla fronte del ragazzo, che ne delineava il profilo aristocratico con le labbra strette e la fronte corrugata, persa in chissà quale ragionamento.

Ogni tanto mormorava qualcosa nella sua lingua.

Finalmente si alzò.

Rose e Albus la imitarono all’istante.

< Non è in pericolo di vita. Posso curarlo. >

< Grazie a Dio! >

I loro volti pallidi parvero catturare tutta la luce immaginabile  e sprigionarla di nuovo, tramite i sorrisi più grandi che Zem avesse mai visto.

Al prese Rose tra le braccia e la fece volteggiare per la tenda.

Zem scoppiò a ridere.

Quando però, ancora con gli occhi che brillavano di quella particolare felicità che si percepisce nel vedere gli altri gioiosi, tornò seria, Al e Rose la imitarono subito, i volti ancora accesi di speranza.

< Ho bisogno di tutto il vostro aiuto e la vostra attenzione. >

Non ci sarebbe neanche stato bisogno di dirlo.

Pendevano dalle sue labbra.

< C’è una pozione che può aiutare Scorpius; si narra che nacque per sbaglio, ai tempi in cui l’uomo sperimentava la magia un po’ per caso, facendo riferimento ai fenomeni naturali. Nella nostra lingua la chiamiamo la “Превара„ – L’inganno, proprio perché è indicata come la pozione che sfida – e a volte vince, la morte. >

< Di cosa hai bisogno? > chiese Rose mordendosi le labbra.

< Mi servono dei fiori. Un iris nero colto da mani femminili, un anemone rosso figlio del deserto. Poi, essenza di legno d’acero, tre gocce di sangue di una persona amata. >

Cadde il silenzio.

Rose, lentamente, prese la scatoletta laccata d’azzurro nella quale Selene aveva messo i fiori del deserto del Wadi Rum come indizio per trovarla.

Estrasse l’iris nero, colto da mani femminili, l’anemone rosso, figlio del deserto, e la bacchetta spezzata di Selene.

Al la sfiorò.

< Acero e crine di Thestral, undici pollici e mezzo, elastica. > sussurrò.

Alzò gli occhi e si rivolse a Rose. < Ero lì quando la comprò. > disse con voce spezzata < Ricordo quel giorno a memoria. Avevo accompagnato Lily a comprare la sua bacchetta, e lei era già lì dentro, stava scegliendo la sua... o meglio, si stava facendo scegliere. La prima cosa che pensai fu che aveva i capelli più belli che avessi mai visto. >

Rose, gli occhi imperlati di lacrime, gli strinse il polso.

Poi si rivolse a Zem.

< Abbiamo tutto. Credo tu possa facilmente ricavare dell’essenza di acero da questa. > disse indicando la  bacchetta di Selene, ora innocente e misera come un ramoscello spezzato. Poi continuò. < Hai i fiori. E...> estrasse la sua bacchetta, fece apparire una boccetta e, ferendosi il polso, lasciò cadere tre gocce del suo sangue in essa. < ...tre gocce esatte di sangue di persona amata. > tremando, chiuse la boccetta e la porse a Zem. < Ti prego. Ti prego. Salavalo. >

 

*

 

 

Petra. Domani ci sposiamo. Giordania. Sacerdote. Petra. In Giordania. Domani ci sposiamo…

La voce di tua sorella rimbomba nella tua testa.

Petra. Domani ci sposiamo. Giordania. Sacerdote. Petra. In Giordania. Domani ci sposiamo…

Cos’è? Dove sei, Selene?

La senti e non la vedi.

Ne percepisci il profumo.

Petra. Domani ci sposiamo. Giordania. Sacerdote. Petra. In Giordania. Domani ci sposiamo…

< SELENE! >

E poi un dolore lancinante, la testa pare esploderti.

Sei prigioniero del tuo corpo e l’unica cosa che puoi fare è urlare dentro.

 

 

Spazio autrice

Buona domenica a tutti gente!

Allora, scusatemi se in questi giorni sono scomparsa, ma la mia scuola sta occupando e il tempo che ho è poco, e quel poco lo passo a tentare di dormire!

Fatto sta che, dopo aver letto un libro, Marina, di Zafòn, mi sentivo così ispirata che in meno di due giorni ho scritto questo capitolo.

Devo dire che a me piace, il che è un evento, anche se è un po’ corto.

A dire la verità non succede molto, però come potete intuire nel prossimo praticamente si concetreranno molti eventi, quindi...

Spero che vi sia piaciuto, fatemi sapere i vostri pareri con sincerità!
Un bacione belli!

A presto,

Bea.


   
 
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