Mi scuso per il ritardo, ma sono rientrata solo ieri da Londra!
Si, sono stata una settimana in questa città magica e me ne sono innamorata ancora di più!
Tornando alla storia, ho avuto un bel pò di problemi a scrivere questo capitolo, non sono abituata a descrivere certe scene o sensazioni di questo tipo, ma ci ho messo tutto il mio impegno e spero che sia accettabile :).
Aspetto il vostro giudizio!
Un bacio e buon fine settimana a tutti!
Capitolo 30 “Un errore?”
Edward non aveva fiatato, non si era
allontanato.
Non aveva fatto nulla di quello che
avevo pensato.
Aprii gli occhi uno alla volta, timorosa.
Edward mi guardava stranito.
“Non possiamo” decretò infine,
infrangendo il mio desiderio.
“Edward lo so che è pericoloso, ma…ti
desiderio, ti sento in ogni singola cellula del mio corpo” soffiai, era buio ma
potevo vedere perfettamente i lineamenti del suo viso contrarsi ad ogni mia
singola parola.
“Non dire stupidate!” sibilò duro “Non
metterò a rischio la tua vita…”.
“La mia vita?” gridai ridendo
istericamente.
“Certo come no la mia vita, la mia incolumità!”
digrignai tra i denti.
“Non capisci vero?” il mio corpo si
protese in modo naturale verso di lui.
“Non capisci quanto io abbia bisogno di
te?” chiesi evitando di piangere, sarei sembrata solo una patetica stupida.
“Mi hanno detto che probabilmente ti
perderò per un’altra che tu stamane hai nominato. Ok eri sotto il controllo
dell’Ombra, ma…cavolo! Io rischio di perderti, rischio di perdere il mio ragazzo
e tu pensi alla mia vita! Possibile che non ti freghi nulla di tutto quello che
ho detto!!!” gridai con tutta la voce in corpo.
“Ma…come accidenti fai?” qui la mia voce
scemò, incrinandosi.
“Lasciamo stare, Edward” aggiunsi con
rassegnazione.
“Fa conto che non ti abbia detto niente”
lo scostai e lasciai la sua stanza in preda alla frustrazione.
D’un tratto mi sentii tirare per un braccio
e portare nuovamente all’interno della camera.
Sbattei violentemente contro lo stipite
della porta, ma ignorai il dolore, ero troppo concentrata a guardare il volto
del mio ragazzo scrutarmi in un modo così…così seducente che sentii uno strano
calore in mezzo alle gambe e arrossii.
Lui sghignazzò “Sarò anche un vampiro,
ma tu hai risvegliato il ragazzo che c’è in me. Pensi che non avverta il
sentore del tuo desiderio?” chiuse gli occhi e inspirò.
Il suo sorriso si allargò, divenendo
terribilmente minaccioso.
“Hai un profumo delizioso” mormorò roco.
Io rabbrividii indecentemente.
“Non sei l’unica a desiderare qualcosa di
più” con le dita disegnò ghirigori sul mio braccio.
“Solo che…” sospirò pesantemente tra i
miei capelli, mentre io rimanevo rigida. “Ho paura. Temo di rovinare tutto non
sapendo dosare la mia forza…non sapendo come…comportarmi con te” confessò così
umano.
Così mio.
“Lasciati andare…” mormorai a bassa
voce.
Volevo essere sensuale, ma mi riusciva
difficile.
Edward sorrise sincero.
“Non è così semplice”.
“Ho tanta paura anche io, ma non di
sentire dolore. Non m’importa” sorrisi, posando il capo sulla spalla di Edward.
“E’ che…se non fossi all’altezza, io…” arrossii
al solo pensiero.
“Non avrei più il coraggio di farmi
vedere” con le dita strinsi la sua maglia, allontanando il mio viso da lui,
fissando il pavimento.
“Sciocchina” rispose Edward giocoso
prendendo il mio mento tra le sue dita e alzandolo verso il suo volto.
“Non m’importerebbe nulla…Ti amo
Meredith” mi baciò la fronte.
“Non posso pensare alla mia vita senza
di te” scese a baciarmi il naso, poi gli zigomi, infine si fermò a qualche
millimetro dalle mie labbra e mi scrutò curioso.
“Voglio fare l’amore con te” soffiò
basso.
Maledetta la sua capacità persuasiva.
Solo col suo timbro di voce mi fece
vibrare e quando le sue labbra si chiusero sulle mie, gemetti
incontrollatamente.
