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Autore: itsmemarss    13/12/2010    1 recensioni
Cassandra, Alex, Calipso, Astrea e Percy sono solo cinque dei tanti ragazzi di Tessa che si ritrovano a possedere capacità fuori dal comune, come riuscire a controllare il fuoco o l'acqua, e la memoria confusa da immagini e ricordi vecchi di secoli. Le loro vite si incrocieranno quando la cosa che li unisce sarà quello che 'sono'. Cercheranno di controllare i propri poteri e alla fine si riuniranno nel gruppo da loro soprannominato 'il circolo dei Titani'. La loro vita però non sarà del tutto rosa e fiori, perchè non tutti sono dalla loro parte, o meglio da quella del bene.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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03
(Bad Dreams)

 


Arrivai giusto in tempo per occupare il posto accanto alla finestra, prima che la professoressa Tesla entrasse e ci salutasse tutti, ricambiata subito dopo da un coro sincero di buongiorno. Doveva avere sui quarantacinque anni, ma i tratti paffuti del viso e il caschetto di capelli rossi la facevano sembrare più giovane di qualche anno. In più, era una delle poche insegnanti della Spartan a essere simpatica ai propri studenti, forse perché le sue lezioni non erano mai noiose.
<< Allora, aprite il vostro libro a pagina 45 >> annunciò lei, sorridente come sempre, questa volta vestita con un vestito viola a fantasia. << Oggi voglio trattare i Miti e gli Dei Greci, ragazzi… >> ma la mia mente era già partita per la tangente.
Appoggiata al banco, il mento sul palmo della mano sinistra, lo sguardo rivolto al vetro, guardavo fuori dalla finestra senza davvero osservare il paesaggio dei campi di football e basket.
Continuavo a pensare alla strana sensazione di freddo alla nuca. Era come se il mio inconscio mi avesse inviato un segnale, che però la mente non aveva capito fino in fondo. Era come starsene davanti a un indovinello, avere la soluzione sulla punta della lingua e non riuscire a risolverlo comunque. Grr, davvero frustrante.
L’unica cosa di cui ero assolutamente certa, in qualche modo, era che non si era trattata di una normale visione. Anche perché quelle non riuscivo a scordarle mai. Nemmeno volendolo. Mi perseguitavano di notte, appena chiudevo gli occhi, e terminavano solo quando mi svegliavo al mattino.
<< … Timeo Danaos, et dona ferentes. Temo i Greci quando portano dei doni, così Cassandra predisse… ma nessuno la ascoltò… così vi fu la caduta… >> le parole di Tesla m’invasero la mente, scacciando i miei pensieri, le mie idee che fino a quel momento l’avevano popolata. Gli occhi si chiusero piano, contro il mio volere, mentre un brivido mi corse lungo la schiena. Non combattei, però, contro quella sensazione di tempore, caldo e umido allo stesso tempo, che stava cominciando a impadronirsi del mio cervello.
Volevo solamente smettere di combattere contro il sonno, provare a dormire, per una volta senza la paura di risvegliarmi imperlata di sudore freddo. Era il mio sogno irrealizzabile, la mia utopia.
Come solito, nessuno ascoltò le mie preghiere.
 
<< Padre, padre! >> urlò la ragazza con tutta la forza che poteva mettere nella propria voce, aggrappandosi alle vesti del vecchio re. << Vi prego, vi scongiuro, non lasciatevi ingannare >>.
<< Figlia, cosa sbraiti con tutta questa foga? Tuo padre è forse sordo? >>rispose Priamo, scansando con foga la stretta della giovane.
<< Non dovete fidarvi dei greci, padre. L’ho visto. Fiamme, fuoco, ovunque. Era troia che bruciava per mano dei Micenei >> la ragazza si portò le mani al volto per coprirsi gli occhi. La paura di rivedere quelle immagini, quei ricordi di terrore… tremava alla sola idea.
<< Che cosa vai dicendo Cassandra? Non vedi che la città è in festa e i suoi abitanti felici? Non rovinare questo momento e rallegrati piuttosto della nostra vittoria su Agamennone! >> rispose il vecchio, spalancando le tende e mostrando il paesaggio sottostante al balcone di marmo, il viso colmo di pura gioia sotto la lunga barba bianca.
<< Ma padre, non sarà una vittoria, se non mi crederete. Non sono pazza. Non sono pazza… >> cominciò alzando i toni, ma verso la fine biascicò le ultime parole. Il vecchio re era già scomparso dietro le porte della stanza, raggiungengo così gli altri per festeggiare, ancora prima che lei potesse dire altro. Persino lui, suo padre, era stanco di lei.
A Cassandra non restò altro che gettarsi a terra sconsolata. Nemmeno questa volta, l’avevano ascoltata. Neanche il re, la persona alla quale voleva più bene. Cominciava a credere davvero di aver perso la ragione.
Così prese il grande specchio per ricavarne un’arma e togliersi la vita. Piuttosto che la follia, avrebbe preferito la morte!
Qualcosa che, però, vide nel riflesso la fece desistere. Una ragazza dal viso ovale e i tratti dolci, la stava fissando con un paio di occhi nocciola, la bocca a cuore piegata in giù. I lunghi capelli bruni ormai disfatti dalle trecce. E poi quell’ombra, dorata e baluginante alle sue spalle.
Voltò lo sguardo, ma in un battito di ciglia era già scomparso. Cominciò a dubitare di se stessa. Come potevano quindi gli altri non farlo in principio?
 
