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Autore: VaniaMajor    09/12/2010    3 recensioni
La guerra contro il Signore dell'Est incombe, Sesshomaru e Inuyasha devono trovare un sistema per escludere gli esseri umani dalla battaglia imminente. Miroku ha una buona idea, ma per realizzarla bisognerà che Anna coinvolga alcune persone provenienti dal tempo di Kagome...Ranma e compagnia! Ecco a voi il seguito di 'Cuore di Demone'!
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga di 'Cuore di Demone''
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«Mannaggia, che botta.- sospirò Miroku, massaggiandosi la fronte e sedendosi con gli altri vicino al fuoco che avevano acceso- La mia dolce Sango non perde mai la mano.»
«Si vede che vuoi morire giovane.- disse Mousse, con una smorfia- Come hai potuto dire una cosa del genere in sua presenza?»
«Quella? Oh, ma io scherzavo.- disse Miroku, sorridendo- Ho intenzione di far sì che la nostra vita coniugale sia sempre allegra.»
«Avrai una vita coniugale brevissima, se continuerai così.» disse Ryoga, scuotendo il capo.
«Tanto più che non credo Sesshomaru apprezzerebbe lo scherzo.» aggiunse Ranma, alzando un sopracciglio.
«E chi apre bocca in sua presenza?- disse Miroku- Non ho intenzione di finire dilaniato, grazie. Scherzo con Anna solo quando non c’è.»
«Quel demone è molto diverso da Inuyasha. Preferisco uno che si fa prendere dalla rabbia che un ghiacciolo. Quasi non riesco a credere che siano fratelli.» continuò Ranma.
«Io non parlerei male di lui, Anna ha un udito fino.- disse Miroku, con un sorrisetto- Se ci tieni a esprimere quel desiderio, è meglio che non fiati sull’argomento.»
Ranma si guardò attorno con nervosismo e gli altri risero.
«Oh, non vedo l’ora di esprimere il desiderio!» cinguettò Konatsu, emozionato.
«Tu?!- chiese Mousse, stupito- E cosa avrai mai da chiedere? Non hai la maledizione su di te.»
«Ho intenzione di…- Konatsu arrossì- di diventare più maschile.»
Il silenzio accolse questa frase, nonché alcune paia di occhi sbarrati.
«Prego?» chiese Ryoga, perplesso.
«Beh…- balbettò Konatsu, agitato- Io sono stato allevato da sole donne e sicuramente questo mi ha un pochino influenzato. C’è una persona che non mi considera, così…anche se non oserei mai sperare…vorrei diventare più maschile per lei.»
Ranma rise e diede una pacca sulla schiena al ragazzo.
«Hai ascoltato il mio consiglio, eh? Vedrai che Ukyo si accorgerà di te. Ti aiuteremo noi.» disse. Il viso di Konatsu divenne rosso fiamma.
«Nononono!!!- gridò, scuotendo il capo e tempestando Ranma di pugni al petto- Come avete potuto dire ad alta voce una cosa simile, signor Ranma! Oh, kami-sama, che vergogna!»
Ranma e gli altri si scambiarono un’occhiata rassegnata.
«Eh, sì. Credo proprio che questo caso disperato necessiti un desiderio.» borbottò Miroku.
Un merlo cantò, facendoli sobbalzare.
«Che spavento!- disse Ranma- E’ stato come uno sparo, rispetto al silenzio di prima!»
Miroku alzò la testa. Ora poteva sentire il frusciare delle fronde e i suoni della foresta. Corrugò la fronte. Allora cosa significava il silenzio assoluto di prima? Gli altri, ignari del turbamento del monaco, continuarono a chiacchierare.
«Ma non ti dispiace perdere una fidanzata, Ranma?» disse Ryoga, sarcastico.
«Almeno la mia vita diventerebbe più semplice.» disse Ranma, tranquillo, mentre Konatsu tentava ancora di riprendersi dalla vergogna.
«Ma sei un disgraziato!- sbottò Mousse- Hai tre fidanzate e non t’importa di nessuna!»
«Questo non è vero!» replicò Ranma con veemenza. Si guadagnò occhiate omicide da parte di Ryoga, Mousse e Konatsu.
«Allora qual è quella che ami?» chiesero in coro, minacciosi.
«Eh? Uh…io…» balbettò Ranma, nervoso, strisciando all’indietro mentre gli altri lo incalzavano.
«Ranma!!»
La voce echeggiò nella foresta, piena di paura e angoscia. Ranma si impietrì, riconoscendola.
«A…Akane!» gridò, alzandosi in piedi. Nessuna risposta giunse e sulla foresta ricadde il silenzio. «Akane, rispondimi!» gridò ancora Ranma, spaventato. Miroku afferrò il suo shakujo e si alzò in piedi.
«Corriamo! Dev’essere successo qualcosa!» disse, facendo loro un cenno. Non fu necessario che lo ripetesse. I ragazzi si misero a correre nella direzione da cui era venuto il grido. Konatsu ebbe anche la presenza di spirito di afferrare un ramo infuocato per fare luce.
«Akane! Ti prego, rispondimi!» gridò ancora Ranma. C’era così tanta paura nel grido di Akane…cosa poteva esserle successo?!
«Anna!» gridò Miroku, ben sapendo che la demone sarebbe stata la prima a sentire le loro grida di richiamo, posto che fosse ancora alla Fonte. Imprecò fra i denti. L’illusione di silenzio era davvero parte di una barriera? Cosa poteva essere accaduto alle ragazze, in quel caso?
«Cosa può essere successo?» chiese Ryoga, spaventato e pallido.
«Cosa vuoi che ne sappia?!» lo aggredì Ranma, agitato fino all’inverosimile.
«Fate silenzio e correte!» disse Mousse.
Sbucarono nella radura all’improvviso. Miroku si fermò di colpo, stendendo accanto a sé il bastone e costringendo tutti a fermarsi. La radura era vuota. L’erba era schiacciata, come se fosse stata pestata da molti piedi. Frammenti di corda e una rete parzialmente distrutta giacevano sotto un albero. L’Hiraikotsu di Sango, bianco nella poca luce rimasta, era l’unica cosa loro familiare che restava.
«Sango…- sussurrò Miroku, sconvolto- Sango!»
