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Autore: chaplin    13/12/2010    3 recensioni
“Ah, ovvio che mi mancano i bei tempi.”
1960. Una ragazza decide di scappare di casa insieme a tre amici verso la Germania, alla ricerca del valore della liberta' dai vincoli della famiglia e dell'adolescenza appena raggiunta. L'incontro con un giovane batterista cambiera' in parte la sua vita. In una notte del 1962, il bassista dei Beatles, James Paul McCartney, si sveglia da un incubo.
Il nuovo episodio - sebbene completamente indipendente dal precedente - della serie "Rubber Soul." del "The Beatles... Again."
Genere: Demenziale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Paul McCartney , Quasi tutti, Ringo Starr
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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- Questa storia fa parte della serie 'Rubber Soul.'
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Manchester, settembre 2010.
La campanella aveva suonato da ormai tre minuti quando Carly riusci' finalmente a uscire dalla scuola. Uscire fuori dall'edificio e lasciarsi investire da quell'aria fresca e autunnale fu qualcosa di divino: fu come ritornare a respirare dopo quattro, cinque ore di soffocamento interiore. Carly prese un bel respiro, inspiro' tutto l'ossigeno che la circondava – anche se maggior parte dell'aria era occupata dall'odore delle sigarette – e si senti' immediatamente meglio rispetto a quelle ore precedenti. Ora doveva solo tornare a casa.
Carly alzo' la cerniera del giaccone e, con lo zaino sulle spalle, fece per andarsene, quando senti' una voce che ben conosceva alle sue spalle.
“Ehiiiii, tizia col nome fiiigo!!!” diceva la vocetta. Clementine, la riconobbe subito, con un sorriso.
Clementine se ne stava appollaiata alla ringhiera delle scale all'ingresso, con la bocca coperta dalla kefiah. Tra le mani teneva due milkshakes e stringeva una cartelletta azzurra al petto – gli appunti delle lezioni, forse. Carly non aveva altra scelta: si diresse verso di lei stringendo le spalle, facendo attenzione a non alzare gli occhi per non incontrare altri sguardi.
“Allora, come butta? Ti va qualcosa da bere?” chiese Clem, raggiante come prima, porgendole il milkshake. Poi, sorseggiando la sua bevanda, disse: “Io ho avuto fisica, sai che noia! Pero' c'era Billie che faceva casino e lanciava gli aereoplanini di carta in giro per la classe.. Manco fossimo alle elementari, bah! Almeno quell'aereoplanino di carta e' caduto sul caffe' di quella zoccola di Missy e le e' finito tutto il caffe' addosso, dovevi vederla! Strillava come un'oca! Cosi' impara a darsi troppe arie!” e ridendo, concluse questa sua parentesi. “Beh, tu che mi dici?”
Carly smise di colpo di bere, guardandola in faccia senza sapere cosa dire. Non le era successo niente, quindi non sapeva proprio cosa dovesse dirle. Clementine aveva avuto qualcosa da raccontare, invece lei l'avrebbe solo annoiata raccontandole di come era stata noiosa e soporifera quella stupida lezione di letteratura alla terza ora, e di come quella moretta stronza della sua classe l'aveva presa per il culo per la sua pettinatura.
“... non e' successo molto, a dire la verita'..” mormoro' Carly, cercando di formulare una frase, ma Clementine la interruppe subito piazzandole l'ennesimo dito indice davanti al naso e facendo prendere l'ennesimo colpo alla poveretta.
“Di', c'entra una delle nuove Barbie di questa scuola, vero?” le domando', con un tono paurosamente serio.
“Ermm.. A essere sincera..” Carly si gratto' la testa con la mano sinistra, poi fece un debole sorrisino. “Nella mia classe, mi dicono che dovrei tagliarmi i capelli.. E' che a me piacciono cosi', e mi va di farmeli crescere..” e poi si alzo' di colpo, alzando con decisione un pugno in aria. “Poi,
grow up your hair for peace!” e si sedette di nuovo sulla ringhiera, mentre Clem la fissava con un sopracciglio – uno – alzato.
