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Autore: dardeile    21/12/2010    2 recensioni
“Ho già fatto la mia scelta,” dico, decisa, voltandomi verso di lui. “Mio Signore, sono fedele a voi e lo sarò fino al mio ultimo giorno.”
Annuisce e anche lui si volta finalmente verso di me. “Cosa sai delle Maledizioni senza Perdono, Bellatrix?”
[Terza Classificata al Contest "Old Fashion...and season" di emily alexander. Premio Speciale come "Miglior Bellatrix".]
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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IMPERIO

 

Causes the victim to be completely under the command of the caster, who can make the victim do anything the caster wishes.

 

Giugno

 

“Credevi che non sarei venuto?”

Lo guardo per un momento, e scuoto la testa. No, neanche per un attimo ho creduto che non avrebbe mantenuto la sua promessa. “No, mio Signore,” dico, piegando la testa in un piccolo inchino. A volte non mi sento degna di guardarlo, di essere alla sua presenza.

Eppure, in mille modi ha cercato di dirmi che lo sono, anzi, che sono forse la più degna di tutti. Non è forse per quello che siamo qui, su questa scogliera? Non cerca di allontanarmi, al contrario: cerca di attirarmi così vicina che non so se potrò mai più allontanarmi.

“Questa è la tua prima Estate da persona libera, Bellatrix,” lo sento dire. All’inizio non capisco a cosa si riferisca, perché sono sempre stata libera. Sono una Black: sono libera di fare quello che voglio perché ne ho la possibilità. Vedo il mio padrone che mi scruta, attendendo una risposta che non ho. Poi, come se fosse deluso dal mio silenzio, si volta, mi dà le spalle e guarda in lontananza, verso il mare che si stende davanti a noi.

Quando il Signore Oscuro mi ha annunciato che mi avrebbe presa come allieva, in senso lato, ho pensato immediatamente a maledizioni potenti, non minuti filosofici passati a perdersi nel nulla.

“Mio Signore?” cerco di attirare la sua attenzione, facendo qualche passo avanti per avvicinarmi. Quando gli sono affianco, mi guarda per un secondo brevissimo. “Mio Signore, cosa intendete per libera?”

“Libera dalla morale, Bellatrix.”

E poi capisco. Con il termine dei miei anni accademici, non sono più sotto lo scrutinio della comunità; la società continuerà a guardarmi, sì, ma non la comunità. E non c’è differenza più grande.

“Ti ho osservata, Bellatrix, negli ultimi mesi. Ed ho deciso di istruirti solo ora, perché finché la tua mente fosse stata oppressa dalla morale non avresti potuto essere pronta. Ma ora lo sei, se lo vuoi.” Si gira verso di me e mi consegna la mia bacchetta. “Devi scegliere, ora, se agire seguendo ciò che il tuo istinto ti dice, o se seguire quei precetti che sono maestri ad Hogwarts.”

“Ho già fatto la mia scelta,” dico, decisa, voltandomi verso di lui. “Mio Signore, sono fedele a voi e lo sarò fino al mio ultimo giorno.”

Annuisce e anche lui si volta finalmente verso di me. “Cosa sai delle Maledizioni senza Perdono, Bellatrix?”

“Tutto ciò che c’è da sapere,” rispondo. “Ma non ho mai avuto occasione di usarne una.”

Lui annuisce e comincia a girarmi attorno. All’inizio lo seguo con lo sguardo, poi decido di guardare di fronte a me, mascherando qualsiasi incertezza.

“Il regime che vado ad instaurare, Bellatrix, riporterà la magia alla luce del sole, e i Babbani al posto che spetta loro. Ma per farlo…” Una pausa, e lo sento che si ferma alle mie spalle. “…Per farlo ci sarà bisogno di fermezza. Severità. Durezza. Sei all’altezza?”

“Lo sono, mio Signore.”

Sento le sue mani fredde che mi si posano sulle spalle, mentre con forza mi costringe a voltarmi, non verso di lui ma verso un punto alla nostra sinistra. Schiocca le dita e dai cespugli poco lontani vedo arrivare una piccola volpe. Un cucciolo.

