Anime & Manga > Slam Dunk
Segui la storia  |       
Autore: divinakanza    05/12/2010    2 recensioni
Sakuragi e Rukawa sono alle prese con i loro sentimenti uguali e contrastanti. Hisashi Mitsui sta vivendo una storia complicata...
Una fanfiction dai toni tristi, ma che cerca di essere il più sdrammatizzata possibile.
{Hana-Ru//Mit-xxx} Il raiting non è definitivo.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Eccoci con l'aggiornamento... D'ora in poi conto di farne almeno uno a settimana (Gianni! L'ottimismo è il profumo della vita!!!).
Rieccoci quà. Che dire? Bè niente di che, tutto scorre noioso e uguale come al solito. Ringrazio tutti i lettori e tutti i recensori. Piccola comunicazione: Se andate sul mio account, troverete il link al mio profilo di FB, se volete, aggiungetemi come amica.
Infine: volevo dedicare il capitolo a bichan e RedComet. Grazie ragazze *_*.
Buona lettura a tutti *_*

•Capitolo 17

Sdraiato a fissare il candido soffitto, Kaede si preparava ad affrontare una domenica mattina differente da tutte le altre.
Non sarebbe andato al campetto ad allenarsi come le altre volte.
La sera prima suo padre gli aveva annunciato che presto il suo compagno di squadra sarebbe stato operato.
Kaede non la prese troppo bene... Non ce la faceva proprio a farsela piacere quella notizia. Era quella storia dei danni cerebrali… Stonava, in qualche modo.
Questo lo portò all’ennesimo litigio col padre.
-Ti ho detto che non sarò io ad operarlo! Sono un oncologo, non un chirurgo!-
Suo padre glie lo aveva detto fino allo sfinimento, ma doveva essere un incapace se non era riuscito a farlo guarire senza operazione… No, non lo era.
Semplicemente il ragazzo, si sentiva troppo frustrato ed impotente ed aveva bisogno di qualcuno che gli facesse da capro espiatorio.
Avrebbe funzionato anche distruggere ogni singolo mobile, o elettrodomestico, ma litigare con suo padre era una valvola di sfogo più efficace.
Si sentiva legato a lui, in questo modo. Ormai aveva perso talmente tanto l’abitudine di avere rapporti civili con lui, che quelli incivili sembravano l’unica cosa che li tenesse uniti.
Stanco e arrabbiato si tuffò nel letto, ma a poco servì.
Il sonno non voleva arrivare.
Prima che l’alba illuminasse il mare azzurro di Kanagawa, si alzò.
Andò un momento al bagno per sciacquarsi il viso, e guardandosi allo specchio notò una cosa strana sul suo viso: occhiaie.
La cosa lo stupì un pochino, poichè non ne aveva mai avute prima.
Andò nello studio di suo padre e spulciò tutti i libri di medicina che potevano sembrare appropriati.
Se lui aveva tutti quei dubbi e quelle paure, Hanamichi probabilmente sarebbe scoppiato.
Era sempre coraggioso il suo Do’aho. Un eroe. Una roccia. Niente poteva scalfirlo… Ma lui lo vedeva.
Quando faceva finta di dormire su quello che ormai era il suo divano, a volte lo osservava senza che il rosso se ne potesse accorgere, e più di una volta aveva scorto un bagliore in quegli occhi nocciola che viaggiavano fuori dalla finestra.
Un bagliore triste, simile a quello di un bambino che si è perso e non sa come tornare a casa.
Cercò nel polveroso scantinato, una scatola di cartone che potesse contenere tutti i libri, ad anche alcune videocassette che aveva visionato.
Tornò nello studio e ammassò i libri che non gli interessavano sulla scrivania.
Cercò con uno sforzo sovrumano di caricare tutto quel peso sulla sua bici cercando di far restare lo scatolone in equilibrio, quando pensò che fosse una battaglia persa, guardò l’orologio e si accorse che ormai era mattino inoltrato.
