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Autore: y3llowsoul    21/12/2010    3 recensioni
Aprì gli occhi. Si accorse immediatamente che qualcosa non andava. Era confuso. Nonostante tutto stesse girando, lui poteva distinguere che la prospettiva che se gli presentava davanti era molto inconsueta. Chiuse di nuovo gli occhi, un po’ per le vertigini, un po’ perché non dovesse più sopportare quell'angolatura.
Un Eppes ha una malattia grave e non sa come dire agli altri. Come reagiranno loro?
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Charlie Eppes, Don Eppes
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Leucemia18

 

CAPITOLO DICIOTTO

 

Whenever things go wrong, I'll be with you.

Whenever clouds are there, we'll fight that through.

You never walk alone. I'll be with you.

(Mathou, You Never Walk Alone)

 

Charlie tentava di nascondere il tremolio di fronte al suo miglior amico quando aprì la porta. Quella maledetta febbre!

«Charlie?» giunse dal soggiorno la voce di Alan. «Sei tu?»

«Sì!» rispose Charlie – e avrebbe preferito che sua voce fosse sembrata più forte.

«Cosa c’è?» Si era precipitato da loro Alan «Che è successo? Credevo che saresti tornato più tardi. Non stai bene?»

Charlie non sapeva se essere grato o snervato mentre suo padre l’osservava con preoccupazione e tensione. «Non agitarti, papà. Sto bene».

«Non è vero» lo interruppe Larry ad un tratto. «Charles è svenuto durante la lezione».

«No che non sono svenuto!» intervenne Charlie, ma Alan non lo ascoltava e Larry non si faceva confondere.

«Ha la febbre».

«Solo un po’!»

«Dovrebbe andare dal dottore».

«Ci sono già stato!»

«E forse…»

«Non sono matto!»

Quello era troppo. Ancora una volta le stelle danzarono davanti agli occhi di Charlie che si appoggiò contro il muro.

«Charlie! Stai bene? Charlie!»

Da qualche parte venne un braccio e una mano che lo sostennero attorno alle spalle.

«Sto bene» balbettò Charlie. «Solo… solo devo sdraiarmi… sarà finito fra poco…»

Probabilmente nel suo subconscio Charlie si accorse che veniva guidato nel soggiorno mentre le stelle continuavano a danzargli davanti agli occhi.

«Dai, siediti figliolo, sdraiati. Prenda la coperta. Ti farò un tè».

Alan sparì nella cucina. Rimase solo un Larry scioccato.

Gradualmente i dintorni del campo visivo di Charlie divennero di nuovo più chiari; i contorni tornavano; la stanza smise di girare. Stava di nuovo bene, almeno per il momento.

«Charles?»

La voce di Larry suonò sottile. Charlie voltò la testa e tentò di alzarsi un po’. Aveva dimenticato che Larry non era abituato a tutto quello.

«Mi spiace, Larry. Non volevo che lo vedessi…».

Larry scosse il capo. «Non lo capisco… non lo capisco…»

«Larry…»

«No, no, no, no, no, non dire niente, non voglio sentire niente».

«Larry, per favore…»

«Sta zitto!»

Non aveva un buon aspetto. Niente affatto. Per essere esatti, Larry aveva un aspetto miserevole. Charlie non sapeva cosa fare. Larry era il suo miglior amico e la cosa era reciproca. Come Charlie avrebbe potuto aiutarlo a venire a capo della possibilità che forse sarebbe morto di lì a poco?

«Ecco, il tè è pronto!»

Con un vassoio tra mani Alan entrò nel soggiorno, interrompendo l’atmosfera tesa. Mise il vassoio sul tavolo e guardò suo figlio in modo preoccupato.

«Charlie…?» chiese cautamente.

«Sto bene» rispose meccanicamente. L’aveva detto talmente spesso negli ultimi giorni che le parole vennero da sé dalla sua bocca.

«Non tentare di illudermi!» insorse Alan prima di diventare di nuovo basso e dolce. Mise le mani sulle spalle di suo figlio sdraiato sul divano. «Puoi metterti a sederti?» chiese invano perché tentava già a sollevarlo. Però non si era aspettato la resistenza di Charlie.

«Sì… no… non trattarmi come un uomo morente!» li lamentò Charlie, irritato, e anche la tensione di Alan diventò evidente.

