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Autore: Kobato    14/12/2010    3 recensioni
Dylan ha solo diciotto anni, eppure, nonostante dovesse trattarsi soltanto di un semplice ragazzo intento a studiare, dietro la sua giovane età si nasconde ben altro: è un assassino. Un assassino crudele, che non risparmia nessuno, appartenente ad un organizzazione di assassini, altrettanto spietata.
Sembrerebbe apparentemente che il suo cuore di ghiaccio, freddo come i suoi occhi impassibili, non abbiano mai conosciuto il calore di un sentimento come l'amicizia, o persino l'amore.
Ma Melany, una dolce ragazza, riuscirà a farlo cambiare... poco a poco... passo dopo passo...
Che succede, però, se questa ragazza è in cerca di vendetta contro quell'organizzazione di cui proprio Dylan fa parte? E che succede se la giovane diventa suo ostaggio?
Genere: Azione, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La ragazza si risvegliò nuovamente che era sera; si girò attorno ma in macchina c’era solo lei, poi a fianco a quest’ultima vi era un piccolo falò e ad usufruirne Dylan, che vide impegnato in qualcosa.

Per non disturbarlo e capire cosa stesse facendo uscì pian piano dalla macchina e gli si avvicinò di soppiatto. Lo vide seduto con una delle due gambe stesa totalmente in avanti, l’altra piegata, con un braccio tratteneva il peso del corpo e con l’altro aveva in mano un oggetto. A prima impressione sembrava una sottospecie di telefono, ma quando si avvicinò ulteriormente notò che era quella specie di schermo che usava per tenersi in contatto con quelli dell’organizzazione.

“Mark è sempre lo stesso, si agita per niente” , disse Dylan.

“Già, non ne posso davvero più” . La voce che gli rispose era femminile e l’aveva già sentita da qualche altra parte. Era la voce di Astra. “Piuttosto, a te come sta andando?”

“L’ostaggio sta bene, sono io che sto male”

“Male? In che senso?”

“Mi stressa in continuazione”

Lei rise. “Beh, è piccola, abbi pazienza con lei, però devi stare attento anche alla tua salute”

“Se vado avanti così la mia salute la perderò in fretta” , sospirò lui.

“Non sto scherzando, vedi di fare attenzione. Non vorrei mai che ti prendessi qualche malanno”

“Lo sai meglio di me che sono duro più dell’acciaio”

“Più che tu, la tua testa è dura come l’acciaio, ecco che cosa temo di più” . Rise nuovamente.

“Non che la tua non lo sia” , ribatté lui.

“Già, hai ragione. Beh, ora devo andare, il lavoro mi chiama. Ti farò sapere altri casi da risolvere nei prossimi giorni e tienici informati sulla tua posizione”

“Agli ordini”

“Ci si sente, Black swan. Mi raccomando, sii prudente”

“Sì” . Detto ciò la chiamata si chiuse e lui trasse un sospiro, poi sentì un rumore e subito, prendendo in mano la pistola, la puntò in direzione del suono che aveva percepito. Vide, allora, Melany che gli si sedette accanto. Lui rimise a posto la pistola con fare agile. “Sei tu”

Lei annuì. “Ti piace?”

Il ragazzo la guardò perplesso. “A che cosa ti stai riferendo?”

“A quella donna con cui stavi parlando prima”

“Non dovresti ascoltare le conversazioni altrui”

“Rispondi” . La ragazza aveva uno sguardo fisso su di lui e fulminante.

“Non dire idiozie. A me non interessano le donne”

“Menti” , disse fredda e rigida. “Si vede che hai un modo di fare completamente diverso con lei. Con me sei sempre scostante e acido, con lei cerchi di farlo, ma ci riesci a malapena. Il tuo modo di fare è così diverso, più armonico, più sereno”

“Semplicemente perché lei è una mia compagna e…” , le si avvicinò con il volto tanto da distargli pochi centimetri. “E tu sei un misero ostaggio che non dovrebbe neanche permettersi di darmi queste noie” . Il suo tono era freddo e severo.

