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Autore: Dragana    05/12/2010    9 recensioni
"Hanno designato Volterra come loro dimora, vi si sono stabiliti con le loro mogli, hanno istituito il loro corpo di guardia e dalla cima del loro monte vigilano sul mondo."
Disordinata raccolta di one-shot sui Volturi e le loro guardie.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aro, Jane, Renata, Sulpicia, Volturi
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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FRAGOLE E CHAMPAGNE

“Puoi vivere in paradiso proprio adesso”

Quando, a distanza di pochissimo tempo l’uno dall’altra, il padre di Corin contrasse la sifilide e lei si ammalò di consunzione, sua madre lamentò disperata che sarebbe stato meglio che i mali fossero scambiati e che loro due non sapevano neanche morire come si conviene.
Entrambi avevano sempre pensato che quella donna avesse una straordinaria vena di comicità involontaria; e quella volta, entrambi con la propria malattia che gli pesava sul capo come una sentenza di morte, risero fino alle lacrime.
Corin rideva spesso; il padre le aveva insegnato che la risata è il metodo meno dispendioso per coprire la gamma più vasta di espressioni. Si può esprimere felicità, rabbia, sdegno, sarcasmo, perfino tristezza, semplicemente modulando il suono delle risa. Molto più pratico che mettersi a piangere o urlare e senza mai correre il rischio di essere fuori luogo.
Fino a quando il medico non aveva pronunciato la parola “consunzione”, facendola seguire da poco convinti consigli circa luoghi di mare, dieta controllata e aria salubre, Corin non è che si era goduta la vita.
Ci aveva fatto l’amore, con la vita.
Era nata parecchio tempo dopo l’ultimo dei suoi fratelli e sorelle; sua madre era avanti con gli anni e suo padre ammetteva candidamente di non riuscire a ricordare cosa lo avesse spinto a tornare quella notte nel talamo della moglie, con tutte le donne disponibili che ci sono a Londra.
Comunque, forse a causa dell’età che gli aveva ammorbidito il cuore, s’innamorò follemente della sua ultima nata, assecondando i suoi desideri e insegnandole tutte le cose inutili che si possono imparare per godersi la vita. Imparò a parlare francese e a suonare il violoncello, ma anche a fumare tabacco e duellare come un gentiluomo. Viaggiò in Europa, Africa e perfino nelle Americhe. Non imparò mai a ballare da donna, in compenso eccelleva nella parte del cavaliere. Alla soglia dei trent’anni Corin assomigliava a sua madre nel corpo asciutto e dritto, senza forme, nell’ossatura spigolosa del viso dalle labbra sottili e nei finissimi capelli biondi, che aveva inspiegabilmente deciso di tagliare corti in seguito al suo ultimo viaggio in India. Ma sua madre non aveva mai avuto un briciolo di fascino, mentre lei aveva ereditato tutto quello di suo padre; d’altronde sua madre non sapeva sostenere una conversazione interessante né suonare davanti ad un amante coperta solo dal violoncello.
Suo padre le aveva sempre detto che poteva essere qualunque cosa volesse e lei lo aveva preso in parola; alla prospettiva di guadagnare qualche mese in più di vita conducendo un’esistenza quasi monacale oppose la decisione di non essere una malata e godersi al massimo ogni momento. Il padre le diede la sua benedizione.

