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Autore: Luli87    15/12/2010    8 recensioni
Un caso troppo pericoloso, un giro di prostituzione gestito da russi da scoprire e fermare. L'FBI vuole Kate nell'operazione, ma Castle non vuole restare fermo con le mani in mano.
Genere: Avventura, Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6. Sergei.
 
 
Golovanov aveva appoggiato Kate a una sedia e si era seduto proprio di fronte a lei, in attesa che si svegliasse. Kate non aveva aperto gli occhi neanche un secondo, aveva seguito tutti i suoi movimenti solo ascoltandolo. Si era lasciata spostare, senza opporre resistenza. Aveva ascoltato la conversazione di Golovanov al telefono con il suo capo, sapeva che Sergei stava arrivando: aveva deciso che si sarebbe svegliata solo al suo arrivo.
Non sapeva che la micro videocamera si era rotta a furia delle percosse del bastardo e il fermacapelli con il microfono era caduto chissà dove. Kate sperava che funzionassero ancora entrambi.
Irina giaceva a pochi metri di distanza, ancora svenuta. Il sangue le colava dal naso e quel bastardo non l’aveva nemmeno coperta.
Golovanov iniziò a massaggiare le cosce di Kate, sperando che quella si svegliasse prima dell’arrivo del suo capo. Vedendo che non apriva gli occhi, decise di svegliarla con qualche schiaffetto e un po’ di vodka, spruzzata sul viso.
“Avanti, rispondimi, qual è il tuo nome?”
Forse è meglio non farlo arrabbiare ancora, se si svegliasse Irina se la prenderebbe con lei. Meglio rispondergli. Pensò Kate.
Aprì leggermente gli occhi, piegando il collo prima a destra poi a sinistra, dolorante. “Nadia. Mi chiamo Nadia.”
“Sei americana?”
“No.”
“Ah, mi sembrava di sentire un accento russo. Russa. Molto bene. Sergei apprezzerà di sicuro. Lui adora le russe. Certo tu sei un po’ più adulta rispetto alle ragazzine a cui è abituato, ma gli piacerai.”
“Chi è Sergei?”
Il bastardo le continuava a strofinare le gambe e la fissava, con quegli occhi neri, pericolosi, affamati.
“Lo scoprirai tra poco. Ora, se solo ti azzardi a fare una mossa sbagliata, la pagherai cara. Vedi Irina laggiù?”
Kate spostò lo sguardo da quell’uomo alla ragazzina. Annuì.
“Brava. Meno parli meglio sarà per te. Svegliala. Aspetteremo insieme il suo arrivo.”
Detto questo, le liberò le mani. Golovanov allora si alzò e le puntò addosso una pistola: “Su, muoviti.”
 Kate, nonostante volesse davvero disarmarlo e prenderlo a calci, si alzò, corse dalla bambina e le sollevò il viso.
“Irina, rispondimi avanti” le lavò via il sangue dal naso e la accarezzò. “Andiamo svegliati…”
Irina aprì piano gli occhi, per pochi secondi rimase disorientata ma appena vide il mostro in piedi accanto a loro si spaventò e urlò. Kate la strinse più forte a sé: “No, no, sssh non urlare, andrà tutto bene, ti tengo io, non preoccuparti” ma la bambina non smise di tremare, nemmeno quando Golovanov si allontanò per sedersi al bancone del bar e guardare un programma in tv. Quello si sedette, si versò altra vodka, accese una sigaretta e mise accanto al bicchiere la sua pistola.
Kate stette seduta sul pavimento, con Irina che la abbracciava forte.
“Non avere paura, ti porterò via di qui, molto presto.” Gli occhioni azzurri della bambina la fissavano spaventati. La paura era descritta nel suo sguardo, le lacrime scendevano in continuazione. Non aveva ancora smesso di tremare.
“T- ti pr- prego a-aiu-tami… p-port-ami v-via” sussurrò.
Kate le prese il viso tra le mani e le sorrise dolcemente. Il volume della televisione era molto alto, così Kate sussurrò alla bambina, in modo che Golovanov non potesse sentirle: “Con me sei al sicuro, non preoccuparti. Fai come ti dico, resta sempre vicino a me. Se ti allontanano con la forza non reagire, ti prometto che tra poco usciremo di qui.” O almeno ci sperava. Kate aveva capito quanto fossero pericolosi quei bastardi. I pugni e i calci non risparmiavano nessuno, neanche una quindicenne indifesa. Sperava che tutto andasse secondo il piano. Sperava che la sua squadra fosse pronta ad intervenire. Sperava che Esposito fosse fuori dalla porta d’ingresso, pronto a colpire.
 