“Sai perché ti stai arrabbiando?”

Lui rimase in silenzio.

“Perché sai che, in fondo, ho ragione” . Detto ciò, quasi innervosita, incominciò a camminare dirigendosi verso la macchina; Dylan alzò il passo e la prese per un braccio, bloccandola e stringendole il polso. “Non ti azzardare a ripetere una cosa simile”

“Ahi!” , si lamentò la ragazza. “Mi stai facendo male!”

Lui le strinse ancora di più il polso. “Ciò che tu vai insinuando, è uno dei disonori più grandi per me. Io sono un professionista, non ho tempo da perdere con questi stupidi commenti da poppante!” . Detto ciò la spinse per terra, sorpassandola e salendo in macchina. Melany non riusciva neanche ad alzarsi, tanto era stata forte la spinta, ma il dolore fisico era nullo in confronto a quello morale: non capiva il perché ma era stata profondamente ferita da quella scoperta e che avesse indovinato o meno, si sentiva una vera schifezza. Era confusa, non riusciva a capire il comportamento che aveva con quella donna e quello che ha avuto quando ha insinuato che provava dell’attrazione per lei. Non lo comprendeva, forse non l’avrebbe mai compreso, ma il petto le faceva talmente male che avrebbe potuto gridare per un’ora, senza fermarsi neanche un attimo.
La ragazza, poi, si fece forza e pian piano andò in macchina anche lei, mettendosi di spalle al compagno che stava già dormendo.
È sempre così freddo, così distaccato, non si fida di me. Io, ormai, nonostante i suoi continui maltrattamenti, ci sto facendo l’abitudine e pur di non rimanere sola, mi va anche bene viaggiare con lui, ma perché lui mi tratta così? Perché è sempre così austero, così cattivo con me, anche se non gli ho fatto niente? Già, che cosa gli ho fatto io di male? Ci pensò per tutta la notte fino a quando non si lasciò trasportare nel dolce mondo dei sogni, dove ogni sua preoccupazione, dolore e malinconia, scompariva in un lampo, come se non fosse mai esistito, come se non avesse mai fatto parte di lei.                                                            

Quella mattina si risvegliarono entrambi presto e per tutto il tragitto non aprirono bocca. Melany era stata troppo delusa e l’orgoglio di Dylan era stato mandato in frantumi da una persona che considerava quasi pari ad un animale.

Il silenzio era tombale e le uniche azioni che vi furono tra i due ragazzi si limitavano semplicemente a degli sguardi di disprezzo reciproco. Tuttavia la giovane, di carattere, era molto pacifica e non ci volle molto perché le passasse l’arrabbiatura, il problema era il giovane che non la degnava neanche di uno sguardo: evidentemente quella volta l’aveva fatta davvero grossa. Anche se le altre volte aveva sempre dimostrato molto coraggio e aveva iniziato a parlargli come se niente fosse accaduto, ora era diverso; anche se ci provava, non ci riusciva e si sentiva impotente, molto, davvero molto impotente. Per tutta la mattina cercò di trovare le possibili soluzioni da adoperare, ma non le venne in mente niente e appena compiva per errore qualche azione che al ragazzo non piaceva, subito lui la inquadrava col solito sguardo freddo e autoritario, ma quegli occhi erano più aggressivi del solito e solo loro riuscivano ad allontanarla da tutti i suoi pensieri per qualche mezz’oretta.

Arrivata l’ora di pranzo si fermarono in un piccolo paese come quello precedente, forse un po’ più grande, ma sempre paesino rimaneva.

Il giovane scese dalla macchina e fulminò con lo sguardo la ragazza. “Scendi e seguimi”

Lei non obiettò, annuì e, scendendo dalla macchina, lo seguì. Camminando per un po’ quest’ultima notò che erano diretti ad una specie di locanda e, istintivamente, le comparse un sorriso sul volto. “Andiamo a mangiare?”