Nessuno gli rispose. Gli altri scostarono il suo bastone e entrarono nella radura, chiamando le ragazze con crescente angoscia.
«Cos’è successo qui? Dove sono tutte quante?» chiese Ryoga, guardandosi in giro con frenesia.
«C’è stato un combattimento.- disse Mousse- Guarda in che condizioni è il terreno.»
«Ma dov’è Anna? Aveva detto che le avrebbe protette!» disse Ranma, tra i denti. Akane…il solo pensiero che le fosse successo qualcosa gli lacerava il cuore. Miroku si abbassò a sfiorare l’Hiraikotsu, come attendendo una visione di ciò che era accaduto.
«Devono averle portate via.- disse, da labbra che parevano aver perso sensibilità- La rete serviva per catturarle, ma hanno fatto resistenza. In definitiva, però, devono aver raggiunto il loro scopo.»
«Sicuro che non le abbiano…» disse Ryoga, stringendo i pugni e rifiutandosi di finire la frase.
«No, non le hanno uccise.- disse Miroku, alzandosi in piedi- In quel caso, non si sarebbero disturbati a far scomparire i cadaveri. Le reti testimoniano un tentativo riuscito di rapimento.»
«E Anna dov’era in tutto questo?!» sbottò Ranma, adirato con se stesso per non essere stato al fianco di Akane per proteggerla.
«E’ questo che mi preoccupa.» mormorò il monaco.
Konatsu gridò, attirando la loro attenzione. Il giovane kunoichi si era avvicinato alla Fonte e ora stava indicando loro qualcosa con viso dal pallore mortale.
«Ho trovato qualcosa.- disse, con voce tremante- Venite…venite qui.»
I ragazzi accorsero immediatamente. Con orrore, nell’alone di luce della torcia videro tre corpi di demone giacere sull’erba, in una pozza di sangue.
«E’…disgustoso.» disse Ryoga, con una mano davanti alla bocca.
«Vedete? Hanno fatto resistenza.- disse Miroku, corrugando la fronte- Questo è da imputare ad Anna. Allora, per Buddha, dov’è?!»
«Credi che stia inseguendo i rapitori?» chiese Mousse.
«Pensi che sia stata trattenuta da questi?- disse il monaco- Può darsi. Ho bisogno di più elementi. Konatsu, fai luce anche là avanti. Voglio proprio vedere se questi demoni portavano la divisa dell’Est.»
Konatsu fece come gli era stato chiesto e subito i corpi dei demoni furono ben visibili. Fu qualcos’altro, però, ad attirare la loro attenzione. Un piede che calzava una scarpetta dorata…e l’orlo di una veste azzurra.
«Oh, no!» rantolò Miroku, strappando la torcia di mano a Konatsu e correndo avanti.
«Cosa c’è, Miroku?- chiese Ranma, spaventato dal tono del monaco- Cosa…»
Si zittì e rimase privo di fiato, come gli altri, quando la luce della torcia illuminò la forma di Anna, che giaceva a terra, sdraiata come se stesse dormendo. Miroku si inginocchiò accanto alla ragazza.
«Anna!» la chiamò, allungando una mano per scuoterla. “Fai che sia viva, ti prego!” pensò, addolorato. Era sul punto di sfiorarla, quando sentì la propria anima risucchiata verso la ragazza. Si fece indietro di scatto, sbalordito. «Ma cosa…» mormorò.  Fu allora che si accorse che la pelle di Anna appariva tanto bianca da riflettere la luce della torcia. Le sue labbra erano livide e ombre scure erano comparse sotto gli occhi. Il petto di Anna non si sollevava al ritmo della respirazione.
«E’…è morta?» chiese Ryoga, scioccato.
«Non lo so.- scattò Miroku, teso- Lo sembra, ma…ha appena cercato di risucchiare la mia energia.»
«Che vuoi dire?» chiese Mousse.
«Che in lei ancora qualcosa funziona.- disse Miroku, tornando ad avvicinarsi alla demone- Non so se questo significhi che è ancora viva.» Il monaco esaminò ancora la figura inerte di Anna. Si accorse allora del pezzo di carta che le era stato appoggiato tra i seni.
«Un sigillo? Non sarà…?!» disse, sbalordito. «Per la misericordia di Buddha!»
«Cosa? Cosa c’è?» chiese Konatsu, sull’orlo delle lacrime.
«Questo è un Sigillo della Vita. Uno dei due rimasti.- disse Miroku- Anna avrebbe dovuto morire al solo contatto. Invece è in uno stato di stasi.»
«Stasi?!» chiese Mousse. Miroku illuminò l’erba accanto al corpo di Anna. Si stava seccando e il terreno aveva un aspetto poco sano.
«Anna è un demone che assorbe energia. Il Sigillo la disperde, uccide i demoni sottraendo loro l’energia vitale.- spiegò Miroku- Il suo corpo sta cercando energia per restare in stato vegetativo, in attesa che il sigillo venga tolto. Se fosse caduta su un pavimento di marmo, sarebbe già morta. Qui, invece, assorbe energia dal terreno.»
«Puoi aiutarla?» chiese Ryoga.
«Non lo so.- disse Miroku, pallido- E’ facile lanciare il Sigillo, ma non è previsto che venga tolto. Di norma, dovrebbe staccarsi da solo alla morte del demone, il che di solito avviene pochi secondi dopo l’applicazione.» Sospirando, si alzò. «Tenterò, ma devo fortificare il mio potere per non permettere ad Anna di risucchiarmi. Dovrò passare una nottata a meditare.»
«A meditare?! E le ragazze?!» chiese Mousse, sconvolto.
«Solo Anna sa cos’è successo. Se lei si riprende, potremo agire prima che Soichiro metta in atto il ricatto che sicuramente ha in testa.- disse Miroku, sospirando- Più di così non posso fare. Se solo ci fosse Kagome-sama…» Fece una smorfia, poi si diresse verso la cascata, lanciando a Ranma la torcia. «Qualcuno vada a Palazzo e faccia mandare un messaggio a Inuyasha e Sesshomaru. Devono essere avvisati.» disse, iniziando a spogliarsi.
Ranma annuì e iniziò a correre verso il Palazzo.
“Akane, abbi pazienza. Verremo a salvarti.” pensò, stringendo i denti.