È spaesato, e alla vista di noi due sembra stia per scappare, ma il Signore Oscuro è più veloce. Gli punta la bacchetta contro e, senza che pronunci una parola, so cosa è successo. Il cucciolo di volpe è immobile, davanti a noi, ci guarda come se aspettasse ordini. Non posso vedere il Signore Oscuro in volto, ma ne vedo il braccio, e vedo il movimento circolare del suo posto. Il cucciolo comincia a rotolarsi davanti a noi.

“Controllo totale,” dice. “Se volessi, potrei costringerlo a mangiarsi la coda.”

Con un ulteriore movimento, rapido e impercettibile, la volpe comincia a correre in circolo.

“Saresti in grado di controllare questo animale, Bellatrix?”

“Sì, mio Signore.”

“Quando solleverò la maledizione, voglio che tu scagli la stessa. Ricorda Bellatrix, devi materializzare, nella tua mente, il collegamento fra te e ciò che comandi. Devi volerlo.” Sollevo la bacchetta e fisso l’animale, ancora impegnato a correre su se stesso come il mio maestro gli sta ordinando. Annuisco. “Pronta? Ora.”

Vedo la punta della sua bacchetta abbassarsi, e l’animale si guarda intorno, tornando alla realtà. Sono attimi prima che cominci ad indietreggiare.

“IMPERIO!” grido, puntando la bacchetta.

Non succede nulla. L’animale si volta e comincia a correre lungo la distesa verde, sotto il caldo sole estivo. Lo vedo allontanarsi, e sento una sensazione di fallimento pervadermi.

“Di nuovo!” esclama l’uomo accanto a me.

Non me lo faccio ripetere e balzò in avanti, puntando nuovamente la bacchetta. Non voglio deluderlo. Voglio che sia soddisfatto, voglio che non si penta di aver scelto me fra tutti. Ancor prima di scagliare la Maledizione so che funzionerà, perché riesco già a sentire un certo formicolio nel braccio. “IMPERIO!” grido, con più decisione,fissando il puntino rosso che si allontana.

Dal nulla, sento il calore espandersi dalla punta della bacchetta lungo tutto il mio braccio, un calore che mia avvolge la spalla e mi galleggia nel petto, e rimane lì, agganciato a me, proprio mentre la macchia rossa in lontananza si ferma, smette di scappare, e mi guarda.

“Fallo tornare.”

So che non vuole che lo chiami, vuole che gli ordini di tornare, che lo faccia tornare per mio volere. E quindi, come se tirassi l’estremità di uno yoyo, con un piccolo movimento sollevo leggermente la punta della bacchetta, e l’animale comincia a correre verso di noi, veloce e disperato, come se ne andasse della propria vita.

Probabilmente era così.

“Fallo rotolare,” mi ordina Lord Voldemort, e per un momento ho l’impressione di avere una maledizione nella maledizione, perché come può essere che senta il bisogno fisico di ubbidire ad ogni cosa che dice?

Lo faccio, imitando il movimento rotatorio del polso che avevo visto fare a lui pochi minuti prima. La volpe obbedisce ancora. Sono euforica, sento un tumulto dentro di me, una mescolanza di furore e soddisfazione che mi porta a nuovi livelli.

“Fallo saltare.”

Ubbidisco ancora, e la volpe comincia a saltare stupidamente sul posto.

“No, Bella.”

Mi volto verso di lui, senza abbassare la bacchetta o interrompere il collegamento con la maledizione, e vedo che sta guardando in direzione opposta verso il mare.

“Fallo saltare,” ripete. “Dalla scogliera.”

La volpe è saltata. E noi l’abbiamo guardata cadere, rovinosamente verso il mare, il corpo sballottato dagli scogli. Avevano sentito i guaiti di dolore e di paura, ed un sorriso si era allargato sul mio viso mentre guardava l’animale colpire l’acqua, increspano la superficie cristallina, ed affondare nelle profondità del Mar Baltico.

Ed ora sono qui, nella mia camera, a Villa Black, seduta, impassibile, davanti allo specchio, e guardo il mio riflesso, cercando di individuare il minimo cambiamento nella mia persona. Lo faccio perché una volta, ad Hogwarts, mi hanno detto che l’uso delle Maledizioni Senza Perdono ti entra sotto la pelle e ti cambia, dentro e fuori.