Le mie mani si persero nei suoi capelli,
ne sentivo la consistenza sotto le dita.
Erano morbidi, caldi, maledettamente
profumati e sexy.
Si, anche i capelli lo erano!
Edward era totalmente sensuale. Qualsiasi
cosa facesse.
Le nostre labbra si persero in una danza
che non conosceva tempo.
Edward mi prese in braccio ed io mi
aggrappai con le gambe al suo bacino, entrambi sospirammo beati quando le
nostre intimità si sfiorarono, seppur ancora coperte dai nostri abiti.
Egli indietreggiò e posò il mio corpo
sul letto.
Le sue mani si fermarono ai lati del mio
corpo, sosteneva il suo per non gravarmi addosso.
Ci fissammo per qualche istante, entrambi
ansanti, gli occhi lucidi per l’eccitazione e le bocche rosse e umide del
nostro amore.
“Te la senti?” sussurrò con una voce
irriconoscibile.
Sbattei le palpebre e annuii incredula.
Stava davvero per succedere?
“Non so se dopo riuscirò a controllarmi”
sospirò.
Stava ancora cercando di farmi cambiare
idea?
Scossi la testa e mi alzai di poco
mettendomi all’altezza del suo viso.
“Che fai ti tiri indietro?” mormorai
maliziosa e provocante.
Ero fuori di me.
Il desiderio parlava per me.
Infatti Edward sbarrò gli occhi,
sorpreso, ma si riprese subito, tanto che mi attirò al suo corpo.
Mi strusciai come una gatta in calore su
di lui.
Mi sentivo impacciata e fuori luogo. Non
sapevo neanche se stavo facendo bene, ma quando alle mie orecchie giunse un
gemito fuoriuscito dalle sue labbra, compresi che stavo ottenendo l’effetto
voluto.
Gli baciai il lobo dell’orecchio,
scendendo sul suo collo freddo.
Poco dopo le nostre labbra si
ritrovarono avide.
Rumorose si cercavano, si volevano, si
divoravano.
Poggiai la testa sui cuscini e le mie
mani finirono sotto la maglia di Edward, tastando i suoi addominali. Lo
accarezzai lentamente, mentre lui continuava a baciarmi, rilasciando dei
sospiri eccitati.
“Meredith” bisbigliò lussurioso sulle
mie labbra.
Una sua mano mi accarezzò l’interno
della coscia salendo sempre più su, sfiorò il mio inguine e al suo tocco il mio
corpo sussultò.
Il calore al centro delle gambe aumentò
vertiginosamente, facendomi girare la testa, mentre i muscoli si tesero.
Con tocchi appena accennati e sensuali
raggiunse il mio seno e iniziò a toccarlo da sopra la maglia. Fu immediata la
reazione del mio corpo che s’inarcò verso di lui.
Edward ghignò soddisfatto, a quel punto
con un movimento secco gli alzai
La soddisfazione dipinta sul mio viso.
Questa volta fui io a ridacchiare,
portandomi una mano alla bocca per trattenermi. La sua espressione era così
buffa e…tenera.
Mi pentii di quel gesto, perché subito
dopo Edward cambiò faccia. Divenne talmente serio da spaventarmi.
“Non si gioca così con un povero vampiro
eccitato” soffiò con quella voce maledettamente erotico, da farmi stare male.
Si gettò con la bocca sul mio collo e
scese sempre più giù fino a giungere ai miei seni.
Inspirò leccandosi le labbra, poi alzò
la mia maglia, lasciando scoperto il reggiseno. Leccò l’incavo tra i miei seni,
spostò la coppa del seno sinistro e lo baciò piano, giocando col mio capezzolo
turgido.
Sussultai.
Accertatosi della mia reazione, iniziò a
succhiarlo avido.
I misi sospiri aumentarono a dismisura,
divenendo presto gemiti incontrollati.
Forse avrei dovuto provare vergogna, ma
non fu così.
Perché era maledettamente bello sentirsi
così persi in quella erotica beatitudine. Edward mi sfilò maglia e reggiseno, continuando
la sua tortura.
La bocca poi venne sostituita dalle sua
mani che toccavano, accarezzavano, stringevano, massaggiavano…
Io mi aggrappai ai suoi capelli,
spingendolo sempre più verso di me e spronandolo a continuare.
“Ed…Edward” gridai inarcando la schiena,
lui alzò lo sguardo e mi fissò.