Il viso pallido di Anna gli balenò nella mente. Ranma scosse il capo. Se anche ad Akane fosse successa una cosa del genere…no, non voleva pensarci! Akane sarebbe stata salva, a costo di combattere contro un intero esercito di demoni per liberarla!

***

Ryoga fu il solo a vedere l’alba, quando arrivò. Il silenzio profondo in cui il gruppetto era rimasto aveva fatto cedere al sonno sia Mousse che Konatsu. Miroku era sotto la cascata gelida, a torso nudo. Aveva gli occhi chiusi e non aveva mosso un muscolo per tutta la notte.
Ryoga si passò una mano sul viso, sospirando. Lui non riusciva a dormire. Pensava ad Akane, nelle mani di quei maledetti mostri. Pensava ad Anna, che era stata così gentile con loro e che adesso era tecnicamente morta. Guardò il corpo poco distante e strinse i denti. Non era giusto. Niente, niente era andato per il verso giusto! Guardò la Fonte con un’occhiata intrisa d’odio. Se solo non avessero accettato di andare nella Sengoku Jidai…Ma era inutile piangere sul latte versato. C’erano già abbastanza motivi per versare lacrime.
Un fruscio lo fece voltare. Ranma, con il viso pallido e tirato, si avvicinò e gli si sedette accanto, appoggiando a terra una scarsella.
«Ho portato da mangiare. Siamo digiuni da ieri.» disse il ragazzo. Ryoga annuì, senza peraltro accennare ad aprire la sacca. Ranma guardò intensamente la figura immobile di Anna, quindi spostò lo sguardo su Miroku. «A che punto è?» sussurrò.
«Non lo so.- disse Ryoga, scrollando il capo- Non si è più mosso.»
Ranma annuì, giungendo le mani e appoggiandole alla bocca con aria scura e pensierosa.
«Se solo non le avessi permesso di seguirmi…» mormorò. Ryoga si voltò di nuovo verso di lui, corrugando la fronte. «E’ colpa mia. La metto sempre in pericolo.- continuò Ranma, mettendosi le mani tra i capelli e chinando il capo- Sarebbe stato meglio se non mi avesse mai incontrato.»
«Lo penso anch’io.» disse Ryoga. Ranma lo guardò con aria addolorata. «Ma non credo che lei sia della stessa idea.» Ranma spalancò gli occhi, sbalordito. Ryoga fece un sorriso di autocommiserazione. «Credi che non me ne sia accorto?- continuò Ryoga- Chi chiama, Akane, quando è in pericolo? Qual è il primo nome a cui pensa?»
Ranma arrossì. Era vero, semplice ma vero. Akane chiamava sempre il suo nome. Non vi aveva mai fatto caso, ma era così.
«Ryoga…» mormorò.
«Stai zitto, Ranma. Non mi consolare.- disse Ryoga, secco, con voce in cui vibrava una nota di pianto- Più sarò depresso, meglio combatterò per salvarla. Questa è l’unica cosa importante, ora.»
«Ryoga…- disse ancora Ranma, sorridendo con mestizia- Sei un amico.»
«Non credere che non ti ucciderò quando torneremo a casa.» disse Ryoga, voltandosi dall’altra parte.
«Come vuoi.» disse Ranma, sorridendo.
In quel momento, Miroku aprì gli occhi e uscì con movimenti lenti dal getto d’acqua della cascata.
«Miroku!» chiamò Ranma, alzandosi in piedi.
«Miroku, sei pronto?» chiese Ryoga. La sua voce svegliò gli altri. Il monaco annuì.
«Non posso che sperare sia sufficiente.- mormorò, poi guardò Ranma- Hai mandato un messaggero?» Ranma annuì e Miroku guardò Anna.
«Bene. Ora state zitti e non avvicinatevi.- disse- Tenterò di togliere quel sigillo.»
Miroku si lasciò gli altri alle spalle e si incamminò verso la demone. Vi si inginocchiò accanto e subito notò che la terra era diventata cenerina tutto attorno. L’erba si era seccata in un’area più vasta. Spostò lo sguardo sul viso di lei. Sembrava quasi trasparente. Miroku corrugò la fronte. L’energia vegetale era debole e non sarebbe bastata a tenerla in quello stato ancora per molto. Doveva togliere il Sigillo della Vita. Di nuovo, si rammaricò dell’assenza di Kagome. Lei ce l’avrebbe sicuramente fatta.
Chiudendo gli occhi, Miroku giunse le mani e iniziò a intonare una preghiera lunga e complicata, circondandosi di una barriera spirituale. Grazie ad essa, Anna non sarebbe riuscita ad assorbire la sua energia vitale. Non restava ora che testarne l’efficacia…e rimuovere il sigillo. Miroku aprì gli occhi, mantenendo la concentrazione al massimo, quindi allungò un braccio, protendendolo sopra il petto di Anna. Sentì l’immensa fame di energia spingere contro la sua barriera, ma non riuscire a penetrarla. Si lasciò scappare un piccolo sorriso.
«Abbi pazienza ancora qualche istante, Anna.» mormorò. Protese le dita, sfiorando il Sigillo…e una grande luce rosata esplose dal pezzo di carta, scagliando uno sbalordito Miroku lontano, spezzando la sua concentrazione e mandandolo lungo disteso.
«Miroku-sama!» gridò Konatsu.
«Miroku, cos’è successo?» chiese Ranma, aiutando il monaco ad alzarsi.
«Il Sigillo mi ha respinto.- disse Miroku, stringendo a pugno la mano offesa- Non vuole lasciarla andare.» Miroku imprecò, calando il pugno a terra. «Non sono in grado di salvarla.» disse tra i denti.
«Ma…ma allora cosa possiamo…» disse Mousse.
«Ci serve Kagome-sama.- disse Miroku, alzandosi in piedi con l’aiuto di Ranma- Lei sarà in grado di toglierlo. Il Sigillo deriva dalla stessa fonte di potere della Shikon no Tama.»
«Ma Kagome è stata rapita con le altre.» disse Ryoga.
«Ne consegue che dobbiamo ulteriormente sbrigarci a salvarle, o Anna morirà.» disse Miroku, lapidario.
«Ma non sappiamo nemmeno da che parte si sono diretti!» disse Konatsu.
«Il confine!- disse Ranma- Non potrebbero…»
«Miroku!»