Lui annuì e lei fece i salti di gioia, come fosse stata una bambina di circa dieci anni.

I due entrarono nella locanda e si accomodarono ad un tavolo, diedero le loro ordinazioni alla cameriera e aspettarono che i pasti fossero pronti. Melany si guardava attorno: il locale era tutto in legno, sembrava una specie di taverna dove dentro erano allestiti una decina di tavoli ed un bancone per concedersi degli aperitivi molto ampio e spazioso. La ragazza tornò a fissare il compagno che stava dando uno sguardo al quotidiano della città che le aveva dato la cameriera. Era ancora scostante e non accennava neanche a fissarla; ormai sapeva che sarebbe stato difficile recuperare le cose con lui.

Quando fu pronto il cibo incominciarono a mangiare silenziosamente, circondati da un mare di voci sovrastanti l’una all’altra. La giovane, vedendo mangiare voracemente il ragazzo, gli sorrise. “Hai proprio una bella fame, eh?”

Lui non le rispose. Lei, allora, assaggiò appena la minestra e poi tornò a guardarlo. “Sei sicuro che non ti farà male mangiare così? Stai un po’ attento”

Dylan sembrava innervosito. “Ma trovi sempre qualcosa da dire, tu? Stai un po’ zitta, o come mangio diventerà un tuo problema”

Melany si sentì offesa. “E tu sei sempre più villano. Sei veramente un cafone!”

Il giovane che stava davvero perdendo la pazienza fece per portarsi il cucchiaio alla bocca, ma sentendo quelle parole le buttò la minestra sul vestito. “Ops, che sbadato! Scusa, non volevo”

Lei si mise in piedi e cercò col fazzoletto di levare la macchia. “Ma come ti sei permesso?”

“Te l’avevo detto che se mi stuzzicavi ancora il mio modo di mangiare presto ti si sarebbe rivoltato contro”

Adirata la ragazza si diresse verso il bancone dove vi era un grande numero di uomini che sorseggiavano le loro birre e la barista che gliele preparava; si avvicinò al bancone con un sorriso abbagliante. “Mi scusi, quell’idiota del mio amico mi ha sporcato tutto il vestito, non è che per caso mi potrebbe indicare dov’è il bagno?”

“Vada in fondo e poi giri sulla destra”

“Grazie mille, signorina”

L’uomo che era a fianco a Melany al bancone la guardò con sguardo rigido e fermo, la seguì con lo sguardo persino quando andò in bagno e non lo mosse dalla porta fino a quando non la vide aprirsi, lì si precipitò incontro alla giovane che era occupata a guardarsi il vestito tutto bagnato.

Non appena le fu davanti si inginocchiò e le prese le spalle e si avvicinò col volto. Lei era alquanto spaventata, non tanto per quello che le stava per accadere, quanto per l’uomo stesso che le incuteva un terrore inimmaginabile: era vestito con un impermeabile nero e sotto di questo aveva un maglietta marrone ed un pantalone sempre nero e infine aveva un cappello di quelli che non lascia intravedere bene la faccia, aveva l’aspetto di chi si trascura e non si prende cura di sé stesso, un vero barbone. L’uomo la fissò, poi spalancò gli occhi e incominciò a ridere. “Sì, lo sapevo! Sei tu! Finalmente ti ho ritrovato, mia dolce Melany!”

Tutto il terrore della ragazza si trasformò in stupore. “Lei mi conosce?”

“Se ti conosco? Ma certo, come farei a non conoscerti? Tu sei mia figlia!”

Lei lo guardò confusa e poi scosse la testa. “Non dica assurdità! Mio padre e mia madre sono morti anni fa e poi io…”

“Sì, lo so, hai la tua dolce Myriam, ma anche lei è mia figlia! Siete tutte e due figlie mie! Siete le mie creature!” . Man mano che parlava continuava a stringerle le spalle.

“Per favore, la smetta di dire sciocchezze e mi lasci stare!”