<< Cassie? Cassie! >> qualcuno mi mosse la spalla con vigore, catapultandomi di nuovo nella realtà. Per poco non mi venne un colpo, nel riconoscere il viso della mia insegnante, la signora Tesla, lievemente corrucciata in un’espressione di profonda delusione. La stessa di quel vecchio, Priamo… mio padre, disse una voce nella mia testa. La scacciai in fretta, scuotendo la testa.
<< M-mi scusi... devo essermi addormentata… >> mugolai, rialzandomi dalla superficie del banco. Ero confusa, quasi come se realtà e finzione si fossero appena mescolate insieme e i confini dell’una e dell’altra fossero impossibili da distinguere?
<< Questo l’ho visto, signorina Green. Vuole anche una coperta per caso? Accanto alla finestra sembrano tirare degli spifferi… >> rispose Tesla, causando l’ilarità generale dei miei compagni di classe. Quelle risate, pensai, mi ricordavano quelle del sogno… per un attimo credetti che mi stessero deridendo perché mi consideravano pazza.
<< P-posso andare in infermeria? Non mi sento molto bene… >> biascicai in risposta, cercando di non far caso al pessimo umorismo della mia professoressa, la quale peraltro sbuffò e annuì.
<< Te lo concendo, non hai una bella cera dopotutto. Qualcosa vuole essere così gentile da scortare Cassandra? >> chiese poi, voltandosi a guardare la classe. Nessuno fiatò. Nessuno voleva avere a che fare più del dovuto con la strega.
<< Suvvia… >> cominciò Tesla, ma fu interrotta dal bussare incessante alla porta. Un ragazzo che doveva essere dell’ultimo anno se ne stava appoggiando allo stipite del muro, con aria innocente.
<< Se vuole, mi offro io, prof… >> mormorò il nuovo arrivato, avanzando poi nella classe. Spalancai gli occhi di colpo, riconoscendo quella voce e incontrai così due paia di acquamarine che mi fissavano dall’alto del metro e novanta del proprietario.
<< P-percy… >> dissi, muovendo le labbra in silenzio e scansando i capelli dal viso. Mio cugino se ne stava con nonchalance in mezzo alla classe, in tutta la sua bellezza – per quanto potessi definire affascinante quel ragazzo, era pur sempre come un fratello per me. I capelli scuri, quasi neri, erano pettinati all’indietro, in modo sbarazzino. La maglietta, blu scuro, aveva le maniche tirate su e i jeans gli calzavano a pennello. Sembrava di guardare una pubblicità della Levis. Lui ricambiò il mio sguardo sorpreso con un occhiolino.
<< Signor… Jones, vero? Cosa ci fa nella mia classe, se posso chiederglielo? >> s’intromise Tesla, spezzando quel legame di sguardi che si era creato tra noi due.
<< Mi scusi per l’interruzione della sua lezione, ma avevo bisogno urgente di Cassandra. Il preside vuole urgentemente parlare di una… cosa con lei >> rispose lui, sfoderando uno dei suoi sorrisi più belli. Persino la ormai anziana prof sembrò cascarci per qualche secondo. Tsk, tipico di Percy.
<< Che tempismo, Jones, allora. Vai pure >>. Senza farselo ripetere due volte, mio cugino prese le mie cose dal banco e mi aiutò ad alzarmi, sotto gli sguardi affascinati di metà delle ragazze e quelli invidiosi dei ragazzi.
Fu solo quando la porta si chiuse con uno scatto dietro di noi, che sfuggii alla presa di Percy e lo guardai con severità.
<< Perché lo hai fatto? >> chiesi, alzando un sopracciglio e incrociando le braccia sul petto.
<< Fatto… cosa? >> ripetè lui di rimando, fermandosi a qualche metro da me.
<< Pararmi il culo… prima. Perché so che non c’è nessun preside che vuole vedermi… >>.
Percy si arrese all’evidenza e alzò le spalle.
<< Beccato, cuginetta. Comunque… diciamo che ho sentito qualcosa e ho pensato di venire a controllare >> non riuscii a fare a meno di spalancare la bocca per la sorpresa: come cavolo faceva a saperlo? << E a giudicare dalla tua espressione, ho fatto bene. Nuova visione? Scommetto che stavolta toccherà a quello snob di Alexander Hawkins… >>. Ecco, ci risiamo, pensai. Ogni volta che ‘sentivo qualcosa’, incrociava le dita perché fosse su Alex. Menomale che non gli avevo confidato della mia cotta stratosferica o mi avrebbe adirittura uccisa con le sue stesse mani.