La voce proveniente dall’alto fece alzare loro la testa di scatto. Un grosso essere volante a due teste stava sopraggiungendo. Sopra di esso vi erano due figure i cui capelli rilucevano d’argento.
«Inuyasha!» gridò Miroku.
«Ma quello è il messaggero che ho mandato!- disse Ranma- Come hanno fatto ad arrivare così presto?!»
Inuyasha e Sesshomaru balzarono dal volatile demoniaco e andarono loro incontro.
«Miroku, è vero che sono state rapite?- chiese subito Inuyasha, correndo dall’amico- In che direzione si sono allontanati quei bastardi?»
«Inuyasha…» iniziò Miroku.
«Hanno portato via anche Anna?» chiese Sesshomaru, corrugando appena le sopracciglia.
«No, Anna…» Miroku fece una smorfia. Sesshomaru e Inuyasha impallidirono.
«Dov’è?» chiese Sesshomaru, con voce atona.
“Lo sa.” pensò Ranma, addolorato. Miroku fece un cenno a Sesshomaru. Il cuore sembrò fermarsi nel petto del demone, alla vista del corpo sdraiato a terra. Il Sigillo era ben visibile sul suo petto.
«Non può essere!» disse Inuyasha, stringendo i pugni.
«Sesshomaru, non è ancora morta.- disse Miroku, in fretta- E’ in stato di stasi. Estrae energia dalla terra.»
Sesshomaru sembrò non averlo sentito. Si incamminò con passi rigidi verso Anna, fermandosi una volta arrivatole a fianco. Lì rimase immobile, a fissarla.
«Hai detto che non è morta, Miroku?» chiese Inuyasha, febbrile.
«No, ma non ci sono molte speranze.- disse il monaco- Ho tentato di rimuovere il Sigillo, ma non ne sono in grado. Kagome-sama potrebbe…»
«Lo farà lei. Partiamo subito.- lo interruppe Inuyasha- Sono certo che siano in viaggio verso il confine.»
«Ma non sappiamo dove sono. Non li raggiungeremo mai in tempo, è già passata mezza giornata.- disse Miroku- E in ogni caso, entro stasera Anna avrà ridotto a cenere tutta la radura. Non credo che la sua area di influenza possa espandersi più di così.»
«Vuoi dire che stasera…morirà?» chiese Ryoga. Miroku annuì.
«Con la sola energia vegetale, sì.- disse, sospirando- Vado a parlare a Sesshomaru. Voi restate qui.»
Miroku si allontanò e si diresse verso Sesshomaru.
«Siamo arrivati tardi.- mormorò Inuyasha, prima di tirare un pugno frustrato a un tronco- Maledizione!»
«Sapevate quello che stava succedendo?» chiese Mousse, sorpreso. Inuyasha annuì, passandosi una mano sul volto.
«E’ venuto da noi Kentaro, l’avversario di Ryoga. Ci ha detto di stare attenti alle nostre donne, le sacerdotesse avevano avuto un presagio.» Imprecò. «Se solo torceranno un capello a Kagome, appenderò le loro budella ai rami degli alberi!»
«Le hanno rapite tutte. Proviamo la stessa cosa.» disse Ranma, sentendo di approvare l’idea di Inuyasha.
«Che diavolo avrà in mente Soichiro?» ringhiò Inuyasha.
«Miroku pensa che potrebbe volervi ricattare in qualche modo.» disse Ryoga, scuro in volto.
«Feh! Le nostre vite in cambio delle loro. Potrei metterci la mano sul fuoco.» disse Inuyasha. Si sedette a terra, coprendosi il volto con le mani. «Kagome…speravo fosse al sicuro, qui.» Alzò lo sguardo. Miroku stava ancora parlando con Sesshomaru, che ora mostrava di ascoltare e interveniva ogni tanto. Inuyasha fece una smorfia. «Non oso pensare a cosa farà Sesshomaru se Anna dovesse morire.» disse.
«Ma…Sesshomaru!» sbottò in quel momento Miroku, attirando la loro attenzione.
«Sei in grado di farlo o no, monaco?» chiese Sesshomaru, gelido. Dopo un istante, Miroku annuì.
«Benissimo, allora questa sarà la nostra linea di condotta.- disse Sesshomaru, allontanandosi da Anna- Torniamo al castello. Resteremo in attesa dell’inevitabile richiesta di Soichiro.»
«Cosa?!- chiese Inuyasha, alzandosi in piedi di scatto- In attesa?»
«Sapendo in quali circostanze le ragazze ci verranno offerte in scambio, potremo decidere la condotta migliore per salvarle.- disse Sesshomaru, lapidario- A meno che non preferiate mettere in pericolo le loro vite.»
«Ma anche Anna…» iniziò Inuyasha, poi si morse il labbro. Anna aveva bisogno di Kagome per sopravvivere. Capì che anche Sesshomaru era divorato dalla fretta, ma che preferiva avere la certezza di avere Kagome viva piuttosto che giocarsi tutto con un solo colpo avventato. Strinse i pugni. Capiva, ma non poteva fare a meno di sentirsi male per la propria impotenza.
«Visto che hai capito, andiamo.» ripeté Sesshomaru, ricominciando a incamminarsi.
«E la lasci qui?» chiese Ranma, sbalordito. Sesshomaru si voltò a metà verso di lui senza rispondere. «La lasci qui sola?» chiese ancora Ranma.
«In questo stato, nessuno le si potrà avvicinare senza morire.- disse Sesshomaru- Direi che non ho ragione di preoccuparmi di questo.»
Ranma rimase a bocca aperta. Se ad Akane fosse successa una cosa del genere, lui ne sarebbe rimasto distrutto. E mai, mai e poi mai l’avrebbe lasciata sola nella foresta!
«Sei davvero un ghiacciolo senza cuore!» sbottò. Inuyasha gli afferrò una spalla.
«Piantala.- disse, piano- Non sai quello che prova.»
Ranma strinse le labbra. Forse non lo sapeva, ma non avrebbe mai approvato quella condotta così fredda. Avrebbe scommesso che Sesshomaru non avrebbe versato nemmeno una lacrima, se Anna fosse morta. Inuyasha guardò Miroku, che sembrava avere un’aria frastornata. Si chiese cosa il fratello avesse inteso con ‘quella linea di condotta’.