Con un miracolo, riuscì ad arrivare all’ospedale senza far cadere la  pesante scatola, nemmeno una volta.
Di diresse in fretta in uno stanzino dello staff. C’era una dottoressa che se la stava spassando con un infermiere, ma lui non ci badò.
Sotto gli sguardi confusi ed imbarazzati dei due che si affrettarono a rivestirsi, lui chiese semplicemente di poter prendere in prestito il mobiletto con il videoregistratore e la tv che si trovava in fondo a quella stretta stanzetta, ammobiliata, oltre che con il mobiletto logoro, solo con un letto a castello.
La dottoressa sibilò un sì impacciato.
Poi salì con l’ascensore al terzo piano, e quasi arrivato alla stanza di Hanamichi, sentì una voce irritante graffiargli le orecchie:
-.. ho capito molte cose. Tu sei un ragazzo davvero speciale, ma questo lo sapevo già.
Io provo qualcosa per te. Ultimamente non faccio che pensarci. Sei sempre dolce e premuroso nei miei confronti, e con te sono sempre a mio agio. In oltre sei simpatico e con te mi diverto un mondo… Ci ho pensato tanto, e..e..e…e mi piacerebbe che tu diventassi il mio ragazzo!-
No! Come diavolo poteva essere! Quella…quella… non riusciva nemmeno a trovare una definizione appropriata.
Completamente sotto shock, non sapeva cosa poteva fare.
-Haruko…Io… Tu… mi piaci, e questo dovrebbe essere il giorno più felice della mia vita…-
Era Hanamichi a parlare ora.
Conscio di farsi del male resto ad ascoltare stringendo fino a farsi male, la maniglia arrugginita del mobiletto.
A dire il vero sarebbe voluto correre il più lontano possibile, ma i suoi piedi non volevano spostarsi di un millimetro.
-Haruko, oggi ho ricevuto una notizia importante che mi ha scombussolato. A breve dovrò essere operato e nemmeno il padre di Rukawa sa dirmi se andrà tutto bene oppure no. Non voglio essere il tuo ragazzo per un tempo limitato. Ne riparliamo quando sarò guarito, ok? Mi dispiace.-
Cosa? L’aveva rifiutata? O no?
Rukawa non lo sapeva, quello che sapeva è che la partita non era ancora chiusa.
A parte l’amarezza delle parole di Hanamichi che era anche la sua, era passato talmente tanto tempo da quando aveva esultato l’ultima volta, che si era dimenticato come si facesse.
Però avrebbe voluto.
Sentì che la Akagi stava per dire qualcosa, ma per non far accadere l’irreparabile, sfoderò tutta la determinazione che lo aveva sempre contraddistinto quando era in un campo da basket, ed entrò nella stanza accompagnato dallo scricchiolio della rotella vecchia del mobiletto che trasportava.
-Spostati, sei d’intralcio- Incalzò la ragazza facendola sobbalzare.
Sarebbe potuto tranquillamente passare, ma non riuscì a resistere.
Hanamichi ed Haruko lo guardarono entrare nella stanza attoniti.
-Malefica volpe! Che diavolo ci fai qui?- Strepitò il rosso.
Kaede non lo degnò di uno sguardo. Dalla parte inferiore del mobiletto prese lo scatolone e lo appoggiò a terra. Poi cercò di collegare tutti i fili del televisore e del registratore.
-Non ignorarmi vacca maledetta!- Continuò a delirare rumorosamente come al suo solito, Hanamichi.
Rukawa rivolse i suo occhi all’indirizzo di quelli del rosso.
Lo fissò intensamente con una nota di rimprovero.
Hanamichi arrossì violentemente e si zittì.
Si era appena ricordato di alcuni dettagli…tipo un bacio…e poi realizzò.
-BLUUUU! MALEDETTISSIMO BLUUU! ECCO PERCHè LO ODIO TANTO-
Schiamazzò portandosi le mani alla testa.
Haruko osservava Hanamichi, destabilizzata da quella situazione.