“Nessuno entra ed esce dall’edificio. Non capisco. E’ venti minuti che aspettiamo. Non riesco più a sentire voci, sembra che il microfono sia rotto.” Disse Ryan alla ricetrasmittente.
“Non agitiamoci, vedrete che arriverà.” Rispose l’agente Shaw.
L’espressione di Castle non prometteva niente di buono.
Dal microfono si sentivano pochissime voci, solo rumori e l’audio della televisione, segno che il fermacapelli era caduto da qualche parte lontano da Kate, ma funzionava ancora. Ad un tratto Ryan si allarmò, sentì il rombo di una moto avvicinarsi sempre di più. Una Kawasaki sfrecciò per la via, passò accanto al furgoncino e proseguì. Alla fine della strada, girò.
Falso allarme, pensò il detective. Prima o poi arriverà, so che è vicino.
Lo pensavano tutti. Lo speravano tutti.
 
Golovanov guardò l’orologio. Si alzò e spense la tv. Prese due bende nere dal bancone del bar e si avvicinò alle ragazze. “Mettetevele” ordinò.
Kate aiutò Irina a mettersi la benda. Poi ne legò una intorno ai suoi occhi, cercando prima a terra il suo fermacapelli. Dov’è caduto?!
 Golovanov non si fidò e gliela strinse lui stesso, impedendole di vedere anche solo un raggio di luce. Poi con uno strattone violento la costrinse ad alzarsi. Kate sentiva ancora la manina di Irina stringerla forte. Non la lasciò andare.
Silenzio.
Udirono passi provenire da una stanza accanto e una porta si aprì. L’uomo che entrò parlava con un forte accento russo.
“Ivan, cosa c’è di così urgente. Non è stato facile venire qui.”
“Capo, ha un aspetto distrutto” gli disse Golovanov.
Sergei?! Ma da dove è entrato?! La mia squadra interverrà a breve. Pensò Kate. Voleva intervenire, voleva togliersi la benda e reagire. Ma era sola, senza pistola, con una bambina da difendere. Decise che era meglio aspettare la sua squadra e restò in silenzio ad ascoltare la conversazione dei russi.
“Sì, viaggiare mi distrugge. Dormo quattro, cinque ore a notte. Poi dopo quello che è successo sembra che la polizia ci stia addosso. Qualcuno ci ha tradito.” disse Sergei.
“Ma nessuna puttana conosceva gli indirizzi. E se ci avessero tradito avrebbero già cercato in tutte le case!”
“Ivan, sto perdendo milioni di dollari per colpa di quei poliziotti. Questo business inizia ad andare a rotoli. Ho perso quattro case, una ventina di ragazze e quattro uomini. Ma non mi arrendo, non sanno di cosa sono capace. Ora vai, sai cosa devi fare. Le Filippine ti aspettano, hai un compito da svolgere laggiù. Ti manderò una lista di dove dovrà essere spostata ogni ragazza. E voglio fare dei cambiamenti, vorrei agganciare i miei clienti con qualcosa di speciale, qualcosa di così eccitante che per loro diventi un’ossessione.” Sergei si voltò e rimase in silenzio per qualche secondo. Fu allora che vide Kate e la ragazzina.
“Sergei, due nuovi arrivi. E qui c’è il tuo regalo di Natale. È russa sai?”
Golovanov si avvicinò alle ragazze e separò la mano di Kate da quella di Irina. Questa emise un debole lamento ma l’uomo non la colpì, solo la fece allontanare e la spinse a terra. Irina si inginocchiò, piangendo.
Silenzio.
Kate non riusciva a vedere nulla. La benda era troppo stretta. Percepì un uomo molto vicino a lei. Sentiva il suo profumo. Sentiva i suoi occhi addosso.
Poi l’uomo parlò. La sua voce era vicina, chiara, profonda, sexy.
“Sì, per lei ho già un acquirente. Un imprenditore arabo sta giusto cercando una ragazza così.” Poi, rivolto a Kate, disse: “Su, fammi vedere i tuoi occhi. Il mio amico desidera ardentemente che siano verdi.”
Le sfiorò la guancia, ma Kate si spostò, cercando di allontanarsi, coprendosi il viso con un braccio, pronta a reagire. Quello infatti le afferrò il polso, una presa molto forte, e la tirò a sé.
  
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