Eppure non vedo niente di diverso in me, non in negativo. Sono sempre io, sempre Bellatrix, se non altro un po’ più felice di quanto non sia mai stata. L’unica cosa che posso vedere, e non ho dubbi, è la scintilla nei miei occhi, la scintilla del potere.

Il Signore Oscuro ha detto che non vuole più vedermi con i capelli raccolti. Gli ho chiesto perché, e mi ha dato una spiegazione strana ma assolutamente sensata. Ha detto che da oggi devo liberarmi degli ordini della società in cui vivo, dal decoro e dalla rispettabilità. Da oggi sono io che comando, non sono più quella obbligata a sottostare alle regole.

Una volta che impari a comandare gli altri, non ubbidisci più.

Quindi, senza distogliere lo sguardo da quello specchio, sollevo le braccia verso lo chignon che ho portato per tutta una vita, e con deliberata lentezza, ciocca dopo ciocca, mi libero dalle costrizioni. Ciocca dopo ciocca, lascio andare ciò che sono stata e finalmente vedo quello che intendevano, quando dicevano che le Maledizioni ti cambiano. Con ogni ciocca di capelli che ricade sulle spalle, vedo un soffio di me sparire, uscire da me e fluttuare nell’aria fino a sparire.

Quando finisco, i capelli sono ricci come sempre, un po’ spettinati, selvaggi come lui vuole che io sia. Sposto gli occhi sulla finestra e vedo la chioma del ciliegio che risplende sotto i raggi del sole. Tra i piccoli fiori rosa, ce n’è uno più scuro di tutti.

~

 

CRUCIO

 

Causes the victim to suffer almost intolerable pain.

 

Luglio

Il Signore Oscuro, dopo un mese di esercitazione sulla Maledizione Imperius, ha confessato di essere soddisfatto. Sono riuscita a controllare con successo tutto ciò che lui mi ha posto davanti, inclusi esseri umani, Babbani e maghi potenti. Anche alcuni dei suoi Mangiamorte, a loro insaputa.

Sono il suo progetto, me lo ha detto l’ultima volta che ci siamo visti, e mi ha detto che sono pronta per il passo successivo. So già quale sarà, e non sto nella pelle, perché è forse quello che più mi ha affascinato, da sempre.

Qui, sulla scogliera dove mi portò la prima volta, sotto il sole cocente, aspetto solo un suo ordine, e riesco a stento a trattenermi dall’implorare di cominciare, come una bambina impaziente. Lui non dà segno di volerlo, non mi guarda negli occhi, è di nuovo rivolto al mare e attende qualcosa.

“Mio Signore?” chiedo, come è mia abitudine, nel tentativo di spezzare l’attesa, riempire il silenzio per passare all’azione. Voglio farlo, voglio fargli vedere le mie capacità. Sono sicura di poterlo fare, questo più di ogni altra cosa.

“Hai sciolto i capelli,” dice. “Brava. Ti si addice molto di più di quella pettinatura da moglie dell’alta società.”

Abbasso lo sguardo, forse per nascondere il sorriso, forse semplicemente perché ancora una volta non mi sento all’altezza delle sue aspettative. “Grazie, mio Signore.”

“La prossima volta, vorrei che levassi tutto quel trucco,” continua. “Capirai perché, ne sono sicuro. Sei perspicace.”

“Tutto ciò che il mio Signore richiede,” sussurro, incapace di fare altrimenti.

“Bene Bellatrix, sei riuscita a gestire la Maledizione Imperius con grande abilità, te lo riconosco. Ma pensi di essere in grado di dimostrare altrettanta bravura in quello in cui ci imbarchiamo oggi?” Me lo chiede con asprezza, quasi come se cercasse di irritarmi, di sminuirmi.

“Mio Signore, se posso causare dolore alle persone che hanno illegittimamente usurpato la dominazione ai maghi, sarò più che onorata.”

“Buona risposta,” dice, colpito. “Per questa Maledizione, Bellatrix, non basta una rabbia giustificata, non causerai mai vero dolore a meno che tu non voglia farlo davvero, e non tragga piacere dal farlo.”