<< Ti sbagli Percy. Ho avuto una visione, ma non su qualcuno… su di me >> biascicai, abbassando lo sguardo a terra. Era stato difficile da ammetere, ma non potevo negare quello che avevo visto… o meglio sognato. La ragazza nello specchio… ero io, o almeno una mia copia sputata. Il che era alquanto impossibile. Quante probabilità c’erano perché nell’antica grecia, una ragazza potesse assomigliarmi in modo così spaventoso?
Una cosa positiva, però, le mie parole la fecero. Percy mi diede la sua più totale attenzione.
<< Aspetta, però, non qui >> sussurrai, alludendo a due ragazze del secondo anno che stavano passando di lì e ci stavano guardando con aria curiosa. Bastò un occhiolino di Percy perché a entrambe venisse un infarto, prima di scomparire dietro le colonne del corridoio.
Così trascinai mio cugino fuori dall’istituto, nel parco adiacente all’ingresso, proprio dopo le scale. Lo costrinsi poi a sedersi su una delle panchine in granito e comincia a raccontare.
Alla fine, Percy scoppiò a ridere, ma proprio di gusto. Tanto che mi irritò e gli diedi un calcio sul polpaccio. Smise di colpo, prendendosi la gamba fra le mani.
<< Ahi! Sei a dir poco violenta. E menomale che eri per la pace e non la guerra >> biascicò lui, facendo il finto imbronciato. In realtà non gli avevo proprio fatto niente. Se c’era una persona che poteva rompersi tutte le ossa che aveva in corpo e continuare beatamente a ridere come un somaro, quello era mio cugino.
<< Non ridere per favore, è una cosa seria. Già erano fin troppo le visioni… ora ne ho proprio abbastanza. Cosa diavolo sta succedendo? >> mi sfogai, confidandogli quello che non avevo mai detto alle mie amiche, per paura di farle preoccupare. Potevo anche sminuire le cose, far finta che fossero solo incubi, anche non far caso a una visione, ma non riuscivo a mentire a Percy. In fondo, era anche il mio migliore amico.
Per tutta risposta allargò le braccia e accolsi con un sorriso il suo invito. Mi strinsi forte a lui, respirando l’odore di pulito dell’ammorbidente che usava mia zia. Girai il viso dall’altra parte, però, in modo che non vedesse la mia espressione. Nemmeno lui meritava tutte quelle responsabilità sulle proprie spalle.
<< Non lo so Cassie, davvero. Ti prometto, però, che ti starò sempre accanto. In qualunque modo possa evolversi in futuro la questione >>. Sorrisi alle sue parole e chiusi gli occhi, assaporando quella sensazione di totale sicurezza.
<< Grazie, Percy. Davvero >> sussurrai al suo orecchio.
<< Bene, e ora andiamo a cercare le altre due Charlie’s Angels. Ormai è ora di pranzo e sto morendo di fame >> disse, lasciandomi andare e scompigliandomi i capelli con la mano libera. Nell’altra teneva ancora la mia giacca a vento e la mia tracolla.
Annuii, seguendolo poi verso la mensa.


COMMENTO DELL'AUTRICE:
beh, purtroppo Twilight l'ho letto invece, quindi qualche volta mi trovo incastrata dalla trama della Meyer u.u
cooomunque... vedo che sei fissata con Percy ahah quindi spero che questo capitolo ti abbia fatto piacere!
Per il resto, vediamo di risolvere i dubbi:
1. Sì, Dodekatheon viene dalle parole greche 'dodeka' (dodici) e 'theon' (degli dei) e significa anche Olimpi. Praticamente è il nome del gruppetto di Dei di Zeus ahaha
2. no, in effetti no, però è abbastanza casuale che l'abbia chiamata Spartan e non Athen o chissà che altro. Mi piaceva solamente come suonava e che centrasse con i greci :)
p.s. grazie per i complimenti e non ho nessun problema a citarti nel 'commento'.
D'altronde segui la storia e la commenti, quindi mi fa solo piacere *smile

BUONA LETTURA A TUTTI, GENTE, E ALLA PROSSIMA!

   
 
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