Gli occhi erano diventati neri, intrisi di
un desiderio profondo e represso. Stava fuoriuscendo tutto con una tale forza
da farmi avvertire quando fossi in suo potere, poteva tutto di me ed io non
volevo che sentirlo fremere sotto il mio tocco.
Quanto lo avevo desiderato?
Edward smise di guardarmi e tornò a
torturarmi i seni, scendendo lentamente con la bocca fino al bordo dei miei
pantaloni della tuta.
Con movimenti stranamente misurati,
iniziò a sfilarmeli, accompagnando il movimento con continui baci.
Stava diventando una tortura.
Una piacevole tortura.
Eliminato anche quell’ostacolo, ringhiò
facendomi quasi paura.
Era fermo in ginocchio davanti a me e mi
guardava bramoso, quasi mi volesse mangiare.
Il mio cuore iniziò a battere
all’impazzata.
“Edward” lo richiamai ansante, niente
non mi diede ascolto.
Continuava a scrutarmi, poi accade tutto
in un attimo: il suo jeans finì per terra raggiungendo gli altri vestiti e mi
strappò gli slip con i denti.
Un gesto netto e preciso.
Ringhiò ancora una volta, mettendosi su
quattro zampe, in posizione d’attacco. Leggermente spaventata, mi alzai sui
cuscini, aiutandomi con gomiti e mi fermai ad osservarlo.
Ero completamente impreparata. Eppure
non sentivo alcun terrore, non riuscivo a leggere cattiveria nel suo sguardo,
solo tanto amore e…venerazione?
Che avessi le traveggole?
“Edward” lo richiamai stupita, lui fece
un cenno con la testa e si avvicinò pericolosamente alle mie labbra.
“Sto perdendo il controllo…sto…” inspirò
sul mio collo.
“Sei splendida…ed io ti desidero da
impazzire” soffiò e il suo respiro bruciò sulla mia pelle. In basso, laggiù,
qualcosa pulsava maledettamente, provocandomi degli sbalzi di temperatura
impressionanti.
Ansimai, anzi gemetti senza ritegno
quando Edward chiuse nuovamente un mio seno nella sua mano e iniziò a
massaggiarlo con sempre più foga.
“E…Edward” gridavo il suo nome, una
cantilena continua che mi stava facendo perdere il senso di me stessa.
Non avevo mai provato delle sensazioni
simili.
Seppur con gli occhi appannati per via
del troppo desiderio, tentai di squadrarlo: era poco affermare che il suo
fisico fosse perfetto, non avrei dovuto minimamente meravigliarmi di quella
constatazione, eppure quello scoperta mi costò un gemito frustrato.
Il mio sguardo scese via, via sempre più
giù e alla vista della sua bene evidente erezione, deglutii rumorosamente,
stringendo il lenzuolo tra le dita.
Dio solo sapeva quanto mi sentivo
stordita in quel momento, priva di qualsiasi capacità logica di ragionamento.
Una mia mano scese incantata lungo il
suo petto, fermandosi a disegnare ghirigori sull’ombelico.
Edward trattenne il fiato quando lo
sfiorai lì, dove non batteva il sole.
Subito dopo chiuse gli occhi e ringhiò,
quello bastò ad incoraggiarmi nel continuare: lo accarezzai piano, spesso
sfiorandolo appena coi polpastrelli delle dita, poi d’un tratto, lo presi con
decisione e iniziai a massaggiarlo con vigore.
Il ringhio soddisfatti di Edward fece
tremare tutto il letto e anche me.
Niente paura, solo eccitazione.
Incredibile che fossi io a provocare in
lui certe reazioni, mi sentivo lusingata, orgogliosa…felice.
Mi staccai un attimo, ansante, sopraffatta
da una miriade di sensazioni diverse. Mi sentivo incapace di gestirle tutte
insieme.
Ma la più insistente e fastidiosa era
quella proveniente del mio basso ventre: martellava, pulsava chiedendo di essere
soddisfatta.
Sfinita mi lasciai andare sul cuscino,
guardando Edward e sperando accogliesse la mia muta richiesta.
Lo vidi inspirare l’aria, doveva aver
percepito l’odore dei miei umori e me ne vergognai come una ladra.
Arrossii all’istante, sentendo il cuore
pompare troppo sangue ad una velocità quasi vampiresca. Ovviamente Edward se ne
accorse e si accostò al mio viso, ghignando.
“Mi stai facendo impazzire…” e mentre
diceva ciò, un suo dito si divertiva a sfiorarmi lì dov’ero più sensibile.