Sorrido. “Le urla di terrore di un Babbano in preda alla peggiore delle torture saranno l’aria che respiro. Non posso pensare a qualcosa di più piacevole.”

Mi osserva per un minuto, mi studia, probabilmente mi legge dentro per capire se quello che dico è vero o è solo un tentativo di accattivarmelo. Ma non ho paura, perché so che è vero, è sempre stato così.

Senza proferire ulteriore parola, volta le spalle al mare ed io faccio lo stesso, e proprio come aveva fatto la prima volta, schiocca le dita. Mi aspetto di vedere arrivare un animale, il primo gradino di una salita graduale verso obiettivi migliori, ma rimango sorpresa perché dal nulla vedo comparire un bambino che, a prima vista, non dimostra più di dieci anni, come legato da lacci invisibili. Gli occhi sono chiusi, sembra che dorma.

“Questa creatura è il figlio di un dipendente del Ministero che mi ha recentemente dato delle grane,”mi spiega il Signore Oscuro, gli occhi fissi sul corpicino che giace sull’erba, illuminato dal sole. “A Settembre riceverà la lettera da Hogwarts.”

“È il figlio di Amynthus Habbott,”dico io, riconoscendolo. “Ho letto della sua scomparsa sulla Gazzetta del Profeta. Signore, pensate che sappiano che siete stato voi?”

“Oh, son sicuro che sappiano,” esclama lui, con una risata fredda, di scherno. “Hanno solo troppa paura per ammetterlo, perché farlo significherebbe che dovranno accettare il fatto di averlo perso per sempre.”

Annuisco. “Lo ucciderete?”

“È pietà quella che avverto, Bellatrix?” mi chiede, voltandosi verso di me con uno sguardo duro, di rimprovero.

“No, mio Signore, pietà mai, non per coloro che si oppongono alla nostra missione,” rispondo onestamente. “Solo preoccupazione per Voi,e  per quello che ne deriverebbe per la Vostra persona.”

Lord Voldemort sorride ed annuisce. “Forse lo farò, o forse farò qualcosa di diverso.” Il suo sguardo si posò nuovamente sul bambino. “O ancora più probabilmente, tu farai qualcosa per me. Qualcosa che ricorderà a tutti quanti di non mettere i bastoni fra le ruote a Lord Voldemort ed ai suoi discepoli.”

Guardo il bambino e faccio qualche passo fino a che gli sono vicina, e lo guardo dall’alto verso il basso. Il mio corpo getta un’ombra lunga su di lui, e il cambiamento lo tocca, vedo che i muscoli danno cenno di vita, e le palpebre si muovono, indicando uno stato di semi-veglia.

Il bambino apre gli occhi di scatto e non parla, guardando in alto verso di me. Per un momento, ricambiando il suo sguardo, ho l’impressione che pensi che sia lì per salvarlo, forse perché sono una donna.

“Torturalo, Bellatrix.”

Il bambino ascolta e si rende conto di quello che sta per succedere. Comincia a tremare, il corpo si dimena contro i legacci invisibile che lo tengono fermo sull’erba, incapace di correre, incapace di fare nulla. Solo la bocca può muoversi, e lentamente ma sicuramente, approfittando dell’attimo prima che alzi la bacchetta, la apre e comincia a piangere, a gridare, ad invocare la madre, a pregarmi di non farlo.

Gli sorrido. “Non dimenarti, tesoro,” gli sussurro, piegando la testa di lato. “Forse non farà male come dicono.” E poi rido, perché so cosa sto per fare e so che lo farò bene, ancor prima di usarla so che sarà la mia arma di prima scelta, so che diventerò temuta per quello che posso infliggere. Lo so, e a giudicare dal sorriso compiaciuto sul viso del mio Signore, lo sa anche lui.

Il bambino continua a urlare, si dimena di più, cerca di divincolarsi dell’incantesimo di Impedimento, ma è tutto inutile. Alzo la bacchetta, e lui smette di urlare. Mi guarda, gli occhi pieni di lacrime, le labbra gli tremano e il respiro è affannato. Riconosco i sintomi del panico.

