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Autore: alchemist    06/12/2010    2 recensioni
Questa è la prima fanfiction che ho il coraggio di postare. L'ho scritta solo pensando che un bel personaggio come Ludwig non dovrebbe essere sempre bistrattato da tutti, e che abbia davvero un modo di essere stupendo.
Sperando di nn averlo stressato troppo a chiedergli una parte nella mia storia e sperando che la mia editrice non scopra che perdo tempo a postare fanfiction... mi auguro che la mia visione di questo bel personaggio possa piacere a chiunque lo ami!
BUONA LETTURA!
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando finalmente riuscì a riportare la sua mente ad una dimensione intima ma comunque razionale, Ludwig ricordò che in fondo non era sempre così terribile essere una nazione... sì, c’erano periodi in cui si sentiva addirittura orgoglioso di quello che era, del tipo di persone che lui unificava sotto un nome ben preciso.

Anche in quel momento, nonostante avesse un corpo fatto di carne e ossa, poteva facilmente percepire come una parte di sé ogni singola persona che si sentisse tedesca. Come faceva? Gli bastava chiudere gli occhi, fare un respiro profondo e subito la sua anima abbracciare ogni parola sussurrata, ogni centimetro di terra, ogni bambino che schiacciava goffamente delle patate in un piatto.

Gli bastava chiudere gli occhi per viaggiare in ogni angolo della sua terra, per sorvolare con lo sguardo la sua capite, in parte, come lui, amareggiata per la sconfitta di quella sera, e probabilmente influenzata la città stessa dalle sue sensazioni e dalle sue esperienze. Quella sera vi erano state parecchie liti, nella città... liti tra fratelli, liti con gli immigrati italiani... proprio come lui aveva litigato in salotto con Feliciano e Gilbert.

Già, tutto era collegato. Lui subiva ciò che la sua terra faceva e lo stesso succedeva al contrario. E se lui quella sera era scoppiato, non avrebbe mai potuto sapere se fosse stato per lo studente che aveva ucciso i suoi compagni a nord del paese o se magari fosse stato il contrario e la sua inquietudine avesse riempito la mente di quel giovane fino a fargli compiere un atto del genere.
Vagò ancore per il suo paese, come una persona che passeggia tranquilla dentro casa propria, senza aspettarsi nulla di nuovo o inaspettato.

“Che diavolo significa!” la sua attenzione venne attirata da quella frase urlata da una voce femminile nel ricevitore di un telefono. Mentre lui concentrava in quel luogo la sua attenzione i muri della città sparivano, presentandogli la ragazza arrabbiata che misurava la sua stanza a larghi passi.

“No...” sospirò quella “Certo che no, per chi mi avete preso, io non posso sempre...”
La giovane donna volse lo sguardo stanco al soffitto, guardò l’orologio appeso alla parete. La persona dall’altro capo del telefono le stava riempiendo la testa di stupide scuse per riuscire a cavarsela ancora una volta a sfuggire come sempre al proprio lavoro.

“Ma.. in questo modo..!” provò ancora a dire lei, cercando di farsi rispettare, ma il suo interlocutore era incredibilmente logorroico e lei era talmente stanca... alla fine come sempre cedette. “Va bene... vorrà dire che proverò a farlo da sola.... sì, sì, lo so. No, ma penso che se ci lavoro tutta la notte dovrei farcela... certo, certo, capisco. Beh, a domani..”
Chiuse la telefonata e rimase un secondo a fissare il cellulare, quell’orribile meccanismo elettronico che ancora una volta l’aveva incastrata. Solo fissandolo, la sua rabbia crebbe a tal punto che in uno scappo d’ira alzò di scatto in braccio con l’intenzione di scaraventarlo contro la parete.

Ma un secondo dopo si fermò. Espirando, l’aria che usciva dai suoi polmoni fremette come carica di tutto quello che stava reprimendo ancora una volta. Butto il telefono sul letto. Si stiracchiò, guardò ancora l’orologio. Erano le tre e un quarto. Sbuffò sedendosi alla scrivania e accese il computer che aveva spento solo qualche minuto prima di quella stupida telefonata.

Un sorriso amaro apparve sul volto di Germania, che, chiuso nella sua camera, pensava che da molto tempo ormai non trovava un tedesco del  “vecchio stampo” per così dire, una persona che come lui, non poteva lasciare un lavoro incompiuto, anche quando non era giusto, anche quando tutti si approfittavano della sua bravura.

- Che destino il nostro... – sussurrò piano, tra sé e sé.

Dietro le sue palpebre la ragazza si girò di scatto, trattenendo il respiro, come se avesse potuto sentire la voce della sua stessa nazione compatirla. Ludwig trattenne il fiato con lei, colpito da come quella donna si fosse girata al momento opportuno, dando alla nazione l’illusione che qualcuno potesse sentire in qualche modo la sua voce così lontana.

La ragazza si chiese cosa fosse stata quella strana sensazione che l’aveva indotta a girarsi, che le aveva fatto percepire la presenza di qualcuno alle sue spalle. Si passò una mano tra i capelli, pensierosa, ma poi si riscosse e il suo lavora la assorbì completamente.






Beh... se vi eravate chiesti dove fosse il novo personaggio... pare che la risposta sia questa! Ho scritto poco, lo so, ma ancora devo scoprire io stessa come si svolgerà questa storia, quindi abbiate pietà...
diciamo che quella che voglio presentare è una Germania che dopo la seconda guerra mondiare ha perso parecchio smalto, e Ludwig guarda il suo popolo come se lui stesso si guardasse allo specchio e nn riuscisse a riconoscersi per quel che era un tempo...
Questa ragazza forse gli restituirà un po' di speranza... anche perchè se nn ci riesce questa storia nn avrebbe senso di esistere!
Spero che comunque possa piacervi, anche se è un po' inusuale...

  
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