«Ehi, Miroku. Di che cosa hai parlato con Sesshomaru?» chiese.
«Ha un’idea per prolungare la vita di Anna, ma…« disse Miroku, quindi sospirò e scosse la testa. «Forse dovresti parlarne con lui.» disse. Inuyasha annuì, lanciando un’ultima occhiata alla figura inerte di Anna.
Il gruppo si incamminò verso il castello, lasciandosi la demone alle spalle.
Un cespuglio iniziò a seccarsi.

***

Era quasi il tramonto, ormai, e ancora non erano giunte notizie da Soichiro.
Inuyasha, nervoso, camminava in tondo per la stanza, cercando di sfogarsi. Era preoccupato per Kagome e l’essere impossibilitato a fare qualcosa per lei lo stava facendo impazzire. L’intero Palazzo era permeato dal nervosismo. Quello degli umani, che erano nelle sue stesse condizioni, e quello dei demoni, che ormai sapevano ciò che era accaduto ad Anna. Shippo era in uno stato d’agitazione tale che Rin aveva subodorato qualcosa, ma le sue tutrici erano riuscite a coprire l’assenza di Anna con una scusa. Inuyasha imprecò. Che razza di situazione! Sesshomaru si era ritirato nelle sue stanze da quando erano rientrati. Ancora non gli aveva chiesto cosa avesse intenzione di fare.
«Beh, direi che è ora.» disse ad alta voce, uscendo dalla propria stanza e dirigendosi a grandi passi verso le stanze del fratello. Giunto alla porta, e scacciato a pedate un petulante Jaken, Inuyasha bussò con forza.
«Sesshomaru!- chiamò- Sesshomaru, aprimi, dobbiamo parlare.» Dall’interno non giunse risposta. «Ehi! Voglio sapere che cosa hai in mente.- disse ancora Inuyasha- E’ qualcosa di pericoloso, vero? Hai un piano, lo so. Sputa il rospo.» Di nuovo, non venne una voce. «Ehi! Non ti fa bene per niente startene lì da solo!» sbottò Inuyasha, dando un calcio alla porta, ma non osando sfondarla. Si sedette per terra, dando la schiena alla porta e mettendosi a braccia conserte con espressione cocciuta. «Tanto non me ne vado finché non mi fai entrare.» disse.
«Allora entra.» disse una voce alle sue spalle. Inuyasha si voltò di scatto. La porta era socchiusa e la sagoma di suo fratello si intravedeva appena nell’ombra che regnava all’interno. «Forse è ora di dirti alcune cose.» disse Sesshomaru, ritirandosi nell’ombra.
Inuyasha, dopo un istante di sorpresa, si alzò ed entrò nella stanza semibuia, chiudendo la porta dietro di sé. Sesshomaru gli fece cenno di sedersi, mentre lui, a sua volta, si metteva a sedere accanto alla finestra. Inuyasha osservò il fratello, cercando di capire cosa non andasse. C’era un’aria strana attorno a lui, ben diversa dal solito gelo. Sesshomaru era vestito solo del suo ricco abito bianco. L’armatura giaceva ammonticchiata in un angolo. La sua morbida coda gli pendeva dalla spalla e i capelli erano scompigliati, come se vi avesse passato le mani molte volte.
Inuyasha deglutì nervosamente. Disordine. Ecco cosa c’era di strano nella figura di Sesshomaru. Fin dalla prima volta che l’aveva visto, Sesshomaru era sempre stato impeccabile, perfetto, una statua vivente di incredibile bellezza e perfezione, nonché di freddezza. Una sola volta l’aveva visto in uno stato simile: la notte in cui, dopo la morte del padre, l’aveva assalito, in quella casupola montana, per strappargli Tessaiga. Anche allora il suo volto era sconvolto e il suo aspetto scarmigliato gli aveva dato l’aspetto di qualcuno che aveva appena ceduto alla pazzia. Sesshomaru sembrava stare in equilibrio sull’orlo del baratro. Ranma aveva accusato Sesshomaru di non provare nulla. Ah! Solo perché Sesshomaru non mostrava i propri sentimenti, questo non significava che non ne provasse.
“Ma che diavolo faccio? Lo giustifico?!- pensò Inuyasha, seccato- Mi sto ammorbidendo troppo.” Si sedette di peso, sbuffando. Guardò di nuovo il fratello. Inutile, vederlo in quello stato gli dava proprio fastidio. Si accorse che stava guardando con aria assente la foresta sul retro del Palazzo.
«Anna sarà al sicuro, come hai detto tu.- disse Inuyasha- Non preoccuparti di questo.»
«Pensavo…- mormorò Sesshomaru, senza voltarsi- pensavo di mandare qualche servo in perlustrazione. Potrebbero esserci spie nella foresta.»
Inuyasha impallidì, comprendendo cosa Sesshomaru intendesse.
«Non te lo permetterebbe mai. Li conosce tutti, uno per uno.- disse, sentendo la gola secca- Ti porterebbe rancore, se le facessi una cosa del genere.»
Sesshomaru finalmente si voltò. L’inespressività del suo volto fece venire i brividi a Inuyasha.
«Lo so benissimo, altrimenti ne avrei già mandati almeno una ventina.» disse il demone, secco. I due rimasero per un momento in silenzio.
«Cos’hai intenzione di fare, Sesshomaru?» chiese Inuyasha, cupo. Sesshomaru impiegò qualche attimo per rispondere.
«L’energia vegetale è debole. Quella animale è migliore, ma di poco.- mormorò Sesshomaru, riportando lo sguardo fuori dalla finestra- Per resistere a lungo ha bisogno di energia umana o demoniaca.»
«Ma Anna…» iniziò a ribattere Inuyasha.
«Non accetterebbe sacrifici, lo so. Con chi credi di parlare?!» ringhiò Sesshomaru, voltandosi con un lampo pericoloso negli occhi. Inuyasha si zittì. In effetti, era inutile spiegare l’animo di Anna a Sesshomaru. Era lui che la amava, dopotutto.
«Le darò la mia.» disse Sesshomaru.
Inuyasha rimase basito, tanto che credette di aver capito male.
