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Autore: Dark Magic    09/12/2010    3 recensioni
Questa breve storia è un piccolo tuffo nella mia infanzia, segnata da una perdita importante della mia vita.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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triste natale
Un triste Natale

Guardai con gli occhi quella stanza bianca di fronte a me, inerme, con le braccia lungo i fianchi, mentre lì, nel punto più lontano, un corpo che aveva perso calore era circondato da varie figure vestite di nero.
Un colore tetro, oscuro e presagio della fine, non una semplice.
La Fine.
Fine di un viaggio, di un equilibrio ormai perso e l’inizio di un nuovo mondo, uno senza di te.
Eppure non riuscivo a immaginarlo in quel momento, mentre il tuo corpo era stato rinchiuso in quel soffice letto, il tuo ultimo giaciglio.
Un giaciglio in cui ti vidi riposare, come se le lacrime versate non fossero state per te, perché tu non eri qui.
Ero solo una bambina, un’estranea quasi, incapace di realizzare, di capire ciò che la tua scomparsa avrebbe comportato nella mia vita futura.
La donna che stette al tuo fianco, l'hai vista da lassù? E
ra la donna con cui avevi condiviso gioie e dolori, amore e devozione. Tua moglie, un’anziana donna che non riuscì a smettere di gridare davanti al tuo riposo silenzioso ed eterno. I miei occhi erano freddi, incapaci di piangere, di pensare a qualcosa che non riguardasse quell'istante.
Nella mia mente si formò l’immagine di noi due insieme, mentre sedevamo l’uno a fianco dell’altro. Il tuo sguardo corrucciato sull’oggetto di legno mi aveva fatto sorridere più di una volta. Un piccolo sgabello realizzato da te; un oggetto grezzo, alquanto scomposto che, ancora adesso, cigola un po’, a causa dei chiodi arrugginiti. Il tuo volermi sempre aiutare, risolvere i problemi che affliggevano la nostra famiglia.
Volevi sempre farti carico di tutto, forse anche del dolore che le tue figlie e tua moglie provavano di fronte al tuo primo e penultimo addio.
Proprio in quegli istanti, i medici dichiararono la tua condanna. Mi voltai verso l’esterno e vidi intorno gente conosciuta e non.
Familiari mai visti prima si presentarono al tuo cospetto, sapendo che non potevi gridar loro contro il rancore per non essersi presentati prima, quando ancora lottavi per la tua vita. Solo i volti conosciuti ti avevano assistito durante il tuo travagliato percorso, mentre speravi, nel profondo del tuo cuore, di superare anche questa sfida. Però lui era stato più forte di te e ti aveva battuto.
Tu ti eri arreso a lui, hai voltato le spalle alla vita. I polmoni ti avevano avvertito molto tempo prima, ma tu, da buon testardo, proseguisti per la tua strada, tendendo all’angelo della morte la tua mano, senza sapere che lui, invisibile, l’aveva stretta nel tempo con più forza, finché non ti aveva prosciugato del tuo ultimo respiro. Un altro mezzo giro su me stessa e notai, nascosta in lontananza, la nostra auto, immersa nell’oscurità più nera che ci fosse. A passi lenti, la raggiunsi, notando il sedile passeggero inclinato in posizione supina. Mia madre, con una mano sulla fronte, non emetteva alcun suono, né si dimenava in preda a una crisi come le altre donne. Lei voleva sembrare forte, ma sapevo per certo che non lo era.
Quella volta, un’altra vita, aggrappata a quella di mia madre, lasciò questo mondo, dilaniato dal dolore silenzioso che lei stessa volle tenere nascosto, perché lei era fatta così. 
E tu lo sapevi.

Quel giorno due vite si spensero. Un nuovo equilibrio debbi costruire per non cadere in pezzi.
Era la vigilia di Natale, avevi scelto proprio un giorno indicativo.
L’ultimo pensiero di quella triste notte: buon Natale, nonno.
 

   
 
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