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Autore: C4rm3l1nd4    12/12/2010    1 recensioni
Martina e Pietro. Due persone, una cosa in comune. Quando una drammatica situazione farà capolino nella loro vita, l'unica cosa che possono fare è aiutarsi e dimenticare l'astio che provavano l'uno nei confronti dell'altro.Forse questa volta la loro vita potrebbe cambiare, ma in meglio.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The end of the story, the beginning of a new life

 

 

Mi manchi ogni giorno. Ogni giorno penso al tuo sorriso, alle tue parole. Eppure qualcosa è cambiato, io sono cambiata. Non sono più la bambina spaurita che aspettava la mamma per attraversare. Ora sono una donna indipendente. E lo so che non è passato molto dal diploma e che ho ancora molto lavoro da fare, ma il mio sogno è qui di fronte a me. Non me lo lascerò scappare, non ora che ho quasi raggiunto la mia felicità.

E anche se ci saranno molti ostacoli...

 

Il cellulare cominciò a squillare, distraendomi dalla stesura del mio nuovo libro. Dovevo imparare a spegnerlo quando scrivevo.

Risposi scocciata, sapendo che l'ispirazione non sarebbe tornata molto presto. In quel periodo ero un po' bloccata ma l'editore non poteva aspettare e, se non avessi cosegnato la prima stesura del libro, quella volta non me la sarei scampata.

Che c'è?” risposi. “Martina, vestiti e vieni al New York State Building. Sali sul tetto. Ti do mezz'ora” disse il mio ragazzo al cellulare, chiudendo subito dopo.

Il suo tono non era dei migliori: era freddo e distaccato e questo mi fece preoccupare. Era un anno che stavamo insieme, forse si era stancato di me. Insomma, avevamo tutti e due 22 anni, eravamo ancora giovani per stare solo con una persona, avevamo il mondo davanti a noi.

Decisi di muovermi a prepararmi perchè, nonostante vivessi a dieci minuti di strada dal New York State Building, ogni volta i fan mi bloccavano per chiedermi un autografo. Così, lasciai il portatile aperto sul letto (non mi curai neanche di salvare quel documento, tanto faceva pena) e aprii l'armadio: presi un paio di jeans neri a sigaretta e una maglietta a maniche corte bianche. Coordinai un paio di decoltè nere con un po' di tacco. Corsi in bagno e mi truccai leggermente: misi un po' di matita nera (la mia preferita), mascara e lucidalabbra appena visibile. Mi pettinai i capelli, lasciandoli liberi sulle spalle. Fortunatamente quel giorno non avevo ancora tolto le lenti a contatto, perciò non persi altro tempo prezioso. Infatti, erano già trascorsi dieci minuti.

Presi la borsa con i soldi e le chiavi e uscii di casa in tutta fretta. La strada non era molto affollata: essendo le sette e dieci di sera, tutta la gente era a casa o nei ristoranti a mangiare. Camminai in fretta e quando salii sul tetto di quel magnifico edificio, erano le sette e mezza esatte.

Avevo il fiatone e le gambe mi tremavano. Di fronte a me, di spalle, c'era Sirak, il mio ragazzo. Tutta l'ansia e la preoccupazione che stavo provando scomparvero per lasciare posto alle farfalle allo stomaco. Lo amavo, e parecchio. Nonostante lo vedessi tutti i giorni, non potevo fare a meno di notare ogni volta quanto fosse bello: erano alto e magro. Nonostante ciò, era muscoloso, anche grazie ai molteplici allenamenti di tennis. Infatti, Sirak era il miglior giocatore di tennis di tutto il mondo. Tutti ci invidiavano: io ero una scrittrice famosa e, a soli 22 anni, avevo già pubblicato 4 libri che erano stati primi nella top ten del New York Times per tre settimane di seguito.

E pensare che la prima volta che misi piede in America sette anni prima, odiavo tutto e tutti. Ero appena tornata a vivere, i miei amici mi avevano appena ritrovata e mio padre fu trasferito due mesi dopo. Eppure ero cambiata. Certo, a volte (diciamo anche sempre) facevo la pazza e mi comportavo da bambina. Pensare a come mi ero ridotta per la morte di Giacomo mi faceva ancora soffrire: avevo una cicatrice al polso e al cuore che non sarebbero mai scomparse, ma ne ero contenta. Tutte le ferite aiutano a diventare maturi e più forti, proprio quello che ero.