“Crucio,” dico, ma non lo urlo, non ce n’è bisogno. È già dentro di me, lo sento, lo avverto, basta sussurrarlo e la Maledizione scoppia dalla punta della mia bacchetta con la forza del sadismo che ho in me.

Le urla ricominciano, ma sono diverse. Sono gutturali, spietate, come se provenissero da un luogo oscuro all’interno di un corpo così piccolo. Delle urla più grandi di lui. Più urla, più la Maledizione sembra rafforzarsi, perché io, con quelle urla, divento più forte. Le urla aumentano, fino all’inverosimile, ed io non sollevo la Maledizione perché non ho mai provato nulla di simile e vorrei che non finisse mai.

“Basta.”

La voce del mio Signore interrompe il filo dei miei pensieri, ed interrompo immediatamente l’incantesimo, voltandomi verso di lui. Ho il respiro profondo, sono scossa da brividi di eccitazione e lui lo vede e mi sorride. Nel frattempo il bambino ha ricominciato a piangere.

“Hai un dono,” mi dice, annuendo compiaciuto. “Non avrei mai creduto che una donna potesse essere capace di una Maledizione Cruciatus così potente. Mi sorprendi ogni giorno di più, Bella.” Le labbra si stirano in un piccolissimo sorriso. “È solo un bambino. Non provi il minimo rimorso?”

“Non so cosa sia il rimorso, mio Signore,” rispondo, cercando di calmare il respiro. “Mezzosangue, Babbani… Non importa l’età, non importa la razza, il sesso. Sono tutti uguali, tutti la stessa feccia. Ed in quanto tali, devono essere puniti. Tutti.”

Poi lui fa qualcosa di strano, qualcosa che non gli appartiene, qualcosa che mi fa capire come sia soddisfatto della lezione. Si siede per terra, sull’erba fresca e mi guarda. Poi indica nuovamente il bambino e, con un cenno della testa, mi dice: “Divertiti pure.”

Mi ero divertita come non mai. Avevo torturato il bambino, avevo alternato periodi di dolore lunghi a periodi brevi, in modo che non si abituasse al dolore, in modo che ogni fitta fosse inaspettata, peggiore dell’altra, in modo che perfino la morte sarebbe stata un sollievo.

Già dopo le prime tre scariche, era chiaro che quel bambino non avrebbe mai frequentato Hogwarts. Quel bambino non avrebbe mai più visto niente, o almeno non l’avrebbe riconosciuto; dopo aver raggiunto l’apice, le urla avevano cominciato ad affievolirsi e lo sguardo era diventato vacuo, gli occhi rigirati sotto le palpebre. Fino alla fine, quando solo i muscoli delle gambe continuavano a contrarsi, mentre il torso giaceva come pietrificato. Era un effetto strano, divertente ai miei occhi, perché sembrava un burattino a cui avessero tagliato i fili delle braccia, mentre un burattinaio macabro continuava a muovere con furore quelli delle gambe, incurante dello spettacolo.

Ed ora, proprio come un mese fa, sono di nuovo qui, in camera mia, seduta di fronte allo specchio. Ed ora sì, la vedo la differenza. Ho tolto tutto il trucco, come il mio signore mi aveva detto, ed ho i capelli sciolti. Non sembro quasi più io, ma quello che vedo mi piace molto di più di quel fantoccio imbalsamato che avevano fatto di me. Vedo una donna che ha fatto le sue scelte, e che ne è soddisfatta.

Vedo i cerchi scuri sotto gli occhi, vedo le imperfezioni della mia pelle, vedo il pallore delle mie labbra. Vedo me, e capisco perché il Signore Oscuro ha voluto che levassi il trucco. Quello che vuole, è che le mie vittime mi vedano, che mi vedano veramente, vedano quello che sono, non nascosto dietro quella maschera di perbenismo che il trucco rappresentava. Vuole che vedano la follia nei miei occhi, che vedano le fattezze della persona che le torturava, e che quelle fattezze divengano l’incubo che infesta le notti insonni dei suoi oppositori.

Vuole che io sia la sua arma, il suo braccio destro, che temano me quanto temono lui.