Non era riuscita a replicare a quello che il rosso gli aveva detto. Non era propriamente un rifiuto, ma doveva chiarirsi assolutamente.
Presa dall’ansia, la ragazza, intrecciò le braccia poco sotto il suo petto e cominciò a muovere freneticamente un tallone, puntandosi sull’altro piede per restare in equilibrio.
Guardò Hanamichi, che dopo aver urlato cose insensate sul colore blu, si era nascosto sotto le coperte e non dava segni di voler uscirne fuori. Poi posò lo sguardo sul moro, che stava trafficando con i fili del televisore.
Cos’era quella strana tensione?
C’era sempre stata della rivalità tra loro, ma ultimamente le cose si erano calmate.
O così credeva, ma quello che si respirava ora all’interno di quella stanza, era differente da qualsiasi altra cosa che aveva percepito prima di allora.
Tanto non ci sarebbe stato nulla da fare.
Hanamichi borbottava ancora da sotto le coperte, e lei stava cominciando a spazientirsi. Si sedette a braccia e gambe incrociate sulla sedia vicino al letto, aspettando non sapeva nemmeno lei cosa.
-Fatto- annunciò Rukawa estraendo qualcosa dallo scatolone accanto a lui.
-Fatto cosa?- Chiese lei incuriosita dai gesti inconsueti del moro.
Ovviamente lui non rispose, ma si limitò a fulminarla con lo sguardo. Non voleva sprecarci nemmeno una parola, per quella lì.
Aveva osato dichiararsi, non poteva certo perdonarla tanto facilmente.
Bè a dire il vero, sapeva perfettamente che l’unica colpa della ragazza era solo quella di tirar fuori il lato peggiore e più infantile, che credeva di aver sepolto in fondo al suo cuore insieme alla speranza e la felicità.
Accucciato nella sua posizione, Rukawa tolse anche le altre videocassette e le sistemò ordinatamente nel ripiano inferiore del mobiletto malandato. Poi si alzò e raggiunse il letto del rosso.
Strattonò con forza  le coperte che avvolgevano il ragazzo, e lo scoprì del tutto.
-Muoviti deficiente, ti ho portato delle videocassette di mio padre.-
-Maiale che non sei altro, ti sembro in vena per guardare dei porno?-
Rukawa ci rimase secco. Lui non aveva mai visto certa porcheria, e nemmeno ne era interessato.
-Non sono dei porno, razza di demente. Sono alcuni video di operazioni chirurgiche.-
Hanamichi sobbalzo esterrefatto. Dopo un attimo di esitazione dovuta a quello strano gesto, il rosso gli chiese cosa diamine dovesse mai farci.
Spazientito Rukawa trascinò il divanetto bianco vicino al letto, per sdraiarcisi comodamente sopra.
-Non sono solo videocassette, ma anche libri di medicina neurologica.-
Hanamichi, restò senza parole.
Forse Hana aveva capito.. Però no, non poteva essere…
Si calmò e aspettò che Rukawa accendesse la tv.
Il video era davvero inquietante. Pieno di parole che nessuno riusciva a comprendere. Roba gelatinosa e nauseante, e persone che assomigliavano agli alieni radunati attorno ad un lettino argenteo.
Haruko sentì una strana morsa allo stomaco che non riuscì ad interpretare pienamente. Guardò Rukawa  che osservava attento il monitor.
Mentre  scrutava quell’espressione imperturbabile, si sentì come quella volta alle medie, in cui giocò una partita in maniera eccezionale, ma la sua squadra perse comunque.
La ragazza in qualche modo, anche se probabilmente era solo la sua immaginazione che le giocava strani scherzi, percepiva un senso di sconfitta.
Gli occhi castani di lei, andarono a posarsi sul profilo di Hanamichi.
Notò una gocciolina di sudore scendere lentamente dalla sua tempia. Le sue sopracciglia erano corrugate, i suoi occhi totalmente presi dal filmato. Il pomo d’Adamo del ragazzo andava su e giù emettendo un gemito strozzato.