“Oddio!” gridai, sbarrando gli occhi quando,
quello stesso dito birichino, entrò dentro di me, iniziando a muoversi piano.
Io e Edward ci guardavamo. Nessuno
voleva perdersi il piace dell’altro, non riuscivamo a staccare gli occhi gli
uni dagli altri, era un richiamo talmente forte da spezzarmi il fiato.
Il ritmo del suo dito aumentò e con esso
i miei gemiti, divenuti intrattenibili.
D’improvviso avvertii un calore
eccessivo e gli occhi appannarsi maggiormente.
I muscoli si tesero.
Era in arrivo il mio primo orgasmo.
Rilasciai il corpo sul letto, respirando
affannosamente. Il mio petto s’alzava e s’abbassava convulsamente.
Ero stupefatta. Non avevo parole per
esprimere quello che avevo provato.
Cosa sarebbe successo una volta entrato
completamente nel mio corpo?
Non ebbi modo di pensarci.
Osservai Edward allontanarsi appena da
me, pur continuando a fissarmi.
“Io…” mi sentivo in dovere di dire
qualcosa “E’ bellissimo…io…” sospirai e quel punto lui si avvicinò di nuovo
mettendomi un dito sulle labbra.
“Shh…non dire niente” la sua voce era
sempre più roca e più eccitante.
“Tu sei mia…solo mia” alitò sul mio
viso, mentre con le mani mi apriva le cosce.
Deglutii, comprendendo che era giunto il
momento fatale.
Edward si sistemò meglio tra le mie
gambe, io chiusi gli occhi e strinsi il lenzuolo tra le dita.
Con una spinta decisa, Edward entrò
dentro di me.
“Ah!” urlai per il dolore, lui si fermò
apparentemente tranquillo, ma i suoi occhi, la sua bocca trasudavano desiderio
e preoccupazione.
“Continua…” balbettai “Ti…ti prego”
inspirai e lui fece come gli avevo detto.
Si mosse dapprima lentamente, lasciando
che mi abituassi alla sua presenza, poi con sempre maggiore foga, stringendomi
a lui con ardore.
Ben presto il dolore lasciò spazio al
piacere.
Mi sentivo stranamente felice e
completa.
Anche in quel momento, i nostri occhi
erano incatenati, ammaliati, innamorati. Edward era di una bellezza
sconcertante mentre faceva l’amore: i capelli arruffati, il viso contratto dal
piacere, le labbra gonfie dei nostri baci e gli occhi dilatati e lucidi per il
godimento.
“Mery” soffiò, stringendo tra le mani i
cuscini del suo letto.
Non mi aveva mai chiamata così, solo mia
madre lo faceva e odiavo tutti coloro che mi davano quel diminutivo, però in
quel momento, mi sembrò la cosa più bella e giusta del mondo.
Fu così che entrambi raggiungemmo
l’apice.
Quando caddi sul letto in un tonfo
sordo, mi sentii la donna più completa e appagata del mondo.
Edward uscì da me, lasciandomi uno
strana sensazione di freddo e di vuoto.
Nonostante questo ero felice.
Stramaledettamente felice.
Ero sua. Solo sua.
Una lacrima di gioia mi solcò il viso,
scivolando velocemente giù.
Edward la raccolse con la lingua.
Osservai quel gesto, deglutendo.
Lui sorrise compiaciuto e si distese
accanto a me.
Il silenzio che ne seguì mi turbò un po’.
Chiusi gli occhi e inspirai: la stanza era piena dei nostri odori, mi sembrava
di poterli distinguere nettamente, ma avvertivo anche un odore sgradevole,
ferroso…
Timorosa spalancai gli occhi e mi
sedetti in mezzo al letto.
“Edward” lo chiamai, ma non ottenni
risposta.
“Edward!” si mosse “Non respirare” gli
dissi “C’è…sangue…”
“Lo so…” soffiò sul mio collo. Quand’è
che s’era avvicinato? Non l’avevo sentito. “Il tuo…” continuò. Col naso disegnò
ghirigori sul collo e poi mi morse appena sulla spalla.
Inizialmente sorpresa, non aprii bocca,
quando poi il dolore divenne insostenibile gridai.
“Edward!” urlai spaventata.
Perché…?
La porta della stanza si spalancò
rivelando la figura magrolina di Alice che corse come un razzo verso suo fratello, staccandolo
da me.
“Basta fratellino calmati!” gli intimò
in modo autoritario, ma non molto duro.
Edward si riscosse, come se si fosse
appena svegliato.