Sempre guardando nello specchio torno a guardare il ciliegio che aveva attirato la mia attenzione a Giugno. Il fiore, il più scuro di tutti, è diventato violaceo, e spicca contro i compagni rosa pallido. È il più grande di tutti, è sbocciato più in fretta.

~

 

AVADA KEDAVRA

 

Causes instant death in a flash of green light.

 

Agosto

“Ora che hai perfezionato la Maledizione Imperius e la Maledizione Cruciatus, Bellatrix, voglio che tu venga con me in missione.”

Quando il Signore Oscuro pronuncia queste parole, nuovamente sulla scogliera, il mio petto si gonfia d’orgoglio.

“Cosa mi state chiedendo?” gli domando, pendendo dalle sue labbra.

“Penso che tu conosca lo schema che sto seguendo nelle nostre lezioni Bella,” dice, con semplicità. “E penso anche che tu sappia bene cosa ci aspetta.”

Sorrido e annuisco. “Sono al vostro servizio, mio Signore.”

Mi afferra per il polso e ci Smaterializziamo. Quando i miei piedi toccano di nuovo il terreno, siamo ai piedi di una villa, poco fuori dal cancello. È una bella villa, a due piani, con un giardino curato e pieno di fiori. L’Estate volge al termine, e la brezza estiva si è rinfrescata. Non fa più caldo.

“Dove siamo?” chiedo, mentre il Signore Oscuro fissa il suo sguardo su una finestra del primo piano.

“Questa,” mi spiega, “è casa di una persona che ha un’affiliazione scomoda con l’Ordine della Fenice. Penso tu sappia di cosa sto parlando.”

Lo so. “Sì, mio Signore. Ho letto su di loro. Ho sentito i miei genitori che se ne lamentavano.” Faccio una pausa e sposto lo sguardo sulla stessa finestra. “Proteggono la causa di mezzosangue e nati Babbani,” aggiungo con odio.

“Sì, Bellatrix,” conferma lui. “Più di una volta hanno procurato protezione a quegli insulsi esseri, e più di una volta mi hanno reso il lavoro difficile. È ora di colpirli là dove fa più male.”

Annuisco e lui apre il cancello con una facilità incredibile. Quanto sono stupidi, poveri sciocchi. Lasciare la proprietà così vulnerabile all’entrata di chiunque. Lo seguo e, camminando fra i fiori che adornano il prato, sorrido tra me e me, pensando a quanto sia vana la cura degli altri quando non ci si sa prendere cura di se stessi.

Arriviamo alla porta, e leggo il nome dei proprietari della villa. Dearborn. Il Signore Oscuro punta la bacchetta contro la porta, che si apre con uno scoppio. Mi sporgo per guardare oltre la sua spalla, e vedo che l’ingresso è vuoto.

“Mio Signore, non sono in casa?” chiedo, ma lui solleva una mano per farmi tacere. Sorpassa la soglia e si ferma nell’atrio, guardandosi intorno. Lo seguo ancora, e mi fermo affianco a lui. Nel silenzio, sentiamo un rumore dal piano di sopra. Passi veloci, brevi e calcolati, qualcuno che si nasconde.

Lord Voldemort sorride e scuote la testa. “Il coraggio dell’Ordine della Fenice.” Poi mi fa cenno con la testa e comincia a salire le scale, tenendo la bacchetta alta davanti a sé, pronto a reagire al minimo rumore. Io sono dietro di lui, tengo la bacchetta stretta nella mano destra.

Arriviamo sul pianerottolo, e Voldemort stende il braccio verso di me, bloccandomi pochi passi dietro di lui. Lo guardo confusa, ma rimango là dove lui mi dice, mentre egli continua a camminare verso la porta più vicina, a sinistra. Avvicina di nuovo la bacchetta alla serrature e la porta si apre; allo stesso tempo, lui si scansa, a destra, appiattendosi contro il muro, mentre dalla camera esce una getto di luce verde che va a colpire il muro alla mia destra.

Il mio Signore ride, una risata acuta e fredda, e torna a guardare dentro la camera, gli occhi infuocati fissi su qualcosa, o qualcuno. “Caradoc, non essere sciocco,” dice, ridendo. “Non puoi vincere contro di me!”