«Ma lo sei!»

Per qualche attimo nessuno disse niente; nessuno anzi respirava.

«Grazie» disse Charlie alla fine e nessuno dei tre sapeva di che cosa esattamente parlasse.

Di nuovo c’era un silenzio teso, prima che Alan si schiarisse la gola e provasse a cominciare una chiacchierata, sembrando grottescamente disinvolto considerata la situazione.

«Va bene, voi due – com’è stata la vostra giornata?»

«Buona» rispose Charlie, conformemente alla verità. «Ho portato a termine le due lezioni in modo normale. Ho raccontato agli studenti della mia malattia e poi mi sono licenziato. E’ solo che non sono ancora riuscito a svuotare il mio ufficio. Larry mi ha portato qui».

«E’ stato gentile da parte tua, Larry».

«Si… si fa ciò che si può».

Se Lawrence Fleinhardt di solito non apparteneva al mondo normale e reagiva in modo confuso, adesso era estremamente difficile trovare un’espressione adatta per il suo stato d’animo. Il fatto che il suo miglior amico e il padre di questo stessero parlando della malattia di uno dei due con tanta scioltezza… – no, non poteva credere a ciò che stava succedendo, tanto meno analizzarlo. Spostava lo sguardo, sempre in confusione e perplessità, dall’uno all’altro Eppes e non percepiva più le loro parole.

«Allora è vero?» si assicurò, sempre incredulo, interrompendo così la loro conversazione. Lo guardarono, e adesso Alan sembrava confuso quanto Larry.

«Cos’è vero?»

«Che…» Era sempre tanto difficile manifestare quest’ipotesi. «Che Charles ha la leucemia».

Con stupore e rimprovero Alan guardò suo figlio. «Non gliel’hai detto?»

«Ma sì, naturalmente! Però non mi ha creduto».

«Era semplicemente così improbabile» balbettò Larry, ricordandosi della conversazione nella sua macchina.

«Le coincidenze sono una realtà matematica, Larry. Eventi statisticamente improbabili accadono continuamente. Lo sai bene anche tu che se non fosse così la terra non si sarebbe mai formata».

«Come… come puoi farlo? Come puoi parlarne in questo modo?»

«Ho avuto il tempo di rassegnarmi alla faccenda, Larry. Credimi, fra poco guarderai queste cose in modo meno serio».

Larry non credette a nessuna di quelle parole.

«Ma… ma non… non puoi semplicemente lasciarmi solo!»

L’ex-mentore di Charlie si sentiva completamente perso, come se nuotasse in un lago immenso e scuro che solo sporadicamente veniva illuminato da lucciole e come se avesse appena perso il suo salvagente. O come se la persona che era stata accanto a lui per tutto questo tempo, ora fosse affondata…

«Larry, ascoltami!»

Larry levò lo sguardo e lo puntò direttamente negli occhi intensi di Charlie.

«Non devi abbandonare la speranza! Ti prego! Non so ancora con sicurezza come si svilupperà la malattia! Le prospettive che diventi di nuovo completamente sano sono molte! Dovrò solamente concedermi qualche settimana di riposo, ecco tutto!»

Ognuno dei tre uomini presenti sapeva che Charlie stava sminuendo il tutto. Eppure le sue parole attizzarono la speranza di tutti.

«Va bene» disse Larry infine e addirittura ce la fece a sorridere. «Va bene. Credo in te. Ehi, voglio dire – fino a questo punto hai fatto così tante cose che chiunque avrebbe creduto impossibili! Solo per dirne una: laureato a Princeton a 16 anni!»

«Questo è vero!» intervenne Alan prima che Larry cominciasse sul serio l’elenco «Charles, non importa che cosa succederà, io voglio che tu sappia una cosa: in qualsiasi momento avrai bisogno di me, io sarò qui per te».

Charlie annuì solamente. Non sapeva che dire. Lo sostenevano tutti. Era talmente grato del fatto che potesse confidare in loro, che non trovava parole per esprimerlo.

Che cosa avrebbe potuto desiderare di meglio?

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Ah sì.... sembra che stiamo per finire la storia. Ci mancano ancora due capitoli. Spero che la fine vi piacerà. In ogni caso mille grazie per le vostre recensioni fino a questo punto!

Buon Natale a tutti!!!
  
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