“... ok, tizia col nome figo, ok.” disse Clementine, con un sorrisetto di circostanza. “
Coooomunque, tu.. Tu dovresti mandarli tuuutti a fanculo, ecco cosa! Devono andare a fanculo! Anche a me dicevano che dovevo tagliarmi i capelli, che dovevo farmi la piastra per lisciarli e vattelapesca, e io per vendetta ho iniziato a tingerli!” le fece un occhiolino, mentre il ciuffo azzurro schizzo' verso l'occhio sinistro, guidato dal brusco movimento del viso.
Subito dopo, Clem si volto' verso le scale e continuo' a bere il suo milkshake alla fragola con gli occhi dritti verso gli studenti che scendevano per uscire dall'edificio, e Carly ebbe modo di osservarla attentamente.
Riusciva a provare una grande stima nei suoi confronti, nonostante la conoscesse da giusto cinque o quattro ore. Il modo in cui parlava, diretto e deciso, il modo in cui si atteggiava con lei, i capelli, la kefiah.. Erano tutti elementi che la rendevano in qualche modo unica. Era quel tipo di persona che Carly non sarebbe mai riuscita a essere, e questo le fece provare un filo di invidia.
“... cazzo guardi?”
Carly ebbe un sussulto: Clem si era voltata verso di lei, scesa dalla ringhiera.
“Dai, ora andiamo a casa mia! Scendi, che ti mostro anche il mio piccolo gioiellino!” le disse Clem, sventolando le chiavi della sua auto davanti al naso di Carly. “E' un bolide pazzesco! Scendi e vedrai!”
Carly non se ne intendeva di automobili, ma sicuramente, se a Clem piaceva, non doveva fare tanto schifo.
Nel parcheggio della scuola, poco distante dalle scale, c'erano tantissime macchine, appartenenti a chissa' quanti studenti o professori: dalle Mercedes tirate a lucido alle svariate Ford mezze sfasciate, dai colori sbiaditi. Clementine, con passo deciso, si diresse in direzione di un'auto che... Lasciava a fiato mozzato.
Non tanto per la bellezza o l'aria comfortevole, ma per la grandezza.
Era qualcosa di simile ad un furgoncino Volkswagen di piccole dimensioni, e nonostante la sua normale natura da “furgoncino di piccole dimensioni”, occupava al minimo due posti del parcheggio. Di fronte a quel mostro direttamente proveniente dalla Summer of Love, dai colori che una volta dovevano essere sgargianti e psichedelici ma oramai sbiaditi dal tempo (e dall'assenza delle necessarie ripassate trimestrali), dotato inoltre di una portiera fieramente rotta e un finestrino da riparare – temporaneamente sostituito con dell'economico cartone da pacchi – Carly non seppe proprio che dire. E non sapeva se provare ammirazione, invidia o terrore.
“... sarebbe questo, il bolide?” chiese, appena fu a bordo. Le cinture erano ben tre, e ogni cintura era caratterizzata da un diverso tipo di agganciatura, e una era addirittura da annodare come si annodano le corde delle vele delle barchette. Ne allaccio' solo una, notando con orrore che la postazione dell'autista, a differenza del sedile del passeggero, non aveva
nessun tipo di cintura. Ahi ahi.
“Beh, certo! Cosa ti aspettavi, eh?” disse Clem, tra l'euforia e l'orgoglio. “I figli di papa' hanno le loro Volvo, BMW, tutte quelle automobili lussuose da strapazzo che tanto non ti porteresti mai dopo la morte... Io invece ho un furgone del '65 su cui vale la pena salire a bordo almeno una volta nella vita!” e concluse con un ghigno soddisfatto. La nuova e minuta passeggera era rimasta senza parole.
“Oh, c-certo... A me piace davvero tanto, ma l-lo stato non mi sembra tanto.. Oddio, io..”
“Basta chiacchiere, SI PARTE!!!”