“Va fuori!” Alice gli si piazzò davanti,
il fratello era rimasto impalato a guardarmi, gli occhi sbarrati e spaventati,
la bocca sporca di sangue.
Il mio.
“Ho detto vattene!” ringhiò Alice notando
la sua immobilità.
Edward non disse niente e sparì dietro
la porta, richiusa in fretta da sua sorella.
Subito dopo il folletto si rivolse a me:
“C’è troppo odore di sangue, Meredith”
trattenne il fiato.
“Vai a farti una doccia” mi lanciò un
accappatoio pulito, lo indossai senza fare storie “Io intanto porto via le
lenzuola” continuò, mentre io ancora interdetta e sconvolta, mi diressi verso
il bagno.
Mi immersi sotto il getto dell’acqua
calda e il morso mi bruciò.
Gemetti di dolore, ma ciò che mi faceva
più male era sapere di aver messo Edward in difficoltà con la mia stupida
richiesta.
Come avevo potuto essere così sciocca?
Lamentarmi e piangere erano diventati il
mio sport preferito.
Così tra un singhiozzo e l’altro, mi
passavo la spugna su tutto il corpo, avvertendo ancora la presenza di Edward
addosso.
Avrei dovuto provare felicità per quello
che era avvenuto e invece tutto era andato allo catafascio.
Alla fine mi accasciai a terra,
chiudendomi a riccio e lasciando scivolare giù tutto il malessere che sentivo.
Una volta uscita dalla doccia, mi
avvolsi nell’asciugamano rosa e mi frizionai i capelli, soffermandomi davanti
allo specchio.
Sbarrai le palpebre sorpresa.
Mi vedevo così diversa: i miei occhi
sembravano brillare, nonostante fossero leggermente arrossati, le mie labbra
erano più colorite del solito e gonfie e le gote erano tinte di un tenue color
rosa.
Aprendo l’asciugamano per rivestirmi,
notai il morso sulla spalla.
Lo toccai e rabbrividii.
Se la volevamo leggere da un’altra
prospettiva, Edward mi aveva in un certo senso, marchiata.
Ero totalmente sua e quel segno ne era
la dimostrazione.
Vibrai a quella consapevolezza.
Uscii dal bagno qualche istante dopo e
indugiai un pò davanti alla porta della stanza di Edward.
Presa dall’ansia non sapevo che fare.
“Meredith” mi voltai, Alice era alle mie
spalle e mi sorrideva.
“Come ti senti?” chiese gentile, avvicinandosi.
“Sto bene…” mormorai.
La mia voce era un sussurro, fino ad
allora non aveva spiccicato parola.
“Non aver paura” disse posando una mano
sul mio braccio, l’istante dopo fissò la porta alle mie spalle.
“Si sente in colpa, vero?” domandai, nel
cuore il timore di conoscere la verità.
“Lo sai com’è fatto” rispose lei facendo
spallucce, io sospirai triste.
Dovevo immaginarlo.
Non volevo andasse a finire in quel modo.
“Credi che io possa entrare e…parlargli”
annuì.
“Meredith!” mi richiamò ancora il
folletto “Sei felice?” chiese sorridendo maliziosa.
“Si…” sorrisi beandomi di quella verità.
“Bene e allora sii forte, qualsiasi cosa
ti dica” non mi diede il tempo di ribattere che era già sparita giù per le
scale.
Scossi il capo.
A quel punto, mi voltai verso la porta.
Inspirai e abbassai piano la maniglia
per entrare, cercando di fare, scioccamente, meno rumore possibile.
Come se poi lui non potesse sentirmi!
La luce della luna piena filtrava nella
sua stanza attraverso la vetrata, Edward era in piedi con lo sguardo puntato
fuori e il volto illuminato da quella tiepida luce.
“Edward” sussurrai a bassissima voce,
lui si voltò, negli occhi un’ espressione colpevole e delusa.
E mi sentii in colpa.
Mosse qualche passo, ma non si avvicinò.
Ora la luna era alle sue spalle.
“Come stai?” domandò con apprensione.
“Io sto bene, ma…tu?” chiesi con una
certa urgenza, incrociando le mani.
Non rispose subito.
“Mi spiace” disse qualche secondo dopo.
“E di cosa?” domandai stupita.
“Sapevo che non sarei stato in grado di
controllarmi. Ti ho morsa capisci? Ho rischiato di…ucciderti” bisbigliò appena
l’ultima parola.
“Ma non l’hai fatto” ribattei.