Non posso vedere l’avversario del Signore Oscuro, ma vedo lui che con maestria riesce a scansare uno Schiantesimo. Velocemente, solleva la bacchetta e grida “Impedimenta!”, ed io, dalla mia posizione, riesco a sentire la voce di Caradoc Dearborn che abbozza un Sortilegio Scudo, ma non è abbastanza veloce. Sento un grido strozzato ed un tonfo.

Solo allora il Signore Oscuro si gira verso di me e mi fa segno di avvicinarmi. Io mi affretto ad affiancarlo e guardo dentro la stanza, dove un uomo di mezz’età, dai lunghi capelli castani e gli occhi grigi si dimena sul pavimento in legno.

Lord Voldemort entra nella stanza e si ferma a pochi passi dalla vittima, che lo guarda con odio, quasi con sfida.”Uccidimi, Voldemort,” sibilò. “Fallo, ma ne verranno altri cento pronti a combatterti. Non riuscirai a vincere, non con l’Ordine della Fenice pronto a fermarti!”

Sento la rabbia che mi ribollisce nelle vene e senza essere in grado di controllarmi alzo la bacchetta. “Come osi parlare così al Signore Oscuro, feccia!” grido. “Crucio!”

Un urlo si leva dall’uomo, un urlo diverso da quello del figlio degli Habbott, un urlo ancora più disperato se possibile. Il Signore Oscuro lo guarda contorcersi, e si accuccia vicino a lui, osservandolo più da vicino mentre Caradoc digrigna i denti in preda al dolore, si inarca, sbatte la testa contro le travi del pavimento. Con la testa piegata leggermente di lato, il Signore Oscuro sorride. “Basta così Bellatrix.”

Sollevo la bacchetta, e la Maledizione, e guardo l’uomo con disprezzo crescente.

“Caradoc, ti presento Bellatrix Black,” dice il Signore Oscuro, sorridendo malevolo. “Poco importa che tu sappia il suo nome, perché comunque morirai a breve e non sarai in grado di raccontarlo a nessuno, però mi conosci, sono all’antica, mi piace che le persone sappiano almeno il nome delle persone che le uccidono.”

Caradoc Dearborn sposta lo sguardo da Lord Voldemort a me, e io non posso trattenere il ghigno che mi curva le labbra.

“Brava, vero?” continua il Signore Oscuro, come se discorresse del tempo. “La miglior Maledizione Cruciatus che abbia mai visto. Non sei d’accordo?”

Caradoc digrigna i denti e sputa ai miei piedi. Dovrebbe farmi imbestialire, ma non fa altro che incendiarmi di più: essere odiati, essere temuti, è questo che rende le persone pericolose.

“Bene, ora che abbiamo fatto le presentazioni…” Lord Voldemort si rialza e mi guarda. “Pensi di essere pronta?”

“Una novellina, Voldemort?” grida Dearborn. “Hai portato una novellina ad uccidermi?” Ride sprezzante. “Cosa sono, un compito scolastico? Non sei nemmeno in grado di uccidermi da solo, vile codardo?”

Sono pronta a torturarlo di nuovo, mi trema la mano, ma Voldemort mi afferra il polso e mi ferma. “No, Caradoc. Semplicemente non sei nemmeno all’altezza di essere ucciso da me.” L’uomo tace, ci guarda e sul suo viso si dipinge un’espressione di rassegnazione. Contemporaneamente, smette di dimenarsi e guarda in alto verso il soffitto. Una lacrima gli scende dal viso.

“Un ultimo desiderio, Dearborn?” chiedo. Noto con piacere che non sono spaventata; la sicurezza del Signore Oscuro sembra essersi inculcata dentro di me, in qualche modo, rendendomi altrettanto sicura, arrogante perfino.

“Che tu vada all’inferno,” risponde, spostando gli occhi chiari su di me.

Sorrido. “Quello era già stato messo in preventivo,” gli dico, sollevando la bacchetta sopra la mia testa.Poi, come una frustata, abbasso il braccio di scatto e grido, “Avada Kedavra!”

Un lampo di luce verde si sprigiona dalla punta, colpendo l’uomo dritto in mezzo agli occhi. Il rinculo del colpo, che non avevo messo in preventivo, mi sbilancia e vengo spinta violentemente all’indietro, sbattendo contro il muro alle mie spalle.

