La mia fuga
Sono completamente sola.
Quasi sola, in effetti.
Accanto a me c’è un volto conosciuto, anche se non ho ancora osato rivolergli la parola. Ho passato anni a fare la predica a Luke sul non parlare a vanvera con la gente.
Parlerò poi con la mia balia. Però non so se saprò essere abbastanza aperta e sincera con un robot.
Ma ne ho bisogno. Ho bisogno di rivedere quelle casette dai tetti spioventi, quell’orologio, la tomba di mia madre. Ho bisogno di rivedere Saint-Mystere.
E’ troppo tempo che non parlo con qualcuno. Quasi venti minuti. Non riesco più a stare zitta.
- Buongiorno, signor Pavel.
- Oh, bon journè, signorita-chan. Come you can conoscere mon prenom?
- Ci siamo già incontrati, si ricorda? Stava cercando Roma...
- Ah, sugai. Well, où sta andando?
Esito. – A Saint-Mystere.
- Ah, bien, Saint Mystere. I know una scorciatoia. Tu viens?
Meglio rifiutare.
- Va bene – dico.
- Ah, perfect, signorita-chan. Je sto andando in Asia. Mi viene proprio di strada. E il suo vestito è molto kawaii.
- Ehm… grazie?
- Piacere tudo mio.
Sorrise.
Io sono furiosa con me stessa. Non avevo pensato forse “Meglio rifiutare”? E allora perché cavolo ho accettato?
Il treno finalmente si ferma.
Siamo a Fartend. Resto ferma.
- Venga, signorita-chan.
- Dobbiamo scendere a Fartend?
- Yes, oui. Ja, ja.
Prendo la valigia. Dentro c’è il cambio per due giorni e lo spazzolino da denti, oltre che qualche soldo. Mi prende il rimorso.
Forse non avrei dovuto andar via così.
Pavel è già uscito, così lo seguo a ruota, trascinandomi dietro la valigia.
Lui indica un punto lontano, fra le foreste, che non riesco a vedere.
- Andiamo al Sorth.
- Veramente quello è l’ovest –
Non sarò mai andata a scuola, ma un’istruzione privata l’ho avuta.
La stazione è gremita di gente. Usciamo e ci avviamo nella campagna.
***
Dopo due ore di cammino ho i piedi doloranti e il vestito umido. Ma una vera dama non si lamenta, quindi sopporto.
Arrivati sulla sommità di una collina d’erba e scesi da quest’ultima ci siamo addentrati nelle foreste.
Scavalco il tronco di un albero caduto e finalmente raggiungo Pavel, fermo davanti a un tombino maleodorante.
- Dopo of lei, signorita-chan.
Sbianco.
- Dobbiamo proprio?
- Prendere or lasciare.
E va bene. Starò ancora al gioco. Faccio un nodo al vestito perché non mi impacci più di tanto e comincio a calarmi giù per la scaletta.
Scendo un piolo dopo l’altro, fin quando non riesco a mettere il piede sulla terraferma.
Mi giro e vedo che di terraferma c’è ben poco. Non più delle due sponde e una misera pedana a pelo d’acqua.
Pavel mi raggiunge e supera. Poi mi fa cenno di seguirlo con la meno. Cammino lentamente sulla pedana, e guardo il soffitto. E’ pieno da scoppiare di macchie d’umidità.