“Oh no, mia cara, io non dico sciocchezze! Tu sei mia! E anche tua sorella! Siete tutte e due mie! Appartenete a me e se voi cercaste di ricordarlo mi dareste di certo ragione” . Il tono della sua voce si era fatto isterico quasi folle. Sembrava un folle e continuava a scuoterla con violenza dalle spalle, le stava facendo così male che la ragazza non si sentì più il sangue in quella zona.

“E quando troverò anche Myriam… oh, sì, quando sarete entrambe con me sarò il padrone di un patrimonio universale! Non potrà fermarmi nessuno!”

Si sentì, poi, un colpo di pistola. L’uomo aveva gli occhi spalancati e cadde in ginocchio mantenendosi con un braccio l’altro che gli era stato colpito. Melany, allora, lo sorpassò e andò a rifugiarsi dietro Dylan che aveva il braccio teso in avanti contro la testa dell’uomo. “Spiacente per te, amico, ma l’unica cosa che sarai, dopo aver sfiorato Melany, sarà un bel cadavere sul pavimento di questo bel locale”

La giovane strinse il braccio del compagno con dolcezza. “Aspetta! È solo un pazzo che non sa quello che dice. Perché ucciderlo? Lascialo perdere, per favore”

L’uomo avanzando con le gambe piegate si avvicinò a loro sempre ridendo. “Melany, davvero non ti ricordi? Tu sei la mia creazione. Ti ho creata io, non lo ricordi? Non ricordi quando ti ho presentata a tuo padre?”

Lei guardandolo così convinto vide come la sua faccia nel suo passato e lo rivide non solo in quello; ebbe un flashback: vide se stessa e vide quell’uomo che la stava nutrendo con pane e acqua. Quello stesso uomo lo vide accompagnato a suo padre e in seguito un sacco di immagini, di voci, di emozioni confuse, una ne offuscava un’altra, un’altra si rendeva più chiara mentre l’altra prendeva il sopravvento. Melany cadde in uno stato di confusione completa e più sentiva la voce dell’uomo più si sentiva togliere il fiato.

Ad un tratto il silenzio cadde su di lei. Quando riaprì gli occhi vide l’uomo steso a terra circondato da una pozzanghera di sangue e il ragazzo che stava preparando la roba per ripartire. Era terrorizzata: era la seconda volta, dopo che aveva visto in tali condizioni anche i genitori, che vedeva sotto i suoi occhi un cadavere. Dylan, pagato il conto, prese per il braccio la giovane e la trascinò con sé fuori dal locale che visto quell’episodio diventò deserto.

Mentre erano in macchina Melany non poté che ricordare tutto e si sentì adirata e in un certo senso spaventata. “Perché l’ hai ucciso?” . Il suo tono era acuto, si sentiva che stava piangendo.

“Perché ti stava facendo entrare il cervello in pappa” . Lui stava guidando senza degnarla di uno sguardo.

“Sì, ma non c’era bisogno di ucciderlo!”

“Non capisco perché te la prendi tanto per un tizio che infondo ti stava facendo solo del male, o sbaglio?”

Lei annuì abbassando la testa che poi rialzò. “Sì, lo so che mi stava facendo del male, ma di certo anche se stava facendo così non era un buon motivo per ucciderlo!”

“Ah no? E secondo te cosa avrei dovuto farci con lui? Sedermi al tavolino e bere una tazza di caffè?”

“Non le conosci le mezze misure?! Avresti potuto parlarci, al massimo picchiarlo. Ma per uccidere una persona bisogna avere una ragione enorme, sconsiderata!”

“Tu sei troppo ingenua. Ecco perché anche un idiota incontrato in un locale riesce a mandarti il cervello in fumo”

Melany abbassò lo sguardo e Dylan la osservò per qualche secondo. “Io quell’uomo lo conoscevo davvero. Non so se quello che abbia detto è vero o meno, ma io lo ricordo davvero insieme a mio padre in una grande sala buia dove però vi erano delle colonne piene d’acqua tutte luccicanti”

“Mi vorresti dire che credi che quell’uomo fosse tuo padre?”