Poi lei guardò di nuovo Rukawa.
L’atmosfera che circondava l’intero corpo del ragazzo era la stessa che lei, poteva percepire quando la squadra scendeva in campo, ma non riusciva proprio a collegare come questo poteva aver a che fare con lei. E con lei qualcosa a che fare doveva esserci per forza, visto che Rukawa la odiava così tanto.
Stanca di queste elucubrazioni mentali che la portavano a farsi troppe domande non ottenendo una minima risposta, spostò la sua concentrazione del filmato.
Anche lei, dopo un paio di minuti di visione, sentì un groppo crescerle in gola.
Tutto quello che stava succedendo al di là dello schermo, avrebbe dovuto subirlo anche Hanamichi.
Non riusciva a togliersi dalla mente questo pensiero.
Portò le sua mani davanti alla bocca, per coprire la smorfia di preoccupazione, quando il paziente ripreso nell’operazione, stava collassando.
La cassetta terminò.
Era andato tutto per il meglio, fortunatamente. Dopo un peggioramento, i medici riuscirono a recuperare il paziente.
Tutti e tre, però a fine visione, rimasero comunque amareggiati.
Rukawa andò a recuperare la cassetta dell’intervento. Mentre si dirigeva verso il registratore sentì Hanamichici che gli ordinò:
-Mettine un’altra!-
Il moro si girò e flebilmente rispose:
-Hn.- Annuendo con la testa.
Haruko fissò di nuovo il rosso, che non aveva distolto lo sguardo dalla tv nemmeno dopo la fine del filmato.
Haruko notò che sia Rukawa che Hanamichi guardavano attenti. Si sentì superficiale e stupida.
Solo lei in quel momento aveva pensieri frivoli.
Dopo 2 ore di visione l’ora delle visite era giunta al termine, ed un’infermiera cicciottella, chiese alla giovane ragazza e al ragazzo alto se cortesemente potevano uscire dalla stanza.
Haruko raccolse la borsetta viola ed il coprispalle di cotone dello stesso colore ed uscì lentamente.
Rukawa non badò a sistemare il divano. Semplicemente, si alzò e si diresse verso la porta.
Mentre però usciva sentì Hanamichi che deglutendo gli disse:
-Grazie!-
Rukawa lo fisso attentamente. L’espressione arrabbiata e determinata del rosso, era rivolta ai pugni che stringevano con tutta la forza possibile il lembo di lenzuolo bianco, sulle sue ginocchia.
-Hn- Rispose il moro di conseguenza.
Ad una spanna di distanza l’uno dall’altra, Haruko e Kaede stavano procedendo con solennità verso l’ascensore.
La tensione era talmente palpabile, da poter essere tagliata con un coltello.
Erano quasi arrivati, quando il dottor Rukawa vide il figlio, e lo invitò a restare a pranzo.
-Aspettami al bar, ti raggiungo tra un quarto d’ora – gli disse, prima di andare da un paziente.
Rukawa accettò con il solito “Hn” ed entrò nell’ascensore.
Haruko era accanto a lui, senza parlare.
Lui non sopportava di respirare la sua stessa aria, ma si limitava ad ignorarla.
Ma ad un certo punto lei decise, inopportunamente secondo il giudizio di lui, di interrompere il silenzio.
-Vengo al bar con te, dobbiamo parlare-
Perfetto. Pranzo rovinato.
Il ragazzo non diede cenno di aver capito, ma questo a lei non importava. Quello che la ragazza voleva, era solo capire.
Giunti finalmente al bar, Rukawa cercò un tavolino. Ne trovò uno perfetto: isolato e piccolo, ma soprattutto, con una sedia sola. Quindi si sedette.
La mancanza di posto per sedersi, non scoraggiò Haruko.
Lei si sentiva forte per la prima volta, dopo tanto tempo. Trovò una sedia in un tavolo vicino e la trascinò a quello di Rukawa.