Corin reagì alle nuove condizioni del suo corpo mostrandosi esageratamente stanca di vivere, cinica ed eternamente insoddisfatta circa un secolo e mezzo prima che la figura del dandy diventasse di moda. Senza però negarsi nulla di ciò che la vita poteva ancora offrirle.
Così quando Louie, il suo affascinante e sfuggente amico francese dai capelli rossi, la invitò a bere il vino prodotto nelle regioni della Champagne, Corin pensò che non poteva morire senza assaggiarlo.
Indossò abiti da uomo perché sapeva che Louie gradiva più i giovanotti delle fanciulle e, arrivata nel salottino privato dell’amico, si lasciò cadere su una chaise-longue con una spossatezza così evidente che sembrava finta.
Lui non si perse in convenevoli. Le parlò di monaci, uve di pinot e poi le versò il vino in una coppa di cristallo. Era paradisiaco. Le venne in mente che avrebbe voluto berlo mentre mangiava delle fragole, subito prima di fare l’amore… devo vivere almeno fino alla stagione delle fragole, pensò. Suggerì l’abbinamento all’amico.
-Fragole con il vino di Champagne? Mi sembra assurdo, ma se lo dici tu…-
-Vedrai. Torna quando ci saranno le fragole e mi darai ragione-.
Non aveva mai visto Louie bere o mangiare. Lui diceva che si distraeva troppo a guardare gli altri farlo e quindi tanto valeva mangiare in privato. Stravagante e fascinoso Louie.
-Sai Corin? Di solito si dice che gli occhi hanno il colore del cielo, o degli smeraldi, o della notte… ci si può anche spingere a metafore più ardite, soprattutto di questi tempi. Ma non ho mai visto qualcuno con gli occhi colore del vino di Champagne. Tu hai gli occhi color del vino, non ti sembra buffo?-
Lo scoppio di risa di Corin fu immediatamente seguito da un accesso di tosse. Ogni volta le sembrava di sputare pezzi di polmone; li sputò in un fazzoletto di seta nera. Louie sembrò trattenere il respiro e aggrottò le sopracciglia rosse. -Sei malata di consunzione, Corin-. Non lo chiese, lo affermò.
Lei sollevò un angolo della bocca sottile e si strinse nelle spalle.
-Come te ne sei accorto? Sono sempre stata esageratamente pallida, emaciata, pigra e indolente, tant’è vero che non se n’era accorto nessuno. Non è che sono malata: sto morendo.-
Louie non reagì in alcun modo alla notizia. Le versò dell’altro vino, giallastro come i suoi occhi.
-Se ti offrissero la vita eterna come reagiresti?-
Lei bevve il vino, chiudendo gli occhi per goderselo meglio. Lo faceva sempre: ogni volta che voleva godersi una sensazione eliminava la vista. La vista inganna, lo sapeva benissimo, e quindi via la vista. Il vino era inebriante e il profumo di Louie ancora di più.
-Cosa mi chiederebbero in cambio? L’anima?-
-No. Non avresti più bisogno di mangiare né di dormire. Non invecchieresti mai. Diventeresti bellissima, fortissima e immortale.-
Lei sgranò gli occhi (verdi giallastri, proprio come il vino).
-Non posso più né mangiare né dormire? E mi priverebbero così dei due terzi del bello di vivere?-
Louie ridacchiò. –L’ultimo terzo però rimane-, precisò.
Corin scosse la testa. –Sì, ma scopare senza prima aver mangiato e senza dopo poter dormire non è abbastanza… no, non ne vale la pena. L’anima l’avrei anche venduta, ma così l’offerta non è affatto allettante!-
-Quindi rifiuteresti?-
-Rifiuterei. Mi basterebbe arrivare alla stagione delle fragole.-
Louie fece un’espressione strana. Un’espressione che suggerì a tutti i nervi di Corin di farla saltare in piedi e correre via il più velocemente possibile. Il sangue defluì dalle sue guance già mortalmente pallide, conferendo al volto una tinta verdastra. La coppa le scivolò dalle mani.
-Se avessi accettato non l’avrei mai fatto, Corin.-
Non gli chiese cosa non avrebbe fatto. Era paralizzata davanti a quello sguardo. Aveva visto serpenti che paralizzavano le loro vittime ipnotizzandole, ed era così che si sentiva in quel momento.
È solo Louie, pensò. Non essere idiota, è solo Louie.
Louie rovesciò il tavolo che li divideva con un semplice, pigro movimento del polso. Si alzò dalla sedia e la raggiunse, sollevandola tra le braccia come se fosse una bambina. La baciò sulla bocca. Poi le morse le labbra.
Ricordava di averlo intravisto tra il dolore della trasformazione.
-Puoi vivere in paradiso proprio adesso-, le aveva detto.
Lei doveva aver gridato, perché lui aveva scosso la testa e aveva aggiunto –Solo che ci stai entrando dalla porta sul retro: quella che passa dall’inferno-.








Note: Corin è nominata solo alla fine di Breaking Dawn nell’elenco delle guardie dei Volturi con un asterisco a fianco. Non si sa altro di questo personaggio.
Ho ambientato la storia nel XVII secolo; in questo secolo pare che il monaco Dom Perignon abbia “inventato” lo Champagne, si diffonde l’uso del violoncello e le metafore erano davvero agghiaccianti. Ah, e poi ho questa idea di gente che ogni tre secondi duella per motivi idioti… colpa della storia di padre Cristoforo dei Promessi Sposi, suppongo. Lo spirito vagamente dandy di Corin è anacronistico, ma il carattere mica dipende dall’epoca storica! Suppongo inoltre che se Corin avesse solo immaginato che la proposta di Louie era reale non l’avrebbe mai rifiutata, mica è scema; comunque alla fine è andata bene così.
Concludo con un gigantesco GRAZIE a tutti voi che mi recensite, preferite, seguite, ricordate o semplicemente passate di qui e vi divertite a leggermi. Grazie, grazie e ancora grazie!

   
 
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