“No, mio padre è sicuramente quello che è morto del tempo fa, però io quell’uomo lo conoscevo davvero. Non credo alle sue parole, né voglio crederci, ma una cosa è certa: se me lo ricordo vuol dire che fa parte del mio passato. Purtroppo, dopo lo shock della morte dei miei genitori, sia io che Myriam abbiamo perso la memoria”

Il giovane si sentì per un attimo quasi colpevole di aver sparato a quell’uomo, data la reazione della ragazza, ma presto gli passò e continuò a dirigersi verso ovest.

 

Mark camminava pieno di sé e con un passo molto svelto. In fretta e furia si infilò dentro la camera più sorvegliata di tutto il palazzo: quella di Myriam.

Appena la ragazza lo vide sorrise e si mise a sedere sul letto. “Sei venuto”

Lui le si avvicinò e le porse delle rose in mano. “Sì e queste sono per te”

“Sono meravigliose, non so come ringraziarti”

Lui scosse la testa. “Mi basta che tu stia bene”

La ragazzina sorrise nuovamente ed annusò i fiori. “Hanno un profumo buonissimo” . Detto ciò li mise sul comodino accanto al suo letto.

Il ragazzo si andò a poggiare di spalle alla finestra con le braccia conserte. “Allora? Come ti senti oggi?”

“Un po’ meglio, grazie”

“Ne sono felice” . Mark aveva iniziato a far visita a quella ragazzina da quando aveva avuto l’opportunità di conoscerla personalmente. Era amabile e dolcissima, quasi uno zucchero filato, ma, proprio come questo delizioso dolce, era anche molto fragile; stando chiusa quasi sempre in quella camera che lei definiva una “prigione” si stava ammalando e le sue condizioni non miglioravano anche con le cure più all’avanguardia di cui erano in possesso i migliori medici dei divini.

Il giovane punitore, in quei pochi giorni che era andato a trovarla, le si era legato in maniera sorprendente, forse perché era così saggia nonostante avesse solamente quindici anni, forse perché la sua gentilezza anche nei confronti delle persone che le facevano del male lo aveva interdetto o forse perché quando la guardava nel profondo dei suoi brillanti occhi azzurri riusciva a trovare un po’ di serenità che da tanto tempo gli era stata negata.

“Mark?”

“Mm?”

“Potrei chiederti una cosa?”

“Dimmi”

Myriam assunse un’aria malinconica ma nel contempo assorta. “Perché mi tenete rinchiusa qui senza farmi niente?”

Quella domanda sconvolse il ragazzo più di quanto avesse potuto lui stesso pensare. “Ecco…A dire il vero, questo non lo so neanche io…Il capo dei punitori ha ordinato la tua assoluta incolumità”

“Perché?”

“Non ne ho la minima idea”

“Dici che mi faranno qualcosa di brutto?”

Lui non le rispose.

“Loro…mi uccideranno?”

Silenzio ancora una volta.

La ragazzina abbassò lo sguardo, poi lo alzò e voltandosi verso di lui gli sorrise. “Dai, non importa. Dimentica ciò che ti ho chiesto. Certe volte apro la bocca senza pensare”

“Non lo so…”

“Cosa?”

“Non so rispondere a ciò che mi hai chiesto”

Lei lo guardò con uno sguardo dolce e comprensivo. “Non importa, ti ho detto. Piuttosto…” , si mise seduta sul letto e iniziò a sistemare le rose nel vaso che le aveva precedentemente portato in camera. “Sistemiamo questi fiori, non vorrei che appassissero”

Mark le si avvicinò e con fare quasi paterno la sistemò sotto le coperte. “Non prendere freddo, li sistemo io”

“Guarda che non sono un’invalida! Ce la faccio anche da sola”

“Sì, ma tenendo conto della tua situazione salutare non credo sia il caso di esporti maggiormente”

Lei si mise ancora più sotto guardandolo mentre sistemava la composizione floreale. “Sai, Mark, penso sempre che se non ci fossi tu a farmi compagnia ogni tanto, sarei completamente abbandonata a me stessa”

Lui rimase in silenzio ascoltando le parole della ragazza che continuò: “Sai, mia sorella è l’unica persona al mondo che ho e nei primi tempi, essendomi lontana, mi sentivo smarrita e tanto sola. Poi, però, sei arrivato tu e siamo diventati amic…”

“Scusami, ora devo andare” , la interruppe bruscamente.