Sirak si girò appena mi avvicinai. Non stava sorridendo e i suoi occhi nocciola, normalmente caldi e accoglienti, erano oscurati dalla poca luce.

L'ansia che avevo provato poco prima si fece di nuovo strada in me.

Sempre puntuale, vero?” mi disse, cercando di sorridere. Eppure qualcosa lo bloccava, forse il senso di colpa per quello che avrebbe fatto.

Già...anche se un po' di corsa, ce l'ho fatta!” dissi, senza neanche tentare di nascondere i miei sentimenti, che lui capì benissimo. Infatti si avvicinò a me e mi baciò. Qualcosa si mosse in me e non ci misi due secondi a rispondere a quel bacio.

Quando ci staccammo, la preoccupazione e freddezza che avevo letto poco prima erano scomparsi per lasciare spazio ad un sorriso caldo.

Mi prese per mano e mi condusse al davanzale che percorreva il perimetro del palazzo. Mi appoggia con tutte e due le mani e guardai giù: la vista era meravigliosa. C'erano migliaia di luci e a quell' altezza le persone sembravano formichine. Spostai il mio sguardo verso l'alto. Le stelle e la Luna illuminavano il cielo.

Intanto Sirak mi stava abbracciando da dietro. Appoggiai la testa al petto, completamente al sicuro tra le sue braccia.

La prima volta che ti chiesi di uscire, la tua risposta fu 'Neanche per idea, stupido atleta montato!'” sussurrò al mio orecchio, ridendo. Iniziai a ridere anche io al ricordo di quei magnifici tempi. “Non era colpa mia se ti comportavi da atleta super figo ogni volta che mi parlavi! Mi davi sui nervi e ho anche minacciato e tentato di uccidere Lotte per averci fatto incontrare!” gli ricordai, ridendo come una matta.

Lo odiavo con tutto il mio cuore eppure lui non demordeva: mi chiedeva di uscire tre volte al giorno e, dopo un mese di avance, dissi di si per disperazione.

Sirak mi strinse di più a sé. “Volevo fare colpo! Scusa se ti ho amata dal primo momento in cui ti ho vista e tu invece mi hai iniziato ad odiare! Eppure hai ceduto ed è qui che è avvenuto il nostro primo appuntamento. Te lo ricordi?” mi chiese.

Ovvio! Avevi messo un tavolo e due sedie, apparecchiato con bicchieri di cristallo e candele per cenare a lume di candela. Pensavo di morire per il troppo romanticismo. Eppure mi sono divertita. Ma non per il posto, ma perchè mi avevi mostrato il vero Sirak. E poi ci siamo baciati con i fuochi d'artificio in cielo” continuai a raccontare.

Ci credi che è passato esattamente un anno da quel giorno? Eppure ti amo come il primo giorno e oggi ho deciso di dirti qualcosa di importante. Beh, non proprio dirti.” disse.

Mi girai a guardarlo, confusa dalle sue parole. Ma lui mi fece girare e quello che vidi mi fece morire sul posto.

C'erano fuochi d'artificio e questi creavano una frase: “Martina, sposami!”. Lacrime iniziarono a scendere dai miei occhi e in quel momento capii l'agitazione che avevo letto nei suoi occhi: aveva paura che io potessi respingerlo. Non era sicuro dei miei sentimenti per lui forse? Non mi creeva quando gli dicevo che lo amavo? Le lacrime di gioia diventarono di rabbia. Mi girai pronta a prenderlo a schiaffi quando notai che non mi stava più abbracciando. Era inginocchiato con una scatolina aperta in mano. Dentro faceva bella mostra di sé un anello di fidanzamento. Era bellissimo: era d'argento (o forse oro bianco, non me ne intendevo molto) con un diamante al centro. Il diamante non era di dimensioni esagerate, ma era lo stesso bellissimo. Piccoli diamanti lo circondavano e lo facevano brillare di luce riflessa.

Non dissi niente per cinque minuti, non pensavo niente. Mi sembrava di essere tornata indietro negli anni, quando la depressione non mi permetteva neanche di pensare decentemente.