Carly non ebbe neanche il tempo di ribattere che si ritrovo' con la testa appiccicata alla testiera, come spinta da una forza invisibile che trasportava automaticamente il suo corpo all'indietro. Tenne gli occhi chiusi, chiusissimi, ma ne apri' ben presto uno, pentendosene amaramente. Vide solo qualcosa di confuso oltre il parabrezza e il contachilometri che segnava i centodieci chilometri orari. Ed erano in piena citta'.
Tra sterzate, brusche frenate, cambi di marcia piuttosto inopportuni e tanti, tanti insulti (dati e ricevuti), Clementine riusci' miracolosamente ad arrivare a destinazione senza nessun danno, mantenendo salva la vita della sua prima vera e propria passeggera. Quest'ultima sembrava un po' scombussolata in seguito al breve tragitto. La canzone che usciva dalle casse – che Carly aveva identificato come Bell Boy degli Who, uno dei gruppi che suo padre ascoltava di tanto in tanto – stava nel frattempo volgendo al termine, con accennata desolazione.
Clem spense il motore prima che potesse partire la canzone seguente, e il costante ringhio di esso si interruppe di colpo, come se qualcuno avesse chiuso la finetra durante una giornata ventosa. Il silenzio che segui' il motore fu quasi immenso, e Carly se lo godette fino in fondo, con lo sguardo fisso oltre il parabrezza dallo shock, mentre l'autista pazza ansimava, soddisfatta di aver mostrato le proprie prestazioni.
“Un giorno dobbiamo andare assieme da qualche parte! E' divertente stare alla guida con te accanto! Invece con Ed e' noiosissimo, pretende che guido come una persona che soffre di schizofrenia e vuole stare lui al volante... Ma 'affanculo, va!” disse Clem, ancora tutto d'un fiato, come pareva solita a parlare. “Chissenefrega! Ora non lo conosci, ma.. Vedrai. E' un tale rompiscatole, a volte, che lo prenderei a schiaffi! Comuuunque, che ne dici se un giorno andiamo a scuola assieme, in auto?”
“... mi sembra un'ottima idea, ma devo... devo rifletterci su.” mormoro' Carly con una vocina flebile.
Clem rivolse alla sua nuova amica un sorriso smagliante e parcheggio' l'auto – con meno foga, per fortuna – accanto all'ingresso di un palazzo non troppo grande, caratterizzato da un tetto piatto occupato interamente da un reticolato di antenne e cavi per le televisioni delle famiglie che abitavano l'edificio, e dai muri, che andavano decisamente imbiancati. Qualche babbione inoltre aveva scritto qualcosa di identificabile in “Der Cat in der Kuli” sul vetro del portone d'ingresso. Carly alzo' un sopracciglio – uno.
Intanto, Clem aveva suonato al citofono, e la risposta era stata semplicemente lo scatto del lucchetto del portone che si apriva. La ragazza dai capelli blu fece una smorfia infastidita, entrando nel palazzo. Carly la segui' mentre lei parlottava tra se e se, decisamente irritata.
L'appartamento di Clementine si trovava al terzo piano, che le due raggiunsero senza troppe difficolta' con l'ascensore, l'unica cosa che sembrava funzionare bene in tutto l'edificio. Al terzo piano c'erano ben tre porte, tutte color marrone, di legno, tra cui una era socchiusa – quella alla destra. Le due ragazze entrarono nell'appartamento in silenzio, smettendo di colpo di chiacchierare, come avevano fatto a bordo dell'ascensore – che andava piuttosto lento, purtroppo.
Il primo odore di cui s'accorse Carly fu quello di qualcosa di bruciato. Del cibo, probabilmente.
A confermarlo, fu l'esclamazione e una mezza bestemmia sussurrata di Clem.
“Oh, ma che cazz... EEED! Hai bruciato di nuovo la carne?! Tu lo sai che io non la mangio!”
“Non l'ho fatto apposta..!” fu la risposta che giunse dall'altra stanza. Parlava una voce seccata, alta, da maschio.
“Ma tu lo sai che io
non mangio carne... Veeeero?!” fece Clem.
“E tu lo sai che a me non frega,
veeeero?!”