“Ma come? Di già?”

“Sì, mi spiace”

Myriam assunse uno sguardo dispiaciuto e abbassò la testa. “Per caso ho detto qualcosa di sbagliato?”

“Nulla, è solo ora di andare…Ci vediamo presto” . Freddamente si voltò e senza neanche un cenno della mano, uscì dalla porta. Fu così distaccato che la giovane non si sentì neanche di chiedergli se sarebbe tornato a farle visita nei prossimi giorni, come aveva fattole altre volte.

Appena fuori, Mark assunse un’aria infastidita. “Non sai che è maleducazione origliare alle porte altrui?”

“Se solo tu fossi dentro una camera “altrui” non lo farei, ma tu eri nella stanza dell’ostaggio, che è tutt’altra cosa” , gli rispose fredda la sorella.

Il ragazzo incominciò a camminare, seguito da lei. “Quale sarebbe il tuo problema?”

“Nessuno a parte che mio fratello sta diventando il giocattolo del nostro ostaggio”

“Giocattolo? Tu vaneggi”

“Lei ti considera suo “amico”, lo hai sentito, vero?”

Lui si fermò all’improvviso e lei fece lo stesso. “Non so cosa ti stia passando per la testa, Mark, ma non puoi permetterti di affezionarti a nessuno, tanto meno all’ostaggio che vale più di tutte le vite dei punitori messe assieme!”

“Non immischiarti in cose che non ti riguardano, Black feather”

“Invece mi riguardano! E non solo me, ma tutti quanti noi! Bada a trattare quella ragazzina! Se le accade qualcosa, possiamo considerarci tutti all’altro mondo!”

“La verità, mia cara sorellina, è che non sopporti che io stia con lei! Se il capo dei punitori non sarà informato, non saprà mai che vado a trovare Myriam, quindi non c’è nessun pericolo. Qui, l’unico problema è che ora che non c’è Black swan, hai bisogno di concentrarti su qualcun altro, che sarei  io. Ma ora che mi cerchi io sono impegnato con la piccola Myriam. È questo, vero? È questo che ti preme tanto?”

“Non dire assurdità! Come potrei mai essere invidiosa di lei?!” . Con aria adirata lo sorpassò e lo lasciò indietro. “Pensa quello che ti pare! Non m’importa niente di te!”

Mark la vide allontanare senza batter ciglio, poi, quando la sagoma della sorella sparì nel buio del corridoio, sospirò si voltò indietro e si diresse verso la stanza dove avrebbe avuto il suo prossimo incarico.

 

Era notte quando Melany, seduta vicino la riva di un fiume, osservava la luna piena circondata da quel mare di stelle. Quella notte il cielo era così bello che le passò la voglia di vedere la luce del sole; sarebbe rimasta a fissarlo per delle ore, se non per giorni. Si ricordò quando con la sorella e la madre osserva le costellazioni e quest’ultima le raccontava tante fiabe meravigliose che parlavano dell’origine dell’universo, di bellissime fate che venivano da questi pianeti accompagnate da altrettanto strani e bellissimi animali. Le piaceva tantissimo, ma quei momenti erano finiti: lei era diventata grande, aveva perso la madre e il padre e da un po’ anche la sorella che non sapeva se avrebbe mai più rivisto. Non si fidava di Black swan, neanche un po’, ma seguirlo come ostaggio era l’unica soluzione per cercare di ricongiungersi all’unico membro rimasto della sua famiglia.