«Co…cosa?!» chiese, tentando di dare un senso alla frase che aveva appena sentito. Eppure non c’era possibilità di errore: Sesshomaru aveva proprio detto che le avrebbe dato la sua! «Cioè tu vorresti…- balbettò Inuyasha, prima di alzarsi in piedi con foga- Ma sei scemo?! Come credi che si sentirà al risveglio, sapendo che tu non ci sei più? Idiota! Lei ti ama, sarebbe capace di uccidersi per seguirti!»
«Non ho alcuna intenzione di morire.- disse Sesshomaru, fulminandolo con lo sguardo- Se hai finito di saltare alle conclusioni e di sbraitare, Inuyasha, forse potrò spiegarti cosa ho intenzione di fare.»
Inuyasha rimase zitto, sorpreso, poi borbottò qualcosa e si sedette di nuovo. Dovette ammettere con se stesso di aver sudato freddo al pensiero che Sesshomaru si suicidasse per offrire una speranza di vita ad Anna.
«Esiste una tecnica particolare.- disse Sesshomaru, parlando con lo sguardo fisso nel nulla- Essa permette ai demoni di separarsi dalla loro energia demoniaca. Di solito si usa per guarire qualcuno.»
«Come fa Anna?» chiese Inuyasha. Il cuore gli mancò un battito. Gli ritornò alla mente una discussione incomprensibile avuta col fratello, al loro ritorno da Nerima. Sesshomaru gli aveva quasi spaccato il naso, furioso perché Inuyasha aveva insegnato ad Anna a mascherarsi da umana, e aveva fatto strani riferimenti a qualcosa che Anna ‘non doveva scoprire’. Che c’entrasse…
«In maniera più drastica.- disse Sesshomaru, fulminandolo con un’occhiata per l’interruzione- E’ lo stesso procedimento che ti permette di assumere un aspetto umano. Invece di nascondere l’energia all’interno, però, la incanali verso l’esterno.»
«Allora era questo?» chiese Inuyasha, sbalordito. Sesshomaru alzò un sopracciglio con fare interrogativo. «Era questo che non volevi imparasse?- continuò Inuyasha- Mi riferisco ad Anna. Eri infuriato quando l’hai vista con l’aspetto umano. Avevi paura che imparasse questa tecnica?»
Sesshomaru, dopo un istante, annuì.
«Converrai con me che Anna è proprio il tipo da sacrificarsi per salvare qualcuno.» disse, con una nota di acrimonia nella voce. Inuyasha annuì. In effetti, Anna aveva usato una versione più rudimentale di quella tecnica su Mousse. E ora, invece, era Sesshomaru a farlo. Da quando Anna era entrata nelle loro vite, stava succedendo l’incredibile.
«Allora ti rimane un po’ di energia per sopravvivere.» disse Inuyasha, cercando di scoprirne di più. Sesshomaru annuì.
«La mia energia è la più potente, nell’Ovest.- continuò Sesshomaru, abbassando il tono di voce- Il monaco sta preparando un vaso sacro, in cui verseremo la mia energia. Il suo compito sarà fornirla ad Anna a piccole dosi, abbastanza da tenerla in vita finché non avremo liberato la tua donna.»
“Ecco spiegato perché Miroku è scomparso.” pensò Inuyasha. Doveva essere in preghiera, in quel momento. «Ma come farai a combattere Soichiro da umano?» chiese d’improvviso.
«Non sarò completamente umano. Sai anche tu che il mascheramento non è perfetto. Parte della mia forza rimarrà.- disse Sesshomaru, secco- Io sono Sesshomaru. In qualunque forma, sarò in grado di uccidere il mio nemico.»
Inuyasha si fece scappare un mezzo sorriso. Alcuni lati di Sesshomaru non sarebbero mai cambiati, qualsiasi cosa fosse successa.
«E per quanto riguarda il piano?»chiese.
«Non ho un piano.» disse Sesshomaru. Inuyasha strabuzzò gli occhi.
«Cosa?!» chiese, urlando.
«Inventerò qualcosa quando saprò dove e quando avverrà l’inevitabile scambio.- disse Sesshomaru, seccato- Stai tranquillo, tengo quanto te a far sì che la vita di Kagome sia salva.»
Inuyasha si zittì. Non c’era alcun dubbio che Sesshomaru non si sarebbe risparmiato, nemmeno se fosse stato costretto a combattere in forma umana. Ne andava della vita di Anna. Si alzò da terra con un sospiro, quindi si sedette di fronte al fratello, infilando le mani nelle maniche e guardando a sua volta fuori dalla finestra. Anna era là, in mezzo alla foresta. Il giorno sarebbe finito da lì a un paio d’ore e ancora non era giunta nessuna notizia da Soichiro. Inuyasha trattenne un altro sospiro, restio a spezzare il silenzio in cui suo fratello si era nuovamente trincerato.
Lo guardò. Il suo viso fine sembrava quasi invecchiato, mentre guardava fuori dalla finestra, benché nei suoi occhi non si potesse leggere alcuna espressione precisa. Inuyasha chinò il capo, corrugando le sopracciglia. Se gli avessero detto che un giorno si sarebbe preoccupato per suo fratello, avrebbe riso di gusto, per poi picchiare il malcapitato che si era fatto sfuggire una simile profezia. Invece eccolo lì, a condividere la sofferenza di Sesshomaru. E tutto grazie a Kagome e Anna, che ora erano in grave pericolo.
“L’amore per loro è stato il nostro punto d’incontro, dopo anni d’odio.- pensò- Ha dell’incredibile.”
«Così, lo ignori davvero.»
Inuyasha alzò la testa di scatto. Sesshomaru lo guardava, il viso appoggiato al dorso di una mano.
«Co…cosa?» chiese Inuyasha, perplesso.
«Come è morto nostro padre.- disse Sesshomaru, con voce bassa e quasi distratta- Non ho notato alcun lampo di riconoscimento nei tuoi occhi. Non fingevi, quando mi hai detto di non saperne niente.»
Inuyasha arrossì.
«Feh!- esclamò, voltandosi con rabbia- No, non ne so niente! Sei tu che hai passato una vita con lui. Io ho pochissimi ricordi di nostro padre.» Strinse le labbra. «Pochissimi.» disse ancora.