-Spiegami!- disse lei, sfoderando una sfrontatezza che non sapeva nemmeno di avere.
Lui la guardò come se fosse appena scesa da un’astronave, ma non le rispose.
-Ti piace Hanamichi? E’ per questo che mi odi?- Chiese decisa ad ottenere una risposta.
Rukawa spostò lo sguardo su di una parete. Figuriamoci, se si fosse messo a confidarsi.
Con lei, poi! Magari dopo quella chiacchierata si sarebbero fatti anche le treccine a vicenda…
Haruko non voleva mollare, ma dopo dieci minuti di dialogo tra lei e l’aria, dovette arrendersi.
Si alzò dal tavolino, e fece per andarsene.
Rukawa stava per tirare fuori i fuochi d’artificio per festeggiare, quando lei lo ammonì:
-Rukawa-kun non so che hai in mente, ma io con Sakuragi-kun, non mi arrendo-.
Poi corse, finalmente, via.
Quello che Rukawa non sapeva mentre il suo sangue stava ribollendo dalla rabbia e il suo sguardo non riusciva a staccarsi dalla direzione in cui Haruko se ne era andata, è che lei una volta fuori dall’ospedale, si coprì il viso con le mani per nascondere l’imbarazzo, e sentì le sue ginocchia cedere, per la tensione scemata tutta d’un colpo.
-Oh mamma! Cosa ho fatto?- piagnucolò Haruko alla fermata dell’autobus.
Ma guarda tu! Prima fa tutta l’altruista e la vittima, poi si permette di rivolgersi a lui in quella maniera.
Ma effettivamente Rukawa, dopo quell’accaduto si ritrovò ad apprezzarla un po’ di più e smise di sottovalutarla troppo.
Di certo sapeva bene che la Akagi era una rivale tremenda, ma ora si dimostrava degna della competizione.
Se prima, era conscio di perdere a prescindere contro di lei, a causa dei sentimenti di Hanamichi, ora sapeva per certo che avrebbe dovuto lottare, perché quella maledetta aveva tirato fuori gli artigli.
Dopo aver pranzato silenziosamente con suo padre, andò un po’ al campetto da basket.
Gli stava venendo il mal di testa a furia di pensare così tanto; lui non era abituato granché a farlo.
Doveva scaricare un po’ i nervi e tirare il suo amato pallone nel suo altrettanto amato cesto, era un ottimo modo per rilassarsi.
Dopo una mezz’ora buona, guardò l’orologio. L’orario delle visite era ricominciato, quindi inforcò la mountain bike e ripartì alla volta dell’istituto, ma soffermandosi prima qualche secondo a respirare la delicata brezza marina che gli accarezzava gentile il viso.
Giunto di nuovo nella candida stanza del compagno, lo vide sfogliare uno dei libri che aveva difficoltosamente portato.
-Ci capisci qualcosa?- esordì, interrompendo la concentrazione del rosso.
Hana intrecciò i suoi occhi nocciola con quelli blu di Kaede ed arrossì lievemente, ma ritornò serio in fretta.
-No! Qui ci sono un sacco di parole difficili ed di una lunghezza esagerata, ma è meglio di niente.-
Detto ciò, Hana, tornò alla sua lettura.
Mentre il moro tornava a distendersi dopo essersi tolto la giacca della tuta bianca rimanendo in t-shirt nera, Hanamichi pensò bene di chiedere delucidazioni, in merito al gesto della volpe.
-Perché?-
Ru, non realizzò immediatamente il significato, ma poi andando ad intuizione decise di rispondere.
-Ho pensato che poche risposte, erano meglio di 0 risposte.-
Giunto alla conclusione che aveva parlato anche troppo per quella giornata, si mise a sonnecchiare un po’ sul divanetto.
Non aveva chiuso praticamente occhio quei giorni, se non a scuola.
Sentendo improvvisamente la stanchezza invadergli tutto il corpo, si addormentò.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Slam Dunk / Vai alla pagina dell'autore: divinakanza