Continuò a fissare il cielo fino a quando non sentì il rumore di passi che si avvicinavano e dai cespugli sbucò Dylan che la fulminò con lo sguardo. “Ehi, bimba, non dovresti essere a letto a dormire?”

“Non chiamarmi bimba! Lo sai anche tu che sei poco più grande di me! E comunque non ho sonno e non è scritto da nessuna parte che devo stare attaccata a te”

“Vero, ma è tardi e se non vai a dormire ora, domani mi romperai che hai sonno e che vuoi fermarti”

“Non lo farò, promesso”

Lui sospirò e le si sedette accanto, restando in silenzio. Inutile richiederglielo, la ragazza aveva già capito: ancora non si fidava pienamente di lei e voleva sorvegliarla.

“Cosa stavi facendo tutta sola qui?” , le chiese indifferente.

“Niente”

“Soltanto il nessuno, che non esiste, può fare il niente, proprio perché non esiste. Tu che esisti stavi per forza facendo qualcosa”

La ragazza era stupita. “Che cultura!”

“No, semplicemente filosofia”

Melany sorrise, ma poi tornò ad avere uno sguardo pensieroso. Dylan se ne accorse immediatamen-te. “Seriamente…Che stavi facendo?”

Lei sorrise nuovamente e sospirò. “Pregavo”

Il ragazzo assunse un’aria perplessa.

“Per l’uomo di stamattina, quello della locanda, quello che hai ucciso”

“Inutile che ti prendi tanta briga per un tipo del genere”

Avvertì il tono freddo del ragazzo ma continuò: “Era soltanto un uomo che aveva le idee confuse a causa dell’alcol, non mi sembrava il caso di usare la pistola”

“Ma ti sei resa conto delle condizioni in cui ti aveva ridotto quel tipo? Ti stava mandando il cervello in pappa”

“Lascia stare le mie condizioni. Ma tu non sai usare nessun’altro mezzo che la pistola per interagire con le persone?”

Dylan la fulminò con lo sguardo come per farla pentire della sua domanda e fece per alzarsi, ma Melany lo bloccò tenendolo per il braccio. “Non scappare come un codardo e rispondimi”

“Come e quando uso la pistola non sono fatti che ti riguardano. Per quanto mi riguarda, se non fosse per lei, tu saresti già morta a causa dei tipi che lei stessa ha ucciso”

“Ma il metodo è sbagliato. Perché usarlo sempre? Perché?!”

Il ragazzo ad un certo punto alzò il tono della voce fortemente irritata. “Perché è l’unico metodo che conosco! Perché ci sono cresciuto con questo metodo. Perché questa maledetta arma è stata la mia unica compagna sin da quando ero piccolo.”

Forse per il modo aggressivo ed adirato in cui l’aveva detto o forse per quello che aveva detto, la ragazza si ammutolì, quasi dispiacendosi per avergli posto quella domanda. “Mi spiace” . Pian piano quest’ultima si alzò in piedi e gli andò vicino mentre lui era ancora ansimante per la sfuriata di qualche attimo prima. “Mi spiace per tutto ciò che mi hai detto, io non volevo farti del male con il mio discorso, ma solo farti capire che anche se le persone molte volte sbagliano, non è detto che per punirli serva per forza ucciderli. Io volevo soltanto farti capire questo. Pensa a quello che ti ho detto e poi fa come credi” . Detto ciò si allontanò dirigendosi verso il falò che avevano acceso accanto alla macchina.

Dylan si sedette ancora scosso sull’erba e si mise una mano sulla fronte restando per un po’ in silenzio. Poi sospirò ed iniziò a massaggiarsi le tempie. “Quella ragazza riesce a farmi impazzire anche soltanto parlandole” . Per rilassarsi alzò lo sguardo al cielo e stranamente, quella sera, gli sembrò diverso, più grande, più esteso, più libero, quasi come lui. Gli sembrava così strano, eppure era vero: sfogarsi in quel modo con Melany, confessargli parte della sua vita in quei brevissimi attimi lo stava facendo sentire più libero.