“Vaffanculo, hai mai visto come vengono creati gli hamburger che tanto ti piacciono? Non li mangeresti piu' se sapessi come uccidono crudelmente quei poveri bovini! Informati,
che sei quel che mangi!!”
You know that what you eat you are... A Carly sfuggi' una risatina.
“Gli hamburger mi fanno cagare, Clem! E comunque, io mangio carne perche' gli uomini hanno bisogno di nutrirsi equilibratamente di carne e verdura, e non possono sopravvivere senza alcune proteine che possono contenere solo le bistecche, okay? E ora smettila di rompere e aspetta, che spengo il gas e vengo!”
Clementine sbuffo', sempre irritata. Quando noto' lo sguardo che le lanciava Carly, roteo' gli occhi.
“No, non siamo pazzi, e' che quando entro in casa parlo sempre con lui, fin dall'ingresso. E ci urliamo addosso,
si'.”
Carly rise. Aveva davanti una delle persone piu' espressive, grintose e bizzarre che avesse mai conosciuto, davvero.
In quel momento, dei passi pesanti si fecero sentire da davanti, attraversando un paio di corridoi e raggiungendo finalmente l'ingresso, superato il salotto. E Carly ebbe un colpo non appena vide il proprietario di questi passi.
“...
Ed?!” esclamo', incredula.
“Ecco, visto? Pure Carly pensa che tu abbia un nome stran...”
“Carly? Carly Spencer?” chiese immediatamente quello che doveva essere Ed, interrompendo la frase della coinquilina.
Clementine fece per introdursi, ma venne immediatamente bloccata dall'altra.
“Oddio, ma.. Ed! Cosa ci fai a Manchester?” domando' Carly, perplessa. Ma Clem era molto piu' perplessa di lei.
Togliendosi la ridicola bandana che aveva in testa, Ed rispose, guardandosi la felpa – nera, dei Guns N'Roses.
“Ehm... Andi non ti ha detto che vivo a Manchester da qualche settimana?”
Carly scosse la testa, pallida. Ed borbotto' qualcosa di simile ad un “Oh, Andi..”.
“Fa niente,” disse. “Ora lo sai.” e sorrise.
“UN MOMENTO!” urlo' allora Clem, e i due si voltarono verso di lei, entrambi abbastanza confusi – anche se non meno di quel terzo incomodo che si ritrovava ad essere lei. “Ora dovete spiegarmi un paio di cose...”
“Non c'e' niente da spiegare,” la interruppe subito Ed, imboccandosi le maniche della felpa. “Mia sorella era una sua compagna di classe, e io ho incontrato Carly un paio di volte, tutto qui. Comunque,” ora rivolgendosi a Carly, “Andi mi aveva detto che ti eri trasferita a Manchester, ma non mi aspettavo proprio di vederti. Ma non importa. Mmmh... Volete qualcosa da bere? Ci sono dei frullati.”
“Oddio, i frullati!!” urlo' Clem, che ormai sembrava essersi dimenticata della carne bruciata e di quella strana coincidenza. Anzi, no, di quella coincidenza non se n'era ancora dimenticata. “Dopo, pero', mi spieghi tutto, capito, mister Bel-Faccino?” disse, stringendo il mento di Ed tra le dita.
“Ehi, va bene, va bene! Ma ora lasciami!” rispose Ed, ridendo fragorosamente.
Sorrideva decisamente meglio di sua sorella, ma aveva i suoi stessi denti bianchi e bellissimi, solo con un incisivo spaccato.
Edward Julian Barton, meglio noto come Ed, era un ragazzo alto, dai capelli lunghi e ricci – voluminosi, anche – tra il biondo e il color carota, biondo come i genitori e rosso come la sorella. Il suo viso ricordava vagamente quello duro e spigoloso del leader degli Who, ma, a differenza di Daltrey, aveva gli occhi piu' vicini al verde. Tutto sommato era un bel ragazzo, con quella vaga aria da persona da cui tenersi alla larga, conferito anche da quel mezzo incisivo e dalle mani grosse al punto da riuscire a coprire interamente anche il viso di Clementine. Non somigliava affatto alla timida e fragile Andi, se non in alcuni piccoli e insignificanti punti, pur essendo suo fratello maggiore.