Il Signore Oscuro guarda il corpo esanime che giace sul pavimento, poi si volta verso di me mentre con la mano sinistra cerco di massaggiare la spalla destra, che ha subito il colpo più del resto del colpo. Fa male, ma è un dolore che viene presto rimpiazzato da qualcosa di diverso che sul momento non so identificare.

Poi lo riconosco, guardando il frutto dei miei sforzi: ho ucciso. Per la prima volta, ho privato un uomo del respiro, della voce, della vista, di tutto, lasciandolo nel nulla, annullando la sua esistenza. Per sempre.

“Sei pronta, Bella.”

Guardo il mio Signore con sguardo interrogativo, perché non capisco a cosa si riferisce. Egli solleva la sua bacchetta e sorride. “Porgimi il tuo braccio sinistro.”

Stavolta non siedo davanti allo specchio, non mi basta. Rimango in piedi, perché solo rimanendo in piedi riesco a vedermi le braccia. Anzi, l’avambraccio. Lo vedo, è lì, il contrasto contro il bianco della pelle è meraviglioso. Ora che lo vedo, sembra quasi che il mio braccio sia stato creato con il solo scopo di essere marchiato, di portare quel simbolo di appartenenza.

Sono un’assassina, e questo Marchio Nero ne è la testimonianza più viva. Sono un’assassina, ed appartengo al Signore Oscuro.

Non sono più io, non sono più quel riflesso che lo specchio rimandava mesi fa, sono una persona diversa, e lo specchio si è gradualmente abituato. La trasformazione è stata lenta, me definitiva; non posso, né voglio, tornare indietro, perché ho oltrepassato la linea fra il bene ed il male con un passo troppo lungo.

Qualcuno bussa alla porta, ed abbasso velocemente la manica, nascondendo il Marchio. Non perché non ne sia fiera, e so che lo sarebbero anche i miei genitori, ma è qualcosa di talmente prezioso che voglio resti solo mio per un giorno, forse due. Poi lo annuncerò a tutti, con orgoglio, ma per ora è solo mio.

“Arrivo,” dico, e chiunque abbia bussato si allontana con passi veloci. Sto quasi per uscire, quando il mio sguardo cade sulla finestra. Il ciliegio è al massimo della sua bellezza, tutti i fiori sono grandi, di un rosa acceso, e sembrano brillare alla luce dei raggi del tramonto.

Solo un fiore, diverso dagli altri, rifugge la luce, nascosto fra le foglie. Mi avvicino al davanzale ed apro la finestra. Lo guardo, lo studio, poi mi sporgo e allungo la mano, ma prima che riesca a raggiungerlo il piccolo fiore nero con le venature viola si stacca dal ramo e cade, con grazia sul suolo.






Il giudizio del contest =)
Ancora una volta, grazie mille a emily alexander per lo spunto creativo, e per il giudizio!

Grammatica e sintassi:
 19.4/20
Stile e lessico: 20/20 
Originalità: 15/15 
Caratterizzazione del personaggio principale: 15/15
Trama: 19.75/20 
Giudizio personale: 10/10 
Totale: 99.15/100
Posso davvero commentare questa storia? È assolutamente perfetta. Ti ho tolto qualche punto alla grammatica e sintassi perché nella parte iniziale vi sono alcune ripetizioni ed alcuni errori nei verbi quando Bella siede davanti lo specchio la prima volta: passi dalla terza alla prima persona e viceversa.Per il resto, una Bellatrix fenomenale, assolutamente Ic, totalmente perfetta. La sua immagine che cambia davanti lo specchio maledizione dopo maledizione è davvero il fiore all’occhiello di una storia che mette i brividi per la sua crudezza. Le tre maledizioni sono descritte in maniera perfetta e come avrai notato hai il massimo sia all’originalità che al giudizio personale. Ho tolto qualcosa alla trama per la stagione: il passaggio del fiore, i suoi mutamenti, è delizioso, davvero, ma forse più adeguato alla primavera che all’estate. Ad ogni modo, uno splendido lavoro. Complimenti!
  
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