La mattina seguente era come se non fosse successo niente: la ragazza rideva e scherzava mentre lui guidava senza darle troppo peso, come al solito. Ma Dylan aveva un qualcosa di diverso, che non sapeva descrivere neanche lui, era qualcosa di grande, molto grande e di importante, molto, molto importante.

“Secondo te quanto ci vorrà per arrivare?” , gli chiese ad un certo punto lei.

“Non so, credo più o meno un mese”

“Ancora?! Io non ne posso già più!”

“Che rottura che sei!”

“Rottura?! Io?!”

Ad un certo punto si sentì una forte vibrazione; era il cellulare del giovane che continuava a squillare. Quando quest’ultimo vide chi lo stava chiamando fermò la macchina e si voltò verso la ragazza. “Torno subito, non muoverti da qui” . Uscì dalla macchina e si diresse verso un angolo più appartato dove rispose alla chiamata. “Eccomi, Black feather, dimmi tutto”

“Black swan, ho per te un nuovo incarico”

Quando sentì questa frase titubò per un po’, poi continuò: “Perfetto, grazie mille”

“C’è qualcosa che non va? Ti sento un po’ strano”

“Non dire sciocchezze, va tutto benissimo, sarà una tua impressione”

“Lo spero. Ho già troppi problemi per la testa”

“Sarebbe a dire?”

“Problemi con Mark, tutto qui. Ora devo andare, ci si risente, Black swan”

“Ci si risente, Black feather”  . Chiusa la chiamata tornò verso la macchina, vi salì e rincominciò a guidare silenzioso.

Melany lo fissò per un po’, poi sospirò. “Era quella donna, vero?”

Lui si voltò verso di lei con sguardo perplesso.

 “Quella donna che ti chiama sempre”

“Anche se fosse?”

Lei scrollò le spalle. “Giusto per sapere” . Fece una pausa, poi nuovamente: “Che cosa ti ha detto?”

“Non ti riguarda”

“Qualcosa di brutto?”

“Non lo so”

“Qualcosa di bello?”

“Non lo so”

Una nuova pausa, questa volta un po’ più lunga. “Mia sorella sta bene?”

Non rispose.

“Questo ho il diritto di saperlo! Per favore, dimmelo. Ho bisogno di sapere come sta Myriam”

“Sta benissimo, non temere. Il capo dei punitori pretende la sua totale immunità. Se qualcuno la tocca o le fa del male, non si salverà dall’ira di Christopher”

“Stessa cosa che vale per me?”

“Stessa cosa che vale per te”

“Perché?”

Non rispose un'altra volta.

Lei sospirò. “Lo sai e non me lo vuoi dire o non lo sai proprio?”

“Non ne ho la minima idea”

“Voglio crederti” . Melany si voltò dall’altra parte e si addormentò, trascinata dalla schiacciante stanchezza.

********************************

Voglio ringraziare tutte le persone che hanno recensito. In particolare:

- veronic90: sono contenta che la storia ti piaccia e il mistero s'infittisce. Il motivo va oltre ogni immaginazione, posso assicurartelo XD

- AliceInHeartland: beh, che dire... sapere che ti sia appassionata così tanto alla storia e affezionata a Melany, non può che rendrmi felice! Purtroppo non posso lasciar morire Dylan (anche se a volte avrei davvero voglia di fargli accadere qualcosa di brutto...) altrimenti la storia finirebbe! XD

- Elly4ever: Ecco a te il quarto capitolo, spero che possa essere di tuo gradimento! ;) E sono contentissima che ti piaccia!

- Oneechan Kitzune: oramai sei mia adepta XD Sono davvero contenta che, anche se di genere diverso, ti piaccia anche questa mia storia ^-^ Contenta di vederti a sostenermi anche qui!
Non odiarmi XD 

Ringrazio, inoltre, chi ha letto, ma non ha recensito XD capisco, a volte non ho tempo neanche io U.U E soprattutto coloro che hanno inserito la ff tra le preferite, le seguite e le ricordate!
Grazie mille!

  
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