Carly era davvero molto stupita nel rivederlo, soprattutto visto che non lo vedeva da un bel po' di tempo, e si era quasi dimenticata di com'era fatto, del suo viso. Sorseggio' il suo bicchiere di frullato in silenzio, gustandolo senza troppa foga con la cannuccia rossa che Ed aveva goffamente ficcato nel mezzo del liquido bianco e spumoso, a differenza di Clementine, che aveva gia' finito di bere e aveva sul viso un'espressione alquanto soddisfatta. Invece, Ed non aveva ancora finito, e rigirava la cannuccia nel suo frullato, quasi per aumentarne la lieve schiuma, chiacchierando distrattamente assieme alla coinquilina.
Parlavano di tante cose: della scuola, dei loro ultimi acquisti, delle cose da fare in casa – a questo proposito, Clem gli tiro' anche uno schiaffetto sul braccio per riprenderlo sulla sua pigrizia nell'occuparsi della biancheria e dei panni da lavare – e anche di musica, discutendo su vari gruppi che Carly aveva solo sentito nominare da quel fanatico che si ritrovava al posto del padre, album di artisti famosi degli anni Settanta e Sessanta...
“Oh, ecco, ora me ne sono accorto.” disse ad un certo punto Ed, come se si fosse risvegliato. “Ehi, Carly!”
Carly alzo' gli occhi verso i due, lasciando cadere la cannuccia nel bicchiere – vuoto.
“Bella maglietta!” si complimento' Ed, sempre con quell'improbabile sorrisone.
Carly senti' il sangue andarle nella faccia, e si morse il labbro, lasciandolo subito andare per rispondere.
“... g-grazie!” balbetto'.
Clem e Ed si misero entrambi a ridere, divertiti da quell'imbarazzata reazione della ragazza.

 

 


A/N: PAPAPAAAAANNNN. HO AGGIUORNATO! (SSSI', SONO RRRUSSA.)
Innanzitutto, beh... Ho deciso di togliere il “See Emily Play”. Amo immensamente quella canzone, ma mi scocciava doverla mettere ogni volta! D: Quindi ho deciso di accontentarmi. xD Ma questo non importa a nessuno. ._.
In questo capitolo, comunque, non ci sono i Beatles, ed e' anche abbastanza inutile, ma volevo far entrare in scena Ed, il fratellone di Andi, che nella storia precedente ha fatto la sua comparsa solo nel penultimo capitolo. Non ho mai avuto bene in chiaro come caratterizzarlo, fisicamente, quindi ho deciso di farlo somigliante a Roger Daltrey (come il signor Spencer teoricamente e' Rino Gaetano, falalala <3). :3
Vorrei ringraziare
Zazar90, Beth_, DazedAndConfused e natalia, che hanno recensito, e anche Marty_youchy. Davvero troppo gentili, davvero. Prima o poi rispondero' appositamente alle recensioni, prometto! :D
E mi scuso per l'ennesima volta per il superlativo ritardo! >__< Per farmi perdonare, ecco una foto di Roger Daltrey. *guru* E un fotomontaggio che ho realizzato di recente, che spoilera tanto tanto. ._.

 D:
Lo so, non si vede bene, ma non importa. D:

FRjkrjg.
Ed ecco il fotomontaggio. GEORGE E LAYLA. Anche se solo ora mi sono accorta che Layla e' troppo grande, rispetto a George. xD E ho spoilerato troppo, ops.

Allora grazie ancora a chi recensisce, ma anche a chi legge, che sopporta tutte queste cavolate che lascio su questo sito.
Ora vado e non vi rompo piu'! xD
Hare Krishna, Peace & Luffff. <3


PS: ... ok, dietro al "Der Cat in der Kuli" ci sta una lunga, lunga, lunga storia.

  
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