“Solo perché è intervenuta Alice!”
ringhiò rialzando lo sguardo e fulminandomi con una sola occhiata.
“E’ stata colpa del mio sangue…”
mormorai afflitta.
“Cosa?” gridò lui “Tu non centri nulla.
L’animale sono io. Sono io che non sono un ragazzo comune, ma un vampiro. Sono
io l’abnorme scherzo della natura e tu…” mi guardò freddo.
Perché mi tremavano le gambe?
Perché improvvisamente sentivo che la
testa mi girava?
“Tu non dovresti stare con me!” sibilò
tagliente.
E quelle parole si insinuarono sotto
pelle, pesanti e doloranti come lama di un coltello.
Saltai all’indietro, ritrovandomi col
corpo sulla porta e una mano sul cuore, ne avvertivo il battito sempre più
flebile.
Chiusi gli occhi improvvisamente stanca.
“Non…” deglutii a fatica “Non puoi
davvero averlo detto” soffiai, inclinando la testa in avanti e tenendomi allo
stipite della porta.
“Non capisci?” esclamò “Ti ho messo in
pericolo, non avremmo dovuto farlo. È stato un errore e non si ripeterà più!”
ribatté duro.
Io sussultai, riaprendo gli occhi e le
lacrime fecero capolino da sotto le ciglia.
“Un errore” ripetei atona “Un…e…errore”
ribadii con la voce incrinata.
“Sai…” sussurrai debolmente “Credevo, anzi
speravo potessi esser felice quanto me di quello che abbiamo condiviso” alzai
la testa e lo fissai, sulle mie labbra comparve un sorriso amaro.
“Mi sono concessa a te…la mia prima volta
è stata con te!” esclamai.
“Ed è stato molto più che bellissimo!” il
mio tono sognante non si confaceva alla situazione e quelle lacrime bastarde
lacrime mi appannavano voce e occhi.
“Mi sono sentita completa e non mi era
mai successo. Non è soltanto qualcosa a livello fisico, ma dentro io…” e mi
strinsi la mano sul petto “Ho avvertito come se quello che mi mancava fosse
improvvisamente comparso e avesse preso il proprio posto” sorrisi tra le
lacrime.
“Forse mi sono sbagliata…” feci
spallucce “Credevo di averci visto giusto. Scusa…non volevo esser causa del tuo
dolore, ne divenire un tuo senso di colpa. Volevo semplicemente essere la tua
ragazza e amarti come tale…” gli diedi le spalle, aprii la porta e la richiusi
immediatamente, uscendo fuori da quella stanza. Mi lasciai scivolare lungo essa,
finendo malamente col sedere sul pavimento e chinando la testa sulle ginocchia.
In quella posizione mi sembrava di
attutire il dolore.
“Perché?” mi lamentai.
“Perché?” mi maledii suonando un pugno a
terra e sentendo le nocche della mano indolenzirsi, ma ignorai tutto.
D’un tratto la frustrazione lasciò
spazio al nervosismo: mi sentivo rifiutata come persona, ma soprattutto come
donna.
Edward aveva soddisfatto i suoi bisogni
(e i miei) per poi buttare tutto all’aria.
No, questo non era giusto!
Sbattei nuovamente un pugno sul pavimento,
digrignando i denti.
“Lo odio, lo odio, lo odio!!!” sibilai
furiosa.
Subito dopo spalancai gli occhi vedendo
proiettata dinanzi a me l’ombra che sogghignava.
“Avevo ragione…presto verrai da me” e sparì.
Sbattei le palpebre più volte, scuotendo
il capo.
Si era sicuramente trattato una visione
frutto della mia fervida immaginazione. Sbuffai e decisi di rialzarmi da terra.
Ormai era notte e forse era il caso di
andare a dormire.
Mi diressi verso la stanza che avevo
usato tempo prima.
Ultimamente Edward aveva fatto portare
un letto nella sua camera ed ero solita dormire lì, mentre lui mi coccolava.
Abbassai lo sguardo affranta e sentii di
stare di nuovo per piangere.
Lo impedii morendomi il labbro.
Dovevo essere forte e reagire!
Alice era stata chiara.
Mi fiondai nella stanza e mi gettai di
corsa sul letto, accoccolandomi sotto le coperte. Nascosi il viso sul cuscino,
soffocandomi.
Perché anche lì sentivo il suo profumo?
Battei un pugno sul materasso afflitta,
ormai lo portava addosso e dentro di me.
Fu così che mi addormentai, avvolta da
quella fragranza che sapeva tanto, troppo di noi…