«Tu gli somigli molto, Inuyasha.» disse Sesshomaru, sorprendendolo. «I suoi modi di fare erano spesso rudi, come i tuoi.- continuò il demone, osservando il fratello minore con occhi vacui- Anche fisicamente, gli somigli più di me. Forse per questo eri il figlio preferito.» Sesshomaru fece un sorrisetto e Inuyasha impallidì. Il figlio preferito: una volta Sesshomaru l’aveva chiamato così, usando tutto il disprezzo possibile, mentre litigava con il padre. Inuyasha li aveva sentiti da dietro una porta chiusa. Ricordava di essere rimasto ferito dal tono del fratello maggiore. Allora lo considerava un vero fratello…
«E’ per questo che mi odi?- chiese- Per questo…e per Tessaiga?»
Sesshomaru lo scrutò per un attimo, quindi sorrise di nuovo, gelido.
«Ci sono molti motivi per cui ti odio, Inuyasha.» disse, voltandosi di nuovo verso la finestra. Inuyasha lo fissò, stringendo le labbra.  Aveva sempre voluto sapere, nel profondo. Non aveva mai chiesto nulla e mai l’avrebbe fatto, ma nella parte della sua anima che era ancora affezionata ai ricordi dell’infanzia si chiedeva cos’era successo per passare dal paradiso di una famiglia unita all’inferno che era stato. L’unica persona ancora esistente che sapeva tutto era Sesshomaru…e lui non avrebbe mai parlato. Lo odiava ancora, nonostante riuscissero a tenere un comportamento civile.
Inuyasha strinse i pugni. Anche lui odiava Sesshomaru, ma…lo rendeva così sereno vederlo con Anna, sapere che il suo cuore si stava scaldando. In quel momento, la sua pena era raddoppiata al pensiero di quello che doveva provare Sesshomaru. Era vero odio, o si era solo abituato all’idea di odiare Sesshomaru? E non poteva essere lo stesso per lui?
“No. Sesshomaru non odia invano.- si disse, facendo una smorfia- Non con quella intensità.”
«Non so perché ho tutta questa voglia di parlare.- mormorò Sesshomaru, facendolo ritornare con i piedi per terra- Forse sto solo cercando di non pensare.» Sesshomaru si passò una mano sul viso, chiudendo gli occhi. «Se vuoi, risponderò alla tua domanda. Dopotutto, dobbiamo aspettare. E, per una volta, non mi va di farlo in silenzio.»
Lanciò un’occhiata a Inuyasha. Lui, sbalordito, annuì. Sesshomaru lo scrutò ancora per un istante, quindi tornò a guardare fuori dalla finestra.
«In principio, non ti odiavo.- disse, pensieroso- Anzi, a dire il vero non me ne importava un accidente di te.» Sesshomaru corrugò la fronte. «Era tua madre, quella che odiavo. E nostro padre, naturalmente.»
«Mia madre?» chiese Inuyasha, sulla difensiva.
«Già. L’umana.» Sesshomaru si oscurò in volto al ricordo, senza badare al fatto che Inuyasha aveva stretto i pugni. Era sicuro di volersi gettare nei ricordi per non pensare al presente? Sesshomaru se lo chiese, prima di scrollare le spalle e continuare la sua storia. «Non m’importava che nostro padre avesse deciso di riprendere moglie. Erano secoli che era solo e potevo capire che volesse una donna accanto. Tutto mi sarei aspettato, però, tranne che vederlo tornare a casa con una ragazza umana.»
Sesshomaru alzò lo sguardo su Inuyasha, che aveva le labbra talmente strette da essere bianche. «Oh, certo, era molto bella.- disse Sesshomaru, con un sorrisetto distante- Bella e gentile. Ma era umana e io non potevo tollerare una cosa simile.» Sesshomaru scosse il capo. Quanto l’avevano cambiato Anna e Rin? Se ne rendeva conto ora che si rituffava nello scomodo passato. «Litigai furiosamente con nostro padre.- continuò a raccontare, ignorando l’ira negli occhi di Inuyasha- Lui, naturalmente, non voleva demordere. Era testardo e aveva abbastanza potere da fare sempre e comunque quello che voleva. Così, me ne andai di casa. Giurai che non vi avrei rimesso piede finché quella sgualdrina umana avesse infestato questi corridoi.»
«Non parlare così di mia madre.» sibilò Inuyasha, vedendo rosso.
«Ti sto solo dicendo quello che feci.- ribatté Sesshomaru, gelido- Posso continuare o mi fermo qui?»
Inuyasha ebbe la tentazione di saltargli al collo, ma si trattenne. Aveva sempre sentito Sesshomaru insultare sua madre, quindi non faticava a credere che avesse fatto un giuramento del genere. Meglio darsi una calmata e ascoltare. Gli fece cenno di andare avanti.
«Rimasi fuori casa per cinque anni.- continuò Sesshomaru- In quel periodo, mi arrivavano notizie tramite Jaken, che era il mio servitore personale anche all’epoca. Immagina il mio shock quando venni a sapere che il mio stupidissimo padre aveva appena avuto un figlio dalla sua donna umana.» Sesshomaru fece un sorrisetto. Oh sì, ricordava molto bene l’ondata di astio che gli era salita in corpo nel sapere che suo padre aveva avuto un altro figlio. «Un hanyo.- disse- Un essere bandito da entrambe le razze fin dalla nascita. Mio padre doveva essere impazzito.» Fece una breve risata senza traccia di divertimento. «Pensandoci, negli anni successivi, mi resi conto che le cose dovevano essere aggiustate dall’interno. Finché avessi continuato a vivere fuori dal Palazzo, non ci sarebbe stata speranza di riportare mio padre alla ragione. Dopo qualche incertezza, decisi di tornare. All’epoca, tu avevi circa cinque anni ed eri un moccioso dalle orecchie grandi e il sorriso ebete.»
«Ricordo il giorno in cui tornasti.» disse Inuyasha, cupo. I due fratelli si guardarono. Sesshomaru ricordò quel moccioso dai capelli d’argento che era corso nell’atrio, chiamando il padre. Ricordò il piccolo sussulto di riconoscimento e fastidio nel rendersi conto della somiglianza che intercorreva fra loro, il sorriso sincero e luminoso, un po’ sdentato, che il piccolo Inuyasha gli aveva rivolto, quando suo padre glielo aveva presentato. E Inuyasha ricordò il viso in apparenza cordiale di Sesshomaru e la gioia alla scoperta di avere un fratello maggiore. Una bella fregatura.