Guardai Sirak: il sorriso che gli aveva illuminato il viso stava scomparendo pian piano. I suoi occhi erano pieni di preoccupazione e ansia.

Mi inginnocchiai piano. Presi l'anello e lo misi al dito. Sirak sospirò felice: non sapeva quello che sarebbe successo di lì a pochi secondi.

Caricai il braccio e gli tirai un schiaffo che gli lasciò il segno rosso della mia mano. Si alzò in fretta, con le mani sulla guancia colpita. Anche io mi alzai, togliendo alcune lacrime dalla mia faccia. Avevo smesso di piangere e non potevo credere che uno dei momenti più belli della mia vita fosse stato rovinato da un'idiota che non si fida di me. Fantastico.

Ma che diavolo ti è preso? Ti sei rincoglionita tutto di un botto? Cosa vuoi fare? Tenere l'anello e lasciarmi?? Fai pure, tanto sto benissimo senza di te!” mi urlò ad un centimetro dalla mia faccia. Aveva lasciato libera la guancia e ora aveva le braccia ai lati del corpo, i pugni stretti.

Risposi con una calma che in realtà non provavo: “Quando sono arrivata, eri preoccupato. Non sapevi se avrei detto di si oppure no. Non ti fidi di me. Ti amo. Cosa provi quando te lo dico? Cosa pensi quando te lo dico? Lo so io. Oddio, questa qua me lo dice tutti i giorni ma so che non lo pensa davvero! Sta con me solo per la mia fama!”.

Lui mi guardò sorpreso e poi scoppiò a ridere. La mia irritazione crebbe ancora di più: lui rideva quando facevo discorsi seri? Idiota di un tennista!

Mi prese il viso tra le mani e mi baciò: non potei fare a meno di rispondere. Quel tennista da strapazzo aveva il potere di farmi sentire in paradiso con una carezza e in inferno con una parola.

Quando si staccò, appoggiò la sua fronte alla mia. “Ero preoccupato che tu mi dicessi 'Sirak, ti amo, ma siamo troppo giovani! Aspettiamo un po', insomma, ho un libro da finire e soldi da fare!'. Ci siamo capiti solo male, amore mio” mi disse, sorridendo.

In quel momento mi sentii un'idiota: IO avevo rovinato uno dei più bei momenti della mia vita. Che idiota che ero.

Sono una scema. Io...io ho rovinato tutto! Scusa amore, scusa, scusa, scusa” dissi, baciandolo ad ogni scusa che dicevo.

Quindi ci sposiamo?” mi chiese. “Ovvio!” risposi.

Mi prese in braccio e iniziò a girare su sé stesso. “Sono felice che tu abbia capito male, almeno quando racconteremo di stasera la gente sentirà qualcosa di originale e non il solito 'Si, oh, ti amo!'” disse il mio futuro marito, mettendomi giù.

Risi e poi lo baciai cercando di trasmettere tutti i sentimenti che stavo provando.

Senti amore, possiamo andare a mangiare? Ho fame!” gli dissi. “Eh te pareva! Ti stavo aspettando!” disse, prendendomi per mano e iniziando a camminare verso le scale.

So che dovrei prendermela ma sono troppo felice” dissi, abbracciandolo.

E così iniziò la mia vita da donna. Tutto ciò che avevo passato, tutte le persone che avevo perso, mia avevano fatta crescere e diventare una persona forte, indipendente e di successo. Avevo trovato il vero amore. Sirak sapeva che Giacomo avrebbe sempre tenuto un posticino nel mio cuore, ma non era geloso. Non avrei mai potuto dimenticare il mio primo amore e, anche se a volte mi sentivo ancora in colpa, guardavo la cicatrice sul mio polso e pensavo a quella sul mio cuore: avevo sofferto abbastanza ed era ora che fossi felice, completamente.

 

Ciao a tutti!

È da tanto che non posto, ma la scuola non mi ha dato tregua. Ecco la fine della mia prima storia pubblicata su EFP: mi sento completa e appagata perchè, nonostante io non abbia ricevuto tanti commenti e successo, ho portato ha termine un progetto di cui sono fiera.

Ringrazio tutti quanti e spero di vedervi con le prossime storie.

Baci,

 

C4rm3l1nd4

   
 
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