«Eri proprio un moccioso.- disse Sesshomaru, con un sorrisetto- Eri anche meno pericoloso, per me, di quello che pensavo. Mi disinteressai di te non appena ti conobbi.»
Inuyasha corrugò la fronte. I comportamenti gentili di Sesshomaru erano allora una prova di indifferenza, esattamente come pensava.
«Mi reinsediai in casa. Giocavo con te, trattavo bene tua madre e nostro padre sembrava contento.- continuò a raccontare Sesshomaru- Intanto lavoravo nell’ombra per allontanare quei due, ma nostro padre aveva in lei una fiducia di ferro.» Fece una smorfia. «Forse mi sarei anche arreso, alla fine, se non fosse venuta fuori la questione delle eredità.»
Inuyasha mosse le orecchie. Tessaiga e Tenseiga. Era da lì che Sesshomaru aveva iniziato a odiarlo.
«Nostro padre aveva l’abitudine di andare a meditare, una volta l’anno, sulla tomba di nostro nonno.- disse Sesshomaru, ormai completamente immerso nei ricordi- L’anno in cui tu compisti sette anni, nostro padre tornò dal suo viaggio prima del previsto, per poi ripartire immediatamente. A me e a tua madre disse solo che andava da Totosai.»
«Andò a farsi fare le spade?» chiese Inuyasha, attento. Sesshomaru annuì.
«Esatto, ma questo lo sapemmo solo al suo ritorno. Era la prima volta che non si confidava con tua madre e non le raccontava tutto. La cosa mi avrebbe anche fatto piacere, se non avessi compreso che nostro padre sapeva qualcosa di veramente importante e che non aveva nessuna intenzione di mettermene a parte. Nessuno ha mai saputo cosa avesse visto durante la sua meditazione.- disse Sesshomaru, corrugando la fronte- Quando tornò dal viaggio, mi accorsi che aveva con sé due spade, non più la sola Tessaiga. Iniziò a fare preparativi di guerra, a richiamare l’esercito e ad organizzare il Palazzo alla resistenza. Non avevamo ricevuto nessuna sfida, quindi chiesi a nostro padre se fosse impazzito. Lui mi disse che l’Est ci avrebbe presto attaccati. Mi disse anche…» Sesshomaru fece una smorfia. Ricordando ora quel colloquio, gli sembrava evidente che Inuken sapeva che sarebbe morto. Era inutile rimpiangere di non aver letto tra le righe durante quella furiosa litigata, ma non poteva fare a meno di sentirsi profondamente stupido. «Mi disse che aveva preparato le nostre eredità.- continuò, con voce amara- Mi fece vedere le due spade. Inutile dire che il mio interesse era tutto per Tessaiga.» Fece un sorriso storto e guardò Inuyasha. «Non apprezzai il fatto che nostro padre intendesse invece darmi Tenseiga.»
Inuyasha annuì.
«Sentii la vostra conversazione.- disse- E ricordo bene l’odio con cui mi guardasti quando uscisti da quella stanza. Fu la prima di una lunga serie, ma me la ricordo molto bene, quell’occhiata.»
«Sì, ti avrei ucciso volentieri, quella sera.- ammise Sesshomaru, annuendo- Ma era nei miei piani sottrarre la spada durante la notte. Inutile dire che quando mi introdussi nella stanza, ore dopo, Tessaiga non c’era più. Nostro padre l’aveva fatta sparire. Quando gli chiesi dove fosse, mi diede lo stupido indovinello che, quasi un secolo dopo, mi ha portato alla perla nera nel tuo occhio.»
«La perla?- chiese Inuyasha, portandosi d’istinto una mano all’occhio- Vuoi dire che…papà aveva già pensato alla sua tomba? Io non ricordo che mi abbia messo questa perla nell’occhio.»
«Ovvio, altrimenti sarei venuto a saperlo io.- disse Sesshomaru, con una smorfia- Deve avertelo fatto dimenticare con l’ipnosi. Tua madre era brava in queste cose. E nostro padre sapeva di dover morire.»
«Sapeva…» rantolò Inuyasha.
«Come sapeva che Soichiro era vicino.» disse Sesshomaru. Parlare di Soichiro gli fece venire in mente il viso pallido di Anna, ma si costrinse a continuare a raccontare, cancellando il nuovo dolore con quello vecchio. «Non feci in tempo nemmeno a discutere con nostro padre di Tessaiga. Dovemmo partire in fretta e furia, perché l’esercito dell’Est aveva varcato i confini. Combattemmo una guerra ben più terribile di quella odierna, allora. Solo per recuperare il confine, ci mettemmo un anno.»
Sesshomaru si passò una mano sul volto.
«Fu dura. Durante uno scontro particolarmente cruento, nostro padre e io fummo feriti gravemente e, insieme a pochi altri, venimmo separati dal grosso dell’esercito.» Sesshomaru fece un gesto vago. «Naturalmente era tutto programmato. Soichiro aveva pronto per noi un bell’agguato. Ci colsero di sorpresa, uccisero i demoni che erano con noi e…» Strinse le labbra. «Fu lì che nostro padre trovò la morte.» disse.
«Ma…il vecchio Myoga mi ha detto che nostro padre morì per le ferite riportate nello scontro contro Ryukotsusei!» disse Inuyasha, sorpreso.
«No, non esattamente, anche se Ryukotsusei era tra gli scagnozzi di Soichiro.- disse Sesshomaru, guardando fuori dalla finestra- Morì a causa della tecnica che userò stasera. Se non l'avesse usata, sarebbe riuscito a sopravvivere.»
«Co…» balbettò Inuyasha, sorpreso. Suo padre…era morto dopo essersi trasformato in essere umano per salvare la vita di qualcuno? Non c’era da stupirsi se Sesshomaru si era fatto venire quella crisi d’ira al pensiero che Anna imparasse quella tecnica! «E…chi? Per chi l’ha usata?» chiese, sentendo il sangue pulsargli dolorosamente nelle tempie. Suo padre era morto con un gesto generoso. Sesshomaru rimase in silenzio, fissando Inuyasha con i suoi occhi d’ambra. Inuyasha impallidì.
«Tu…?» chiese, in un sussurro.

   
 
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